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Primo giorno: 1 settembre.
L'attacco iniziale ebbe luogo il 1 settembre, il primo giorno dell'anno scolastico russo, chiamato "Primo settembre" o "Giorno della conoscenza". I bambini, accompagnati dai genitori e spesso da altri parenti presenziano ad una cerimonia di apertura ospitati dalla scuola. Secondo la tradizione, gli studenti del primo anno donano un fiore a quelli che accedono all'anno finale e vengono quindi accompagnati nelle loro classi dai ragazzi più anziani. Si pensa che i terroristi abbiano scelto questo giorno particolare per avere maggiore visibilità.
La scuola Numero Uno (SNO) di Beslan che sorgeva accanto al distretto di polizia, era una dei sette istituti scolastici presenti nella cittadina, con 59 insegnanti, diverse persone dello staff e 900 bambini compresi fra l'età di 6 e 18 anni. La palestra, dove la maggior parte degli stimati 1200 ostaggi passarono le 56 ore, era di recente costruzione e misurava 25 metri in lunghezza per 10 in larghezza.
A causa della ricorrenza dell'apertura dell'anno scolastico, il numero di persone nella scuola al momento dell'irruzione era considerevolmente più alto rispetto ad un normale giorno scolastico. Molte famiglie quel giorno portarono i loro bambini alla cerimonia anche a causa della chiusura, a seguito di un problema nella fornitura di gas, del centro ricreativo locale.
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Presa degli ostaggi.
Alle ore 09:30 locali, un gruppo di 32 persone armate, con il volto coperto da passamontagna e in alcuni casi dotate di cinture esplosive, giunse alla Scuola Uno di Beslan utilizzando due mezzi di trasporto: un furgone precedentemente rubato alla polizia e un secondo furgone militare, prendendo d'assalto la scuola. Inizialmente, alcuni presenti scambiarono il gruppo di terroristi per un gruppo di forze speciali russe impegnate in una esercitazione militare. Ad ogni modo i terroristi chiarirono immediatamente ai presenti la loro identità iniziando a sparare in aria e obbligando la gente presente all'esterno dell'istituto scolastico a dirigersi nella palestra. Durante il caos iniziale, 65 persone riuscirono a sfruttare la confusione per fuggire ed allertare così le autorità.
Dopo uno scambio a fuoco con la polizia locale e un civile armato ucciso, nel quale venne riportato che un terrorista era stato colpito, il commando prese possesso dell'edificio scolastico prendendo circa 1300 persone in ostaggio, le quali vennero ammassate nella palestra. Successivamente ritirarono a chiunque il telefono cellulare. Una delle donne facente parte del gruppo di sequestratori minacciò gli ostaggi avvisandoli che se avesse trovato qualcuno nascondere un telefono, avrebbe ucciso quella persona e altre tre con lui.
Il commando di separatisti ceceni urlò quindi delle regole: nessuno doveva parlare se non chiamato a farlo e tutti dovevano parlare in russo. Un padre di famiglia, Ruslan Betrozov, fu incaricato di calmare le persone più agitate e di ripetere le regole nella lingua locale.
Dopo aver radunato gli ostaggi in palestra, il commando separò e uccise 15-22 degli adulti maschi presenti fra gli ostaggi. Uno degli uomini, Aslan Kudzayev, riuscì a sopravvivere saltando dalla finestra. Il commando obbligò alcuni degli ostaggi a gettare alcuni corpi dalla finestra in segno di dimostrazione verso la polizia e scelse alcuni bambini per ripulire il sangue dal pavimento.
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Inizio dell'assedio.
Un cordone di sicurezza fu immediatamente posizionato intorno alla scuola, costituito da agenti dell'esercito russo, unità Vympel, membri delle forze OMON, i gruppi Alpha. Ben poche ambulanze invece erano presenti sul luogo dell'assedio. Il governo russo inizialmente minimizzò il numero degli ostaggi, affermando ripetutamente che all'interno della scuola erano presenti soltanto 354 persone. Questo fece infuriare parte del commando, che di conseguenza maltrattò gli ostaggi.
I sequestratori minarono la palestra e il resto dell'edificio con congegni esplosivi improvvisati. Successivamente dimostrazioni atte a scoraggiare qualsiasi tentativo di intervento della polizia videro il commando minacciare di uccidere 50 ostaggi per ogni loro membro ucciso dalla polizia e di uccidere 20 ostaggi per ogni loro compagno ferito. Minacciarono inoltre di far esplodere l'intera struttura scolastica se il governo russo avesse forzato il blitz della polizia.
Karen Mdinaradze, il cameraman della squadra di calcio russa dell'Alania, sopravvisse ad una misteriosa esplosione nella quale perse un occhio. Apparentemente, una delle donne del commando fece detonare accidentalmente la cintura esplosiva che indossava, uccidendo altri due membri del commando e diversi ostaggi adulti.
