I crudeli insegnamenti di Pai Mei

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  • Arturo Bandini
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    I crudeli insegnamenti di Pai Mei

    prossimamente: una teoria della forza


  • Andrea1973
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    #2

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    • ikuape86
      L' oristanese pizzaiolo
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      • Oristano
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      #3
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      prossimamente: una teoria della forza



      arturo .....quando è che posterai delle fighe(nude s'intende)

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      • Arturo Bandini
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        #4
        Originariamente Scritto da ikuape86 Visualizza Messaggio
        arturo .....quando è che posterai delle fighe(nude s'intende)
        sulle fighe nude non ho teorie, però ho una teoria sulla forza

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        • ikuape86
          L' oristanese pizzaiolo
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          • Oristano
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          #5
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          sulle fighe nude non ho teorie, però ho una teoria sulla forza

          non devi avere teorie , devi postarle capito, postarle

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          • Arturo Bandini
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            #6
            dunque, tutto è cominciato quando ho letto "la tregua" di Primo Levi: mi ha molto colpito la figura di Frau Vita, che era "impegnata senza posa in un agire disordinato e parossistico, senza scopo nè direzione, finchè non cadeva stremata e dimentica di sè: la forza era il suo esorcismo, l' unica reazione possibile a ciò che aveva visto nel lager."
            mi sono chiesto: come concretare questa teoria della forza come esorcismo?...
            Last edited by Arturo Bandini; 01-09-2006, 20:10:37.

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            • animal84
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              #7
              me sto a spaventa
              Paura zero, rimorso ancora meno

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              • ikuape86
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                #8
                Originariamente Scritto da Arturo Bandini Visualizza Messaggio
                dunque, tutto è cominciato quando ho letto "la tregua" di Primo Levi: mi ha molto colpito la figura di Frau Vita, che era "impegnata senza posa in un agire disordinato e parossistico, senza scopo nè direzione, finchè non cadeva stremata e dimentica di sè: la forza era il suo esorcismo, l' unica reazione possibile a ciò che aveva visto nel lager."
                mi sono chiesto: come concretare questa teoria della forza come esorcismo?...


                va bè ribadisco esci e vai a fighe

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                • 0positivo
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                  #9
                  a me piace quella ragazza

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                  • animal84
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                    #10
                    non e brutta e poi conosce il colpo dell'esplosione del cuore con 5 tocchi delle dita...roba che nemmeno alle sascre scuole di Nando e di Kazuto lo insegnavano
                    Paura zero, rimorso ancora meno

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                    • Arturo Bandini
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                      #11
                      qualche osservazione alla rinfusa:
                      1)gli USA non sono mai stati attaccati sul proprio territorio. In uno scontro in cui si adottino le strategie della forza (cioè forza rude) anzichè la logica asettica dei bottoni e dei cacciabombardieri, l' esercito USA si trova in difficoltà (il Vietnam, o il colpo di coda del crucco nel biancore accecante delle Ardenne, o il giappo disperato a Okinawa). Gli eserciti ricchi possono permettersi di essere composti da individui stupidi e molli; nei teatri di guerra poveri e marginali prevale la logica della forza eroica: la carica del savoia cavalleria a Isbuscenkij (l' ultima carica a cavallo della storia), le imprese dei MAS, la resistenza a oltranza nel fortino di giarabub. quando la sconfitta è certa, si può impiegare il massimo della forza, perchè la forza è un fattore che va calcolato (in condizioni di normalità) su basi economiche: se la forza impiegata supera in valore il tornaconto, allora, in accordo col principio di piacere e con l' istinto di vita, è necessario riequilibrare il loro rapporto, diminuendo l' intensità della forza. Per questo in condizioni normali è impossibile esercitare il massimo della forza. Per questo, quando il tornaconto è inesistente (sconfitta assicurata) è possibile mettere in atto la massima forza possibile: il gesto eroico, inutile ma esteticamente sublime.
                      Last edited by Arturo Bandini; 02-09-2006, 01:42:45.

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                      • Arturo Bandini
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                        #12
                        2)la forza pura (cioè simbolica) è insieme parossistica e imprecisa, poichè la precisione è nemica della forza: la forza totale è data dall' intensità esercitata per il tempo impiegato nell' atto, e dato che la precisione impone una temporanea o costante diminuzione dell' intensità ad incanalarne il flusso, ne deriva che la precisione svilisce la purezza della forza. Il caterpillar avanza travolgendo gli ostacoli; il cane che insegue la preda si butta incurante in mezzo ai rovi: non può perdere tempo a cercare il sentiero più facile o pulito.
                        Black mamba tira pugni per uscire dalla bara: se si curasse delle mani sanguinanti o della terra che le ricade addosso, sarebbe incoerente con il suo scopo, poichè la lotta per la sopravvivenza richiede forza spiccia, mentre il normale\banale dipanarsi della vita può concedere tempo alle telenovelas e alle limette per le unghie.
                        in altre parole: "ragazzina, tosto non è abbastanza"

