La “ciclizzazione” dell’allenamento
Qualche spunto di riflessione e qualche proposta di un “non tecnico”
Spesso ripetiamo che è importante la “ciclizzazione” dell’allenamento. Che cosa intendiamo con questo termine? All’espressione vanno attribuiti almeno due significati, i quali hanno, grosso modo, lo stesso valore in una ipotetica scala metrica. Io, un “non tecnico”, che sposta ghisa e non discute troppo di teoria dell’allenamento, voglio proporre una mia chiave di lettura di questo punto fondamentale della preparazione atletica.
1. “Ciclizzazione” delle fasi di allenamento. Le tre fasi di forza.
Come ciclizzare le fasi di un unico grande ciclo di allenamento? Per “unico grande ciclo di allenamento” intendo una complessiva fase di preparazione fisica che si suddivide, a sua volta, in tre fasi. Nel Bodybuilding queste tre fasi possono avere un ordine preciso, tuttavia, le interpretazioni di queste possono essere differenziate e tutte valide: l’obiettivo finale, in ogni caso, di questo tipo di ciclizzazione dell’allenamento è la definizione muscolare. Come raggiungere questo obiettivo, che di norma, per chi non ha necessità agonistiche, si “situa” temporalmente durante i mesi estivi? Lavorando nelle precedenti fasi dell’allenamento soprattutto in due direzioni specifiche e collegate tra loro: forza e massa, non necessariamente secondo questo ordine. E’ qui infatti il “punto di forza” della lettura che intendo proporre. Le “etichette” di cui sopra (forza e massa) possono essere suddivise ancora in altre (“sotto”-) etichette, le quali, seppur potrebbero confondere, al contrario, hanno la particolarità di specificare ancora più approfonditamente il lavoro di chi pratica Bodybuilding. Il segreto è nel soffermarsi un attimo a riflettere, senza però soggiacere alla speculazione pura e sterile. Il BBer è un uomo d’azione, non un teorico, tuttavia, alla pratica deve precedere una teoria e infine una valutazione dei risultati.
Teoria->pratica->risultato->valutazione del risultato->“nuova” teoria
Questo è lo schema di cui si dovrebbe tener conto approcciandosi ad un metodo di allenamento, nuovo o affermato che sia. L’ultimo momento dello schema è il più importante, poiché sono le nostre personali considerazioni ed eventuali “correzioni” al metodo sperimentato. È questo passaggio che distingue il neofita dall’atleta esperto: il momento della valutazione finale e della personalizzazione del metodo sperimentato.
Torniamo comunque al punto: le etichette. Mi riferisco alle espressioni, che da alcuni mesi emergono sempre più frequentemente sul nostro forum, forza definizione, forza massimale, forza ipertrofica. Non sono di mia invenzione: cerco di presentarle proponendo una mia interpretazione e lettura, benché credo il tutto sia il più possibile conforme all’impostazione generale data dal suo coniatore, l’amico Menez. Che cosa significano? Apriamo una breve parentesi. Ricorre, con una certa frequenza, nelle varie discussioni affrontate sul Forum il termine forza. Spesso si dice che la forza non è l’obiettivo principale del culturista, tanto meno, l’uso di carichi “elevati”. Quante volte leggiamo “il carico per il BBer non è un fine ma un mezzo”? Decine di volte, spesso anche a mo’ di “giustificazione” per distinguersi dai nostri parenti “stretti” PL, che sollevano - come è giusto, del resto - ben più di noi. Il carico, quindi, è un “mezzo”: bene, ma per usufruire di questo mezzo, che ci condurrà allo stato di forma il più vicino possibile ai nostri standard/obiettivi “estetici”, dobbiamo avere, appunto, la forza, che muove il nostro mezzo, il carico. La forza, quindi, è la base dell’unico grande ciclo di allenamento che citavamo sopra: è lei che deve essere mantenuta nelle due fasi di (forza)-definizione e ipertrofica (massa) e che deve essere accresciuta il più possibile nella fase di forza massimale. Chiarite queste tre espressioni addentriamoci nel problema della ciclizzazione di queste.
