Piani segreti, armi e rapine: arrestati 15 br
Operazione nel Nord Italia, tra i capi due delegati Cgil. Il leader, Alfredo Davanzo, viveva in montagna senza riscaldamento
Alfredo Davanzo portato in Questura a Trieste (Ansa)
MILANO — Terroristi italiani. La polizia ne ha arrestati quindici, ieri all'alba, tra Lombardia, Piemonte e Triveneto. Sono accusati di aver organizzato «un'associazione terroristica costituitasi in banda armata», che sotto il nome di «Partito comunista politico- militare» (Pcpm) si richiama alla «seconda posizione», cosiddetta «movimentista», delle Brigate rosse. Divisi in tre cellule di Milano, Padova e Torino, i neo-brigatisti avevano armi, sequestrate dalla polizia, e si esercitavano a sparare nelle campagne di Rovigo e Milano. Tra gli arrestati, due sindacalisti della Cgil, tra cui il presunto capo del «nucleo di Torino». Le «riunioni strategiche», tenute ogni mese in ristoranti soprattutto cinesi (ritenendoli non intercettabili), erano guidate da un terrorista rosso della vecchia guardia, Alfredo Davanzo, latitante dagli anni '80 e rientrato in Italia nel novembre 2006 a fine pena, ma da clandestino, con un documento falso dei complici. Era nascosto a Raveo (Treviso), in montagna, in una casa senza riscaldamento, però con il computer: è l'unico che si è già dichiarato «prigioniero politico».
Nell'ordinanza d'arresto il giudice Guido Salvini definisce i 15 arrestati «il nucleo essenziale» di una «banda armata a tutti gli effetti». Come «costitutori» sono finiti in carcere il capo della cellula di Milano, Claudio Latino, 49 anni, ex dell'Autonomia veneta, il suo «allievo» e successore a Padova, Davide Bortolato, 37, e un incensurato delegato Cgil di Torino, Vincenzo Sisi, 54 anni. Tra gli arrestati a Milano spicca Bruno Ghirardi, già condannato a 22 anni come terrorista dei «Colp», scarcerato nel 2001 e riscoperto nel 2006 a parlare di rapine, ferimenti, «autobombe all'Eni» e attentati al professor Ichino e alla casa di Berlusconi. Elogiando la polizia per aver «salvato vite umane», il pm Ilda Boccassini ha spiegato la centralità delle intercettazioni ambientali nei locali pubblici, dove i quattro capi tenevano le «riunioni strategiche »: «Sono le loro stesse parole ad accusarli». I reati già compiuti sono tutti preparatori: furti di auto e targhe, documenti falsi, un colpo al Bancomat di Albignasego (Padova), la notte del 30 dicembre, sventato dalla polizia facendo suonare «per caso» l'allarme. «Stavano programmando rapine di autofinanziamento, sequestri e azioni contro obiettivi umani — sottolinea il pm —. Erano tre cellule operative, che fino a poche ore fa facevano la lotta armata».
La Digos ha filmato «un'esercitazione notturna con almeno una mitraglietta Uzi e un kalashnikov» nella frazione Beverare a San Martino di Varezze (Rovigo): «Sparavano di notte — rimarca la Boccassini — e il giorno dopo hanno recuperato tutti i bossoli». A vendere le armi era Salvatore Scivoli, 55 anni, siciliano «arrestato giovanissimo per criminalità organizzata e politicizzatosi in carcere fino a firmare gli appelli di Curcio e Franceschini». La dirigente di polizia Giuseppina Suma ha precisato che l'inchiesta era nata dalla scoperta casuale (la telefonata di un'inquilina) in una cantina di via Pepe a Milano di una strana «bicicletta con microcamera nel fanale e radiotrasmittente nel sedile». Dopo mesi di silenzio, le intercettazioni hanno portato a un condomino, Massimiliano Gaeta, risultato «il tecnico» della banda. In maggio «il Sisde del generale Mori» ha allargato le indagini a Torino e Padova. Davanzo gestiva anche «la rivista clandestina Aurora» e organizzava «corsi d'informatica in Svizzera per la sicurezza delle comunicazioni» tenuti dall'estremista Andrea Stauffacher, perquisito ieri dalla procura di Berna. Inquietanti anche gli incontri con brigatisti storici: Ghirardi era amico di Marcello Ghiringhelli, l'ergastolano che ieri si è visto revocare il permesso di lavoro fuori dal carcere.
