LA MELATONINA: SINTESI, FUNZIONI FISIOLOGICHE E
DOCUMENTATE APPLICAZIONI NELL’UOMO.
Bojidar M. Stankov, Dipartimento di farmacologia, Università di Milano
1. INTRODUZIONE: SINTESI DELLA MELATONINA
La melatonina (N-acetil-5-metossitriptamina) è il principale ormone prodotto dalla ghiandola pineale. In tutti i vertebrati la concentrazione di melatonina circolante segue un evidente ritmo circadiano con valori maggiori durante la notte; gli elevati livelli notturni persistono per circa 5-7 ore e presentano un andamento pulsatile caratterizzato da due picchi: uno immediato all’inizio della notte, l’altro 3-4 ore più tardi (Reiter, 1991). L’aumento della sintesi della melatonina nel periodo notturno dipende dall’attivazione della via biosintetica serotonina ® N-acetilserotonina ® melatonina. Nei mammiferi questo ritmo è guidato dai nuclei soprachiasmatici, la sede dell’orologio endogeno, che esprime un ritmo di circa 24 ore. I nuclei soprachiasmatici sono a loro volta sincronizzati su un periodo di 24 ore precise ed il segnale sincronizzatore è la luce (Reinberg, 1992). I nuclei soprachiasmatici regolano la sintesi di melatonina tramite l’attivazione dell’enzima N-acetil-transferasi (NAT), che converte la serotonina in N-acetilserotonina. La regolazione avviene attraverso una via multisinaptica, che dai nuclei soprachiasmatici, innervati direttamente dalla retina tramite le fibre “non-visive” del tratto retino-ipotalamico (Moore e Klein, 1974), porta all’epifisi attraverso i nuclei paraventricolari dell’ipotalamo, i gangli cervicali superiori, i nervi carotidei interni ed infine i nervi conari (Klein, 1993). Le terminazioni dei nervi conari liberano noradrenalina che, agendo attraverso i recettori post-sinaptici a1 e b1, provoca l’attivazione del NAT (Stehle et al., 1993). In assenza di luce i nuclei soprachiasmatici mantengono la propria ritmicità con un periodo (t) leggermente diverso dalle 24 ore; la durata di tale periodo è una costante geneticamente determinata e tipica di ogni specie: nell’uomo è di circa 25 ore. Il ritmo circadiano dell’intero organismo ed il ritmo di secrezione della melatonina si adattano al t dell’orologio endogeno e, in assenza di luce, questa condizione è definita free-running. In condizioni normali invece la luce sincronizza dall’esterno i nuclei soprachiasmatici ad un ritmo di 24 ore. La luce ha anche la capacità di inibire direttamente, sempre tramite il tratto retino-ipotalamico, l’attivazione del NAT da parte dei nuclei soprachiasmatici e quindi di inibire la sintesi di melatonina indipendentemente dal t circadiano (Klein e Weller, 1970; Lewy et al., 1980). L’intensità e le caratteristiche spettrali necessarie a produrre un decremento dose-dipendente della sintesi di melatonina sono state descritte nell’uomo (Stehle et al., 1993). La ghiandola pineale è sottoposta quindi ad un duplice controllo: da parte sia dell’orologio endogeno sia della luce esterna; questo rende la melatonina un sincronizzatore endogeno del sistema circadiano, rafforzando e stabilizzando il periodo del pacemaker circadiano a 24 ore (Lewy et., 1992) tramite l’azione sui recettori presenti nei nuclei soprachiasmatici (Reppert, 1988). In altre parole, i nuclei soprachiasmatici ricevono informazioni dalla luce per la durata della fotofase e dalla melatonina per la durata della scotofase. Questo sistema di controllo garantisce che il periodo circadiano notturno (notte soggettiva) e l’assenza di luce coincidano. Nelle zone temperate la diversa durata della scotofase nelle varie stagioni determina variazioni nella durata della sintesi della melatonina, e quindi la melatonina è in grado di dare all’organismo un’informazione fotoperiodica estremamente importante per la regolazione dei ritmi circannuali.
In molte delle specie studiate, l’uomo incluso, sono state dimostrate variazioni della durata e della quantità della secrezione della melatonina in rapporto al fotoperiodo (Bartness e Goldman, 1989); il problema nell’uomo è complicato dall’uso della luce artificiale e dalla moderna organizzazione sociale che tendono a mascherare la sincronizzazione naturale (Wehr et al.,1995).
