Le 5 domande di Salvatore Borsellino:
1) Di Pietro ha detto in una intervista che nelle liste di IDV non c'è un solo caso di incandidabilità, di immoralità e che tutti gli eletti e i candidati hanno il certificato penale al seguito, precisando che si intende per "immoralità" l'essere condannato con sentenza definitiva. Si rende conto l’Idv che, secondo questa lettura, un personaggio come Marcello Dell'Utri, non ancora condannato in via definitiva, sarebbe da ritenersi candidabile?
Antonio Di Pietro: Innanzitutto voglio ringraziare, dal più profondo del cuore, l’amico Salvatore Borsellino che – con le sue domande – mi onora di interloquire con Lui e con Micromega. Egli e tutti gli amici delle “agende rosse” sanno quanto noi dell’IdV teniamo in considerazione e difendiamo a spada tratta la loro ricerca di verità in merito all’omicidio del giudice Paolo Borsellino ed alla malefica trattativa che lo Stato ha portato avanti in quel periodo con la Mafia.
Quanto al merito della domanda, preciso subito che la “sintesi giornalistica” mi attribuisce affermazioni che, in verità, non corrispondono al mio pensiero e mi scuso se in precedenza non sono stato sufficientemente chiaro. Ribadisco, allora, che una cosa è l’incandidabilità tecnica, altra l’immoralità acquisita di talune candidature.
Non tutti i reati possono essere considerati ostativi per una candidatura: così, ad esempio, in caso di condanna per reati di opinione (es. diffamazione, vilipendio) bisogna analizzare caso per caso, altrimenti finiremmo, un domani, a non poter candidare neanche coloro che oggi fanno feroce opposizione al Governo Berlusconi (tu stesso Salvatore, io, Travaglio, De Magistris e così via ma penso anche a Gioacchino Genchi che considero un leale servitore dello Stato e, soprattutto, quasi tutti i blogger o coloro che criticano in rete la politica berlusconiana rischiando per ciò solo di essere denunciati per diffamazione). Viceversa non si può limitare l’incandidabilità solo alle persone condannate in via definitiva, altrimenti dovremmo ammettere le candidature non solo di Dell’Utri (condannato “solo” in primo grado per Mafia) ma anche del sottosegretario Cosentino del Pdl o del sen. Tedesco del Pd), il che, francamente, mi sembra inopportuno e fuori luogo. In verità, ci sono alcuni personaggi che – pur avendo essi la “fedina penale” totalmente pulita – non candiderei lo stesso sotto il simbolo dell’Italia dei Valori (iscritti alla P2, faccendieri del sottobosco politico, estremisti della violenza, “utilizzatori finali” e così via).
In questi anni ho sempre cercato di tradurre i predetti concetti in azione concreta attraverso le politiche del partito dell’Italia dei Valori e - se qualche volta non ci sono riuscito, come in effetti pure mi è capitato - non è né per malafede né per cattiva volontà ma, semplicemente, perché, come a tutti, capita anche a me di sbagliare (ed a volte mi sono sbagliato proprio, come per il caso De Gregorio).
Proprio per questa ragione ho accolto e accolgo sempre con favore le segnalazioni che mi vengono fatte – come per quelle pubblicate da Micromega – in quanto mi permettono di valutare (e rivalutare) meglio la situazione all’interno del partito. L’importante, caro Salvatore, non è pretendere di non sbagliare mai ma di non perseverare nell’errore. Questo principio, ovviamente, vale per me ma deve valere anche per coloro che “fanno le pulci” all’IdV giacché alcune delle critiche che sono rimbalzate sulle cronache giornalistiche in questo periodo sono davvero frutto di disinformazione, di rancori personali, di vittimismo, di disfattismo o di malcelata voglia di ricerca di visibilità a buon mercato.
2) Nella stessa intervista Di Pietro ha affermato che Orazio Schiavone non è "neanche più condannato" perché il suo reato, secondo la "normativa successiva non è più neanche reato". Lei ritiene che l’Idv possa candidare persone che hanno commesso reati che tuttavia, grazie alle depenalizzazioni del governo Berlusconi – ad esempio il falso in bilancio – "non sono più neanche reati"? Per quanto riguarda Porfidia, Di Pietro dice che non è vero che è indagato per il 416 bis, ma per un "banalissimo abuso d'ufficio" di quando era sindaco. Non pensa che la base di IDV, soprattutto i giovani, vogliano essere rappresentati da persone che non abbiano commesso neanche dei "banalissimi abusi"?
Antonio Di Pietro: No, non ritengo affatto che “che l’IdV possa candidare persone che hanno commesso reati che, grazie alle depenalizzazioni del Governo Berlusconi, come il falso in bilancio, non sono neanche più reati”! Ma questo non è il caso di Orazio Schiavone. Egli non è stato affatto condannato per un reato poi depenalizzato dal Governo Berlusconi (ed in verità non è nemmeno mai stato condannato in via definitiva essendo il procedimento ancora in corso). E’ semplicemente successo che si è riscontrata una differenza fra la legislazione europea e quella italiana in merito all’abilitazione professionale dei medici chirurghi per esercitare anche l’attività di dentista. Il dr. Schiavone è un medico chirurgo (iscritto all’Ordine dei medici di Avellino dal 1993 al n.ro 3164) ed ha anche la specializzazione di odontoiatra (iscritto all’Albo degli odontoiatri di Avellino al n.ro 241). Quindi egli poteva e può esercitare legittimamente tale professione (tanto è vero che tiene attualmente anche una rubrica di informazione medica su un qualificato periodico di settore). All’epoca dei fatti, però, in Italia vigeva una legge che prevedeva come necessaria una abilitazione specifica per i medici chirurghi che volessero fare anche i dentisti. Cosa che invece le regole della Comunità europea hanno poi escluso. Oggi la questione è stata superata giacchè la nostra legislazione ha recepito – e non poteva fare altrimenti - quella della Commissione europea. Sono però rimaste in sospeso le posizioni processuali di tutti quei medici – e sono oltre 3.000 (diconsi tremila, si badi bene), tra cui Schiavone – che all’epoca vennero denunciati sulla base della legge italiana e senza tener conto della sopravvenuta normativa europea. La questione è comunque superata per il dr. Schiavone che, come detto, avendo egli anche l’abilitazione di odontoiatra, non potrà che essere assolto nel merito. Come si vede la vicenda del dr. Schiavone non c’entra nulla con le “depenalizzazioni del Governo Berlusconi” e non può comportare l’esclusione dal diritto costituzionale di un individuo ad esercitare l’elettorato attivo e passivo, anche perché trattasi di fatti non previsti dalla legge come reati e che comunque il dr. Schiavone non risulta aver commesso.
Quanto alla posizione processuale dell’on.le Amerigo Porfidia, ribadisco innanzitutto che non è vero che egli sia mai stato processato e nemmeno indagato per associazione mafiosa ex art. 416 c.p. Tale affermazione è un’autentica falsità, pubblicata a suo tempo da alcuni organi di informazione, a cui l’on.le Porfidia ha immediatamente e tempestivamente risposto anche querelando e citando in giudizio per diffamazione gli autori.
L’on.le Porfidia non è nemmeno mai stato indagato – e men che meno condannato – per “abuso d’ufficio” né per alcun altro reato commesso nella sua funzione di Sindaco o Pubblico amministratore. Vi è solo stato, anni addietro, una lite privata per motivi di lavoro con un suo socio sfociato in reciproche denunce, per cui oggi egli si ritrova – a distanza di tanti anni e per inerzia della giustizia – ancora sotto indagine (ripeto, sotto indagini preliminari e mai nemmeno rinviato a giudizio) per il reato di violenza privata ex art. 610 c.p. (così come risulta dal suo certificato dei carichi pendenti).
Ciò nonostante – e proprio per evitare strumentalizzazioni e incomprensioni - l’on.le Porfidia, non appena usciti gli articoli del Corriere della Sera che nel gennaio del 2009 parlavano della sua posizione processuale (posizione che, ripetesi, nemmeno lui conosceva per non aver mai ricevuto nemmeno mai alcun avviso di garanzia), si è correttamente sospeso dal partito ed è immediatamente uscito dal gruppo parlamentare. Quindi egli, a tutt’oggi, non fa parte dell’IdV e potrà tonare in squadra solo dopo aver risolto i suoi problemi con la giustizia.
In conclusione né io né l’IdV né lo stesso on.le Porfidia riteniamo che “i giovani vogliano essere rappresentati da persone che “abbiano commesso banalissimi abusi”. Nel caso in questione, però, non vi è stata alcuna “condanna” (e nemmeno un avviso di garanzia) e non trattava di “abusi di ufficio”, men che meno di associazione mafiosa. Inoltre, l’on.le Porfidia è ora sospeso dal partito perché riteniamo che – anche se si tratta di una privatissima vicenda – egli debba prima aspettare il responso dell’Autorità giudiziaria. Sfido qualunque altro partito e qualunque altro parlamentare ad avere la stessa attenzione e sensibilità che abbiamo avuto noi dell’IdV e lo stesso on.le Porfidia.
3) Di Pietro ha affermato che su 2500 eletti nell'IDV ci sono appena 32 persone che provengono da esperienze politiche precedenti. La cifra sembra molto bassa, ma se anche fosse, non pensa che sia un problema che queste persone abbiano in parecchi casi una storia caratterizzata da disinvolti salti da uno schieramento all'altro che dimostrano, se non altro, una spiccata tendenza all'opportunismo e al trasformismo?
Antonio Di Pietro: Questa è davvero una domanda che mi sono fatto molte volte ed a cui non è facile dare una risposta. Certo, la questione si potrebbe essere risolta semplicemente negando l’iscrizione al partito ed escludendo dalla candidatura qualsiasi persona abbia mai fatto politica in precedenza. Ma così facendo faremmo due sbagli.
In primo luogo, metteremmo tutti i politici sullo stesso piano ed invece non è così in quanto ci sono politici che – pur avendo fatto esperienze in altri partiti - sono delle bravissime persone che hanno fatto bene il loro dovere e sono rimaste con le mani pulite pur operando in partiti e territori poco raccomandabili. Anzi, proprio per questo loro diverso modo di essere e di fare, spesso sono state messe all’angolo dai partiti di provenienza e hanno chiesto a noi ospitalità per continuare ad operare nel loro territorio. Disperdere le loro energie ed escluderli sarebbe un atto di arroganza e di violazione della deontologia politica che un “partito di massa” - come IDV vuole essere - non può commettere.
