120 minuti di battaglia, trionfo ai rigori
L'Italia ha vinto la Coppa del Mondo superando ai calci di rigore la Francia 6-4. I primi 120' di gioco si erano conclusi sul risultato di 1-1 con le reti di Zidane su rigore al 7' e di Materazzi al 19'. Lo stesso Zidane era stato espulso all'inizio del secondo tempo supplementare per una testata rifilata al giocatore nerazzurro. Dal dischetto errore decisivo di Trezeguet, mentre gli azzurri non sbagliano: di Grosso il centro della vittoria.
E' proprio vero, le gioie più grandi sono quelle che non ti aspette o quelle nate dalla sofferenza. Il quarto mondiale della storia del calcio italiano racchiude entrambe queste cose: nessuno, due mesi fa avrebbe scommesso su Lippi e su questo gruppo, così come l'ultimo atto prima del trionfo è stato denso di difficoltà, di tensione psicofisica, di una umana paura di non riuscire a conquistare una Coppa che, considerando la situazione del nostro calcio, si riempie di significati enormi, che vanno ben oltre il già inestimabile valore sportivo.
Sono bastati sei soli minuti a togliere la partita delle partite dal limbo in cui era prevedibile, o meglio, comprensibile potesse cadere. Una distrazione dei nostri centrali, un lampo del "solito" Materazzi hanno messo sul binario sbagliato il treno dei desideri azzurri. Zidane, all'ultima recita, non è riuscito a rinunciare all'istrionismo del grandissimo attore: "cucchiaio", proprio in faccia all'emulo Totti e tanta fortuna nel momento in cui la palla, che va a incocciare la traversa, sbatte pochi centimetri più in là della linea bianca. In campo e sugli spalti, tramortimento e palpabile angoscia. La Francia, però, non l'ha capito. Ha fatto subito macchina indietro permettendo ai nostri, una volta recuperato il normale battito cardiaco, di occupare la metà campo francese, di spingere sopratutto sulle fasce, dove sembra evidente la superiorità di Zambrotta e Grosso nei confronti di Sagnol e Abidal. Ma non sono nè gli schemi, nè le gambe a rimetterci sulla sella insieme ai francesi: è la testa, quella di Materazzi, che si emenda al 19' con un altro, fantastico stacco su corner fratello di quello esibito con la Repubblica Ceca. La parabola dalla bandierina è di Pirlo, che offre il bis al 36': la fronte stavolta è quella di Toni, la traversa conferma che la sorte, nei primi 45 minuti, è in dote ai galletti. Comunque l'Italia c'è, se la gioca, tiene maggiormente palla anche se tutto e tutti non stanno girando a pieni cilindri. Il più in difficoltà tra i nostri è sicuramente Totti, incastrato tra la marcatura di uno come Makelele e una manovra azzurra che, come detto, cerca di prediligere gli esterni e i lanci lunghi in direzione dell'isolato Toni. In difesa, la guardia è alzata, come prevedibile, su Zidane (ancora unico al mondo in grado di lasciare sul posto Gattuso) ed Henry. Latitano i due peperini Malouda e Ribery, Vieira è invece ancora in edizione speciale.
