L'abuso di potere di Silvio Berlusconi oggi si può raccontare proponendo anche gli stralci di due documenti e la ricostruzione delle disposizioni impartite quella notte alla polizia dalla magistratura.
* * *
Il primo documento è la relazione di servizio firmata dall'assistente di polizia Landolfi e dall'agente Ferrazzano della "Volante Monforte bis del 4° turno" al dirigente del commissariato Monforte-Vittoria il 28 luglio, cioè due mesi dopo un primo rapporto. In questura e in questo commissariato le voci di quanto è accaduto quella notte si sono rincorse, provocando un deluso disagio. Un vicequestore ha voluto sapere come sono andate le cose. Lo raccontano due testimoni diretti. Leggiamo:
Gli agenti ricordano "di aver preso in carico El Mahroug Karima, nata in Marocco il 01.11.1992" per "procedere al fotosegnalamento della minore e provvedere alla collocazione della ragazza presso una struttura di accoglienza per minori". Durante le fasi di quest'operazione, "l'assistente Landolfi veniva raggiunto di gran corsa, presso gli uffici della terza sezione, dal commissario capo dott. ssa Giorgia Iafrate, la quale riferiva di aver ricevuto una comunicazione telefonica da parte del capo di gabinetto della questura, dott. Ostuni, dove si doveva lasciar andare la minore e che non andava foto segnalata".
Dunque, c'è un'operazione di pura routine, quella notte uguale a tante altre. Una minore senza documenti, va identificata e le si deve cercare un ricovero sicuro. Arriva una telefonata. Di Berlusconi. Il meccanismo si ferma. La minore deve essere liberata. E non deve restare traccia negli archivi del suo passaggio. Lo stravagante capovolgimento della prassi incuriosisce. Leggiamo:
"L'assistente Landolfi chiedeva spiegazioni alla dott. ssa Iafrate. Il commissario riferiva che, detta telefonata, le era pervenuta da parte del capo di gabinetto che, a sua volta, era stato contattato telefonicamente da parte della presidenza presso il consiglio di ministri, dove era stato specificato che la ragazza fermata era la nipote del Presidente Moubarach (sic) e quindi doveva essere lasciata andare. La dott. ssa Iafrate continuava a ricevere numerose telefonate da parte del capo di gabinetto che sollecitava il rilascio della giovane donna, poiché egli aveva dato comunicazione alla presidenza del consiglio dei ministri dell'avvenuto rilascio della ragazza".
Berlusconi non si limita ad abusare del suo potere per chiedere che subito sia liberata Ruby. Mente sapendo di mentire, quando dice che la ragazza è la nipote di un capo di Stato. L'inganno gli serve per dare pressione al funzionario della questura. Suona come una minaccia all'interesse nazionale. Se non la libera subito, quel funzionario potrebbe diventare il responsabile di un incidente diplomatico. Berlusconi deliberatamente lo lascia frollare in quel timore quando ripete lentamente "lei capisce, vero?, non le dovrebbero sfuggire le possibili conseguenze". Il capo del governo, alimentata la tensione, offre la strada per liberare il campo da ogni preoccupazione. Arriverà da voi presto un consigliere regionale, affidatele la minorenne. Il piano ha una sua sincronia. Leggiamo:
"... giungeva tramite il centralino del corpo di guardia della questura comunicazione che all'ingresso erano giunte due amiche della minore, e cioè la signora Nicole Minetti, consigliere regionale della Regione Lombardia, con incarico presso la presidenza del consiglio dei ministri e la inquilina della minore, tale Coincecao Santos Oliveira Michele, nata il Brasile il 03.05.1978, residente a Milano in via V., che chiedevano un colloquio con gli operanti per conto della minore. (...) La signora Minetti si offriva di prendere in affidamento la minore e di provvedere per ogni necessità a carico della stessa".
Si vedrà soltanto sei ore dopo quanto fosse concreta la disponibilità di Nicole ad occuparsi della ragazzina. Una volta "esfiltrata" dalla questura, Nicole l'abbonderà al suo destino di randagia.