In secondo luogo, non è affatto vero che qualsiasi persona che non proviene da precedenti esperienze politiche sia sempre meglio di chi ha già fatto politica. Ancora una volta bisogna distinguere da caso a caso, valorizzando le tante professionalità e persone per bene che vogliono affacciarsi per la prima volta alla politica mosse da autentici sentimenti di partecipazione democratica (e tu Salvatore ne saresti un fulgido esempio) e ci sono autentici arrivisti e disfattisti che si spacciano per “migliori” e sono a loro volta solo deprecabili approfittatori e truffatori.
Ciò premesso, è vero: in tutti questi anni di attività politica di IDV, è capitato che sono entrati nel partito persone provenienti da precedenti esperienze politiche e persone che si sono affacciate alla politica per la prima volta. In entrambi i casi, molte volte sono state delle scelte azzeccatissime , alcune altre meno ed alcune pessime.
Così ad esempio Massimo Donadi e Luigi De Magistris, tanto per citare solo alcuni nomi, sono personalità che prima non avevano fatto mai politica e che oggi sono fiori nell’occhiello della politica italiana e punto di riferimento dell’azione politica di IDV. Parimenti, personalità politiche di lungo corso come Leoluca Orlando e Gianni Vattimo - pur provenienti da altri partiti - rappresentano un’importante impalcatura di credibilità del nostro partito. Allo stesso modo potrei dire di tanti altri.
Viceversa, abbiamo avuto sia collaudati personaggi politici che neofiti della politica che – a loro volta – ci hanno fatto rimpiangere amaramente di aver dato loro spazio (il caso De Gregorio docet).
Come e cosa fare allora? Non è facile riuscire sempre a far “quadrare il cerchio”, ma ci sto faticosamente provando. So che probabilmente mi troverò ancora a sbagliare ma sono convinto della necessità – per la sviluppo e la migliore azione politica dell’IdV – di realizzare un “miracoloso mix” tra “vecchi e nuovi” della politica (purchè tutte persone per bene), in modo che esperienza ed innovazione possano creare lo stimolo e le condizioni adatte a raggiungere il risultato.
Accetto, quindi, le critiche ma invito anche in questo caso a “ricapare il grano dal lollio”, vale a dire a differenziare le critiche positive da quelle solo disfattiste e umorali. Le “critiche positive” (come quelle di Micromega) per me rappresentano uno stimolo a stare ancora più attenti a chi viene imbarcato nella caravella di IDV (e prometto che lo farò con ancor più determinazione già dalle prossime elezioni regionali). Le “critiche negative” sono quelle strumentali avanzate da persone – per lo più sempre le stesse – che, pur di apparire, denigrano gli altri (un po’ come gli spettatori allo stadio che si sentono tutti arbitri della situazione anche quando non capiscono nulla di calcio). Penso, per intenderci, a coloro che reclamano maggiore democrazia e partecipazione all’interno di IDV e poi nemmeno si iscrivono né partecipano alla fase congressuale in atto (come se il partito dovesse riservare loro qualche strapuntino di visibilità solo perché esistono e contestano e non perchè fanno realmente qualcosa di utile per il paese e per il partito).
4) Nel raduno di Vasto sono intervenuto dicendo che per la prima volta avevo accettato di partecipare ad un raduno nazionale di un partito perché in quel partito mi sentivo a casa mia e con me si sentivano “a casa” i tanti giovani che si riconoscono nel movimento delle "Agende Rosse". Dissi anche che mi sarei sentito a casa mia fino a quando anche quei giovani si fossero sentiti a casa loro. Possiamo sperare, sia io che questi giovani, che il processo in atto per fare veramente diventare IDV il partito della Giustizia, della Legalità, della Società Civile prosegua ed arrivi a compimento in maniera da farci sentire "definitivamente" a casa nostra?
Antonio Di Pietro: E’ un mio impegno preciso e deciso e – se dovessi fallire – sarò io stesso a togliere le tende e tornarmene al mio paesello. Già le candidature alle ultime elezioni al Parlamento italiano e soprattutto a quelle al Parlamento europeo ed alle recenti elezioni amministrative lo possono dimostrare. Mi creda, caro Borsellino, non c’è un solo partito che più di noi ha aperto le sue liste alla società civile, ove addirittura abbiamo raccolto centinaia e centinaia di curricula di onorabilissime persone che per la prima volta si affacciavano alla politica e che hanno accettato di candidarsi con noi ed anche di assumere ruoli istituzionali di primissimo piano in pochissimo tempo (come per esempio a Firenze, l’assessore Cristina Scaletti, tanto per citarne una per tutte).
Per i giovani, poi, abbiamo previsto un percorso congressuale specifico ed agevolato per entrare a far parte – a tutti i livelli - della “squadra” del partito e dei ruoli politici all’interno delle istituzioni. Come noto, IDV è in piena fase congressuale per il rinnovo della propria classe dirigente (sul nostro sito internet www.italiadeivalori.it sono riportate tutte le modalità di adesione, partecipazione e candidature) e ai giovani sotto i 35 anni è stato riservato un percorso specifico per ritrovarsi tutti all’interno del Dipartimento “Giovani IDV”, con un proprio Coordinatore nazionale (che entrerà di diritto nell’Esecutivo nazionale di IDV) ed altrettanti territoriali (che pure entreranno di diritto negli Esecutivi regionali e locali del partito). Ad essi sarà pure riservata – a tutti i livelli - una quota di candidature che loro stessi si sceglieranno.
Insomma, IDV è una casa aperta per i giovani e per la società civile che vogliono affacciarsi alla politica. Anzi è la loro casa. Ovviamente ci vuole anche da parte loro buona volontà, senza arroccarsi su verità precostituite e senza sedersi subito sugli allori, respingendo gli altri solo per non vedersi invaso il proprio terreno di visibilità.
5) Non pensa che sarebbe necessario dare una ulteriore spinta alla "democratizzazione" interna arrivando a pensare ad un segretario eletto dalla base attraverso delle "primarie"? Negli incontri che faccio in tutte le regioni d'Italia, per la maggior parte organizzati da giovani, raccolgo un diffuso senso di disagio: molti sono entrati con entusiasmo in IDV ma oggi si sentono scoraggiati perchè non hanno la possibilità, a causa degli ostacoli posti dai dirigenti locali del partito, di tradurre in attività concreta la loro adesione. Non crede che questa situazione possa portare questi giovani ad un passo indietro rispetto alla loro militanza in IDV, e a frenare l’ingresso di tanti altri giovani che potrebbero essere una iniezione di forze nuove, attive e spesso entusiaste?
Antonio Di Pietro: Non solo penso che sia giunto il tempo di “democratizzare” il partito, ma lo sto già realizzando. Come in tutte le cose, c’è sempre qualcuno che all’inizio di tutto mette la prima pietra. Così ho fatto io. In questi anni – dal 2001 ad oggi – ho cercato di costruire una casa ampia ed aperta a tutti. E’ ovvio che all’inizio non bastano coloro che portano le pietre, c’è bisogno pure di chi li mette in ordine per fare in modo che non crolli tutto. Ho mantenuto perciò la direzione dei lavori nella convinzione che a questo ruolo non potevo sottrarmi, visto che ero stato io l’ideatore della casa comune. Oggi posso orgogliosamente dire che siamo al tetto e che la casa è quasi pronta. Sono ben felice, quindi, che a scegliere l’amministratore siano direttamente i condomini della casa. Abbiamo avviato perciò sin dall’inizio di quest’anno, il tesseramento e abbiamo già fissato sia il Congresso nazionale (5-6-7 febbraio 2010, a Roma) che quelli regionali e territoriali (da realizzarsi tutti entro i primi mesi dell’anno prossimo).
Ritengo fondamentale che - per partecipare alla vita del partito e far sentire la propria voce - bisogna iscriversi al partito e quindi partecipare alla fase congressuale, proprio come accade in qualsiasi comunità plurale. Se invece si preferisce dar vita ad un’adesione più mediata ci si può limitare a votare per la forza politica che propone il programma e l’azione che si ritenevano più vicina ai propri ideali. Non ritengo ancora maturo – invece – data la giovane età di IDV e la ancora gracile struttura organizzativa – ricorrere ad indistinte ed informi primarie, con il rischio che strutture organizzate (ad esempio del PDL, della Lega ma anche organizzazioni destabilizzanti create appositamente ad hoc da chi ci vuole male) possano infiltrarsi nelle urne e decidere la distruzione del partito.
Per il resto, hai ancora una volta ragione tu Salvatore: anche io ho notato che nel territorio ci sono giovani che si avvicinano all’IdV (e di questo ne sono felice) ma a volte trovano ostacoli posti da taluni dirigenti locali del partito (e questo voglio assolutamente evitarlo). Dobbiamo insieme contrastare queste chiusure preconcette e retrograde prima che creino sfiducia nei giovani. Proprio per questo abbiamo previsto gli appositi Dipartimenti nazionale e territoriali “Giovani IdV”: per far in modo che costoro possano avere direttamente accesso alle strutture del partito e decidere autonomamente il loro futuro politico e le loro attività nel territorio, senza dover sottostare obbligatoriamente ai diktat locali. Ovviamente – e spero tu converrai con me – anche i Giovani dell’IdV devono rispettare le regole del partito e misurarsi democraticamente con gli altri, accettando poi la volontà della maggioranza come si usa in qualsiasi democrazia (perché, non so se te ne sei accorto anche tu, Salvatore, ma troppo spesso accade che chi perde o non è soddisfatto finisce sempre per dare la colpa agli altri rifiutandosi di prendersi le proprie).
Comunque, appena completeremo la fase congressuale avremo un Dipartimento Giovani dell’IdV eletto direttamente da quanti hanno età inferiore ai 35 anni, che si sono iscritti al partito, e da quel momento attiveremo anche un “centralino di pronto intervento Giovani IdV” (telefono, fax, email, facebook) in modo da permettere a tutti i Giovani dell’IdV di interloquire direttamente fra loro e di segnalare in tempo reale gli aspetti positivi e negativi che avvengono nel territorio.
