Cesare Beccaria «La pena di morte, rendendo meno sacro e intoccabile il valore della vita, incoraggerebbe, più che inibire, gli istinti omicidi».
L'inumanità della procedura.
La possibilità dell'errore (cioè l'impossibilità di ridare la vita nel caso in cui un uomo, condannato alla morte, fosse ritenuto innocente in seguito ad un successivo processo).
Il non-funzionamento della pena di morte come deterrente per i delitti più efferati. Piuttosto, si pensa che la sua introduzione potrebbe avere un effetto contrario.
La possibilità che bisogna dare al reo di redimersi e di rendersi in qualche modo utile alla comunità cui ha arrecato danno.
L'esecuzione di una sentenza di morte può avvenire dopo anche decenni dal giudizio. Nel frattempo vengono celebrate numerosissime sedute di appello e di riesame con un coinvolgimento di uomini e mezzi che comportano anch'essi costi eccessivi.
Al momento dell'esecuzione pochissimi possono ricordarsi del condannato e del crimine commesso, ad eccezione delle persone legate alla vittima. La condanna diviene un deterrente inefficace e si riduce da pena d'esempio alla collettività ad una pura vendetta in favore dei congiunti delle vittime.
Lo Stato, avendo tolto la vita al colpevole, commette di per sé un omicidio.
Aggiungo di mia iniziativa che le riflessioni circa l'irrecuperabilità di alcuni soggetti (pedofili, strupratori seriali, ecc.) in un sistema di diritto va esattamente verso la loro parziale discolpa (infermità mentale parziale, temporanea, ecc.) e non certo verso la scelta di eliminare il soggetto... già alcuni Stati illuminati ci hanno provato, con i risultati che tutti sappiamo ma forse dimentichiamo...e poi il passo è breve, si potrebbe estendere l'eliminazione ai barboni, gli alcolisti, i drogati, i dissidenti, gli zingari, i *****, gli ebrei, i gay, le lesbiche... e poi sulla base di quali "manifesti" della razza decidere chi vive e chi muore?
Io capisco l'onda emotiva, ma date un peso alle parole ogni tanto...
L'inumanità della procedura.
La possibilità dell'errore (cioè l'impossibilità di ridare la vita nel caso in cui un uomo, condannato alla morte, fosse ritenuto innocente in seguito ad un successivo processo).
Il non-funzionamento della pena di morte come deterrente per i delitti più efferati. Piuttosto, si pensa che la sua introduzione potrebbe avere un effetto contrario.
La possibilità che bisogna dare al reo di redimersi e di rendersi in qualche modo utile alla comunità cui ha arrecato danno.
L'esecuzione di una sentenza di morte può avvenire dopo anche decenni dal giudizio. Nel frattempo vengono celebrate numerosissime sedute di appello e di riesame con un coinvolgimento di uomini e mezzi che comportano anch'essi costi eccessivi.
Al momento dell'esecuzione pochissimi possono ricordarsi del condannato e del crimine commesso, ad eccezione delle persone legate alla vittima. La condanna diviene un deterrente inefficace e si riduce da pena d'esempio alla collettività ad una pura vendetta in favore dei congiunti delle vittime.
Lo Stato, avendo tolto la vita al colpevole, commette di per sé un omicidio.
Aggiungo di mia iniziativa che le riflessioni circa l'irrecuperabilità di alcuni soggetti (pedofili, strupratori seriali, ecc.) in un sistema di diritto va esattamente verso la loro parziale discolpa (infermità mentale parziale, temporanea, ecc.) e non certo verso la scelta di eliminare il soggetto... già alcuni Stati illuminati ci hanno provato, con i risultati che tutti sappiamo ma forse dimentichiamo...e poi il passo è breve, si potrebbe estendere l'eliminazione ai barboni, gli alcolisti, i drogati, i dissidenti, gli zingari, i *****, gli ebrei, i gay, le lesbiche... e poi sulla base di quali "manifesti" della razza decidere chi vive e chi muore?
Io capisco l'onda emotiva, ma date un peso alle parole ogni tanto...
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