La secrezione della melatonina nell’uomo presenta alcuni aspetti particolari:
· vi è una forte variabilità inter-individuale nell’ampiezza del ritmo, tanto che in alcuni soggetti, in particolare anziani con disturbi del sonno, la secrezione notturna è scarsa o assente;
· nello stesso soggetto l’ampiezza e la forma del ritmo di secrezione sono, al contrario, altamente riproducibili giorno per giorno;
· l’ampiezza del ritmo della secrezione della melatonina diminuisce con l’età.
2. FUNZIONI FISIOLOGICHE DELLA MELATONINA
2.1 Regolazione dei ritmi circadiani
Le modalità con cui la melatonina interviene a sincronizzare l’orologio (pacemaker) circadiano nei nuclei soprachiasmatici sono state molto ben studiate sia negli animali che nell’uomo. Nell’uomo dosi fisiologiche (0,5 mg) di melatonina causano uno spostamento della fase del pacemaker circadiano (Lewy et al., 1992). L’azione della melatonina varia a seconda del momento di somministrazione ed è stato possibile ottenere una curva fase-risposta ( Phase-Response Curve, PRC). Il trattamento con melatonina alla fine della notte soggettiva provoca un ritardo di fase, mentre la somministrazione nel tardo pomeriggio/prima sera soggettivi causa un marcato anticipo di fase. La curva fase-risposta della melatonina è esattamente opposta a quella determinata dalla luce (Lewy et al., 1987). La melatonina sembra quindi agire come un “dark pulse” e la sua produzione nei periodi di passaggio tra luce e buio (alba e tramonto) è vitale per la sincronizzazione del pacemaker circadiano.
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2.2 Effetti della melatonina sulla temperatura corporea e sul sonno nell’uomo
L’abbassamento della temperatura corporea è fondamentale per un sonno fisiologico. Diminuzione della temperatura corporea ed effetti ipnotici sono spesso riportati in seguito a trattamento con melatonina (Waldhauser et al., 1990; Cagnacci et al., 1992). In studi condotti su volontari sani, la somministrazione di melatonina a diversi dosaggi ha provocato decrementi significativi della temperatura corporea e della vigilanza, accompagnato da sonnolenza (Dollins et al., 1993). Molti protocolli di vecchia data hanno previsto somministrazione di melatonina in dosaggi non fisiologici e/o in tempi non appropriati, con risultati diversi. Gli studi degli ultimi anni suggeriscono comunque che la melatonina può avere effetti specifici sull’induzione del sonno e sulla temperatura corporea (Dawson e Encel, 1993). (FIG.1) La somministrazione diurna di melatonina induce sonnolenza, provoca diminuzione della temperatura corporea e variazioni nell’attività elettrica cerebrale (Tzischinsky et al., 1994; Tzischinsky e Lavie, 1994; Cajochen et al., 1996; Tzischinsky et al., 1995; Zhdanova et al., 1995). Spesso è stata notata un’associazione tra disturbi del sonno e mancanza del ritmo della melatonina (Etzioni, et al., 1996; Lehmann et al., 1996).
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2.3 Regolazione dei ritmi circannuali
L’uomo è considerato una specie non fotoperiodica per quanto riguarda la riproduzione. Gli studi sulla stagionalità dell’uomo sono stati molto difficili poiché le abitudini della vita moderna tendono a mascherare i ritmi naturali. Alcuni parametri fisiologici obiettivamente misurabili, presentano comunque variazioni stagionali (Touitou e Haus, 1993). E attualmente bene documentato che, nonostante nel corso dell’evoluzione la specie umana si sia progressivamente slegata da alcuni fattori condizionanti ambientali, il nostro organismo ha conservato la capacità di riconoscere e di rispondere alle variazioni fotoperiodiche. Questa ipotesi è in parte suffragata dai risultati di ricerche condotte nell’estremo nord, dove si è osservata una tendenza alla riproduzione stagionale nell’uomo (Kauppila et al., 1987). In soggetti che vivono ad alte latitudini si riscontrano variazioni della durata della secrezione della melatonina (Kauppila et al.,1987; Laasko et al., 1994). Inoltre soggetti normali esposti a fotoperiodi differenti in condizioni controllate, regolano la durata del picco di melatonina ed altre funzioni circadiani in relazione alla durata del fotoperiodo (Beck-Friis J et al., 1984), mostrando di possedere meccanismi adeguati di adattamento fotoperiodico.