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Le 5 domande di Andrea Scanzi:
6)L’Italia dei Valori è diventato il privilegiato approdo di molti delusi da sinistra, più per demeriti altrui che per meriti propri. E’ un partito che usufruisce di voti fluttuanti, radicalizzati ma non radicati. Un voto “in assenza di”: non un’adesione pienamente convinta. Quando scatterà – se scatterà – l’appartenenza?
Antonio Di Pietro: In verità l’Italia dei Valori sta diventando un approdo per molti elettori, a prescindere dalla loro iniziale provenienza ideologica. Inoltre, in molti e sempre più frequenti casi, l’IdV rappresenta il “primo approdo” per persone che per la prima volta si affacciano alla politica. Mi riferisco ai giovani di oggi che non hanno vissuto le esperienze politiche e le contrapposizioni ideologiche degli anni’70. Limitare, quindi, i nostri elettori ai soli “delusi da sinistra”, rischia di essere una valutazione restrittiva e limitativa.
E poi francamente questa distinzione tra “voto radicato” e “voto fluttuante” va precisato nel suo contenuto. Noi rifiutiamo l’idea che dal cittadino si debba pretendere un “voto a prescindere” a favore di questo o quel partito (nel senso che tutti i comunisti debbano votare Rifondazione e tutti i cattolici l’UDC), senza doversi interrogare prima se le singole persone che sono chiamate a votare meritino il loro voto o meno. Per intenderci, non credo che il direttore di Micromega – solo perché ideologicamente di sinistra e riformista – debba essere costretto a votare per forza il Partito democratico (e, infatti, dubito che l’abbia fatto alle ultime elezioni europee).
Non intendevo -e non intendo- realizzare un partito ideologizzato, fine a se stesso, ma un “partito valoriale”. Non ritengo necessario, cioè, che debba nascere un nuovo partito, portatore di ideologie diverse e contrapposte alle culture liberali, repubblicane, solidali e riformiste esistenti. Vogliamo, invece, che queste culture e, soprattutto, gli impegni programmatici e di governo che ne derivano, siano sotto la guida di “persone affidabili”, di persone, cioè, di cui potersi fidare quando l’elettore consegna loro le chiavi della cosa pubblica, persone che stanno al Governo non per farsi gli affari propri o per gestire lobbisticamente il bene pubblico, ma per gestire correttamente il programma per cui sono stati votati e le risorse disponibili.
Per “partito valoriale”, quale vuole essere l’IdV, intendo riferirmi ad un partito che rilancia nell’agone politico alcuni “valori” fondamentali persi di vista dai partiti tradizionali, a cui deve attenersi qualsiasi “public servant”, a prescindere dalla formazione politica di appartenenza. Tra questi valori, abbiamo messo al primo posto la “legalità”, in quanto la riteniamo il presupposto per l’attuazione sostanziale del “principio di uguaglianza”: senza legalità, non c’è libero mercato, né libera concorrenza, né pari dignità individuale, né pari opportunità, né uguaglianza tra le persone e soprattutto non c’è solidarietà (principio, questo, che accomuna tutte le moderne culture democratiche (da quella socialista a quella cristiana).
Insomma, per me l’Italia dei Valori è stato ed è un partito di cui in questo momento storico c’è bisogno per scuotere le coscienze ed invogliare i cittadini a fare “massa critica”, a fare cioè squadra comune a prescindere dalle ideologie di appartenenza per individuare modalità migliori per la scelta della propria classe dirigente, giacché quella attuale (ed intendo dire non solo quella della Prima Repubblica smascherata da tangentopoli, ma anche quella successiva ed odierna, che ne è figlia incestuosa) ha stravolto tutti i canoni classici del proprio ruolo, diventando da struttura di servizio per la collettività a strumento di potere per sé e per la propria casta piduista.
Fatte queste premesse, ritengo che il voto all’Italia dei Valori possa ora essere un rassicurante approdo non solo per coloro che finora ci hanno dato “un voto in assenza di” (come con arguzia fa rilevare il dr. Scanzi), ma anche per coloro che vogliono esprimere un vero e proprio “voto di appartenenza”, giacché ora - dopo l’iniziale fisiologica fase di assestamento strutturale e programmatico – il nostro partito si è avviato verso una fase congressuale democratica, inserendo nel proprio programma di “alternativa di governo” a quello delle destre berlusconiane un chiaro riferimento di collocazione politica riformista, solidale, repubblicana, laica.
7 )L’immagine attuale dell’Italia dei Valori è quella di un partito in cui le personalità maggiori coincidono con Di Pietro e De Magistris: due ex magistrati. E’ normale o piuttosto il segnale che il “giustizialismo” può diventare un assillo, quasi una devianza patologica?
Antonio Di Pietro: Francamente ritengo improprio ed innaturale considerare una colpa l’essere o l’essere stati magistrati. Men che meno un esempio di “devianza patologica”. Semmai, in uno Stato di diritto, non bisognerebbe prendere come esempio e punto di riferimento i delinquenti non quelli che li combattono.
Grazie comunque per la domanda, che mi permette di fare chiarezza su un altro luogo comune che di per sè vuol dire tutto e non significa nulla: il “giustizialismo”. Che vuol dire? A cosa si vuole alludere? Nel nostro Paese tale terminologia viene oggi usata per indicare in modo spregiativo un presunto abuso di potere - da parte dell’Ordine giudiziario ed in particolare dei Pubblici Ministeri (quali appunto io e De Magistris eravamo) - al fine di distorcere il quadro politico uscito dalle urne. Ma ciò è, in termini di fatto, una falsità assoluta. Io non ho fatto né ho mai pensato di fare le indagini Mani Pulite per colpire questa o quella parte politica. Le ho fatte semplicemente perché avevo scoperto che alcune politici – peraltro, di ogni colore politico - commettevano dei riprovevoli reati comuni (soprattutto corruzione, concussione, peculato, illecito finanziamento),in concorso con imprenditori e faccendieri corruttori e falsificatori di bilanci. Che c’è di “politico” in questa azione giudiziaria non riesco proprio a capire. Anzi, sì, di politico c’è una cosa (e solo una): la professione ufficiale e di copertura di delinquenti comuni che si facevano chiamare “politici” per meglio nascondere e realizzare la loro attività criminale.
Reclamare, quindi, oggi a gran voce il rispetto della legalità nell’esercizio delle funzioni politiche non è un atto di becero giustizialismo, ma un principio etico e morale – ancor prima che giuridico – a cui tutti coloro che fanno politica devono essere tenuti.
E’ più che normale, poi, che tale richiamo possa provenire anche – ripeto, anche e non solo, perché la legalità è patrocinio di tutti – da due magistrati, come me e De Magistris che – avendo combattuto e contrastato in modo duro e fermo la criminalità presente nelle istituzioni politiche - sono stati proprio per questo fermati e bloccati nelle loro indagini. Entrambi abbiamo scelto allora di metterci a fare politica per raccogliere intorno a noi il consenso di tutti quei cittadini che sono stanchi di subire soprusi e che non vogliono più stare a subire e nemmeno a guardare. Lo abbiamo fatto con assoluta trasparenza e determinazione, dimettendoci dalla Magistratura (anche se con la morte nel cuore, perché per entrambi l’attività di magistrato è stata una missione), ed affrontando l’agone politico con la forza delle nostre idee e la determinazione delle nostre azioni.
Fatte queste premesse, e ribadito che sono fiero di far parte di un partito che ha investito ed investe molte energie su temi come la legalità e la giustizia, oggi con lo stesso orgoglio posso dire che l’elaborazione politica dell’IdV è molto più ampia e di qualità sempre maggiore e spazia dalla tutela dei diritti dei lavoratori (e soprattutto dei disoccupati e dei meno abbienti) alla libertà di impresa trasparente, dall’impegno per la tutela dell’ambiente alla difesa della pluralità dell’informazione. Per una più circostanziata disamina della nostra azione politica rimando al “Programma politico” pubblicato sul mio blog www.antoniodipietro.it
8) La questione morale è centrale nell’Italia dei Valori. L’inchiesta di MicroMega sembra però avere infastidito la nomenclatura. Per chi fa politica come l’IdV sempre sull’orlo del populismo, è costante il rischio che a furia di fare i Robespierre prima o poi spunti un Saint-Just a rubarti scena (e testa). Non è per questo particolarmente sbagliato minimizzare i problemi interni (per quanto inferiori alla media)? Non avvertite l’esigenza di dimostrare che le Sonia Alfano e i Gianni Vattimo non erano specchietti per le allodole?
Antonio Di Pietro: Siamo fieri che Sonia e Gianni facciano parte della squadra dell’IdV. Posso assicurare che né io né altri nel partito consideriamo semplici specchietti per le allodole chi, come Alfano, Vattimo e tutti gli altri rappresentano l’Italia dei Valori al Parlamento europeo e partecipano attivamente alla vita del nostro partito.
Inoltre, non ho mai minimizzato né intendo minimizzare i “problemi” interni al partito e ringrazio Micromega per averli segnalati. Non intendo, però, neanche fare di tutt’erba un fascio. Intendo distinguere, cioè, tra le giuste segnalazioni che provengono dal territorio da alcune critiche strumentali ed insensate che pure ci sono e che sono spesso portate avanti da persone che non sono in grado di farsi valere di per sé ed allora devono denigrare gli altri per sentirsi qualcuno.
Per questa ragione, ho avviato da tempo una profonda analisi della classe dirigente di IDV che si sta formando nel territorio e la fase congressuale che abbiamo avviato – sia a livello nazionale che territoriale – sarà l’occasione per riqualificare ulteriormente i ruoli e le funzioni. Abbiamo stabilito infatti, che – come primo atto – il prossimo Congresso nazionale dell’IdV (5-6-7 febbraio 2010) approvi il seguente codice etico (che sarà il discrimine non solo per far parte di Italia dei Valori, ma anche per essere candidato alle elezioni sia politiche che amministrative nelle nostre liste):
Ovviamente, essendo la suddetta stesura una bozza, prima di essere approvato dal Congresso di febbraio prossimo, può ( e deve) essere ancora migliorato ed anzi approfitto dell’occasione per chiedere se c’è qualcuno che abbia qualche altro valido consiglio da darmi. Altrettanto ovviamente, d’ora in poi e sin dalle prossime elezioni regionali mi atterrò – nella individuazione delle candidature – ai criteri ed ai principi previsti dal Codice etico, così come sarà approvato dal Congresso.
