RILEVAZIONE INSULINA ENDOGENA
(BY THE VOICE)
1) Il primo valore della glicemia deve essere rilevato a digiuno. Subito dopo occorre bere una bevanda che contenga circa 80 g di destrosio
2) Dopo 30 minuti ripetere il punto 1
3) Dopo 60 minuti ripetere il punto 1
4) Dopo 90 minuti ripetere il punto 1
5) Dopo 120 minuti ripetere il punto 1
6) Dopo 180 minuti ripetere il punto 1
NOTA: ricordarsi di annotare ogni dato raccolto dalla macchinetta.
Una volta eseguiti tutti i suddetti punti, si avranno una serie di valori da cui è possibile trarre le conclusioni per capire come il nostro corpo reagisce agli zuccheri. Se a digiuno la glicemia è al disotto dei 0.60 g/l vuol dire che la presenza di glucosio nel sangue è bassa. Questo valore può portare a due conclusioni, la prima è che il pancreas, in specifico le cellule Beta (nell'area chiamata Isole di Langerhans), producano troppa insulina (che può contribuire all’arteriosclerosi), ma potrebbe anche essere il contrario, cioè, che le cellule di tipo Alfa producano o rilascino poco glucagone (l'ormone che aumenta il livello di glucosio nel sangue). Per capire se si tratta del primo caso si nota la presenza in eccesso di grasso localizzato nella zona addominale, che di solito, è un effetto collaterale di una persona iperinsulinica (ma anche il testosterone può portare ad un incremento di grassi in quell'area nell'uomo), e, in ogni modo, per accertarsene, si può fare, un esame più approfondito del pancreas (peptide C). Nei primi 30 minuti successivi all'assunzione di zuccheri si avrà un innalzamento della glicemia (rilevazione 2), in seguito il corpo cercherà di bilanciare questo picco glicemico producendo insulina quindi dalla rilevazione 3-4 si avrà un decremento continuo della glicemia fino a raggiungere un valore minimo 120 minuti dopo aver assunto la bevanda con il destrosio (struttura semplice, non scindibile per idrolisi, detta Monossacaride); poi il corpo inizierà ad aumentare di nuovo il glucagone per portare all'interno dell'organismo ad una glicemia costante. Di solito i valori in cui si potrebbe avvertire ipoglicemia, sono molto personali, io, ad esempio, posso raggiungere un valore minimo di 0.20 g/l e non notare nessun sintomo negativo, mentre altre persone potrebbero accusarne anche a 1.10 g/l, è per questo motivo che è importante riuscire a capire qual è la soglia minima personale. La media tuttavia si aggira intorno ai 50 g/l per avvertire i primi sintomi di mancanza di zuccheri (o meno di 0.5 g per litro di plasma) che si possono manifestare con debolezza, spossatezza, sudorazione, nervosismo, tremori, palpitazioni, depressione, problemi di vista e fame, nel sonno non ci saranno tutti questi sintomi, ma brutti sogni, sudorazione e mal di testa al risveglio. Quando scende il valore di glucosio nel sangue l'organismo interrompe la produzione d'insulina e se la curva glicemica presenta valori bassi è possibile essere molto sensibili ai carboidrati. In questo caso è fondamentale tenere sotto controllo l'assunzione di glucidi per evitare che essi siano veicolati nelle cellule grasse, se invece si presenta una glicemia molto alta (es. se a digiuno superate 1.26 g/l) sono da evitare gli zuccheri semplici e gli amidi ad alto indice glicemico, in questo caso dovreste eseguire dei controlli (analisi dell'emoglobina glicosilata) perché un eccesso di glucosio potrebbe portare delle complicanze che col passare degli anni possono danneggiare diversi organi: occhi, reni, cervello e l'apparato circolatorio. Anche altri ormoni potrebbero essere coinvolti come l'ormone della crescita e il cortisolo anche se entrano in gioco in un periodo d'ipoglicemia prolungato. L’insulina ha un’azione anabolica diretta nel promuovere la produzione da parte del fegato delle somatomedine, che sono i fattori dell’aumento muscolare prodotti sotto l’influsso dell’ormone della crescita. Senza somatomedine, chiamate anche fattore della crescita simil-insulinico, non è possibile costruire i muscoli. Se un organismo presenta una funzione ipertiroidee sicuramente avrà una resistenza all'insulina maggiore.