Secondo un'altra versione invece, l'esplosione fu causata dal leader del gruppo, Ruslan Tagirovich Khuchbarov, che gestiva a distanza le cinture esplosive indossate dai suoi complici, in modo da poter uccidere i membri del suo commando che disobbedivano, che mostravano di non essere in sintonia con le sue decisioni o per intimidire altri possibili dissidenti.
Il governo russo inizialmente affermò che non avrebbe utilizzato la forza per salvare gli ostaggi e le trattative per una pacifica risoluzione della crisi si protrassero infatti per oltre due giorni, dirette da Leonid Roshal, un pediatra che gli assalitori chiesero facesse da mediatore. Roshal aiutò le trattative per il rilascio dei bambini durante la crisi del teatro Dubrovka a Mosca nell'ottobre del 2002. Secondo alcuni però, le autorità russe lo confusero con Vladimir Rushailo, un ufficiale russo.
Secondo giorno: 2 settembre.
Il 2 settembre, le trattative fra Roshal e i separatisti si dimostrarono un insuccesso. Gli stessi terroristi rifiutano di consentire agli ostaggi di assumere cibo, acqua e medicine e la loro mancanza iniziò a lasciare i segni più visibili inizialmente sui bambini, molti dei quali obbligati per lunghi periodi a rimanere seduti ammassati in una palestra nella quale la temperatura iniziava a toccare soglie insopportabili. Per far fronte a ciò, occasionalmente alcuni membri del commando versavano acqua sulla testa dei bambini che mostravano segni di perdita di conoscenza, riportandoli poi al loro posto. Alcuni ostaggi sono stati costretti a bere urina.
A molti di loro fu permesso di togliersi i vestiti per far fronte al caldo insopportabile. Questo fu anche fonte di diverse speculazioni riguardo ad abusi sessuali, poi smentiti da alcuni degli ostaggi che sostennero fosse semplicemente una conseguenza del caldo. Secondo altri, invece, gli abusi sessuali non mancarono; Kazbek Dzarasov, uno dei sopravvissuti, sostenne che alcuni militanti del commando avrebbero preso alcune delle più carine adolescenti presenti nella palestra per portarle in stanze diverse con la scusa di garantire loro dell'acqua, per poi violentarle e tornare diverse ore dopo.
Nel pomeriggio, il commando acconsentì di rilasciare 26 persone (11 donne e relativi figli) a seguito delle trattative avute con il presidente della Repubblica di Inguscezia Ruslan Aushev.
Attorno alle 15:30 due granate esplosero circa 10 minuti dopo che gli ostaggi liberati vennero presi in consegna dalle autorità, facendo incendiare una macchina della polizia. Le forze speciali russe non risposero al fuoco.
Con il passare del giorno e della notte, l'insieme dello stress e della mancanza di sonno, uniti alla mancanza di assunzione di droga contribuirono a rendere i terroristi imprevedibili e isterici; perfino il pianto dei bambini li irritava e in diverse occasioni quest'ultimi e le loro madri furono minacciati di morte.
Terzo giorno: 3 settembre.
Attorno alle 13:04 del 3 settembre, i terroristi decidono di permettere a quattro medici l'ingresso nell'istituto scolastico per rimuovere i corpi dei deceduti. Non appena i medici si avvicinano alla scuola però, i terroristi aprono il fuoco e due esplosioni, sulle quali esistono diverse versioni, vengono udite nella palestra. Due dei medici rimangono uccisi mentre gli altri riescono a ripararsi.
Parte del muro della palestra viene demolito dall'esplosione, permettendo così ad un gruppo di 30 ostaggi di fuggire, un buon numero dei quali perde la vita a causa dello scambio di fuoco fra gli agenti russi e i sequestratori.
Yuri Ivanov, un altro investigatore, asserì in seguito che le granate furono lanciate su preciso ordine del presidente Putin.
Versioni degli eventi iniziali
Secondo alcuni la causa della sparatoria fu una esplosione spontanea che abbatté parte del muro della palestra. Secondo uno degli ostaggi fuggiti invece, una delle bombe fissata con del nastro adesivo era caduta causando l'esplosione.
Ruslan Aushev, uno degli uomini chiave delle trattative durante l'assedio asserì ad un giornale locale che un esplosione iniziale fu scatenata da uno dei sequestratori che accidentalmente calpestò uno dei fili di innesco. Come conseguenza, alcuni civili armati, apparentemente fratelli di alcuni ostaggi, iniziarono a sparare. Questo fece credere ai terroristi che le forze speciali avessero dato il via al blitz, al quale risposero facendo seguire altre esplosioni.
Una terza versione è che le forze speciali colpirono uno dei sequestratori il quale aveva il piede in prossimità di un detonatore. Questo avrebbe causato le esplosioni.
Una quarta versione fornita da un esperto di armi ed esplosivi sostiene che lo scambio di fuoco non iniziò con l'esplosione nella palestra, ma fu causato da due granate lanciate dalle forze speciali russe all'interno dell'edificio e che gli esplosivi artigianali creati dai terroristi non siano mai realmente esplosi.