9) Il momento più basso dell’IDV è stato il voto contrario alla Commissione d’Inchiesta sulle mattanze a Bolzaneto e Scuola Diaz, quando il vostro partito era al governo. E’ di queste settimane il calvario di Stefano Cucchi. L’impostazione “poliziottesca” dei quadri dirigenziali dell’IDV (emblematico il caso Giovanni Paladini) può portare a una sottovalutazione di vicende analoghe? La vostra attenzione alla legalità contempla anche il garantismo e il coraggio di non reputare intoccabili magistrati e forze dell’ordine?
Antonio Di Pietro: Sono quattro domande in una che non possono essere mischiate e vanno affrontate singolarmente:
1. il voto dell’IdV alla Commissione di inchiesta per i fatti di Bolzaneto;
2. il calvario di Stefano Cucchi;
3. la vicinanza e l’affinità dell’IdV alle forze dell’ordine;
4. la posizione dell’IdV rispetto al ruolo dei magistrati
Quanto al primo punto, è davvero riduttivo affermare solo la contrarietà dell’IdV alla costituzione della Commissione. In realtà l’IdV non ha sostenuto che non bisognava nominare alcuna commissione, ma che bisognava procedere non con una “Commissione parlamentare di inchiesta” ma con una “Commissione parlamentare di indagine”. La differenza è sostanziale: nel primo caso il Parlamento si sostituisce al giudice facendo direttamente l’inchiesta, gli interrogatori, gli accertamenti tecnici, assumendo le testimonianze ed infine emanando una decisione che avrebbe avuto tutti i requisiti sostanziali della “sentenza”. Nel secondo caso, invece, il Parlamento sarebbe stato chiamato a dare una valutazione politica del risultato di indagini svolte da altri e significativamente dalla magistratura. Io personalmente preferisco che le indagini e le sentenze le facciano soggetti terzi – i giudici appunto - invece che affidarle a soggetti di parte (i politici) i quali – come la casistica di tutti i giorni dimostra - decidono più per partito preso che per riscontri probatori effettivi e certi. E la magistratura ha fatto il suo corso, individuando responsabilità anche ad alto livello e fornendo materiale e documentazione da cui oggi si può fondare un giudizio, ben sapendo che trattasi di dati e riscontri acquisiti in modo indipendente. Oggi cioè - e solo ora che le indagini sono state completate e le decisioni della magistratura prese - è possibile aprire una Commissione di indagine (alla quale, ripeto, sono favorevole) ed acquisire la documentazione e così dare – se si vuole - una valutazione politica sull’accaduto. Capisco che non tutti possono essere d’accordo su questa mia impostazione che, però segnalo, è di tipo garantista proprio come mi suggerisce di essere chi mi ha posto la domanda. Non voglio nemmeno sostenere che la mia proposta sia o sia stata migliore di altre ma sicuramente è stata dettata dalla buona fede e ferma volontà di conoscere la verità e quindi prego di rispettarla come io rispetto le proposte degli altri.
Quanto alla terribile morte di Stefano Cucchi, basta sfogliare le pagine di un qualsiasi giornale per prendere atto dell’attenzione da parte dell’IdV nei confronti della drammatica vicenda Cucchi. A memoria cito le iniziative adottate dal Senatore Pedica, gli autorevoli interventi di altri esponenti del nostro partito, i miei interventi parlamentari e quelli di Leoluca Orlando, ed anche la vicinanza dei nostri deputati e senatori alla famiglia Cucchi (la sorella ha potuto assistere personalmente al dibattito in aula al Senato, invitata espressamente da noi). Nel merito, poi, sono fermamente convinto che la morte di Cucchi non sia dipesa né dal caso né dal destino ma da una o più mani omicide (per giunta, appartenenti a persone delle istituzioni). Per questo, ritengo ancor più necessario ed urgente fare chiarezza e mi sembra che la magistratura la stia facendo con grande sollecitudine, se è vero come è vero che le indagini hanno già individuato possibili indagati e già si stanno dirigendo verso l’ipotesi dell’omicidio.
Terza questione: le forze dell’ordine. Sì è vero, l’IdV è vicina alle forze dell’ordine. Ma ciò, in uno Stato di diritto ed in un paese civile dovrebbe essere visto come un fiore all’occhiello e non come un “momento basso” dell’azione politica di un partito. Sia chiaro, noi non siamo “manganellari” e non vogliamo dei Rambo che si fanno giustizia da sé (anche per questo siamo contrari alle “ronde” di leghista memoria). Crediamo però che le forze dell’ordine debbano essere munite delle risorse necessarie e dei mezzi opportuni per contrastare al meglio la criminalità organizzata. Crediamo anche - e ci dispiace che siamo solo noi ad insistere al riguardo – che bisogna “demilitarizzare” - ovvero togliere le mostrine e il ruolo di “forza militare”– alla Polizia di Stato ed alla Guardia di Finanza. I militari servono per fare la guerra mentre le forze di polizia servono per assicurare giustizia e sicurezza ai cittadini. Soprattutto non devono servire per fare gli autisti e per portare le spigole ai loro generali in vacanza.
Infine la questione dei magistrati e della loro asserita intoccabilità. Non è affatto vero che l’IdV considera i magistrati “tutti” intoccabili. Io e De Magistris siamo stati “toccati” eccome e solo perché stavamo cercando di fare il nostro dovere contro i potenti di Stato. Non solo toccati ma “morti ammazzati” sono finiti tanti magistrati che hanno fatto il loro dovere.
Intoccabili sono invece coloro che sono contigui al potere (ed anche fra i magistrati ce ne sono, eccome) e soprattutto nessuno “tocca” quei magistrati scansafatiche e “scansa problemi” che per quieto vivere fanno i “notai” dei fascicoli giudiziari invece che i “radiologi” delle inchieste. Per intenderci, noi dell’IdV non professiamo l’intoccabilità di tutti i magistrati in quanto tali, ma non possiamo accettare che eventuali colpe di qualcuno (es. la squallida vicenda del giudice finto malato che andava in barca a vela), vengano prese a pretesto per denigrare tutti, per bloccare la giustizia, per fare leggi ad personam, per assicurare impunità ai potenti etc). Si “tocchino” pure i magistrati che non fanno il loro dovere ma non si tocchino solo e sempre quelli che il loro dovere lo fanno eccome (anche se dall’altra parte della scrivania c’è un politico o un imprenditore d‘alto bordo). Le nostre battaglie, insomma, non le facciamo solo a difesa della magistratura ma della “giustizia” e non possiamo accettare che si screditino i magistrati solo per impedire che si faccia giustizia.
10)L’Italia dei Valori prospera per la risibile debolezza del Pd e perché il bipolarismo italiano è drammaticamente atipico: non centrosinistra e centrodestra, ma berlusconiani e antiberlusconiani. Questa radicalizzazione avvantaggia un partito di lotta come l’IDV: di lotta, ma non di governo. Cosa farà l’Italia dei Valori quando Berlusconi non ci sarà più? Non è un partito che, paradossalmente, per prosperare ha bisogno anzitutto del Nemico?
Antonio Di Pietro: L’Italia dei Valori non “prospera”, ma “opera”. Non si sta limitando a fare solo “opposizione”, ma si sta adoperando anche per costruire una “alternativa” di governo con un programma le cui linee essenziali possono essere esaminate sul nostro sito Italia dei Valori - Lista Di Pietro e che sarà ulteriormente affinato in occasione del nostro Congresso rifondativo del prossimo mese di febbraio.
Siamo un partito d’ispirazione liberale, laica, riformista e repubblicana che ha ricevuto e riceve grande considerazione a livello europeo tanto che è di questi giorni la nomina del nostro on.le Leoluca Orlando a vicepresidente del partito liberaldemocratico europeo (e cioè della terza forza politica europea). Non mi risulta che altri partiti – sulla carta ed a parole molto più blasonati di noi – abbiano mai avuto un simile ruolo e riconoscimento tra le varie famiglie politiche europee.
Certo, oggi facciamo una forte opposizione a Berlusconi. Ne siamo fieri perché riteniamo quest’uomo e la sua politica (degli affari e degli interessi personali) un pericolo per il nostro Paese e per la nostra democrazia. Ma siamo fortemente ancorati al sistema bipolare ed in tale ambito ci collochiamo convintamente nel settore di centrosinistra: ovviamente non a prescindere, laddove situazioni locali o personaggi di scarsa considerazione ci suggeriscono di non metterci la faccia.
L’IdV, peraltro, è già stato partito di governo, un ruolo che deve aver svolto al meglio visto che alle elezioni del 2008 è stata l’unica forza politica dell’ex Unione che ha raddoppiato i suoi voti, mentre gli altri partiti sono crollati. Ma l’Italia dei Valori si è già posta il problema del dopo, che consiste nell’offrire una credibile alternativa di governo. Sappiamo che non fa notizia, ma abbiamo da tempo costituito dei Dipartimenti tematici affidati a tecnici di altissima qualità e preparazione professionale, incaricati di elaborare politiche mirate per i settori fondamentali della società. Così, tanto e solo per citare alcuni esempi, ci siamo dotati di un solido programma economico al quale ha lavorato e continua a lavorare un professionista del calibro di Sandro Trento, coordinando un’equipe di altri eccellenti economisti; ci siamo appoggiati all’esperienza ed all’aiuto di Maurizio Zipponi per la interlocuzione e la tutela dei lavoratori e dei disoccupati; ci siamo affidati alla capacità elaborativa di Paolo Brutti per studiare le migliori strategie in materia ambientale e di difesa del suolo. E così via.
Insomma ed in conclusione: l’IdV è un partito che indubbiamente oggi si sente “al fronte”, come lo erano tutti coloro che ai tempi del fascismo facevano resistenza. Ma la nostra aspirazione è quella di ritornare a vivere in un “paese normale”: se ciò potesse accadere – ed un giorno non lontano accadrà - vorremmo essere ricordati fra coloro che non sono stati a guardare ma ne sono stati protagonisti.
