da www.repubblica.it
Gli investigatori: cadaveri nascosti, non sembrano delitti di malavita
Ipotesi racket per il tenore di alcune intercettazioni ma crescono i dubbi
A Lecco nei boschi del serial killer
"Cinque vittime, bianche e dell'est"
dal nostro inviato PIERO COLAPRICO
Silvia Demciuc, l'ultima vittima
NOVEDRATE (Como) - A perlustrarli, si fatica a trovare un nesso. Eppure, un nesso c'è, ci deve essere, tra questi due luoghi: tra i silenziosi tornanti di montagna, dai quali sono riemersi - negli ultimi otto mesi - tre corpi morti di giovani ragazze straniere, e questo dedalo rumoroso di strade provinciali e di cavalcavia, dove i corpi vivi delle ragazze erano scelti, tra decine di altri corpi che anche ieri - nonostante tutto, nonostante le tv, nonostante i "pattuglioni" - sedevano schiantati su seggiolini, s'inoltravano nei maggesi, ondeggiavano su tacchi alti.
L'indagine sul "serial killer del lago" non ha nulla di facile e di chiaro. Se gli investigatori sono aggrappati all'ipotesi del racket è soprattutto per alcune intercettazioni. In una, si sente un pappone fare il gradasso. Dice che vuol fare del male a una donna recalcitrante e "tagliuzzarle braccia e gambe come hanno fatto quelli là con le due ragazze che hanno trovate morte". Ma, parole a parte, non ci sono riscontri.
"Io - spiega anzi un maresciallo - sto in mezzo a 'sta gente da vent'anni e, se devo essere sincero, non ce lo vedo un protettore farsi un sacco di strada per nascondere un cadavere. E sa perché? Troppa fatica". Il discorso è convincente. Per di più, tra i gangster, piccoli o grandi che siano, "il morto è un messaggio". Quando ci sono i regolamenti di conti, o quando una ragazza fuggita viene presa e non c'è possibilità di perdono, il cadavere viene sempre lasciato in bella vista: perché tutti sappiano qual è la conclusione per chi sgarra.
"Dal loro punto di vista - continua il maresciallo - che senso avrebbe prendere queste ragazze e chiuderle nei sacchi di plastica? Non mi pare un'azione da malavita". La mappa del potere malavitoso lungo la strada "a luci rosse" Novedratese - potere miserabile, ma non solo - sarebbe comunque questa. I boss della zona sono - come sempre spesso accade nel Nord tra Milano e Torino - legati alla 'ndrangheta calabrese. Non vendono la cocaina a grammi, ma dal loro quartiere generale di Figino la vendono a chili agli albanesi, che a loro volta vendono al dettaglio.
Gli albanesi hanno in mano dunque lo smercio della "roba" e le donne dell'est. "Con le loro donne pare ci sia un accordo... Negli anni scorsi - ci viene detto - le rapivano e le costringevano a battere. Quando una di loro incappava nel cliente per bene, erano guai, sono fioccate anche condanne all'ergastolo. Per questo i boss preferiscono fare adesso una specie di contratto. "Tu sei libera di battere, ma la zona è mia, se vuoi starci mi paghi una percentuale". Il sistema ha permesso di dare spazio alle nigeriane, verso Briosco e Arosio".
Il sottobosco inquieta, ma va analizzato: "Le nigeriane sono diverse dalle ragazze dell'Est perché hanno un'abitudine rischiosa. Se possono si fanno portare a casa dall'ultimo cliente, gli fanno uno sconto, o ci vanno gratis, pur di avere un tetto, o un'auto, dove dormire", spiega T. B., un frequentare della zona. Il dato è utile per una riflessione. Silvia Demciuc detta Natasha, moldava. Ionela Dragan. Luminita Dan. Romene. La più "vecchia" 25 anni, la più giovane 17. Tre ragazze bianche, giovani, carine. Sono state loro le ultime a finire nei sacchi di cellophane. È come se qualcuno scegliesse donne simili, evitando le "nere".
Per di più, le tre prede accertate erano anche "nuovi arrivi". Silvia, il cui cadavere è emerso domenica sera nei boschi di Perledo, si era separata dal marito italiano, non uno stinco di santo, e girava da sola. Luminita era finita sulla Novedratese portata dal marito Ramon, e lasciata a un distributore di benzina di Cermenate. Ionela era approdata allo stesso distributore qualche giorno prima di "Luminic", dopo essere stata scacciata dalla milanese via Fulvio Testi. In vita le due povere ragazze non si conoscevano; entrambe, lo scorso agosto, sono state trovate vicine, chiuse nei sacchi, in stato di decomposizione, nei tornanti che portano a Morterone.
Chi uccide? La paura è che un altro sacco nero riemerga in queste zone, con una donna dentro, una delle tante ragazze viste e poi scomparse dalla Novedratese, diventata da nove anni un mercato del sesso a cielo aperto. Due fascicoli, secondo indiscrezioni, sono stati finalmente "riesumati". Uno riguarda il cadavere di una donna, con stivaletti vistosi aperti sulle caviglie, trovata a Valbrona. L'altro, un altro cadavere trovato su una montagna Svizzera. Sarebbero quindi cinque le donne giovani e caucasiche ammazzate e collegate a un unico caso. La disperazione e la miseria umana, che ancora ieri costringe tante ragazze a restare accanto ai loro ombrellini sfasciati e alle borracce vuote, dev'essere lontana anni luce dalla testa di chi vede in loro solo corpi da usare, e gettare alla fine come morta immondizia.