Come se avvertissero dietro quell'arrivo improvviso un oscuro pericolo, i poliziotti ci vanno cauti. Leggiamo:
"Gli operanti chiedevano alla dott. ssa Iafrate se il pm di turno dei minori era stato informato della nuova situazione. E cioè del fatto che la ragazza era la nipote del presidente Moubarach (sic) e che la signora Minetti si era resa disponibile a prendere in affidamento la ragazza. La dott. ssa Iafrate chiedeva ai sottoscritti di contattare il pm. Il pm disponeva comunque l'affido della minore a una comunità o la temporanea custodia della minore presso gli uffici della questura".
Ingannati da Berlusconi, i funzionari trasmettono quell'inganno al magistrato. Le dicono: è la nipote di un capo di stato, la frenesia che è stata iniettata dal primo piano della questura, dal capo di gabinetto, viene rovesciata sulle spalle del sostituto procuratore, immaginando che quello accetti la rapida soluzione di liberarsi della ragazza, affidandola al consigliere regionale annunciato dal capo del governo. Ma il sostituto procuratore non cede di un passo e pretende - capo di Stato o no - che sia cercato per Ruby un ricovero sicuro o, in alternativa, una notte in questura. Le insistenze riprendono. Leggiamo:
"L'assistente Landolfi comunicava alla dott. ssa Iafrate quanto disposto dal pm e la dott. ssa Iafrate contattava telefonicamente il pm e raggiungeva il seguente accordo, e cioè bisognava avere la copia di un documento d'identità della minore per poi poterla affidare alla Minetti e lasciarla andare". Ma qual è l'identità del minore? È la nipote di Mubarak, come dice Berlusconi, o una randagia, nata in Marocco, da una famiglia poverissima, come in questura a Milano sanno? Infatti, stando alle carte, l'ispettore superiore Colletti contatta il commissariato di Letojanni, Messina, dove abitano i genitori di Ruby, e poi una volante arriva persino a casa loro, nel cuore della notte. Né il padre né la madre hanno alcun documento della ragazza. Inutile dire che una ricerca di questo genere è del tutto fuori dell'ordinario. In nessuna questura c'è un tale spiegamento di forze per trovare una carta d'identità. Un po' avventurosamente, il questore di Milano Vincenzo Indolfi ha sostenuto l'ordinarietà del caso, proprio appellandosi alle lunghe ore del soggiorno di Ruby in questura. In realtà, il tempo passa per darsi da fare, al di là di ogni routine, per ottemperare ai requisiti imposti dal magistrato.
Ritorniamo in questura. Ora l'assistente Landolfi contatta telefonicamente una casa famiglia, sempre a Messina, che aveva ospitato Ruby e chiede se conservano copia di un suo documento. La responsabile della struttura non è in ufficio. Risponde che il giorno dopo lo avrebbe inviato per fax. A questo punto, viene data per acquisita l'identificazione della ragazza, grazie alla copia di un documento che fisicamente non c'è e che forse arriverà. Ma, leggiamo, sembra sufficiente alla Iafrate, "come da accordi intercorsi con il capo di gabinetto e il pm di turno, per affidare la minore a Nicole Minetti".
L'imbroglio potrebbe essere alla sua conclusione. Berlusconi ha ottenuto quello che voleva. Abusando del suo potere, ha ottenuto Ruby. Quell'imbroglio è un sapore amaro nella bocca di chi è consapevole di aver aggirato le leggi, e soprattutto violato le regole di una leale collaborazione istituzionale. Non tutti sono disposti a buttar giù quel boccone. Leggiamo:
"Si precisa che gli operanti una volta stilato il verbale di affidamento della minore alla Nicole Minetti, lo sottoponevano per la firma alla dott. ssa Iafrate, ma questa non lo firmava".
Il trucco è nudo. Vediamo. Il pubblico ministero dei minori indica tre strade. La prima, una comunità protetta. La seconda, il soggiorno notturno in questura in attesa di un posto libero in una comunità. Terza possibilità, identificare Ruby con certezza e affidarla alla consigliera regionale, in considerazione del fatto - fasullissimo - che è "affine" di un capo di stato straniero. È questa menzogna, s'indignano ancora oggi al tribunale dei minori, che viene offerta al sostituto Annamaria Fiorillo. Un inganno lucido, dicono, perché in questura sanno che Ruby è marocchina e non egiziana; figlia di un modestissimo ambulante, sempre in fuga dalle comunità di accoglienza e dall'accusa di essere una ladra abituale. A nessuno è venuta la voglia di riferire al magistrato le condizioni di quella famiglia, decisamente contraddittorie rispetto allo status e ai privilegi del presidente egiziano. Bisogna dunque dar conto delle ragioni - anzi dello sconcerto - della magistratura dei minori di Milano.