Abbiamo stabilito che l’obiettivo primario del BBer è raggiungere una buona forma fisica (estetica), sarebbe a dire, una buona definizione muscolare. Questa è l’ultima fase del grande ciclo di allenamento Bodybuilding. Per arrivare all’obiettivo si dovrà quindi lavorare per accrescere la forza massimale e quella ipertrofica. A rigor di logica il primo approccio all’allenamento sarà precedente al secondo: all’aumento della forza massimale aumenta proporzionalmente il carico allenante, questo aumento dovrebbe permettere (sintetizzo e semplifico, ovviamente) un maggior reclutamento di fibre muscolari che dovrebbe, di conseguenza, portare ad una maggiore risposta ipertrofica.
Quanto e quando lavorare, quindi, sulla forza massimale? Un mese, due? Poi, stop, si fa massa fino ad aprile? Inizio a settembre, continuo ad ottobre e poi a novembre via con l’ipertrofia? Non necessariamente. Ritengo più opportuno alternare le due fasi, forza massimale e forza ipertrofica, ciclizzandole, appunto, in vista dell’ultima fase finale di forza definizione. La variazione dello stimolo allenante, della frequenza e del tipo di allenamento, porta ad una risposta differenziata del nostro corpo, che ha troppo l’abitudine di adattarsi, abituarsi agli stimoli “esterni”, chiudendosi quasi a guscio, come per proteggersi dalle nostre “aggressioni” con i pesi. Se confondiamo il nostro fisico, se lo disabituiamo continuamente, le possibilità di cadere nello stallo saranno ovviamente minori e potremmo lavorare con più profitto in vista dell’ultimo traguardo. Si tratta di giocare d’astuzia e confondere il nostro fisico. Lo cogliamo di spalle, sfruttiamo l’effetto sorpresa e aggrediamo il corpo come non si aspetta. Non ci addentriamo, ora, nella questione dell’alimentazione, la cui importanza, in ogni caso, è fondamentale e assoluta per l’ottimale riuscita nell’allenamento. Se infatti il nostro fisico reagisce bene alla continua variazione degli stimoli con i pesi, potrebbe altrettanto reagire bene ad una dieta che varia nel tempo. Le variazioni di dieta dovrebbero poi essere adeguate al tipo di lavoro che si sta svolgendo in sala pesi, così da ottimizzare il tutto: darsi al pump estremo e a lavori molto voluminosi senza essere supportati da una dieta ricca di carboidrati e comunque ipercalorica, non solo è inutile, ma anche controproducente. Si è già discusso intorno a questo argomento in altre sedi (più che altro in discussioni “private” o condotte nei diari di alcuni utenti), anche se andrebbe fatto in maniera più diffusa e approfondita e, soprattutto, cercando di rendere la cosa fruibile al più elevato possibile numero di utenti. Incito quindi gli esperti di alimentazione a dire la loro e a lavorare sull’argomento. Un articolo in materia va caldeggiato e noi “ignoranti” della sezione allenamento abbiamo bisogno di conferme e/o di smentite!