STIMOLARE L’INSULINA ENDOGENA CON L’ALIMENTAZIONE
Una volta saputo come l'organismo reagisce in situazioni limite di glicemia è possibile ottimizzare l'effetto anabolico dell'insulina endogena con l'alimentazione. Va ricordato che uno dei pasti più importanti durante la giornata è la colazione, anche se, le abitudini alimentari del nostro paese non le rivolgono molta attenzione. Al risveglio il nostro corpo è in uno stato d'ipoglicemia visto che per circa 7-8 ore non ha ingerito nessun tipo di cibo, infatti, le riserve di glicogeno nei nostri muscoli sono ormai agli sgoccioli, e gli aminoacidi nel sangue ormai scarseggiano. La prima cosa da fare è ripristinare il più velocemente possibile queste riserve, dunque bisogna ingerire un carboidrato con indice glicemico molto alto e una fonte proteica molto ricca di aminoacidi, se vogliamo fare un esempio si potrebbe fare colazione con del riso bianco (circa 1-1.5 g di carboidrati per kg) e come fonte proteica bianchi d'uovo (visto che la loro digestione è molto veloce, circa 90 minuti). Mentre se il nostro intento è quello di perdere massa grassa dobbiamo utilizzare un carboidrato più lento (cibo molto ricco di fibra), perché come già detto il rilascio di molta insulina blocca la perdita di tessuto adiposo, ciò avviene per inibizione dell’adenilciclasi e per stimolazione della fosfodiesterasi che inducono un blocco della lipolisi. In seguito ogni 3 ore, sarebbe buona norma fare un pasto bilanciato con protidi e glucidi, il cui rapporto deve essere sempre proporzionato al periodo in cui si trova un atleta (massa o definizione). Durante la giornata è sempre consigliabile utilizzare forme integrali per avere un rilascio graduale d'insulina senza avere dei picchi di glicemia che portano a momenti di grandi energie seguiti da momenti di stanchezza. Un altro pasto cui dobbiamo porre grande attenzione è quello dopo l'allenamento, in quanto successivamente ad un workout intenso il corpo utilizza gran parte del glicogeno contenuto nei muscoli (scorte che si esauriscono totalmente nel giro di 90 minuti d'attività intensa), e se non si provvede immediatamente a ripristinarle, l'organismo inizierà a scindere i tessuti muscolari per trovare gli aminoacidi necessari (catabolismo). Attenzione! Se l'allenamento è stato molto lungo dovremo ripristinare oltre al glucosio per i muscoli anche il fruttosio per il fegato di cui è particolarmente goloso. Io sconsiglio le bevande ad indice glicemico molto alto (ricche di destrosio) perché oltre ad arrecare disturbi allo stomaco, ritardano lo svuotamento gastrico (anche se hanno dei buoni fondamenti). Io consiglio di sostituirli con amidi (in altre parole composti da più molecole di glucosio, es. riso bianco e patate), infatti, ricordando che l'insulina è un veicolatore, portandola ai massimi livelli si può sfruttare la sua potenza per spingere all'interno della cellula particolari aminoacidi rafforzandone l'effetto anabolizzante. Uno tra gli effetti della glutammina sui muscoli scheletrici è di stimolare la sintesi proteica, che avviene con o senza insulina, ma nel primo caso si riscontra una risposta maggiore. Dopo un allenamento intenso anche il GH inizia ad aumentare ed ormai è ben noto che il suo ambiente ideale, per massimizzare gli effetti, sia quello in mancanza di zuccheri. Personalmente anche in un periodo di dieta ristretta non elimino mai i carboidrati dopo l'allenamento perché è ormai provato che difficilmente possono essere immagazzinati come grasso, casomai posso diminuirne la quantità ma non ne assumo meno di 0.8-0.9 g (carboidrato puro) per KG di peso corporeo e le mie preferenze sono rivolte a patate e riso bianco oltre ad una fonte proteica sempre d'alta qualità (albumi). A chi rimane complicato fare questo tipo di pasto, posso consigliare l'assunzione di proteine in polvere, anche se ci sono dei piccoli accorgimenti cui si deve prestare molta attenzione. Quando si compra una fonte proteica va controllata la proporzione tra proteine del siero e caseina, l'ideale sarebbe 50% dell'una e 50% dell'altra, analizziamone il motivo: le proteine del siero hanno la prerogativa di entrare molto velocemente nel flusso ematico e quindi di portare immediatamente un gran numero d'aminoacidi a disposizione dei muscoli oltre ad aumentare la sintesi proteica, siccome la velocità con cui vengono assorbite è molto alta sembra che molti degli aminoacidi vengono ossidati dal fegato per scopi energetici invece che per costruire nuovo tessuto muscolare. La caseina invece ha un rilascio più lento e graduale con il vantaggio d'inibire la disgregazione proteica catabolica del corpo (cosa che il siero non fa), per questo motivo lavora molto bene con il siero in sinergia (basti pensare che anche il latte materno è al 50% siero e al 50% caseina), infatti, il siero tamponerà immediatamente la richiesta d'aminoacidi nel corpo, con la caseina si avrà un rilascio graduale degli stessi nel giusto tempo. Prima di andare a dormire è buona norma preparare un pasto proteico con l'aggiunta di un carboidrato ad indice glicemico il più basso possibile, questo per avere una secrezione insulinica più protratta nella notte. E' nelle prime ore del sonno che il corpo produce la maggior quantità di GH che massimizza l'effetto anabolico dell'insulina visto, che essa direttamente promuove la produzione da parte del fegato delle somatomedine, che sono i fattori dell’aumento muscolare prodotti sotto l’influsso dell’ormone della crescita. Senza somatomedine, chiamate anche fattore della crescita simil-insulinico, non avverrà l'ipertrofia muscolare, per questo motivo che più questi due ormoni lavoreranno insieme e maggiore saranno gli effetti anabolici. Inoltre con un pasto così bilanciato si avrà una permanenza maggiore d'aminoacidi nel sangue che ritarderà la comparsa del cortisolo, il nemico numero uno dei muscoli. Anche il GH ha quest'effetto benefico sul cortisolo, per questo solitamente l'ormone somatotropo esogeno (GH) è somministrato durante la notte, cosa non necessaria durante la giornata visto che effettuando dei pasti ad intervalli regolari, quindi mantenendo nel sangue un alto livello d'elementi nutritivi, non ha la necessità d'entrare in funzione.