1) Di Pietro ha detto in una intervista che nelle liste di IDV non c'è un solo caso di incandidabilità, di immoralità e che tutti gli eletti e i candidati hanno il certificato penale al seguito, precisando che si intende per "immoralità" l'essere condannato con sentenza definitiva. Si rende conto l’Idv che, secondo questa lettura, un personaggio come Marcello Dell'Utri, non ancora condannato in via definitiva, sarebbe da ritenersi candidabile?
Antonio Di Pietro: Innanzitutto voglio ringraziare, dal più profondo del cuore, l’amico Salvatore Borsellino che – con le sue domande – mi onora di interloquire con Lui e con Micromega. Egli e tutti gli amici delle “agende rosse” sanno quanto noi dell’IdV teniamo in considerazione e difendiamo a spada tratta la loro ricerca di verità in merito all’omicidio del giudice Paolo Borsellino ed alla malefica trattativa che lo Stato ha portato avanti in quel periodo con la Mafia.
Quanto al merito della domanda, preciso subito che la “sintesi giornalistica” mi attribuisce affermazioni che, in verità, non corrispondono al mio pensiero e mi scuso se in precedenza non sono stato sufficientemente chiaro. Ribadisco, allora, che una cosa è l’incandidabilità tecnica, altra l’immoralità acquisita di talune candidature.
Non tutti i reati possono essere considerati ostativi per una candidatura: così, ad esempio, in caso di condanna per reati di opinione (es. diffamazione, vilipendio) bisogna analizzare caso per caso, altrimenti finiremmo, un domani, a non poter candidare neanche coloro che oggi fanno feroce opposizione al Governo Berlusconi (tu stesso Salvatore, io, Travaglio, De Magistris e così via ma penso anche a Gioacchino Genchi che considero un leale servitore dello Stato e, soprattutto, quasi tutti i blogger o coloro che criticano in rete la politica berlusconiana rischiando per ciò solo di essere denunciati per diffamazione). Viceversa non si può limitare l’incandidabilità solo alle persone condannate in via definitiva, altrimenti dovremmo ammettere le candidature non solo di Dell’Utri (condannato “solo” in primo grado per Mafia) ma anche del sottosegretario Cosentino del Pdl o del sen. Tedesco del Pd), il che, francamente, mi sembra inopportuno e fuori luogo. In verità, ci sono alcuni personaggi che – pur avendo essi la “fedina penale” totalmente pulita – non candiderei lo stesso sotto il simbolo dell’Italia dei Valori (iscritti alla P2, faccendieri del sottobosco politico, estremisti della violenza, “utilizzatori finali” e così via).
In questi anni ho sempre cercato di tradurre i predetti concetti in azione concreta attraverso le politiche del partito dell’Italia dei Valori e - se qualche volta non ci sono riuscito, come in effetti pure mi è capitato - non è né per malafede né per cattiva volontà ma, semplicemente, perché, come a tutti, capita anche a me di sbagliare (ed a volte mi sono sbagliato proprio, come per il caso De Gregorio).
Proprio per questa ragione ho accolto e accolgo sempre con favore le segnalazioni che mi vengono fatte – come per quelle pubblicate da Micromega – in quanto mi permettono di valutare (e rivalutare) meglio la situazione all’interno del partito. L’importante, caro Salvatore, non è pretendere di non sbagliare mai ma di non perseverare nell’errore. Questo principio, ovviamente, vale per me ma deve valere anche per coloro che “fanno le pulci” all’IdV giacché alcune delle critiche che sono rimbalzate sulle cronache giornalistiche in questo periodo sono davvero frutto di disinformazione, di rancori personali, di vittimismo, di disfattismo o di malcelata voglia di ricerca di visibilità a buon mercato.
2) Nella stessa intervista Di Pietro ha affermato che Orazio Schiavone non è "neanche più condannato" perché il suo reato, secondo la "normativa successiva non è più neanche reato". Lei ritiene che l’Idv possa candidare persone che hanno commesso reati che tuttavia, grazie alle depenalizzazioni del governo Berlusconi – ad esempio il falso in bilancio – "non sono più neanche reati"? Per quanto riguarda Porfidia, Di Pietro dice che non è vero che è indagato per il 416 bis, ma per un "banalissimo abuso d'ufficio" di quando era sindaco. Non pensa che la base di IDV, soprattutto i giovani, vogliano essere rappresentati da persone che non abbiano commesso neanche dei "banalissimi abusi"?
Antonio Di Pietro: No, non ritengo affatto che “che l’IdV possa candidare persone che hanno commesso reati che, grazie alle depenalizzazioni del Governo Berlusconi, come il falso in bilancio, non sono neanche più reati”! Ma questo non è il caso di Orazio Schiavone. Egli non è stato affatto condannato per un reato poi depenalizzato dal Governo Berlusconi (ed in verità non è nemmeno mai stato condannato in via definitiva essendo il procedimento ancora in corso). E’ semplicemente successo che si è riscontrata una differenza fra la legislazione europea e quella italiana in merito all’abilitazione professionale dei medici chirurghi per esercitare anche l’attività di dentista. Il dr. Schiavone è un medico chirurgo (iscritto all’Ordine dei medici di Avellino dal 1993 al n.ro 3164) ed ha anche la specializzazione di odontoiatra (iscritto all’Albo degli odontoiatri di Avellino al n.ro 241). Quindi egli poteva e può esercitare legittimamente tale professione (tanto è vero che tiene attualmente anche una rubrica di informazione medica su un qualificato periodico di settore). All’epoca dei fatti, però, in Italia vigeva una legge che prevedeva come necessaria una abilitazione specifica per i medici chirurghi che volessero fare anche i dentisti. Cosa che invece le regole della Comunità europea hanno poi escluso. Oggi la questione è stata superata giacchè la nostra legislazione ha recepito – e non poteva fare altrimenti - quella della Commissione europea. Sono però rimaste in sospeso le posizioni processuali di tutti quei medici – e sono oltre 3.000 (diconsi tremila, si badi bene), tra cui Schiavone – che all’epoca vennero denunciati sulla base della legge italiana e senza tener conto della sopravvenuta normativa europea. La questione è comunque superata per il dr. Schiavone che, come detto, avendo egli anche l’abilitazione di odontoiatra, non potrà che essere assolto nel merito. Come si vede la vicenda del dr. Schiavone non c’entra nulla con le “depenalizzazioni del Governo Berlusconi” e non può comportare l’esclusione dal diritto costituzionale di un individuo ad esercitare l’elettorato attivo e passivo, anche perché trattasi di fatti non previsti dalla legge come reati e che comunque il dr. Schiavone non risulta aver commesso.
Quanto alla posizione processuale dell’on.le Amerigo Porfidia, ribadisco innanzitutto che non è vero che egli sia mai stato processato e nemmeno indagato per associazione mafiosa ex art. 416 c.p. Tale affermazione è un’autentica falsità, pubblicata a suo tempo da alcuni organi di informazione, a cui l’on.le Porfidia ha immediatamente e tempestivamente risposto anche querelando e citando in giudizio per diffamazione gli autori.
L’on.le Porfidia non è nemmeno mai stato indagato – e men che meno condannato – per “abuso d’ufficio” né per alcun altro reato commesso nella sua funzione di Sindaco o Pubblico amministratore. Vi è solo stato, anni addietro, una lite privata per motivi di lavoro con un suo socio sfociato in reciproche denunce, per cui oggi egli si ritrova – a distanza di tanti anni e per inerzia della giustizia – ancora sotto indagine (ripeto, sotto indagini preliminari e mai nemmeno rinviato a giudizio) per il reato di violenza privata ex art. 610 c.p. (così come risulta dal suo certificato dei carichi pendenti).
Ciò nonostante – e proprio per evitare strumentalizzazioni e incomprensioni - l’on.le Porfidia, non appena usciti gli articoli del Corriere della Sera che nel gennaio del 2009 parlavano della sua posizione processuale (posizione che, ripetesi, nemmeno lui conosceva per non aver mai ricevuto nemmeno mai alcun avviso di garanzia), si è correttamente sospeso dal partito ed è immediatamente uscito dal gruppo parlamentare. Quindi egli, a tutt’oggi, non fa parte dell’IdV e potrà tonare in squadra solo dopo aver risolto i suoi problemi con la giustizia.
In conclusione né io né l’IdV né lo stesso on.le Porfidia riteniamo che “i giovani vogliano essere rappresentati da persone che “abbiano commesso banalissimi abusi”. Nel caso in questione, però, non vi è stata alcuna “condanna” (e nemmeno un avviso di garanzia) e non trattava di “abusi di ufficio”, men che meno di associazione mafiosa. Inoltre, l’on.le Porfidia è ora sospeso dal partito perché riteniamo che – anche se si tratta di una privatissima vicenda – egli debba prima aspettare il responso dell’Autorità giudiziaria. Sfido qualunque altro partito e qualunque altro parlamentare ad avere la stessa attenzione e sensibilità che abbiamo avuto noi dell’IdV e lo stesso on.le Porfidia.
3) Di Pietro ha affermato che su 2500 eletti nell'IDV ci sono appena 32 persone che provengono da esperienze politiche precedenti. La cifra sembra molto bassa, ma se anche fosse, non pensa che sia un problema che queste persone abbiano in parecchi casi una storia caratterizzata da disinvolti salti da uno schieramento all'altro che dimostrano, se non altro, una spiccata tendenza all'opportunismo e al trasformismo?
Antonio Di Pietro: Questa è davvero una domanda che mi sono fatto molte volte ed a cui non è facile dare una risposta. Certo, la questione si potrebbe essere risolta semplicemente negando l’iscrizione al partito ed escludendo dalla candidatura qualsiasi persona abbia mai fatto politica in precedenza. Ma così facendo faremmo due sbagli.
In primo luogo, metteremmo tutti i politici sullo stesso piano ed invece non è così in quanto ci sono politici che – pur avendo fatto esperienze in altri partiti - sono delle bravissime persone che hanno fatto bene il loro dovere e sono rimaste con le mani pulite pur operando in partiti e territori poco raccomandabili. Anzi, proprio per questo loro diverso modo di essere e di fare, spesso sono state messe all’angolo dai partiti di provenienza e hanno chiesto a noi ospitalità per continuare ad operare nel loro territorio. Disperdere le loro energie ed escluderli sarebbe un atto di arroganza e di violazione della deontologia politica che un “partito di massa” - come IDV vuole essere - non può commettere.