Tornando al problema della ciclizzazione delle due fasi di forza massimale e forza ipertrofica, sostengo la necessità di alternare regolarmente i due tipi di lavoro, adeguando ad essi, perché no, anche la frequenza settimanale di allenamento. Al ciclo vero e proprio di massa, che si struttura su 3-4 (anche 5-6, ma qui siamo già oltre alla “solita” frequenza allenante dell’appassionato di pesi) allenamenti settimanali, si alternerà ogni 6-8-10 settimane un ciclo di forza massimale con una frequenza allenante invariata o ridotta, concentrandosi, se lo si ritiene opportuno, su una o due delle tre alzate regolamentari (oppure specializzandosi in alcuni esercizi globali sui quali necessitiamo di maggior forza). Il ciclo di forza massimale infatti, potrebbe essere l’occasione per superare uno stallo alla panca o allo squat o a esercizi in cui l’espressione di forza è veramente prioritaria, nonché per lavorare sulla propria qualità muscolare. I vari tipi di lavoro con i pesi - semplifico, intenso, voluminoso, lavoro con carichi sub-massimali/massimali - danno spesso una risposta estetica (nonché, neurale, anabolica e metabolica: è necessario lavorare su di ogni fronte per avere una risposta completa) diversa: perché non approfittarne e non lavorare complessivamente ciclizzando le metodiche? La ciclizzazione dell’allenamento è utile anche per far “respirare” e “rigenerare” il nostro fisico, per non farlo soccombere dopo settimane di lavori duri e stressanti, sia che essi siano ad “alto volume” che ad “alta intensità”, sia che si sia lavorato per settimane e settimane sulla forza massimale. Si fa riposare il fisico e si fa riposare anche il SNC, in un periodo di lavoro si attuano i processi di recupero verso un grado molto elevato di rigenerazione che consentirà una ripresa di lavoro ad un livello superiore. Anche una Ferrari ha bisogno, ogni tanto, di una revisione generale, sia al motore che alla centralina.
Un ciclo annuale di allenamento, nel caso di atleta già condizionato ovvero che non parta da zero, potrebbe quindi iniziare con un ciclo di forza massimale di 3-4 settimane, per passare poi (ma non necessariamente) ad un approccio “ibrido” all’allenamento come preparazione al lavoro per massa vera e propria. Da non dimenticare e da non sottovalutare, infatti, la portata “propedeutica” e di “ricondizionamento” dei protocolli di forza massimale (o del lavoro “a fatica cumulativa”): crediamo siano ideali da intraprendere ad “inizio stagione”, quando si esce da un lungo periodo di definizione con una dieta povera di calorie e ci si avvicina al ciclo di ipertrofia pura. Tramite questi approcci si ricomincia dopo alcuni mesi a maneggiare carichi importanti, forse accantonati nel periodo della definizione causa debolezza e spossatezza indotte dalla dieta (anche se non si dovrebbe affatto; il segreto della buona riuscita della fase di forza definizione è nel mantenere elevata la forza massimale e di giocare con il volume/intensità dell’allenamento, senza esagerare con l’uno né con l’altro, così facendo non si va a bruciare troppo tessuto muscolare; quindi no ai programmi in 4x12/15 - quante volte sentiamo questo falso mito da palestra “perché così si fa definizione”? - no ai protocolli pieni zeppi di tecniche intensive o di recuperi brevissimi al fulmicotone - “faccio tutto in stripping e rest pause, rest di 45”-60”, cosi’ brucio più kal” - no, infine, ad attività cardio - cataboliche per eccellenza - esagerate).
Propongo, ora, una possibile schematizzazione del lavoro da eseguire in palestra durante l’anno. Per comodità faccio iniziare il ciclo dal mese di settembre e lo concludo in luglio, dando per scontato che in agosto si sia raggiunta la forma fisica ambita e che si faccia semplicemente mantenimento, concentrandosi sulla dieta e facendo degli allenamenti “blandi” o comunque di “mantenimento”. Ci limitiamo ora a segnalare le varie fasi di forza da affrontare; nel secondo punto che discuteremo vedremo come lavorare nelle fasi di forza ipertrofica.
Esempio di una ciclizzazione annuale
Settembre - forza massimale, 3 allenamenti settimanali.
Ottobre - forza massimale (prime due settimane); ultime due settimane eventualità di inserire un protocollo “ibrido”, di passaggio. 3 allenamenti settimanali. Fine del ciclo di “ricondizionamento/preparazione” del fisico e del SNC. Se necessario una settimana di scarico passivo/attivo prima di passare all’ipertrofia.
Novembre - forza ipertrofica. 3 o 4 allenamenti settimanali.
Dicembre - forza ipertrofica. Ultima settimana del mese scarico passivo.