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                          #13
                          continua prossimamente con

                          3)il fascismo reale

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                          • ikuape86
                            L' oristanese pizzaiolo
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                            #14
                            Originariamente Scritto da Arturo Bandini Visualizza Messaggio
                            continua prossimamente con

                            3)il fascismo reale

                            fremo

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                            • Arturo Bandini
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                              #15
                              la carica di Isbuscenkij:

                              A metà agosto 1942 i tedeschi avanzavano fino a Stalingrado e verso il Caucaso, mentre gli italiani presidiavano l’area del fiume Don.
                              Il Raggruppamento Truppe a Cavallo, dopo una marcia estenuante con temperature giunte fino a 47 gradi, si trovava a Gratschew, un paese cosacco a sud del Don.
                              L’offensiva sovietica iniziò il 20 agosto quando i russi passarono il Don e sfondarono il tratto di fronte tenuto dalla Divisione Sforzesca.
                              Il Raggruppamento Truppe a Cavallo ricevette l’ordine di contenere l’avanzata nemica: in quei giorni i due Reggimenti e le Batterie a cavallo caricarono a più riprese a livello di squadrone.
                              Successivamente la cavalleria italiana avviava una manovra avvolgente in direzione del Don.
                              Ed in questi frangenti si inserisce l’epica carica di Isbuschenskij, dal nome di un piccolo villaggio vicino dove in realtà i cavalieri italiani non entrarono mai.
                              Alle prime luci dell’alba del 24 agosto 1942 Savoia Cavalleria (700 cavalieri), che aveva passato la notte in mezzo alla steppa in quadrato protetto dai cannoni delle Voloire, le Batterie a cavallo, si preparava a riprendere la marcia in direzione di un anonimo punto trigonometrico verso le sponde del Don, la quota 213,5.



                              Savoia a Dnieprepetrowka




                              Durante la notte tre battaglioni di truppe siberiane (circa 2.500 soldati) si erano portati a circa un chilometro dall’accampamento e si erano trincerati in buche, fra i girasoli, formando un ampio semi-cerchio, da nord-ovest a nord-est.
                              Attendevano l’alba per far scattare la trappola mortale.
                              Prima di togliere il campo, però, veniva mandata in avanscoperta una pattuglia a cavallo comandata dal sergente Ernesto Comolli. Doveva controllare, in particolare, un carro di fieno intravisto la sera precedente.Alle 3.30 la pattuglia partiva al piccolo trotto. Fu quasi per caso che un componente della pattuglia, il caporalmaggiore Aristide Bottini, notò, nell’incerta prima luce dell’alba, qualcosa che luccicava fra i girasoli.Era un elmetto russo, con la caratteristica stella rossa al centro, in un primo tempo scambiato per un tedesco.
                              Partiva, quindi, il primo colpo di moschetto che centrava il sovietico e scatenava un rabbioso fuoco di reazione. Venivano contate sessanta mitragliatrici oltre a mortai ed artiglieria leggera.
                              Una vera e propria pioggia di fuoco si abbatteva sul quadrato del Reggimento che si apprestava a ripartire ma ormai quasi circondato. La sorpresa durò soltanto un momento perchè le truppe, fedeli alla propria tradizione, riacquistarono il sangue freddo e si prepararono a rispondere all’attacco.
                              Venne dispiegato lo stendardo ed il comandante, il colonnello Alessandro Bettoni Cazzago, con una serie di decisioni prese in base all’esame della situazione, andava a disegnare una delle pagine più gloriose e coraggiose della cavalleria di tutti i tempi.