In secondo luogo, non è affatto vero che qualsiasi persona che non proviene da precedenti esperienze politiche sia sempre meglio di chi ha già fatto politica. Ancora una volta bisogna distinguere da caso a caso, valorizzando le tante professionalità e persone per bene che vogliono affacciarsi per la prima volta alla politica mosse da autentici sentimenti di partecipazione democratica (e tu Salvatore ne saresti un fulgido esempio) e ci sono autentici arrivisti e disfattisti che si spacciano per “migliori” e sono a loro volta solo deprecabili approfittatori e truffatori.
Ciò premesso, è vero: in tutti questi anni di attività politica di IDV, è capitato che sono entrati nel partito persone provenienti da precedenti esperienze politiche e persone che si sono affacciate alla politica per la prima volta. In entrambi i casi, molte volte sono state delle scelte azzeccatissime , alcune altre meno ed alcune pessime.
Così ad esempio Massimo Donadi e Luigi De Magistris, tanto per citare solo alcuni nomi, sono personalità che prima non avevano fatto mai politica e che oggi sono fiori nell’occhiello della politica italiana e punto di riferimento dell’azione politica di IDV. Parimenti, personalità politiche di lungo corso come Leoluca Orlando e Gianni Vattimo - pur provenienti da altri partiti - rappresentano un’importante impalcatura di credibilità del nostro partito. Allo stesso modo potrei dire di tanti altri.
Viceversa, abbiamo avuto sia collaudati personaggi politici che neofiti della politica che – a loro volta – ci hanno fatto rimpiangere amaramente di aver dato loro spazio (il caso De Gregorio docet).
Come e cosa fare allora? Non è facile riuscire sempre a far “quadrare il cerchio”, ma ci sto faticosamente provando. So che probabilmente mi troverò ancora a sbagliare ma sono convinto della necessità – per la sviluppo e la migliore azione politica dell’IdV – di realizzare un “miracoloso mix” tra “vecchi e nuovi” della politica (purchè tutte persone per bene), in modo che esperienza ed innovazione possano creare lo stimolo e le condizioni adatte a raggiungere il risultato.
Accetto, quindi, le critiche ma invito anche in questo caso a “ricapare il grano dal lollio”, vale a dire a differenziare le critiche positive da quelle solo disfattiste e umorali. Le “critiche positive” (come quelle di Micromega) per me rappresentano uno stimolo a stare ancora più attenti a chi viene imbarcato nella caravella di IDV (e prometto che lo farò con ancor più determinazione già dalle prossime elezioni regionali). Le “critiche negative” sono quelle strumentali avanzate da persone – per lo più sempre le stesse – che, pur di apparire, denigrano gli altri (un po’ come gli spettatori allo stadio che si sentono tutti arbitri della situazione anche quando non capiscono nulla di calcio). Penso, per intenderci, a coloro che reclamano maggiore democrazia e partecipazione all’interno di IDV e poi nemmeno si iscrivono né partecipano alla fase congressuale in atto (come se il partito dovesse riservare loro qualche strapuntino di visibilità solo perché esistono e contestano e non perchè fanno realmente qualcosa di utile per il paese e per il partito).
4) Nel raduno di Vasto sono intervenuto dicendo che per la prima volta avevo accettato di partecipare ad un raduno nazionale di un partito perché in quel partito mi sentivo a casa mia e con me si sentivano “a casa” i tanti giovani che si riconoscono nel movimento delle "Agende Rosse". Dissi anche che mi sarei sentito a casa mia fino a quando anche quei giovani si fossero sentiti a casa loro. Possiamo sperare, sia io che questi giovani, che il processo in atto per fare veramente diventare IDV il partito della Giustizia, della Legalità, della Società Civile prosegua ed arrivi a compimento in maniera da farci sentire "definitivamente" a casa nostra?
Antonio Di Pietro: E’ un mio impegno preciso e deciso e – se dovessi fallire – sarò io stesso a togliere le tende e tornarmene al mio paesello. Già le candidature alle ultime elezioni al Parlamento italiano e soprattutto a quelle al Parlamento europeo ed alle recenti elezioni amministrative lo possono dimostrare. Mi creda, caro Borsellino, non c’è un solo partito che più di noi ha aperto le sue liste alla società civile, ove addirittura abbiamo raccolto centinaia e centinaia di curricula di onorabilissime persone che per la prima volta si affacciavano alla politica e che hanno accettato di candidarsi con noi ed anche di assumere ruoli istituzionali di primissimo piano in pochissimo tempo (come per esempio a Firenze, l’assessore Cristina Scaletti, tanto per citarne una per tutte).
Per i giovani, poi, abbiamo previsto un percorso congressuale specifico ed agevolato per entrare a far parte – a tutti i livelli - della “squadra” del partito e dei ruoli politici all’interno delle istituzioni. Come noto, IDV è in piena fase congressuale per il rinnovo della propria classe dirigente (sul nostro sito internet www.italiadeivalori.it sono riportate tutte le modalità di adesione, partecipazione e candidature) e ai giovani sotto i 35 anni è stato riservato un percorso specifico per ritrovarsi tutti all’interno del Dipartimento “Giovani IDV”, con un proprio Coordinatore nazionale (che entrerà di diritto nell’Esecutivo nazionale di IDV) ed altrettanti territoriali (che pure entreranno di diritto negli Esecutivi regionali e locali del partito). Ad essi sarà pure riservata – a tutti i livelli - una quota di candidature che loro stessi si sceglieranno.
Insomma, IDV è una casa aperta per i giovani e per la società civile che vogliono affacciarsi alla politica. Anzi è la loro casa. Ovviamente ci vuole anche da parte loro buona volontà, senza arroccarsi su verità precostituite e senza sedersi subito sugli allori, respingendo gli altri solo per non vedersi invaso il proprio terreno di visibilità.
5) Non pensa che sarebbe necessario dare una ulteriore spinta alla "democratizzazione" interna arrivando a pensare ad un segretario eletto dalla base attraverso delle "primarie"? Negli incontri che faccio in tutte le regioni d'Italia, per la maggior parte organizzati da giovani, raccolgo un diffuso senso di disagio: molti sono entrati con entusiasmo in IDV ma oggi si sentono scoraggiati perchè non hanno la possibilità, a causa degli ostacoli posti dai dirigenti locali del partito, di tradurre in attività concreta la loro adesione. Non crede che questa situazione possa portare questi giovani ad un passo indietro rispetto alla loro militanza in IDV, e a frenare l’ingresso di tanti altri giovani che potrebbero essere una iniezione di forze nuove, attive e spesso entusiaste?
Antonio Di Pietro: Non solo penso che sia giunto il tempo di “democratizzare” il partito, ma lo sto già realizzando. Come in tutte le cose, c’è sempre qualcuno che all’inizio di tutto mette la prima pietra. Così ho fatto io. In questi anni – dal 2001 ad oggi – ho cercato di costruire una casa ampia ed aperta a tutti. E’ ovvio che all’inizio non bastano coloro che portano le pietre, c’è bisogno pure di chi li mette in ordine per fare in modo che non crolli tutto. Ho mantenuto perciò la direzione dei lavori nella convinzione che a questo ruolo non potevo sottrarmi, visto che ero stato io l’ideatore della casa comune. Oggi posso orgogliosamente dire che siamo al tetto e che la casa è quasi pronta. Sono ben felice, quindi, che a scegliere l’amministratore siano direttamente i condomini della casa. Abbiamo avviato perciò sin dall’inizio di quest’anno, il tesseramento e abbiamo già fissato sia il Congresso nazionale (5-6-7 febbraio 2010, a Roma) che quelli regionali e territoriali (da realizzarsi tutti entro i primi mesi dell’anno prossimo).
Ritengo fondamentale che - per partecipare alla vita del partito e far sentire la propria voce - bisogna iscriversi al partito e quindi partecipare alla fase congressuale, proprio come accade in qualsiasi comunità plurale. Se invece si preferisce dar vita ad un’adesione più mediata ci si può limitare a votare per la forza politica che propone il programma e l’azione che si ritenevano più vicina ai propri ideali. Non ritengo ancora maturo – invece – data la giovane età di IDV e la ancora gracile struttura organizzativa – ricorrere ad indistinte ed informi primarie, con il rischio che strutture organizzate (ad esempio del PDL, della Lega ma anche organizzazioni destabilizzanti create appositamente ad hoc da chi ci vuole male) possano infiltrarsi nelle urne e decidere la distruzione del partito.
Per il resto, hai ancora una volta ragione tu Salvatore: anche io ho notato che nel territorio ci sono giovani che si avvicinano all’IdV (e di questo ne sono felice) ma a volte trovano ostacoli posti da taluni dirigenti locali del partito (e questo voglio assolutamente evitarlo). Dobbiamo insieme contrastare queste chiusure preconcette e retrograde prima che creino sfiducia nei giovani. Proprio per questo abbiamo previsto gli appositi Dipartimenti nazionale e territoriali “Giovani IdV”: per far in modo che costoro possano avere direttamente accesso alle strutture del partito e decidere autonomamente il loro futuro politico e le loro attività nel territorio, senza dover sottostare obbligatoriamente ai diktat locali. Ovviamente – e spero tu converrai con me – anche i Giovani dell’IdV devono rispettare le regole del partito e misurarsi democraticamente con gli altri, accettando poi la volontà della maggioranza come si usa in qualsiasi democrazia (perché, non so se te ne sei accorto anche tu, Salvatore, ma troppo spesso accade che chi perde o non è soddisfatto finisce sempre per dare la colpa agli altri rifiutandosi di prendersi le proprie).
Comunque, appena completeremo la fase congressuale avremo un Dipartimento Giovani dell’IdV eletto direttamente da quanti hanno età inferiore ai 35 anni, che si sono iscritti al partito, e da quel momento attiveremo anche un “centralino di pronto intervento Giovani IdV” (telefono, fax, email, facebook) in modo da permettere a tutti i Giovani dell’IdV di interloquire direttamente fra loro e di segnalare in tempo reale gli aspetti positivi e negativi che avvengono nel territorio.