Gennaio - forza massimale tre settimane. Lavoro sulle alzate “deboli” (catene cinetiche).
Febbraio - forza ipertrofica.
Marzo - forza ipertrofica.
Aprile - scarico attivo/passivo di una settimana, passaggio a forza definizione.
Maggio - forza definizione. Possibilità di inserimento di un quarto/quinto allenamento settimanale da dedicare all’attività aerobica.
Giugno - forza definizione.
Luglio - forza definizione.
(Agosto - forza definizione/mantenimento)
Questo proposto è solamente uno schema indicativo di lavoro, un modello; personalizzazioni o varianti, altri schemi e ciclizzazioni sono possibili e dovrebbero rispondere alle proprie esigenze di allenamento e ai propri obiettivi. Non è certo necessario fare 4 mesi di lavoro per forza definizione, tanto meno iniziare quest’ultima fase necessariamente in aprile. Se lo si ritiene opportuno si può benissimo posticipare o anticipare l’inizio di questa fase, stessa cosa avviene per i cicli di forza massimale e ipertrofica. Dovete, ovviamente, affidarvi alla vostra preparazione e alla vostra conoscenza di sé: nessuno meglio di voi stessi può conoscere con una buona dose di sicurezza quanto tempo ci voglia per tirarsi, raggiungere determinati obiettivi ecc… ovviamente il tutto è rivolto ad un atleta intermedio o avanzato, che conosce bene la propria tempistica e la propria risposta fisica. Il neofita andrà invece un po’ a “tentoni” e dovrà confidare nella preparazione del proprio trainer o dei pareri/notizie/conoscenze che può desumere dal web o da qualsiasi altra fonte di informazione cartacea.
Aggiungo e concludo: lo schema di lavoro proposto è ovviamente rivolto ad un atleta non agonista; nel caso contrario le dinamiche e le tempistiche sono diverse e devono rispondere ad un altro tipo di esigenze. Anche l’agonista, tuttavia, potrà prendere spunto da questo schema generale e adattarlo ai propri ritmi di preparazione di gara, in questo caso la ciclizzazione diverrà doppia o tripla a seconda proprio delle richieste di gara.
2. “Ciclizzazione” della metodologia di allenamento
Siamo ora arrivati a quello che potremmo definire il vero centro del nostro discorso sulla ciclizzazione: come organizzare i lavori di ipertrofia all’interno di questo grande e unico ciclo di allenamento? In base alla giusta programmazione di questi cicli avremo più o meno successo nelle ultime fasi della forza definizione. Il discorso sulle metodiche di allenamento andrebbe affrontato, in realtà, anche quando si parla di forza massimale. Non esistono infatti solo il “Ciclo russo” o lo “Sheiko” per acquisire forza; i metodi sono tanti, forse dello stesso numero dei vari metodi per l’ipertrofia, forse perfino di più, poiché questi metodi di incremento forza massimale vengono usati anche in discipline distanti dal Bodybuilding. Al BBer, tuttavia, interessa l’incremento della massa muscolare e della qualità di essa, quindi, è opportuno dedicare, ora, maggiore attenzione ai metodi di allenamento per ipertrofia.
Senza entrare nel dettaglio dei metodi di allenamento, citando e facendo una noiosa lista delle varie metodologie, proponiamo un altro “nostro” schema generale, che racchiude l’allenamento per l’ipertrofia - varie metodologie di esso - sotto due grandi gruppi/metodiche:
1. Allenamento alto volume
2. Allenamento alta intensità
A questi due raggruppamenti “madre” aggiungiamo un terzo “sotto-gruppo”, quegli schemi allenanti “ibridi” massa/forza (es. il noto “5x5” di Bill Starr), che si potrebbero anche definire come schemi di “passaggio” o di “transizione”.
