Crolli, incuria e pochi fondi Il declino di Villa Adriana

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    Crolli, incuria e pochi fondi Il declino di Villa Adriana

    IL SITO E' PATRIMONIO UNESCO MA CONTINUA A PERDERE VISITATORI
    Crolli, incuria e pochi fondi
    Il declino di Villa Adriana
    Servono 2,5 milioni per i restauri. Stanziati 370 mila
    Ma a Ossuccio e al ramo lecchese del Lago di Como il ministro Brambilla ha destinato milioni

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    ROMA - Trecentosettantamila euro. Con questi soldi ci si paga a malapena un mese di stipendio (lordo) all’amministratore delegato dell’Eni o della Finmeccanica. Oppure due mesi e mezzo a quello delle Poste. Ebbene, di trecentosettantamila euro ci si dovrà accontentare quest’anno per la manutenzione di uno dei siti archeologici più vasti e preziosi del mondo: la villa dell’imperatore Adriano a Tivoli.



    Una veduta panoramica di Villa Adriana (foto Sergio Rizzo) La Soprintendenza aveva spiegato che due milioni e mezzo, viste le condizioni, era il minimo. Ma dal ministero dei Beni culturali hanno risposto picche: le casse languono, e 370 mila euro devono bastare. Ormai è un classico. In tre anni, a fronte di richieste per 6,7 milioni, è arrivato un milione e mezzo. Inutile meravigliarsi che le aree chiuse al pubblico con il cartello «pericolo di crollo» (un cartello rigorosamente ed esclusivamente in italiano, nonostante una maggioranza di visitatori stranieri) siano sempre più numerose, come documentano le immagini in questa pagina.
    Eppure Villa Adriana è uno dei 45 luoghi italiani che l’Unesco ha dichiarato patrimonio dell’umanità. Forse la testimonianza architettonica di epoca romana più complessa e importante arrivata fino a noi: basta dire che si estende su una superficie di 80 ettari, più vasta di quella di Pompei. Sito che per le sua particolare situazione (i resti sono esposti alle intemperie, senza coperture) avrebbe bisogno di una manutenzione profonda e continua. Non per nulla l’archeologo di fama mondiale Andrea Carandini, subito dopo il crollo della Schola Armaturum di Pompei aveva dichiarato al Corriere: «Tutti i luoghi come Pompei, Ercolano e Villa Adriana sono a rischio permanente».

    Crolli e incuria: il declino di Villa Adriana


    Un allarme che cozza con il trionfalismo di iniziative propagandistiche come quella che ha avuto come interprete nientemeno che il premier Silvio Berlusconi. Protagonista qualche mese fa di uno spot sul sito internet Italia.it, esordiva testualmente così: «L’Italia è il Paese che ha regalato al mondo il 50% dei beni artistici tutelati dall’Unesco…». Una sparata che avrà fatto fare un salto sulla sedia ai signori delle Nazioni Unite. E non soltanto a loro, se è vero che, pur detenendo il record mondiale di beni Unesco per un singolo Paese, ne abbiamo 45 su un totale di 911 sparsi per tutto il pianeta. Ovvero, il 5%. Ci sono poi i risultati impietosi di un dossier stilato nel 2010 da PricewaterhouseCoopers. Secondo il quale, fatta 100 la capacità di sfruttamento ai fini turistici dei beni italiani tutelati dalle Nazioni Unite, quelli spagnoli e brasiliani si collocano a 130, i francesi a 190 e i cinesi addirittura a 270. La Cina, insomma, utilizza i propri siti Unesco quasi tre volte meglio di noi. E si capiscono allora certi numeri.



    Transenne e cartelli di pericolo crolli (foto Sergio Rizzo) Villa Adriana è stata dichiarata patrimonio dell’umanità nel dicembre 1999. Da allora ha perduto il 41,8% dei visitatori paganti. Erano 187.202 nel 2000, sono stati appena 108.811 nel 2010: 46 mila in meno di quelli registrati nel 2008 dallo zoo di Pistoia. Non meno imponente è stata l’emorragia complessiva considerando anche i non paganti. Dai 323.231 visitatori del 2000 si è scesi ai 229.885 del 2010. Le ragioni del male oscuro? Secondo la studiosa Federica Chiappetta, autrice del saggio I percorsi antichi di Villa Adriana esiste un serio deficit di divulgazione «del suo straordinario significato storico e architettonico». Carandini sottolinea anche l’accesso «terribilmente scoraggiante» alla Villa e a Tivoli.


    Pericolo crolli (foto Sergio Rizzo) Di fondo c’è l’incapacità di fare sistema: in nessun altro Paese del mondo la dimora di uno dei personaggi più importanti nella storia dell’umanità sarebbe così tagliata fuori dai circuiti turistici. E ridotta a raccattare le briciole dei fondi pubblici per evitare di andare in rovina. Direte: se questo è il trattamento che viene riservato alla dimora che l’imperatore Adriano fece costruire a partire dal 117 dopo Cristo, figuriamoci che cosa succede agli altri nostri patrimoni… Invece qualche eccezione c’è. Il 9 maggio 2011 il ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla ha annunciato che il suo ministero finanzierà con 7,3 milioni di euro «i progetti di eccellenza della Regione Lombardia», fra cui «la valorizzazione del ramo lecchese del Lago di Como» e del «sito Unesco di Ossuccio». E’ una cifra venti volte superiore a quella destinata per il 2011 a Villa Adriana. Inevitabile notare come Michela Vittoria Brambilla sia originaria di Calolziocorte, in Provincia di Lecco. Particolare che fa ironizzare un alto funzionario dei Beni culturali: «Forse per salvare Villa Adriana basterebbe spostarla in Lombardia». Magari insieme a qualche ministero…
    Sergio Rizzo
    06 luglio 2011 10:48

    da Corriere.it


    Semplicemente vergognoso.

    Il posto è stupendo, l'ho visto varie volte e ci torno sempre con piacere, ma l'incuria è evidente e a tratti sconcertante; molto dispersivo, non ha un percorso "consigliato", indicazioni assenti, e cartelli informativi "poveri" e non sempre presenti.

    P.S Visitare il sito dopo aver letto "Memorie di Adriano" non ha prezzo.
  • Liam & Me
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    #2
    Accorpare i referendum gia' ci avrebbe fatto risparmiare 3-400 milioni di euro. Lo si fa in tutto il mondo, per una volta lo si sarebbe potuto fare anche in Italia.
    B & B with a little weed










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    • ma_75
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      #3
      I beni culturali in Italia non interessano a nessuno. Chi finge di averli a cuore pensa, in realtà, di valorizzarli in funzione di qualche albergo/ristorante/centro commerciale da piazzarci vicino per attirare consumatori. Il valore in sè del bene culturale è un concetto che i moderni manager del settore, forgiati a pane ed economia di mercato, considerano un insulto. Ergo, se il bene non è economicamente produttivo, lasciamo pure che vada in malora. D'altra parte da una classe dirigente di tale abissale ignoranza, non era possibile aspettarsi nulla di diverso.
      In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte.
      ma_75@bodyweb.com

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      • Sartorio
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        #4
        Se pensi che Pompei cade a pezzi...
        Originariamente Scritto da gorgone
        il capitalismo vive delle proprie crisi.

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