                              Pattuglia in perlustrazione




                              I pezzi, vecchi ma ben diretti, delle Voloire ed i cannoncini anti-carro avevano iniziato a rispondere al fuoco russo con precisione, ma c’era bisogno di un diversivo immediato.
                              Bettoni Cazzago ordinava, quindi, al 2° Squadrone, comandato dal capitano Francesco Saverio De Leone, di caricare a fondo i sovietici sul fianco cercando di coglierli di sorpresa.
                              In realtà, secondo le testimonianze, sembra che in un primo momento volesse caricare con tutto il Reggimento, con lo stendardo al vento, ma venne convinto dal proprio aiutante, maggiore Pietro de Vito Piscicelli di Collegano, a dosare le forze in ragione dell’evolversi della situazione.
                              Il 2° Squadrone inizialmente simulava un ripiegamento, muovendosi in direzione opposta a quella del nemico, ma improvvisamente, dopo aver effettuato un’ampia conversione, caricava a ranghi serrati a sciabolate (come se si trovasse ai tempi della guerra d’indipendenza) e raffiche di mitra: i sovietici venivano colti di sorpresa, molti fuggivano, altri cercavano riparo nelle trincee, soltanto alcuni cercavano di resistere a tale impeto.
                              Diversi cavalli e cavalieri erano colpiti, ma lo squadrone ritornava alla carica a fronte inverso.
                              In quel momento il comando del Reggimento inviava il 4° Squadrone appiedato, comandato dal capitano Silvano Abba, in un attacco frontale per alleggerire l’impegno del 2° Squadrone che aveva ormai esaurito l’impeto della carica e il suo effetto sorpresa.
                              I russi, in buona parte, si sbandavano, ma comunque ancora tenevano il terreno e provocavano sensibili perdite fra le file dei cavalieri italiani che continuavano l’attacco.
                              Veniva, allora, ordinata al 3° Squadrone a cavallo, comandato dal capitano Francesco Marchio, una carica frontale.
                              Lo squadrone, superando il 4° Squadrone appiedato, irrompeva sul campo di battaglia nel mezzo del fronte sovietico, che intensificava la reazione, ma i cavalieri rimasero compatti fino a travolgere lo schieramento nemico.
                              Secondo le testimonianze, i cavalli galoppavano furiosamente, talvolta pur feriti o scossi, mentre i cavalieri sciabolavano e sparavano coraggiosamente in mezzo ai russi in evidente difficoltà.
                              Con alcune ulteriori cariche la resistenza dei sovietici cessava, nonostante il soverchiante numero dei mezzi bellici e dei soldati, sconvolti e terrorizzati dall’improvvisa e violenta reazione della cavalleria italiana.
                              Il bilancio delle perdite, pur doloroso, fu contenuto, da un punto di vista militare: 32 cavalieri morti (dei quali 3 ufficiali) e 52 feriti (dei quali 5 ufficiali), un centinaio di cavalli fuori combattimento.
                              I sovietici lasciano sul campo 250 morti e accusarono 300 feriti e 500 prigionieri, oltre ad una cospicua mole di armi (decine di mitragliatrici e mortai, svariate centinaia di fucili e mitra).
                              L’azione, coraggiosa quanto audace, aveva portato, soprattutto all’allentamento della pressione dell’offensiva russa sul fronte del Don ed aveva consentito il riordino delle posizioni italiane, salvando migliaia di soldati dall’accerchiamento.
                              Il Reggimento ebbe la medaglia d’oro allo stendardo, furono concesse due medaglie d’oro alla memoria, due ordini militari di Savoia, 54 medaglie d’argento, 50 medaglie di bronzo, 49 croci di guerra, diverse promozioni per merito di guerra sul campo.

                              Savoia Cavalleria alla carica




                              La carica di Isbuschenskij ebbe subito una vasta eco, destando ammirazione anche fra i tedeschi alleati ed i nemici sovietici. Un ufficiale tedesco commentò: “noi tali cose non le sappiamo più fare!” e certamente non si può dire che l’alleato sia stato eccessivo nelle lodi visto che raramente ha sottolineato una positiva condotta delle truppe italiane.
                              In Italia suscitò vero e proprio entusiasmo, con articoli sulla stampa ed ampie cronache nei cinegiornali Luce.
                              Gli Italiani, furono informati dei fatti di Isbuscenskij solo alcuni giorni dopo, quando la notizia fu ripresa dalla stampa e immortalata dal famoso disegnatore Achille Beltrame sulla prima pagina della Domenica del Corriere. I bollettini, che di giorno in giorno tenevano la popolazione al corrente dell'andamento della guerra, non facevano infatti cenno al fronte russo, poiché le unità impegnate della steppa erano considerate alle dipendenze dei tedeschi. A dare ulteriore risalto all'impresa del Savoia fu una troupe del Film Luce, giunta a Papoff, dove nel frattempo si era acquartierato il Reggimento, il 6 ottobre.
                              I filmati che ci sono pervenuti della leggendaria carica furono in realtà il risultato di riprese ottenute in quei giorni facendo sfilare alcuni cavalieri, che fra l'altro vi si prestarono malvolentieri nel più che fondato timore di sfiancare ulteriormente i già provati destrieri.
                              Alla data dell’armistizio ( 8 settembre 1943 ) il Reggimento si trovava a Castelsampietro, in Emilia.
                              Dagli eventi che seguirono il generale Barbò morì nel lager di Flossemberg e il tenente Vannetti trovò un eroica morte in una disperata carica contro i panzer tedeschi durante la difesa di Roma.

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