Il pubblico ministero minorile viene molto spesso chiamato a intervenire in una situazione d'emergenza. L'intervento è obbligatorio sia se un minore commette un reato, come per esempio è il caso di Ruby, accusata di un furto di tremila euro. Sia se si tratta di un "minore non accompagnato e senza documenti", ed è sempre il caso di Ruby. Sia per minori con un pregiudizio familiare, che vanno "segnalati obbligatoriamente", e anche questo è il caso di Ruby. Che può fare il pm di turno minori, Annamaria Fiorillo, chiamata a dare le prime disposizioni - sono circa le 19 - e a stabilire che cosa fare di questa ragazza, se non ordinare di definire se "sia la persona che dice di essere"? La casa di Milano, dove potrebbe essere il suo passaporto, è chiusa e Ruby non ha le chiavi. Non resta che passare allo Sdi, il cervello elettronico che dalle impronte digitali riesce a "leggere" anche le vite giudiziarie delle persone. E così Ruby ritorna a essere "Karima El Mahroug", con la sua vita difficile. Quindi, non ci sono dubbi: deve andare in una comunità "protetta", dove sia "reperibile". "È una disposizione normale, ribadita a più riprese, ma non viene ottemperata quella notte", dicono alla procura dei minori.
Annamaria Fiorillo finisce il turno il giorno dopo e non riceve nulla dalla questura, ovviamente pensa che sia tutto a posto. Ma tutto a posto non è. Karima è uscita con Nicole Minetti, se n'è andata via insieme con l'amica Michele Coincecao. Poco tempo dopo, un furibondo litigio tra le due fa intervenire di nuovo una volante di polizia e Ruby incappa di nuovo nella rete dei controlli. Nuova identificazione, nuovo verbale, che si aggiunge ai primi, quelli del 27 maggio, e tutto quanto arriva sul tavolo di un altro pm della procura minori. Che legge le carte e sobbalza sulla sedia. Chiama la collega. Avvisano il procuratore capo dei minori, che a sua volta avvisa il procuratore della repubblica a palazzo di giustizia. "Ma io non ho mai saputo come avevano descritto il mio intervento", si lamenta con i colleghi il sostituto Fiorillo. La sua amarezza è palese e anche in questi giorni tutti i magistrati - le carte sono chiarissime - confermano una dinamica distorta: "È incredibile che un pm dia disposizioni su un minore e sembra che non importi a chi le deve eseguire, noi siamo abituati ad avere a che fare con cittadini che violano la legge. Ma se a violare la legge è la polizia, si spezza la fiducia, il principio di legalità viene violato all'interno stesso del sistema".
È un altro esito di questa vicenda che va afferrato. L'intervento illegittimo di Berlusconi deforma i comportamenti della polizia, che rifiuta di rispettare i primi ordini della magistratura. È il mondo che il capo del governo immagina. Lui è lassù. Decide. L'intera sua vita privata diventa pubblica. I suoi interessi sono pubblici e pubblica diventa anche la personalissima urgenza di contenere le pericolose esuberanze di una giovanissima amica. Manipola accortamente i fatti per rendere il suo comando meno indigesto. Le burocrazie dello Stato ubbidiscono. Anche a costo di entrare in conflitto con istituzioni di controllo come la magistratura. E non solo con quella, e per rendersene conto bisogna leggere un secondo documento.
È la relazione che la questura di Milano invia al Viminale in questi giorni, a scandalo scoppiato: sarebbe diventato la bozza dell'intervento del ministro dell'Interno. Leggiamo:
"... essendo stata identificata la minore e che la stessa aveva dato il consenso conoscendo la Minetti, si procedeva ad affidare la minore d'intesa con l'Autorità Giudiziaria".
Una sola frase, due frottole. Uno. Identificata la minore? Come? Con l'identità stabilita al telefono dal presidente del Consiglio? O con quella, indiscutibile, assicurata dal cervello elettronico del Viminale? Egiziana o marocchina? Due. Di quale "intesa con l'autorità giudiziaria" si discute? Il pubblico ministero ha indicato, come suo dovere, la via maestra: una comunità protetta, capace di alleggerire il disagio del minore. Dove finisce Ruby? In mezzo a una strada. E chi ce l'ha cacciata? Lo stesso tipo che dice oggi di essersi comportato "come un buon padre di famiglia".