DOCUMENTATE APPLICAZIONI NELL’UOMO.
Bojidar M. Stankov, Dipartimento di farmacologia, Università di Milano
1. INTRODUZIONE: SINTESI DELLA MELATONINA
La melatonina (N-acetil-5-metossitriptamina) è il principale ormone prodotto dalla ghiandola pineale. In tutti i vertebrati la concentrazione di melatonina circolante segue un evidente ritmo circadiano con valori maggiori durante la notte; gli elevati livelli notturni persistono per circa 5-7 ore e presentano un andamento pulsatile caratterizzato da due picchi: uno immediato all’inizio della notte, l’altro 3-4 ore più tardi (Reiter, 1991). L’aumento della sintesi della melatonina nel periodo notturno dipende dall’attivazione della via biosintetica serotonina ® N-acetilserotonina ® melatonina. Nei mammiferi questo ritmo è guidato dai nuclei soprachiasmatici, la sede dell’orologio endogeno, che esprime un ritmo di circa 24 ore. I nuclei soprachiasmatici sono a loro volta sincronizzati su un periodo di 24 ore precise ed il segnale sincronizzatore è la luce (Reinberg, 1992). I nuclei soprachiasmatici regolano la sintesi di melatonina tramite l’attivazione dell’enzima N-acetil-transferasi (NAT), che converte la serotonina in N-acetilserotonina. La regolazione avviene attraverso una via multisinaptica, che dai nuclei soprachiasmatici, innervati direttamente dalla retina tramite le fibre “non-visive” del tratto retino-ipotalamico (Moore e Klein, 1974), porta all’epifisi attraverso i nuclei paraventricolari dell’ipotalamo, i gangli cervicali superiori, i nervi carotidei interni ed infine i nervi conari (Klein, 1993). Le terminazioni dei nervi conari liberano noradrenalina che, agendo attraverso i recettori post-sinaptici a1 e b1, provoca l’attivazione del NAT (Stehle et al., 1993). In assenza di luce i nuclei soprachiasmatici mantengono la propria ritmicità con un periodo (t) leggermente diverso dalle 24 ore; la durata di tale periodo è una costante geneticamente determinata e tipica di ogni specie: nell’uomo è di circa 25 ore. Il ritmo circadiano dell’intero organismo ed il ritmo di secrezione della melatonina si adattano al t dell’orologio endogeno e, in assenza di luce, questa condizione è definita free-running. In condizioni normali invece la luce sincronizza dall’esterno i nuclei soprachiasmatici ad un ritmo di 24 ore. La luce ha anche la capacità di inibire direttamente, sempre tramite il tratto retino-ipotalamico, l’attivazione del NAT da parte dei nuclei soprachiasmatici e quindi di inibire la sintesi di melatonina indipendentemente dal t circadiano (Klein e Weller, 1970; Lewy et al., 1980). L’intensità e le caratteristiche spettrali necessarie a produrre un decremento dose-dipendente della sintesi di melatonina sono state descritte nell’uomo (Stehle et al., 1993). La ghiandola pineale è sottoposta quindi ad un duplice controllo: da parte sia dell’orologio endogeno sia della luce esterna; questo rende la melatonina un sincronizzatore endogeno del sistema circadiano, rafforzando e stabilizzando il periodo del pacemaker circadiano a 24 ore (Lewy et., 1992) tramite l’azione sui recettori presenti nei nuclei soprachiasmatici (Reppert, 1988). In altre parole, i nuclei soprachiasmatici ricevono informazioni dalla luce per la durata della fotofase e dalla melatonina per la durata della scotofase. Questo sistema di controllo garantisce che il periodo circadiano notturno (notte soggettiva) e l’assenza di luce coincidano. Nelle zone temperate la diversa durata della scotofase nelle varie stagioni determina variazioni nella durata della sintesi della melatonina, e quindi la melatonina è in grado di dare all’organismo un’informazione fotoperiodica estremamente importante per la regolazione dei ritmi circannuali.
In molte delle specie studiate, l’uomo incluso, sono state dimostrate variazioni della durata e della quantità della secrezione della melatonina in rapporto al fotoperiodo (Bartness e Goldman, 1989); il problema nell’uomo è complicato dall’uso della luce artificiale e dalla moderna organizzazione sociale che tendono a mascherare la sincronizzazione naturale (Wehr et al.,1995).