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Le 5 domande di Andrea Scanzi:
6)L’Italia dei Valori è diventato il privilegiato approdo di molti delusi da sinistra, più per demeriti altrui che per meriti propri. E’ un partito che usufruisce di voti fluttuanti, radicalizzati ma non radicati. Un voto “in assenza di”: non un’adesione pienamente convinta. Quando scatterà – se scatterà – l’appartenenza?
Antonio Di Pietro: In verità l’Italia dei Valori sta diventando un approdo per molti elettori, a prescindere dalla loro iniziale provenienza ideologica. Inoltre, in molti e sempre più frequenti casi, l’IdV rappresenta il “primo approdo” per persone che per la prima volta si affacciano alla politica. Mi riferisco ai giovani di oggi che non hanno vissuto le esperienze politiche e le contrapposizioni ideologiche degli anni’70. Limitare, quindi, i nostri elettori ai soli “delusi da sinistra”, rischia di essere una valutazione restrittiva e limitativa.
E poi francamente questa distinzione tra “voto radicato” e “voto fluttuante” va precisato nel suo contenuto. Noi rifiutiamo l’idea che dal cittadino si debba pretendere un “voto a prescindere” a favore di questo o quel partito (nel senso che tutti i comunisti debbano votare Rifondazione e tutti i cattolici l’UDC), senza doversi interrogare prima se le singole persone che sono chiamate a votare meritino il loro voto o meno. Per intenderci, non credo che il direttore di Micromega – solo perché ideologicamente di sinistra e riformista – debba essere costretto a votare per forza il Partito democratico (e, infatti, dubito che l’abbia fatto alle ultime elezioni europee).
Non intendevo -e non intendo- realizzare un partito ideologizzato, fine a se stesso, ma un “partito valoriale”. Non ritengo necessario, cioè, che debba nascere un nuovo partito, portatore di ideologie diverse e contrapposte alle culture liberali, repubblicane, solidali e riformiste esistenti. Vogliamo, invece, che queste culture e, soprattutto, gli impegni programmatici e di governo che ne derivano, siano sotto la guida di “persone affidabili”, di persone, cioè, di cui potersi fidare quando l’elettore consegna loro le chiavi della cosa pubblica, persone che stanno al Governo non per farsi gli affari propri o per gestire lobbisticamente il bene pubblico, ma per gestire correttamente il programma per cui sono stati votati e le risorse disponibili.
Per “partito valoriale”, quale vuole essere l’IdV, intendo riferirmi ad un partito che rilancia nell’agone politico alcuni “valori” fondamentali persi di vista dai partiti tradizionali, a cui deve attenersi qualsiasi “public servant”, a prescindere dalla formazione politica di appartenenza. Tra questi valori, abbiamo messo al primo posto la “legalità”, in quanto la riteniamo il presupposto per l’attuazione sostanziale del “principio di uguaglianza”: senza legalità, non c’è libero mercato, né libera concorrenza, né pari dignità individuale, né pari opportunità, né uguaglianza tra le persone e soprattutto non c’è solidarietà (principio, questo, che accomuna tutte le moderne culture democratiche (da quella socialista a quella cristiana).
Insomma, per me l’Italia dei Valori è stato ed è un partito di cui in questo momento storico c’è bisogno per scuotere le coscienze ed invogliare i cittadini a fare “massa critica”, a fare cioè squadra comune a prescindere dalle ideologie di appartenenza per individuare modalità migliori per la scelta della propria classe dirigente, giacché quella attuale (ed intendo dire non solo quella della Prima Repubblica smascherata da tangentopoli, ma anche quella successiva ed odierna, che ne è figlia incestuosa) ha stravolto tutti i canoni classici del proprio ruolo, diventando da struttura di servizio per la collettività a strumento di potere per sé e per la propria casta piduista.
Fatte queste premesse, ritengo che il voto all’Italia dei Valori possa ora essere un rassicurante approdo non solo per coloro che finora ci hanno dato “un voto in assenza di” (come con arguzia fa rilevare il dr. Scanzi), ma anche per coloro che vogliono esprimere un vero e proprio “voto di appartenenza”, giacché ora - dopo l’iniziale fisiologica fase di assestamento strutturale e programmatico – il nostro partito si è avviato verso una fase congressuale democratica, inserendo nel proprio programma di “alternativa di governo” a quello delle destre berlusconiane un chiaro riferimento di collocazione politica riformista, solidale, repubblicana, laica.
7 )L’immagine attuale dell’Italia dei Valori è quella di un partito in cui le personalità maggiori coincidono con Di Pietro e De Magistris: due ex magistrati. E’ normale o piuttosto il segnale che il “giustizialismo” può diventare un assillo, quasi una devianza patologica?
Antonio Di Pietro: Francamente ritengo improprio ed innaturale considerare una colpa l’essere o l’essere stati magistrati. Men che meno un esempio di “devianza patologica”. Semmai, in uno Stato di diritto, non bisognerebbe prendere come esempio e punto di riferimento i delinquenti non quelli che li combattono.
Grazie comunque per la domanda, che mi permette di fare chiarezza su un altro luogo comune che di per sè vuol dire tutto e non significa nulla: il “giustizialismo”. Che vuol dire? A cosa si vuole alludere? Nel nostro Paese tale terminologia viene oggi usata per indicare in modo spregiativo un presunto abuso di potere - da parte dell’Ordine giudiziario ed in particolare dei Pubblici Ministeri (quali appunto io e De Magistris eravamo) - al fine di distorcere il quadro politico uscito dalle urne. Ma ciò è, in termini di fatto, una falsità assoluta. Io non ho fatto né ho mai pensato di fare le indagini Mani Pulite per colpire questa o quella parte politica. Le ho fatte semplicemente perché avevo scoperto che alcune politici – peraltro, di ogni colore politico - commettevano dei riprovevoli reati comuni (soprattutto corruzione, concussione, peculato, illecito finanziamento),in concorso con imprenditori e faccendieri corruttori e falsificatori di bilanci. Che c’è di “politico” in questa azione giudiziaria non riesco proprio a capire. Anzi, sì, di politico c’è una cosa (e solo una): la professione ufficiale e di copertura di delinquenti comuni che si facevano chiamare “politici” per meglio nascondere e realizzare la loro attività criminale.
Reclamare, quindi, oggi a gran voce il rispetto della legalità nell’esercizio delle funzioni politiche non è un atto di becero giustizialismo, ma un principio etico e morale – ancor prima che giuridico – a cui tutti coloro che fanno politica devono essere tenuti.
E’ più che normale, poi, che tale richiamo possa provenire anche – ripeto, anche e non solo, perché la legalità è patrocinio di tutti – da due magistrati, come me e De Magistris che – avendo combattuto e contrastato in modo duro e fermo la criminalità presente nelle istituzioni politiche - sono stati proprio per questo fermati e bloccati nelle loro indagini. Entrambi abbiamo scelto allora di metterci a fare politica per raccogliere intorno a noi il consenso di tutti quei cittadini che sono stanchi di subire soprusi e che non vogliono più stare a subire e nemmeno a guardare. Lo abbiamo fatto con assoluta trasparenza e determinazione, dimettendoci dalla Magistratura (anche se con la morte nel cuore, perché per entrambi l’attività di magistrato è stata una missione), ed affrontando l’agone politico con la forza delle nostre idee e la determinazione delle nostre azioni.
Fatte queste premesse, e ribadito che sono fiero di far parte di un partito che ha investito ed investe molte energie su temi come la legalità e la giustizia, oggi con lo stesso orgoglio posso dire che l’elaborazione politica dell’IdV è molto più ampia e di qualità sempre maggiore e spazia dalla tutela dei diritti dei lavoratori (e soprattutto dei disoccupati e dei meno abbienti) alla libertà di impresa trasparente, dall’impegno per la tutela dell’ambiente alla difesa della pluralità dell’informazione. Per una più circostanziata disamina della nostra azione politica rimando al “Programma politico” pubblicato sul mio blog www.antoniodipietro.it
8) La questione morale è centrale nell’Italia dei Valori. L’inchiesta di MicroMega sembra però avere infastidito la nomenclatura. Per chi fa politica come l’IdV sempre sull’orlo del populismo, è costante il rischio che a furia di fare i Robespierre prima o poi spunti un Saint-Just a rubarti scena (e testa). Non è per questo particolarmente sbagliato minimizzare i problemi interni (per quanto inferiori alla media)? Non avvertite l’esigenza di dimostrare che le Sonia Alfano e i Gianni Vattimo non erano specchietti per le allodole?
Antonio Di Pietro: Siamo fieri che Sonia e Gianni facciano parte della squadra dell’IdV. Posso assicurare che né io né altri nel partito consideriamo semplici specchietti per le allodole chi, come Alfano, Vattimo e tutti gli altri rappresentano l’Italia dei Valori al Parlamento europeo e partecipano attivamente alla vita del nostro partito.
Inoltre, non ho mai minimizzato né intendo minimizzare i “problemi” interni al partito e ringrazio Micromega per averli segnalati. Non intendo, però, neanche fare di tutt’erba un fascio. Intendo distinguere, cioè, tra le giuste segnalazioni che provengono dal territorio da alcune critiche strumentali ed insensate che pure ci sono e che sono spesso portate avanti da persone che non sono in grado di farsi valere di per sé ed allora devono denigrare gli altri per sentirsi qualcuno.
Per questa ragione, ho avviato da tempo una profonda analisi della classe dirigente di IDV che si sta formando nel territorio e la fase congressuale che abbiamo avviato – sia a livello nazionale che territoriale – sarà l’occasione per riqualificare ulteriormente i ruoli e le funzioni. Abbiamo stabilito infatti, che – come primo atto – il prossimo Congresso nazionale dell’IdV (5-6-7 febbraio 2010) approvi il seguente codice etico (che sarà il discrimine non solo per far parte di Italia dei Valori, ma anche per essere candidato alle elezioni sia politiche che amministrative nelle nostre liste):
Ovviamente, essendo la suddetta stesura una bozza, prima di essere approvato dal Congresso di febbraio prossimo, può ( e deve) essere ancora migliorato ed anzi approfitto dell’occasione per chiedere se c’è qualcuno che abbia qualche altro valido consiglio da darmi. Altrettanto ovviamente, d’ora in poi e sin dalle prossime elezioni regionali mi atterrò – nella individuazione delle candidature – ai criteri ed ai principi previsti dal Codice etico, così come sarà approvato dal Congresso.