E' comunque Henry, dal primo attimo del secondo tempo a cambiare repentinamente l'inerzia della partita. Il talentuoso attaccante dell'Arsenal mette sul tavolo tutte le sue carte, salta azzurri come paletti, crea la superiorità numerica e fa saltare, di fatto, il fortino di Lippi. Il pareggio traballa e resiste anche perchè Elizondo grazia l'Italia di un secondo, probabile rigore (contatto Zambrotta-Malouda). Nemmeno la forzata rinuncia a Vieira, che si stira e lascia il campo, frena il forcing transalpino. Il centrocampo è in crisi netta, soffre la latitanza di Totti e anche di Perrotta, meno lucido e presente del solito. Sono proprio loro, al quarto d'ora, i sacrificati ai doverosi cambi di Lippi, che spedisce Iaquinta in rinforzo di Toni e il ripescato e freschissimo De Rossi davanti alla difesa, utilissimo rinforzo a un Gattuso in difficoltà. Il cittì ci azzecca in pieno: l'Italia esce dall'angolo, torna nel match anche se non riesce a presentarsi con continuità negli ultimi 20 metri francesi prima che la stanchezza e la tensione si facciano entire pesantemente nelle gambe e nelle teste azzurre. Ineluttabili supplementari, che Lippi decide di giocarsi sulla falsariga della partita con i tedeschi. Prima del 90', entra Del Piero, che va a posizionarsi dietro Toni e a lato di Iaquinta in una sorta di "albero di Natale". La tattica, purtroppo, può aiutare a stare meglio in campo, ma non a restituire energie che non ci sono più. Il prolungamento è di marca francese, e come se non bastasse, oltre al perenne terrore delle fiammate di Henry e Malouda, entrano in campo prima Trezeguet e quindi Wiltord, accompagnati dai fantasmi di Euro 2000. Sembra mettersi male, la temutissima lotteria dei rigori assume i contorni della speranza. Poi, in avvio del secondo supplementare, l'ultima follia di Zidane, preda di un raptus che cancella tutto quanto fatto di buono, anzi, di grande in questo mondiale. Testata da caprone a Materazzi, è cartellino rosso tra i fischi degli italiani e lo sconcerto del resto dello stadio. E quando si arriva agli undici metri Zizou non c'è, non ci sono altri cucchiai, c'è la bordata di Trezeguet che centra la traversa mentre gente teoricamente non avvezza ai rigori come De Rossi, Materazzi, Grosso non sbaglia di un centimetro. Proprio del terzinone abruzzese, uno degli uomini-simbolo di questa magnifica avventura, è il gol che sancisce un trionfo meritatissimo non tanto per quanto mostrato in questa singola gara, quanto per la volontà, l'abnegazione totale di un grande gruppo e di un grande allenatore, proprio come nell' 82. La storia si ripete, grazie azzurri. Grazie. Grazie. Grazie. Quattro volte grazie.
L'Italia ha vinto la Coppa del Mondo superando ai calci di rigore la Francia 6-4. I primi 120' di gioco si erano conclusi sul risultato di 1-1 con le reti di Zidane su rigore al 7' e di Materazzi al 19'. Lo stesso Zidane era stato espulso all'inizio del secondo tempo supplementare per una testata rifilata al giocatore nerazzurro. Dal dischetto errore decisivo di Trezeguet, mentre gli azzurri non sbagliano: di Grosso il centro della vittoria.
E' proprio vero, le gioie più grandi sono quelle che non ti aspette o quelle nate dalla sofferenza. Il quarto mondiale della storia del calcio italiano racchiude entrambe queste cose: nessuno, due mesi fa avrebbe scommesso su Lippi e su questo gruppo, così come l'ultimo atto prima del trionfo è stato denso di difficoltà, di tensione psicofisica, di una umana paura di non riuscire a conquistare una Coppa che, considerando la situazione del nostro calcio, si riempie di significati enormi, che vanno ben oltre il già inestimabile valore sportivo.