Non starò a disquisire sui due “principali” metodi di allenamento, né a spiegare cosa si intende per allenamento ad “alto volume” e ad “alta intensità”, poiché argomenti già trattati in maniera diffusa in circa dieci anni di esistenza di BW e alla portata di tutti anche presso altre fonti. Chi è interessato avrà a disposizione un archivio di discussioni sull’argomento pressoché sterminato, sia su BW che, in generale, sulla rete. Spulciando tra le vecchie discussioni di BW datate 2000/2002, ho trovato dibattiti infuocati tra i “pompatori” e gli “intensi”, non sempre “tecnici”, anzi, spesso ben polemici, a tratti anche divertenti, a tratti con alcune sviste grossolane da entrambi i fronti. L’errore di fondo dell’epoca, tuttavia, era quello di rimanere saldi e irremovibili sulle proprie convinzioni, non volendo affatto riconoscere gli elementi di validità di entrambe le posizioni. Qui cerchiamo, al contrario, di lavorare in maniera sincretica ed eclettica, recuperando e rielaborando i punti validi e comuni di entrambi i metodi e di tutti i metodi che hanno un sostrato di base logico e concreto. Non è un dettaglio questo, sia ben chiaro. Le teorie sono molte e variegate, ma i principi validi dell’allenamento sono pochi e spesso sempre gli stessi. Dove c’è logica, c’è necessariamente anche risultato, tanto più se il corpo umano è unico e funzionante, di massima, allo stesso modo per tutti. Sta a noi poi ottimizzare questo risultato allontanandosi da luoghi comuni e mezze verità di comodo.
Quindi capirete ora la mia ritrosia nel confidare in metodi “estremi” come il “BIIO”, il metodo “Mc. Robert” e la così detta “multifrequenza”, che si basano su principi opposti (e, direi, illogici; spiegherò perché) l’uno all’altro. La querelle del momento, qui sul nostro forum, non sembra essere più tra “pompatori” e “intensi”, ma ci si scontra sulla frequenza di allenamento, uno scontro, tuttavia, non sempre supportato da elementi concreti e razionali. Se l’uomo A è, di massima, identico all’uomo B e a quello C (siamo seri, la fisiologia umanaè una), perché mai secondo una corrente questo soggetto A identico a B e a C dovrebbe allenare un gruppo muscolare ogni 10 giorni, mentre secondo l’altra ogni 3, massimo 4? Siamo terrestri, esseri umani dotati tutti delle stesse caratteristiche genetiche e fisiche (che più chi meno, ovviamente, del resto io sono un perfetto sconosciuto di nome Manuel che sposta ghisa per passatempo e non Dorian Yates) o alcuni sono vesuviani e altri gioviani, i quali i primi, “sfigati” recuperano in 10 giorni, 12 per sicurezza, e i secondi, “fenomeni” in 4, ma se son “particolarmente fenomeni” e si applicano anche in 3? Che senso ha, che una corrente mi (ci) additi come sovra-allenato (i)e l’altra come sotto-allenato(i), quando alla realtà dei fatti non sono (siamo) né l’uno né l’altro e quando, molto spesso, sono (siamo) ben migliore (i) di un “abbreviato” e di un “multifrequenzialista”?
Il lettore assennato, l’utente del forum che segue questi “scontri” con lente d’osservazione critica, ben sa di che cosa sto parlando e sa riconoscere l’unilateralità di certe asserzioni. Ci troviamo all’estremo e tutto questo sfocia nella illogicità e nel dogma non sempreprovato dalla realtà dei fatti: da un lato abbiamo lo spauracchio del sovrallenamento e la paura di far troppo camuffate dalla “scusa” del lavoro particolarmente intenso per fisico e SNC, dall’altro lato il “più si fa meglio è, più ci si allena più si è grossi/forti” che nasconde una ricerca esasperata del volume di lavoro e della prestazione. Ho ovviamente semplificato (e forse anche estremizzato, ma mi sono fatto prendere anche io dalla mano) queste due scuole di pensiero, le quali tuttavia, proprio per la loro unilateralità e parvenze da ultimo crociato dell’allenamento, spesso appaiono proprio sotto questi termini, nonostante i risultati, da ambo le parti, che spesso superano di poco la mediocrità o la sufficienza. Chi vorrà potrà informarsi leggendo le varie discussioni a riguardo nella sezione allenamento, l’amico Ironpaolo si è espresso più volte, in maniera esauriente e dettagliata, su questi argomenti.