In una quinta versione, Alexander Torshi, membro di una commissione parlamentare russa sostenne che i terroristi avessero iniziato la battaglia facendo detonare intenzionalmente le bombe fra gli ostaggi.
A questo punto la risposta armata della polizia fu inevitabile. L'assalto delle forze speciali non era quindi stato pianificato Dopo circa due ore l'edificio è sotto il controllo delle forze speciali, gli scontri continuano all'esterno. Alcuni ribelli, infatti, sono riusciti a scappare sfruttando la confusione dell'assalto e cambiandosi i vestiti con ostaggi o soccorritori. La polizia li insegue con gli elicotteri. Due donne, vestite di nero ed imbottite di esplosivi, hanno cercato di inseguire alcuni bambini in fuga e farsi saltare in aria con loro, fortunatamente senza riuscire nel loro intento.
Conseguenze
Alexander Fridinsky, un ufficiale russo affermò che 31 dei 32 sequestratori erano stati uccisi e che Nur-Pashi Kulayev era stato catturato vivo. Almeno due sequestratori rimasti feriti furono linciati dai genitori dei bambini.
Le autorità si trovarono impreparate a fronteggiare il fuoco che divampò nella palestra. Un vecchio furgone dei vigili del fuoco locali arrivò quasi due ore dopo lo scoppio dell'incendio e secondo alcune testimonianze senza acqua. Poche erano le ambulanze disponibili sul posto per trasportare le centinaia di feriti. Molti dei sopravvissuti rimasero sotto shock e molti feriti morirono all'ospedale. Almeno una donna sopravvissuta commise suicidio una volta fatto ritorno a casa.
Il governo russo fu duramente criticato da molte persone del posto che, alcuni giorni dopo la fine dell'assedio, non sapevano se i loro figli fossero vivi o morti. Resti umani furono ritrovati in zona mesi successivi alla strage, incitando successivo sdegno.
Durante i combattimenti, 11 soldati delle forze speciali furono uccisi, fra cui il comandante del gruppo Alpha, e più di 30 soldati rimasero feriti, più o meno gravemente.
Il presidente russo Vladimir Putin ordinò un periodo di due giorni di lutto nazionale per il 6 e il 7 settembre, cancellando un incontro precedentemente pianificato con l'allora cancelliere tedesco Gerhard Schröder ad Amburgo e nello stato federale di Schleswig-Holstein.
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Nella scuola sono state prese in ostaggio 1127 persone le quali sono state private di cibo ed acqua. Le vittime fra gli ostaggi furono inizialmente 331, di questi 186 erano bambini. A causa delle ferite riportate durante la prigionia, altri due ex-ostaggi sono morti nel 2005, ed un altro nell'agosto del 2006, portando il computo totale a 334. Inoltre ci furono 11 morti fra la polizia russa e 31 fra i sequestratori. Circa 800 persone sono sopravvissute al sequestro, molti dei quali sono rimasti mutilati ed alcuni bambini orfani.
Il primo dei molti funerali fu celebrato il 4 settembre, il giorno successivo la fine della crisi, e molti altri la domenica successiva. Il lunedì seguente vennero sepolte oltre 120 persone. Il cimitero locale era troppo piccolo per ospitare tutte le persone decedute e fu quindi allargato utilizzando un appezzamento di terra adiacente.
L'esatto numero di persone che ricevette assistenza ambulatoriale immediatamente dopo la strage non è conosciuto, ma è stimato attorno a 700.
Un analista militare moscovita, Pavel Felgenhauer, in una colonna del Moscow Times il 7 settembre 2004 concluse che il 90% delle persone prese in ostaggio rimasero in qualche modo ferite. 437 persone, inclusi 221 bambini, subirono dei ricoveri ospedalieri. 197 persone furono ospitate al Children’s Republican Clinical Hospital a Vladikavkaz, la capitale dell'Ossezia del Nord, e ad oltre una trentina in condizioni critiche fu effettuato un massaggio cardiaco. Altre 150 persone furono trasferite al Vladikavkaz Emergency Hospital. 62 persone, inclusi 12 bambini, furono curati in due ospedali locali di Beslan. Sei bambini con ferite gravi furono invece trasferiti via aerea a Mosca per ricevere trattamenti specialistici. La maggioranza dei bambini furono curati per ustioni, colpi d'arma da fuoco, ferite da detriti e mutilazioni causate da mine e bombe.
Alcuni dovettero subire amputazioni di arti o occhi. Molti bambini rimasero permanentemente disabili a seguito delle ferite subite. L'enormità di feriti mise a dura prova l'intera macchina sanitaria locale con un'inadeguata disponibilità di bende e medicazioni. Un mese dopo l'attacco, 240 persone (di cui 160 bambini) erano ancora ricoverati negli ospedali di Beslan e Vladikavkaz.
I bambini e i genitori sopravvissuti ricevttero assistenza psicologica al Vladikavkaz Rehabilitation Centre.
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