Sono bastati sei soli minuti a togliere la partita delle partite dal limbo in cui era prevedibile, o meglio, comprensibile potesse cadere. Una distrazione dei nostri centrali, un lampo del "solito" Materazzi hanno messo sul binario sbagliato il treno dei desideri azzurri. Zidane, all'ultima recita, non è riuscito a rinunciare all'istrionismo del grandissimo attore: "cucchiaio", proprio in faccia all'emulo Totti e tanta fortuna nel momento in cui la palla, che va a incocciare la traversa, sbatte pochi centimetri più in là della linea bianca. In campo e sugli spalti, tramortimento e palpabile angoscia. La Francia, però, non l'ha capito. Ha fatto subito macchina indietro permettendo ai nostri, una volta recuperato il normale battito cardiaco, di occupare la metà campo francese, di spingere sopratutto sulle fasce, dove sembra evidente la superiorità di Zambrotta e Grosso nei confronti di Sagnol e Abidal. Ma non sono nè gli schemi, nè le gambe a rimetterci sulla sella insieme ai francesi: è la testa, quella di Materazzi, che si emenda al 19' con un altro, fantastico stacco su corner fratello di quello esibito con la Repubblica Ceca. La parabola dalla bandierina è di Pirlo, che offre il bis al 36': la fronte stavolta è quella di Toni, la traversa conferma che la sorte, nei primi 45 minuti, è in dote ai galletti. Comunque l'Italia c'è, se la gioca, tiene maggiormente palla anche se tutto e tutti non stanno girando a pieni cilindri. Il più in difficoltà tra i nostri è sicuramente Totti, incastrato tra la marcatura di uno come Makelele e una manovra azzurra che, come detto, cerca di prediligere gli esterni e i lanci lunghi in direzione dell'isolato Toni. In difesa, la guardia è alzata, come prevedibile, su Zidane (ancora unico al mondo in grado di lasciare sul posto Gattuso) ed Henry. Latitano i due peperini Malouda e Ribery, Vieira è invece ancora in edizione speciale.
E' comunque Henry, dal primo attimo del secondo tempo a cambiare repentinamente l'inerzia della partita. Il talentuoso attaccante dell'Arsenal mette sul tavolo tutte le sue carte, salta azzurri come paletti, crea la superiorità numerica e fa saltare, di fatto, il fortino di Lippi. Il pareggio traballa e resiste anche perchè Elizondo grazia l'Italia di un secondo, probabile rigore (contatto Zambrotta-Malouda). Nemmeno la forzata rinuncia a Vieira, che si stira e lascia il campo, frena il forcing transalpino. Il centrocampo è in crisi netta, soffre la latitanza di Totti e anche di Perrotta, meno lucido e presente del solito. Sono proprio loro, al quarto d'ora, i sacrificati ai doverosi cambi di Lippi, che spedisce Iaquinta in rinforzo di Toni e il ripescato e freschissimo De Rossi davanti alla difesa, utilissimo rinforzo a un Gattuso in difficoltà. Il cittì ci azzecca in pieno: l'Italia esce dall'angolo, torna nel match anche se non riesce a presentarsi con continuità negli ultimi 20 metri francesi prima che la stanchezza e la tensione si facciano entire pesantemente nelle gambe e nelle teste azzurre. Ineluttabili supplementari, che Lippi decide di giocarsi sulla falsariga della partita con i tedeschi. Prima del 90', entra Del Piero, che va a posizionarsi dietro Toni e a lato di Iaquinta in una sorta di "albero di Natale". La tattica, purtroppo, può aiutare a stare meglio in campo, ma non a restituire energie che non ci sono più. Il prolungamento è di marca francese, e come se non bastasse, oltre al perenne terrore delle fiammate di Henry e Malouda, entrano in campo prima Trezeguet e quindi Wiltord, accompagnati dai fantasmi di Euro 2000. Sembra mettersi male, la temutissima lotteria dei rigori assume i contorni della speranza. Poi, in avvio del secondo supplementare, l'ultima follia di Zidane, preda di un raptus che cancella tutto quanto fatto di buono, anzi, di grande in questo mondiale. Testata da caprone a Materazzi, è cartellino rosso tra i fischi degli italiani e lo sconcerto del resto dello stadio. E quando si arriva agli undici metri Zizou non c'è, non ci sono altri cucchiai, c'è la bordata di Trezeguet che centra la traversa mentre gente teoricamente non avvezza ai rigori come De Rossi, Materazzi, Grosso non sbaglia di un centimetro. Proprio del terzinone abruzzese, uno degli uomini-simbolo di questa magnifica avventura, è il gol che sancisce un trionfo meritatissimo non tanto per quanto mostrato in questa singola gara, quanto per la volontà, l'abnegazione totale di un grande gruppo e di un grande allenatore, proprio come nell' 82. La storia si ripete, grazie azzurri. Grazie. Grazie. Grazie. Quattro volte grazie.