Torniamo comunque ai due metodi (alto volume/alta intensità) da cui ho preso inizialmente le mosse. Una precisazione: un parametro definitivo per distinguere e quantificare un allenamento ad alta intensità non esiste. O meglio, l’intensità di un allenamento è un parametro ben più soggettivo che oggettivo, un indice che scaturisce dal grado della nostra preparazione atletica la quale quando sottoposta ad esercizio fisico si trasforma e si sviluppa,e non da uno sguardo ad una tabella di allenamento statica e ripetuta nel tempo. Mentre possiamo quantificare velocemente e senza dubbi il volume di un allenamento (semplifico e volgarizzo: un allenamento di 20 serie complessive è meno voluminoso di uno da 25 serie e nessuno può opporsi a questa evidenza), stabilirne l’intensità, dicevamo, è qualcosa di ben più “fumoso”, di meno razionale e meno “generale”. Il volume di lavoro è dato semplicemente da una costante fissa e quantificabile tramite il calcolo (il numero delle serie), l’intensità di lavoro scaturisce, al contrario, da altri parametri, tra i quali lo stesso volume (chiariremo questo punto successivamente).
L’intensità, infatti, risponde di massima a queste variabili (ne elenco solo alcune, le principali, rimandando per ulteriori chiarimenti ad una discussione sull’argomento presente in sezione Experimental Training), o meglio, a queste “tecniche intensive”:
1) fare un maggior numero di ripetizioni a parità di peso (es. tecnica del rest pause o delle ripetizioni forzate).
2) fare lo stesso numero di ripetizioni con un carico più pesante (es. rest pause, forzate).
3) lavorare a “fatica cumulativa” (stessi set, stesse ripetizioni e con peso costante) diminuendo, tuttavia, i recuperi tra le serie.
4) introdurre superserie tra muscoli antagonisti (es. curl bilanciere e french press) o serie doppie nel caso si lavori lo stesso muscolo (es. panca piana e croci).
5) utilizzo dello stripping, che può essere affiancato anche da un rest pause (es. alzate laterali o panca piana 6+6+6 eseguite senza sosta tra di loro e con carico decrescente oppure con recuperi minimi di 2-3” tra le serie che permettono un leggero incremento di carico complessivo).
6) utilizzo delle serie giganti, esercizi (3-4, ma anche 5-6) che coinvolgono un unico gruppo muscolare eseguiti senza sosta tra di essi (es. set gigante gambe: squat, affondi, leg ext, leg curl, calf; spalle: lento dietro, tirate al mento, alzate laterali, alzate a 90, ecc…).
7) enfasi sulla fase negativa di un esercizio, che può essere interpretata sia come un rallentamento estremo della fase negativa (discendente) del movimento (es. riportare il bilanciere durante un curl bicipiti in posizione abbassata molto ma molto lentamente) sia con una sosta di alcuni secondi (sosta variabile, dai 2” in poi) alla fine del movimento negativo (es. Squat, rimanere in accosciata completa per alcuni secondi, poi risalire; Push down, rimanere con le braccia distese nella fase negativa per più tempo possibile o per alcuni secondi prestabiliti in precedenza).
8) infine, utilizzo negli esercizi fondamentali di carichi massimali-submassimali, che, di massima, comporta l’utilizzo di schemi allenanti con poche ripetizioni ed elevate serie e non necessariamente a buffer o con rest elevati (volgarizzo di nuovo: schema da “forza” concentrato sulle alzate principali, utilizzo di carichi elevati, rest ridotti: ipertrofia).