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Il primo documento è la relazione di servizio firmata dall'assistente di polizia Landolfi e dall'agente Ferrazzano della "Volante Monforte bis del 4° turno" al dirigente del commissariato Monforte-Vittoria il 28 luglio, cioè due mesi dopo un primo rapporto. In questura e in questo commissariato le voci di quanto è accaduto quella notte si sono rincorse, provocando un deluso disagio. Un vicequestore ha voluto sapere come sono andate le cose. Lo raccontano due testimoni diretti. Leggiamo:
Gli agenti ricordano "di aver preso in carico El Mahroug Karima, nata in Marocco il 01.11.1992" per "procedere al fotosegnalamento della minore e provvedere alla collocazione della ragazza presso una struttura di accoglienza per minori". Durante le fasi di quest'operazione, "l'assistente Landolfi veniva raggiunto di gran corsa, presso gli uffici della terza sezione, dal commissario capo dott. ssa Giorgia Iafrate, la quale riferiva di aver ricevuto una comunicazione telefonica da parte del capo di gabinetto della questura, dott. Ostuni, dove si doveva lasciar andare la minore e che non andava foto segnalata".
Dunque, c'è un'operazione di pura routine, quella notte uguale a tante altre. Una minore senza documenti, va identificata e le si deve cercare un ricovero sicuro. Arriva una telefonata. Di Berlusconi. Il meccanismo si ferma. La minore deve essere liberata. E non deve restare traccia negli archivi del suo passaggio. Lo stravagante capovolgimento della prassi incuriosisce. Leggiamo:
"L'assistente Landolfi chiedeva spiegazioni alla dott. ssa Iafrate. Il commissario riferiva che, detta telefonata, le era pervenuta da parte del capo di gabinetto che, a sua volta, era stato contattato telefonicamente da parte della presidenza presso il consiglio di ministri, dove era stato specificato che la ragazza fermata era la nipote del Presidente Moubarach (sic) e quindi doveva essere lasciata andare. La dott. ssa Iafrate continuava a ricevere numerose telefonate da parte del capo di gabinetto che sollecitava il rilascio della giovane donna, poiché egli aveva dato comunicazione alla presidenza del consiglio dei ministri dell'avvenuto rilascio della ragazza".
Berlusconi non si limita ad abusare del suo potere per chiedere che subito sia liberata Ruby. Mente sapendo di mentire, quando dice che la ragazza è la nipote di un capo di Stato. L'inganno gli serve per dare pressione al funzionario della questura. Suona come una minaccia all'interesse nazionale. Se non la libera subito, quel funzionario potrebbe diventare il responsabile di un incidente diplomatico. Berlusconi deliberatamente lo lascia frollare in quel timore quando ripete lentamente "lei capisce, vero?, non le dovrebbero sfuggire le possibili conseguenze". Il capo del governo, alimentata la tensione, offre la strada per liberare il campo da ogni preoccupazione. Arriverà da voi presto un consigliere regionale, affidatele la minorenne. Il piano ha una sua sincronia. Leggiamo:
"... giungeva tramite il centralino del corpo di guardia della questura comunicazione che all'ingresso erano giunte due amiche della minore, e cioè la signora Nicole Minetti, consigliere regionale della Regione Lombardia, con incarico presso la presidenza del consiglio dei ministri e la inquilina della minore, tale Coincecao Santos Oliveira Michele, nata il Brasile il 03.05.1978, residente a Milano in via V., che chiedevano un colloquio con gli operanti per conto della minore. (...) La signora Minetti si offriva di prendere in affidamento la minore e di provvedere per ogni necessità a carico della stessa".
Si vedrà soltanto sei ore dopo quanto fosse concreta la disponibilità di Nicole ad occuparsi della ragazzina. Una volta "esfiltrata" dalla questura, Nicole l'abbonderà al suo destino di randagia.
Come se avvertissero dietro quell'arrivo improvviso un oscuro pericolo, i poliziotti ci vanno cauti. Leggiamo:
"Gli operanti chiedevano alla dott. ssa Iafrate se il pm di turno dei minori era stato informato della nuova situazione. E cioè del fatto che la ragazza era la nipote del presidente Moubarach (sic) e che la signora Minetti si era resa disponibile a prendere in affidamento la ragazza. La dott. ssa Iafrate chiedeva ai sottoscritti di contattare il pm. Il pm disponeva comunque l'affido della minore a una comunità o la temporanea custodia della minore presso gli uffici della questura".