9) Il momento più basso dell’IDV è stato il voto contrario alla Commissione d’Inchiesta sulle mattanze a Bolzaneto e Scuola Diaz, quando il vostro partito era al governo. E’ di queste settimane il calvario di Stefano Cucchi. L’impostazione “poliziottesca” dei quadri dirigenziali dell’IDV (emblematico il caso Giovanni Paladini) può portare a una sottovalutazione di vicende analoghe? La vostra attenzione alla legalità contempla anche il garantismo e il coraggio di non reputare intoccabili magistrati e forze dell’ordine?
Antonio Di Pietro: Sono quattro domande in una che non possono essere mischiate e vanno affrontate singolarmente:
1. il voto dell’IdV alla Commissione di inchiesta per i fatti di Bolzaneto;
2. il calvario di Stefano Cucchi;
3. la vicinanza e l’affinità dell’IdV alle forze dell’ordine;
4. la posizione dell’IdV rispetto al ruolo dei magistrati
Quanto al primo punto, è davvero riduttivo affermare solo la contrarietà dell’IdV alla costituzione della Commissione. In realtà l’IdV non ha sostenuto che non bisognava nominare alcuna commissione, ma che bisognava procedere non con una “Commissione parlamentare di inchiesta” ma con una “Commissione parlamentare di indagine”. La differenza è sostanziale: nel primo caso il Parlamento si sostituisce al giudice facendo direttamente l’inchiesta, gli interrogatori, gli accertamenti tecnici, assumendo le testimonianze ed infine emanando una decisione che avrebbe avuto tutti i requisiti sostanziali della “sentenza”. Nel secondo caso, invece, il Parlamento sarebbe stato chiamato a dare una valutazione politica del risultato di indagini svolte da altri e significativamente dalla magistratura. Io personalmente preferisco che le indagini e le sentenze le facciano soggetti terzi – i giudici appunto - invece che affidarle a soggetti di parte (i politici) i quali – come la casistica di tutti i giorni dimostra - decidono più per partito preso che per riscontri probatori effettivi e certi. E la magistratura ha fatto il suo corso, individuando responsabilità anche ad alto livello e fornendo materiale e documentazione da cui oggi si può fondare un giudizio, ben sapendo che trattasi di dati e riscontri acquisiti in modo indipendente. Oggi cioè - e solo ora che le indagini sono state completate e le decisioni della magistratura prese - è possibile aprire una Commissione di indagine (alla quale, ripeto, sono favorevole) ed acquisire la documentazione e così dare – se si vuole - una valutazione politica sull’accaduto. Capisco che non tutti possono essere d’accordo su questa mia impostazione che, però segnalo, è di tipo garantista proprio come mi suggerisce di essere chi mi ha posto la domanda. Non voglio nemmeno sostenere che la mia proposta sia o sia stata migliore di altre ma sicuramente è stata dettata dalla buona fede e ferma volontà di conoscere la verità e quindi prego di rispettarla come io rispetto le proposte degli altri.
Quanto alla terribile morte di Stefano Cucchi, basta sfogliare le pagine di un qualsiasi giornale per prendere atto dell’attenzione da parte dell’IdV nei confronti della drammatica vicenda Cucchi. A memoria cito le iniziative adottate dal Senatore Pedica, gli autorevoli interventi di altri esponenti del nostro partito, i miei interventi parlamentari e quelli di Leoluca Orlando, ed anche la vicinanza dei nostri deputati e senatori alla famiglia Cucchi (la sorella ha potuto assistere personalmente al dibattito in aula al Senato, invitata espressamente da noi). Nel merito, poi, sono fermamente convinto che la morte di Cucchi non sia dipesa né dal caso né dal destino ma da una o più mani omicide (per giunta, appartenenti a persone delle istituzioni). Per questo, ritengo ancor più necessario ed urgente fare chiarezza e mi sembra che la magistratura la stia facendo con grande sollecitudine, se è vero come è vero che le indagini hanno già individuato possibili indagati e già si stanno dirigendo verso l’ipotesi dell’omicidio.
Terza questione: le forze dell’ordine. Sì è vero, l’IdV è vicina alle forze dell’ordine. Ma ciò, in uno Stato di diritto ed in un paese civile dovrebbe essere visto come un fiore all’occhiello e non come un “momento basso” dell’azione politica di un partito. Sia chiaro, noi non siamo “manganellari” e non vogliamo dei Rambo che si fanno giustizia da sé (anche per questo siamo contrari alle “ronde” di leghista memoria). Crediamo però che le forze dell’ordine debbano essere munite delle risorse necessarie e dei mezzi opportuni per contrastare al meglio la criminalità organizzata. Crediamo anche - e ci dispiace che siamo solo noi ad insistere al riguardo – che bisogna “demilitarizzare” - ovvero togliere le mostrine e il ruolo di “forza militare”– alla Polizia di Stato ed alla Guardia di Finanza. I militari servono per fare la guerra mentre le forze di polizia servono per assicurare giustizia e sicurezza ai cittadini. Soprattutto non devono servire per fare gli autisti e per portare le spigole ai loro generali in vacanza.
Infine la questione dei magistrati e della loro asserita intoccabilità. Non è affatto vero che l’IdV considera i magistrati “tutti” intoccabili. Io e De Magistris siamo stati “toccati” eccome e solo perché stavamo cercando di fare il nostro dovere contro i potenti di Stato. Non solo toccati ma “morti ammazzati” sono finiti tanti magistrati che hanno fatto il loro dovere.
Intoccabili sono invece coloro che sono contigui al potere (ed anche fra i magistrati ce ne sono, eccome) e soprattutto nessuno “tocca” quei magistrati scansafatiche e “scansa problemi” che per quieto vivere fanno i “notai” dei fascicoli giudiziari invece che i “radiologi” delle inchieste. Per intenderci, noi dell’IdV non professiamo l’intoccabilità di tutti i magistrati in quanto tali, ma non possiamo accettare che eventuali colpe di qualcuno (es. la squallida vicenda del giudice finto malato che andava in barca a vela), vengano prese a pretesto per denigrare tutti, per bloccare la giustizia, per fare leggi ad personam, per assicurare impunità ai potenti etc). Si “tocchino” pure i magistrati che non fanno il loro dovere ma non si tocchino solo e sempre quelli che il loro dovere lo fanno eccome (anche se dall’altra parte della scrivania c’è un politico o un imprenditore d‘alto bordo). Le nostre battaglie, insomma, non le facciamo solo a difesa della magistratura ma della “giustizia” e non possiamo accettare che si screditino i magistrati solo per impedire che si faccia giustizia.
10)L’Italia dei Valori prospera per la risibile debolezza del Pd e perché il bipolarismo italiano è drammaticamente atipico: non centrosinistra e centrodestra, ma berlusconiani e antiberlusconiani. Questa radicalizzazione avvantaggia un partito di lotta come l’IDV: di lotta, ma non di governo. Cosa farà l’Italia dei Valori quando Berlusconi non ci sarà più? Non è un partito che, paradossalmente, per prosperare ha bisogno anzitutto del Nemico?
Antonio Di Pietro: L’Italia dei Valori non “prospera”, ma “opera”. Non si sta limitando a fare solo “opposizione”, ma si sta adoperando anche per costruire una “alternativa” di governo con un programma le cui linee essenziali possono essere esaminate sul nostro sito Italia dei Valori - Lista Di Pietro e che sarà ulteriormente affinato in occasione del nostro Congresso rifondativo del prossimo mese di febbraio.
Siamo un partito d’ispirazione liberale, laica, riformista e repubblicana che ha ricevuto e riceve grande considerazione a livello europeo tanto che è di questi giorni la nomina del nostro on.le Leoluca Orlando a vicepresidente del partito liberaldemocratico europeo (e cioè della terza forza politica europea). Non mi risulta che altri partiti – sulla carta ed a parole molto più blasonati di noi – abbiano mai avuto un simile ruolo e riconoscimento tra le varie famiglie politiche europee.
Certo, oggi facciamo una forte opposizione a Berlusconi. Ne siamo fieri perché riteniamo quest’uomo e la sua politica (degli affari e degli interessi personali) un pericolo per il nostro Paese e per la nostra democrazia. Ma siamo fortemente ancorati al sistema bipolare ed in tale ambito ci collochiamo convintamente nel settore di centrosinistra: ovviamente non a prescindere, laddove situazioni locali o personaggi di scarsa considerazione ci suggeriscono di non metterci la faccia.
L’IdV, peraltro, è già stato partito di governo, un ruolo che deve aver svolto al meglio visto che alle elezioni del 2008 è stata l’unica forza politica dell’ex Unione che ha raddoppiato i suoi voti, mentre gli altri partiti sono crollati. Ma l’Italia dei Valori si è già posta il problema del dopo, che consiste nell’offrire una credibile alternativa di governo. Sappiamo che non fa notizia, ma abbiamo da tempo costituito dei Dipartimenti tematici affidati a tecnici di altissima qualità e preparazione professionale, incaricati di elaborare politiche mirate per i settori fondamentali della società. Così, tanto e solo per citare alcuni esempi, ci siamo dotati di un solido programma economico al quale ha lavorato e continua a lavorare un professionista del calibro di Sandro Trento, coordinando un’equipe di altri eccellenti economisti; ci siamo appoggiati all’esperienza ed all’aiuto di Maurizio Zipponi per la interlocuzione e la tutela dei lavoratori e dei disoccupati; ci siamo affidati alla capacità elaborativa di Paolo Brutti per studiare le migliori strategie in materia ambientale e di difesa del suolo. E così via.
Insomma ed in conclusione: l’IdV è un partito che indubbiamente oggi si sente “al fronte”, come lo erano tutti coloro che ai tempi del fascismo facevano resistenza. Ma la nostra aspirazione è quella di ritornare a vivere in un “paese normale”: se ciò potesse accadere – ed un giorno non lontano accadrà - vorremmo essere ricordati fra coloro che non sono stati a guardare ma ne sono stati protagonisti.
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