Come vi sarete accorti queste tecniche intensive, in alcuni casi, aumentano il volume di lavoro. Se si presta attenzione, infatti, alle prime due tecniche di lavoro “intenso” ricordate (punti 1 e 2) ci si accorgerà come l’intensità di lavoro, oltre che dal carico utilizzato, scaturisca anche da un aumento di volume, dettato dall’aumento delle ripetizioni tramite l’utilizzo, appunto, delle tecniche del rest pause o delle ripetizioni forzate (ma anche il punto 8, in parte, segue lo stesso principio dell’aumento di volume, solo che non aumentano le ripetizioni ma le serie). La cosa che ci preme sottolineare brevemente, quindi, è rimuovere o, almeno, ridimensionare un falso “mito” da palestra che circola anche sul nostro Forum e che non è del tutto veritiero, poiché spesso citato decontestualizzando la situazione: all’aumento di intensità deve diminuire necessariamente e in modo direttamente proporzionale anche il volume di lavoro, pena l’overtraining o la cottura del proprio SNC. Questo “dogma”, in riferimento all’esempio di cui sopra, è “logicamente” sbagliato, poiché, come si è visto, alcune tecniche intensive si basano proprio sull’aumento e non sulla riduzione del volume di lavoro. Parlando per esperienza personale (ho provato sulla mia pelle questa cosa e prima di me l’ha provata Girl del forum, l’atleta che io e Menez stiamo seguendo - trovate i suoi allenamenti nella sezione diari) “alta intensità” e “alto volume”, se ben incastonati tra loro e ben programmati sulla capacità nervosa e fisica dell’atleta, possono tranquillamente coesistere nello stesso allemento… anche senza ricorrere alle particolari tecniche intensive sopra ricordate. Il segreto, ovviamente, è non abusare di tali metodiche, così come non abusare del volume in generale. Come farlo?
Porto ad esempio e a sostegno della tesi questa sessione per le gambe (proposta dall’amico Menez e affrontata da me stesso nel mese di novembre; trovate il report dell’allenamento qui http://www.bodyweb.com/4328549-post4232.html , poco più sotto il commento di Menez), in cui alta intensità (data, particolarmente, dai carichi elevati) e volume (dato dal numero complessivo di set) coesistono tra loro. Ci sono comunque altri esempi che trovate nelle mie sessioni di allenamento da metà novembre a dicembre 2008.
Vediamo:
Squat 10-8-6 fase di attivazione SNC e muscolare con aumento regolare del carico rest 60”.
Inizio wo
Squat 3 3 rest 120” lascia questo carico sul bilanc.
Affondi con bilanc. 5 5 (a zampa)
Squat 3 3 rest 120”
Pressa 6 6 rest 120”
Squat 3 3 rest 120”
Leg curl sdraiato 6 6 rest 120”
Squat 3 3 rest 120” resetta i carichi e mantieni questi
Leg curl in piedi 6 6 rest 120”
Front squat 3 3 rest 120”
Calf pressa 25 25 rest 60”
Front squat 3 3 rest 120”
Come si nota ad un primo sguardo, il volume di lavoro è elevato e il basso numero di ripetizioni segnalato fa subito pensare ad un utilizzo di carichi elevati, cosa che è poi avvenuta. Gli stessi esercizi proposti nella tabella sono notoriamente esercizi che permettono carichi elevati e un reclutamento molto elevato di fibre muscolari. Calcoliamo: 25 serie complessive, di cui ben 15 di Squat, tra frontali e regolari, eseguiti con rest “medi” e con carichi elevati. Bene, qualcuno di voi sarà ora sbigottito, sconcertato, disturbato da tanta “sfacciataggine” e esuberanza. Si parlerà di impossibilità di reggere un lavoro del genere sul medio-lungo periodo (ma se guardate nel mio diario si è fatto ben di peggio per cinque settimane (si veda ad esempio qui: quasi 30 serie per le gambe con tecniche intensive: http://www.bodyweb.com/4391945-post4602.html , con il commento di Menez) e non sono certo un fenomeno. Semplicemente “eseguo gli ordini” confidando non solo nella preparazione di Menez ma anche nelle mie capacità e in quelle del corpo umano in generale, una macchina indistruttibile per certi aspetti e molto strapazzabile; così Girl, che non si è mai lamentata pur arrivando alle lacrime e che ha raggiunto, nonostante queste intensità elevate, tonnellaggi complessivi che molti uomini del forum avvicinano in due sessioni di allenamento), di cottura dell’SNC, di integrazioni “azzardate” per reggere a questo tipo di lavoro, ecc… ecc… si parlerà, parlerà, parlerà….