Ingannati da Berlusconi, i funzionari trasmettono quell'inganno al magistrato. Le dicono: è la nipote di un capo di stato, la frenesia che è stata iniettata dal primo piano della questura, dal capo di gabinetto, viene rovesciata sulle spalle del sostituto procuratore, immaginando che quello accetti la rapida soluzione di liberarsi della ragazza, affidandola al consigliere regionale annunciato dal capo del governo. Ma il sostituto procuratore non cede di un passo e pretende - capo di Stato o no - che sia cercato per Ruby un ricovero sicuro o, in alternativa, una notte in questura. Le insistenze riprendono. Leggiamo:
"L'assistente Landolfi comunicava alla dott. ssa Iafrate quanto disposto dal pm e la dott. ssa Iafrate contattava telefonicamente il pm e raggiungeva il seguente accordo, e cioè bisognava avere la copia di un documento d'identità della minore per poi poterla affidare alla Minetti e lasciarla andare". Ma qual è l'identità del minore? È la nipote di Mubarak, come dice Berlusconi, o una randagia, nata in Marocco, da una famiglia poverissima, come in questura a Milano sanno? Infatti, stando alle carte, l'ispettore superiore Colletti contatta il commissariato di Letojanni, Messina, dove abitano i genitori di Ruby, e poi una volante arriva persino a casa loro, nel cuore della notte. Né il padre né la madre hanno alcun documento della ragazza. Inutile dire che una ricerca di questo genere è del tutto fuori dell'ordinario. In nessuna questura c'è un tale spiegamento di forze per trovare una carta d'identità. Un po' avventurosamente, il questore di Milano Vincenzo Indolfi ha sostenuto l'ordinarietà del caso, proprio appellandosi alle lunghe ore del soggiorno di Ruby in questura. In realtà, il tempo passa per darsi da fare, al di là di ogni routine, per ottemperare ai requisiti imposti dal magistrato.
Ritorniamo in questura. Ora l'assistente Landolfi contatta telefonicamente una casa famiglia, sempre a Messina, che aveva ospitato Ruby e chiede se conservano copia di un suo documento. La responsabile della struttura non è in ufficio. Risponde che il giorno dopo lo avrebbe inviato per fax. A questo punto, viene data per acquisita l'identificazione della ragazza, grazie alla copia di un documento che fisicamente non c'è e che forse arriverà. Ma, leggiamo, sembra sufficiente alla Iafrate, "come da accordi intercorsi con il capo di gabinetto e il pm di turno, per affidare la minore a Nicole Minetti".
L'imbroglio potrebbe essere alla sua conclusione. Berlusconi ha ottenuto quello che voleva. Abusando del suo potere, ha ottenuto Ruby. Quell'imbroglio è un sapore amaro nella bocca di chi è consapevole di aver aggirato le leggi, e soprattutto violato le regole di una leale collaborazione istituzionale. Non tutti sono disposti a buttar giù quel boccone. Leggiamo:
"Si precisa che gli operanti una volta stilato il verbale di affidamento della minore alla Nicole Minetti, lo sottoponevano per la firma alla dott. ssa Iafrate, ma questa non lo firmava".
Il trucco è nudo. Vediamo. Il pubblico ministero dei minori indica tre strade. La prima, una comunità protetta. La seconda, il soggiorno notturno in questura in attesa di un posto libero in una comunità. Terza possibilità, identificare Ruby con certezza e affidarla alla consigliera regionale, in considerazione del fatto - fasullissimo - che è "affine" di un capo di stato straniero. È questa menzogna, s'indignano ancora oggi al tribunale dei minori, che viene offerta al sostituto Annamaria Fiorillo. Un inganno lucido, dicono, perché in questura sanno che Ruby è marocchina e non egiziana; figlia di un modestissimo ambulante, sempre in fuga dalle comunità di accoglienza e dall'accusa di essere una ladra abituale. A nessuno è venuta la voglia di riferire al magistrato le condizioni di quella famiglia, decisamente contraddittorie rispetto allo status e ai privilegi del presidente egiziano. Bisogna dunque dar conto delle ragioni - anzi dello sconcerto - della magistratura dei minori di Milano.