(25 aprile 2008)
Gli investigatori: cadaveri nascosti, non sembrano delitti di malavita
Ipotesi racket per il tenore di alcune intercettazioni ma crescono i dubbi
A Lecco nei boschi del serial killer
"Cinque vittime, bianche e dell'est"
dal nostro inviato PIERO COLAPRICO
Silvia Demciuc, l'ultima vittima
NOVEDRATE (Como) - A perlustrarli, si fatica a trovare un nesso. Eppure, un nesso c'è, ci deve essere, tra questi due luoghi: tra i silenziosi tornanti di montagna, dai quali sono riemersi - negli ultimi otto mesi - tre corpi morti di giovani ragazze straniere, e questo dedalo rumoroso di strade provinciali e di cavalcavia, dove i corpi vivi delle ragazze erano scelti, tra decine di altri corpi che anche ieri - nonostante tutto, nonostante le tv, nonostante i "pattuglioni" - sedevano schiantati su seggiolini, s'inoltravano nei maggesi, ondeggiavano su tacchi alti.
L'indagine sul "serial killer del lago" non ha nulla di facile e di chiaro. Se gli investigatori sono aggrappati all'ipotesi del racket è soprattutto per alcune intercettazioni. In una, si sente un pappone fare il gradasso. Dice che vuol fare del male a una donna recalcitrante e "tagliuzzarle braccia e gambe come hanno fatto quelli là con le due ragazze che hanno trovate morte". Ma, parole a parte, non ci sono riscontri.
"Io - spiega anzi un maresciallo - sto in mezzo a 'sta gente da vent'anni e, se devo essere sincero, non ce lo vedo un protettore farsi un sacco di strada per nascondere un cadavere. E sa perché? Troppa fatica". Il discorso è convincente. Per di più, tra i gangster, piccoli o grandi che siano, "il morto è un messaggio". Quando ci sono i regolamenti di conti, o quando una ragazza fuggita viene presa e non c'è possibilità di perdono, il cadavere viene sempre lasciato in bella vista: perché tutti sappiano qual è la conclusione per chi sgarra.
"Dal loro punto di vista - continua il maresciallo - che senso avrebbe prendere queste ragazze e chiuderle nei sacchi di plastica? Non mi pare un'azione da malavita". La mappa del potere malavitoso lungo la strada "a luci rosse" Novedratese - potere miserabile, ma non solo - sarebbe comunque questa. I boss della zona sono - come sempre spesso accade nel Nord tra Milano e Torino - legati alla 'ndrangheta calabrese. Non vendono la cocaina a grammi, ma dal loro quartiere generale di Figino la vendono a chili agli albanesi, che a loro volta vendono al dettaglio.
Gli albanesi hanno in mano dunque lo smercio della "roba" e le donne dell'est. "Con le loro donne pare ci sia un accordo... Negli anni scorsi - ci viene detto - le rapivano e le costringevano a battere. Quando una di loro incappava nel cliente per bene, erano guai, sono fioccate anche condanne all'ergastolo. Per questo i boss preferiscono fare adesso una specie di contratto. "Tu sei libera di battere, ma la zona è mia, se vuoi starci mi paghi una percentuale". Il sistema ha permesso di dare spazio alle nigeriane, verso Briosco e Arosio".
Il sottobosco inquieta, ma va analizzato: "Le nigeriane sono diverse dalle ragazze dell'Est perché hanno un'abitudine rischiosa. Se possono si fanno portare a casa dall'ultimo cliente, gli fanno uno sconto, o ci vanno gratis, pur di avere un tetto, o un'auto, dove dormire", spiega T. B., un frequentare della zona. Il dato è utile per una riflessione. Silvia Demciuc detta Natasha, moldava. Ionela Dragan. Luminita Dan. Romene. La più "vecchia" 25 anni, la più giovane 17. Tre ragazze bianche, giovani, carine. Sono state loro le ultime a finire nei sacchi di cellophane. È come se qualcuno scegliesse donne simili, evitando le "nere".
Per di più, le tre prede accertate erano anche "nuovi arrivi". Silvia, il cui cadavere è emerso domenica sera nei boschi di Perledo, si era separata dal marito italiano, non uno stinco di santo, e girava da sola. Luminita era finita sulla Novedratese portata dal marito Ramon, e lasciata a un distributore di benzina di Cermenate. Ionela era approdata allo stesso distributore qualche giorno prima di "Luminic", dopo essere stata scacciata dalla milanese via Fulvio Testi. In vita le due povere ragazze non si conoscevano; entrambe, lo scorso agosto, sono state trovate vicine, chiuse nei sacchi, in stato di decomposizione, nei tornanti che portano a Morterone.
Chi uccide? La paura è che un altro sacco nero riemerga in queste zone, con una donna dentro, una delle tante ragazze viste e poi scomparse dalla Novedratese, diventata da nove anni un mercato del sesso a cielo aperto. Due fascicoli, secondo indiscrezioni, sono stati finalmente "riesumati". Uno riguarda il cadavere di una donna, con stivaletti vistosi aperti sulle caviglie, trovata a Valbrona. L'altro, un altro cadavere trovato su una montagna Svizzera. Sarebbero quindi cinque le donne giovani e caucasiche ammazzate e collegate a un unico caso. La disperazione e la miseria umana, che ancora ieri costringe tante ragazze a restare accanto ai loro ombrellini sfasciati e alle borracce vuote, dev'essere lontana anni luce dalla testa di chi vede in loro solo corpi da usare, e gettare alla fine come morta immondizia.
(25 aprile 2008)
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