Tuttavia, benché criticabile, attaccabile ed opinabile, il mio è stato solo un esempio concreto e realizzato - quanta gente parla di sovrallenamento/sottoallenamento senza aver mai provato un programma simile? Quanti parlano di volume, buffer, %, cedimento, intensità, senza mai e poi mai arrivare e cercare di superare i propri limiti? Quanti non confidano, in realtà, nelle proprie forze e in quelle del corpo in generale? Quanti hanno veramente il coraggio di mettersi in gioco e di provare qualcosa di nuovo? - su come l’intensità del lavoro possa scaturire anche dall’aumento del volume complessivo, senza ricorrere necessariamente a recuperi ridotti o a tecniche intensive.
Gli allenamenti ad “alto volume” e quelli ad “alta intensità” andrebbero alternati con regolarità durante il grande ciclo unico di allenamento, questo per introdurre delle variazioni di stimolo nell’allenamento stesso e per far continuamente “disabituare” il fisico (come ricordavamo precedentemente). La logica del “non adattamento” dovrebbe essere la costante del BBer è un ampliamento o una rivisitazione minima, in effetti, del vecchio principio Weider della “confusione muscolare”. Questo non significa non trovare o non essere alla ricerca del proprio metodo di allenamento, quello più funzionale per noi, bensì inserire sempre e continuamente delle varianti che possono arricchire non solo il fisico ma anche il nostro bagaglio di conoscenze.
Questo breve “articolo” (ma chiamiamolo anche una prova generale per qualcosa che potrei sviluppare in seguito) forse è uscito un po’ dai confini che avevo intenzione di dargli inizialmente; non so bene se sia stato capace di rendere bene l’idea di quello che mi preme. L’intento, comunque, non era polemico, semmai “filosofico”, e credo che si sia tenuto su questa direttrice dall’inizio alla fine. Non sono un “tecnico”, un “teorico” (sinceramente diffido di questa “categoria” se rimane, appunto, tale, non operativa. A parole, chi più chi meno, siamo tutti bravi, con i fatti… beh, le cose cambiano, anche perché spesso non c’è, o c’è solo in minima parte, corrispondenza perfetta tra pensiero e atto, tra intenzione e risultato). Il messaggio finale trasmesso - ma ognuno ne trarrà le proprie indicazioni - è, ritengo, quello di affidarsi alle proprie forze, sia fisiche che intellettuali, nel voler individuare la propria guida, la propria strada, senza spauracchi, limiti o dogmi. Dove c’è logica, c’è risultato, dove c’è conoscenza, c’è voglia di perfezionarsi e realizzare: queste pagine scritte sono frutto della mia breve esperienza di qualche anno di allenamento e di qualche mese di riflessione su teorie altrui, che ho messo in pratica ultimamente.
Concludo con un ultimo schema della ciclizzazione dei mesi dedicati all’ipertrofia (così, dopo tanti buoni propositi, mi appioppo definitivamente la zappa sui piedi, passando da operativo a teorico), dove propongo, mese per mese, come lavorare.
Novembre - Alta intensità (sfruttando la scia dei cicli di forza massimale).
Dicembre - Alto volume.
Gennaio - Forza massimale tre-quattro settimane. Lavoro sulle alzate “deboli”.
Febbraio - Alto volume.
Marzo - Alta intensità.
SdS Team - BW
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