Paolo Biondani
Cristina Marrone
13 febbraio 2007
Operazione nel Nord Italia, tra i capi due delegati Cgil. Il leader, Alfredo Davanzo, viveva in montagna senza riscaldamento

MILANO — Terroristi italiani. La polizia ne ha arrestati quindici, ieri all'alba, tra Lombardia, Piemonte e Triveneto. Sono accusati di aver organizzato «un'associazione terroristica costituitasi in banda armata», che sotto il nome di «Partito comunista politico- militare» (Pcpm) si richiama alla «seconda posizione», cosiddetta «movimentista», delle Brigate rosse. Divisi in tre cellule di Milano, Padova e Torino, i neo-brigatisti avevano armi, sequestrate dalla polizia, e si esercitavano a sparare nelle campagne di Rovigo e Milano. Tra gli arrestati, due sindacalisti della Cgil, tra cui il presunto capo del «nucleo di Torino». Le «riunioni strategiche», tenute ogni mese in ristoranti soprattutto cinesi (ritenendoli non intercettabili), erano guidate da un terrorista rosso della vecchia guardia, Alfredo Davanzo, latitante dagli anni '80 e rientrato in Italia nel novembre 2006 a fine pena, ma da clandestino, con un documento falso dei complici. Era nascosto a Raveo (Treviso), in montagna, in una casa senza riscaldamento, però con il computer: è l'unico che si è già dichiarato «prigioniero politico».
Nell'ordinanza d'arresto il giudice Guido Salvini definisce i 15 arrestati «il nucleo essenziale» di una «banda armata a tutti gli effetti». Come «costitutori» sono finiti in carcere il capo della cellula di Milano, Claudio Latino, 49 anni, ex dell'Autonomia veneta, il suo «allievo» e successore a Padova, Davide Bortolato, 37, e un incensurato delegato Cgil di Torino, Vincenzo Sisi, 54 anni. Tra gli arrestati a Milano spicca Bruno Ghirardi, già condannato a 22 anni come terrorista dei «Colp», scarcerato nel 2001 e riscoperto nel 2006 a parlare di rapine, ferimenti, «autobombe all'Eni» e attentati al professor Ichino e alla casa di Berlusconi. Elogiando la polizia per aver «salvato vite umane», il pm Ilda Boccassini ha spiegato la centralità delle intercettazioni ambientali nei locali pubblici, dove i quattro capi tenevano le «riunioni strategiche »: «Sono le loro stesse parole ad accusarli». I reati già compiuti sono tutti preparatori: furti di auto e targhe, documenti falsi, un colpo al Bancomat di Albignasego (Padova), la notte del 30 dicembre, sventato dalla polizia facendo suonare «per caso» l'allarme. «Stavano programmando rapine di autofinanziamento, sequestri e azioni contro obiettivi umani — sottolinea il pm —. Erano tre cellule operative, che fino a poche ore fa facevano la lotta armata».
La Digos ha filmato «un'esercitazione notturna con almeno una mitraglietta Uzi e un kalashnikov» nella frazione Beverare a San Martino di Varezze (Rovigo): «Sparavano di notte — rimarca la Boccassini — e il giorno dopo hanno recuperato tutti i bossoli». A vendere le armi era Salvatore Scivoli, 55 anni, siciliano «arrestato giovanissimo per criminalità organizzata e politicizzatosi in carcere fino a firmare gli appelli di Curcio e Franceschini». La dirigente di polizia Giuseppina Suma ha precisato che l'inchiesta era nata dalla scoperta casuale (la telefonata di un'inquilina) in una cantina di via Pepe a Milano di una strana «bicicletta con microcamera nel fanale e radiotrasmittente nel sedile». Dopo mesi di silenzio, le intercettazioni hanno portato a un condomino, Massimiliano Gaeta, risultato «il tecnico» della banda. In maggio «il Sisde del generale Mori» ha allargato le indagini a Torino e Padova. Davanzo gestiva anche «la rivista clandestina Aurora» e organizzava «corsi d'informatica in Svizzera per la sicurezza delle comunicazioni» tenuti dall'estremista Andrea Stauffacher, perquisito ieri dalla procura di Berna. Inquietanti anche gli incontri con brigatisti storici: Ghirardi era amico di Marcello Ghiringhelli, l'ergastolano che ieri si è visto revocare il permesso di lavoro fuori dal carcere.
Paolo Biondani
Cristina Marrone
13 febbraio 2007
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