Il pubblico ministero minorile viene molto spesso chiamato a intervenire in una situazione d'emergenza. L'intervento è obbligatorio sia se un minore commette un reato, come per esempio è il caso di Ruby, accusata di un furto di tremila euro. Sia se si tratta di un "minore non accompagnato e senza documenti", ed è sempre il caso di Ruby. Sia per minori con un pregiudizio familiare, che vanno "segnalati obbligatoriamente", e anche questo è il caso di Ruby. Che può fare il pm di turno minori, Annamaria Fiorillo, chiamata a dare le prime disposizioni - sono circa le 19 - e a stabilire che cosa fare di questa ragazza, se non ordinare di definire se "sia la persona che dice di essere"? La casa di Milano, dove potrebbe essere il suo passaporto, è chiusa e Ruby non ha le chiavi. Non resta che passare allo Sdi, il cervello elettronico che dalle impronte digitali riesce a "leggere" anche le vite giudiziarie delle persone. E così Ruby ritorna a essere "Karima El Mahroug", con la sua vita difficile. Quindi, non ci sono dubbi: deve andare in una comunità "protetta", dove sia "reperibile". "È una disposizione normale, ribadita a più riprese, ma non viene ottemperata quella notte", dicono alla procura dei minori.
Annamaria Fiorillo finisce il turno il giorno dopo e non riceve nulla dalla questura, ovviamente pensa che sia tutto a posto. Ma tutto a posto non è. Karima è uscita con Nicole Minetti, se n'è andata via insieme con l'amica Michele Coincecao. Poco tempo dopo, un furibondo litigio tra le due fa intervenire di nuovo una volante di polizia e Ruby incappa di nuovo nella rete dei controlli. Nuova identificazione, nuovo verbale, che si aggiunge ai primi, quelli del 27 maggio, e tutto quanto arriva sul tavolo di un altro pm della procura minori. Che legge le carte e sobbalza sulla sedia. Chiama la collega. Avvisano il procuratore capo dei minori, che a sua volta avvisa il procuratore della repubblica a palazzo di giustizia. "Ma io non ho mai saputo come avevano descritto il mio intervento", si lamenta con i colleghi il sostituto Fiorillo. La sua amarezza è palese e anche in questi giorni tutti i magistrati - le carte sono chiarissime - confermano una dinamica distorta: "È incredibile che un pm dia disposizioni su un minore e sembra che non importi a chi le deve eseguire, noi siamo abituati ad avere a che fare con cittadini che violano la legge. Ma se a violare la legge è la polizia, si spezza la fiducia, il principio di legalità viene violato all'interno stesso del sistema".
È un altro esito di questa vicenda che va afferrato. L'intervento illegittimo di Berlusconi deforma i comportamenti della polizia, che rifiuta di rispettare i primi ordini della magistratura. È il mondo che il capo del governo immagina. Lui è lassù. Decide. L'intera sua vita privata diventa pubblica. I suoi interessi sono pubblici e pubblica diventa anche la personalissima urgenza di contenere le pericolose esuberanze di una giovanissima amica. Manipola accortamente i fatti per rendere il suo comando meno indigesto. Le burocrazie dello Stato ubbidiscono. Anche a costo di entrare in conflitto con istituzioni di controllo come la magistratura. E non solo con quella, e per rendersene conto bisogna leggere un secondo documento.
È la relazione che la questura di Milano invia al Viminale in questi giorni, a scandalo scoppiato: sarebbe diventato la bozza dell'intervento del ministro dell'Interno. Leggiamo:
"... essendo stata identificata la minore e che la stessa aveva dato il consenso conoscendo la Minetti, si procedeva ad affidare la minore d'intesa con l'Autorità Giudiziaria".
Una sola frase, due frottole. Uno. Identificata la minore? Come? Con l'identità stabilita al telefono dal presidente del Consiglio? O con quella, indiscutibile, assicurata dal cervello elettronico del Viminale? Egiziana o marocchina? Due. Di quale "intesa con l'autorità giudiziaria" si discute? Il pubblico ministero ha indicato, come suo dovere, la via maestra: una comunità protetta, capace di alleggerire il disagio del minore. Dove finisce Ruby? In mezzo a una strada. E chi ce l'ha cacciata? Lo stesso tipo che dice oggi di essersi comportato "come un buon padre di famiglia".
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