La secrezione della melatonina nell’uomo presenta alcuni aspetti particolari:
· vi è una forte variabilità inter-individuale nell’ampiezza del ritmo, tanto che in alcuni soggetti, in particolare anziani con disturbi del sonno, la secrezione notturna è scarsa o assente;
· nello stesso soggetto l’ampiezza e la forma del ritmo di secrezione sono, al contrario, altamente riproducibili giorno per giorno;
· l’ampiezza del ritmo della secrezione della melatonina diminuisce con l’età.
2. FUNZIONI FISIOLOGICHE DELLA MELATONINA
2.1 Regolazione dei ritmi circadiani
Le modalità con cui la melatonina interviene a sincronizzare l’orologio (pacemaker) circadiano nei nuclei soprachiasmatici sono state molto ben studiate sia negli animali che nell’uomo. Nell’uomo dosi fisiologiche (0,5 mg) di melatonina causano uno spostamento della fase del pacemaker circadiano (Lewy et al., 1992). L’azione della melatonina varia a seconda del momento di somministrazione ed è stato possibile ottenere una curva fase-risposta ( Phase-Response Curve, PRC). Il trattamento con melatonina alla fine della notte soggettiva provoca un ritardo di fase, mentre la somministrazione nel tardo pomeriggio/prima sera soggettivi causa un marcato anticipo di fase. La curva fase-risposta della melatonina è esattamente opposta a quella determinata dalla luce (Lewy et al., 1987). La melatonina sembra quindi agire come un “dark pulse” e la sua produzione nei periodi di passaggio tra luce e buio (alba e tramonto) è vitale per la sincronizzazione del pacemaker circadiano.
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2.2 Effetti della melatonina sulla temperatura corporea e sul sonno nell’uomo
L’abbassamento della temperatura corporea è fondamentale per un sonno fisiologico. Diminuzione della temperatura corporea ed effetti ipnotici sono spesso riportati in seguito a trattamento con melatonina (Waldhauser et al., 1990; Cagnacci et al., 1992). In studi condotti su volontari sani, la somministrazione di melatonina a diversi dosaggi ha provocato decrementi significativi della temperatura corporea e della vigilanza, accompagnato da sonnolenza (Dollins et al., 1993). Molti protocolli di vecchia data hanno previsto somministrazione di melatonina in dosaggi non fisiologici e/o in tempi non appropriati, con risultati diversi. Gli studi degli ultimi anni suggeriscono comunque che la melatonina può avere effetti specifici sull’induzione del sonno e sulla temperatura corporea (Dawson e Encel, 1993). (FIG.1) La somministrazione diurna di melatonina induce sonnolenza, provoca diminuzione della temperatura corporea e variazioni nell’attività elettrica cerebrale (Tzischinsky et al., 1994; Tzischinsky e Lavie, 1994; Cajochen et al., 1996; Tzischinsky et al., 1995; Zhdanova et al., 1995). Spesso è stata notata un’associazione tra disturbi del sonno e mancanza del ritmo della melatonina (Etzioni, et al., 1996; Lehmann et al., 1996).
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2.3 Regolazione dei ritmi circannuali
L’uomo è considerato una specie non fotoperiodica per quanto riguarda la riproduzione. Gli studi sulla stagionalità dell’uomo sono stati molto difficili poiché le abitudini della vita moderna tendono a mascherare i ritmi naturali. Alcuni parametri fisiologici obiettivamente misurabili, presentano comunque variazioni stagionali (Touitou e Haus, 1993). E attualmente bene documentato che, nonostante nel corso dell’evoluzione la specie umana si sia progressivamente slegata da alcuni fattori condizionanti ambientali, il nostro organismo ha conservato la capacità di riconoscere e di rispondere alle variazioni fotoperiodiche. Questa ipotesi è in parte suffragata dai risultati di ricerche condotte nell’estremo nord, dove si è osservata una tendenza alla riproduzione stagionale nell’uomo (Kauppila et al., 1987). In soggetti che vivono ad alte latitudini si riscontrano variazioni della durata della secrezione della melatonina (Kauppila et al.,1987; Laasko et al., 1994). Inoltre soggetti normali esposti a fotoperiodi differenti in condizioni controllate, regolano la durata del picco di melatonina ed altre funzioni circadiani in relazione alla durata del fotoperiodo (Beck-Friis J et al., 1984), mostrando di possedere meccanismi adeguati di adattamento fotoperiodico.
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