Chieti, la gaffe della Provincia
Usa come slogan "Il lavoro rende liberi"
E' la traduzione di "Arbeit macht frei", la scritta che accoglieva i deportati ad Auschwitz
Il presidente Coletti, ex senatore, si difende: "La frase racconta un'immensa verità"
Pacifici: "Il presidente abbia l'umiltà di fare un passo indietro"
CHIETI - "Il lavoro rende liberi", in tedesco "Arbeit macht frei". Era la frase scritta all'ingresso del campo di sterminio nazista di Auschwitz. E' lo slogan scelto da Tommaso Coletti, presidente della Provincia di Chieti, per i depliant e le inserzioni pubblicitarie della Provincia che promuovono i Centri per l'impiego. Una decisione originale, che ha scatenato molte polemiche.
"Il lavoro rende liberi - scrive Coletti nella pubblicità - Non ricordo dove lessi questa frase ma fu una di quelle citazioni che ti fulminano all'istante perché raccontano un'immensa verità". Secondo il presidente, senatore della Margherita nella scorsa legislatura, il messaggio non è di cattivo gusto perché "le parole hanno un significato in senso assoluto e non in relazione a chi le adopera".
Quel che è certo, però, è che a molti, leggendo la frase, è tornata in mente la tragedia dell'Olocausto e la drammatica sorte toccata a milioni di persone. La scritta, che campeggiava all'ingresso di Auschwitz, era un'enorme presa in giro che, secondo gli storici, serviva a illudere i deportati lasciando loro la speranza che, lavorando, sarebbero usciti liberi dal campo di concentramento.
"Tutto questo - si difende il presidente - non può però mettere in dubbio il fatto che il lavoro rende liberi: questa frase racconta un'immensa verità. L'ho pensata e pronunciata per il suo significato e per il grande valore che racchiude in sé".
Lui, in ogni caso, a Hitler dice di non aver proprio pensato. "Chi ritiene che mi sia riferito allo slogan nazista si sbaglia - spiega - Non sono mai andato ad Auschwitz o a visitare altri lager. Quella frase l'ho letta tempo fa su un manifesto elettorale".
Insomma, secondo Coletti la polemica sarebbe del tutto strumentale. "Io stesso - continua - ho adoperato usualmente quella frase nei miei comizi così come hanno fatto autorevoli esponenti di altre forze politiche senza suscitare reazioni da parte di alcuno. Qualcuno davvero pensa che il lavoro non liberi l'uomo dal bisogno?"
Discussioni a parte, sembra discutibile anche la campagna pubblicitaria, che comunque non sarà interotta. Non è infatti scontato che la citazione di uno slogan che nell'immaginario collettivo è legato a lavori forzati, violenza e crimini contro l'umanità possa spingere i cittadini ad avvicinarsi ai servizi forniti dai Centri per l'impiego.
Durissima invece la reazione di Riccardo Pacifici, vicepresidente della Comunità ebraica di Roma: "E' incredibile che un esponente politico il cui schieramento ha l'antifascismo nel dna non si renda conto della gravità dell'utilizzo di frasi che ormai oggi sono legate fortemente a fatti tragici come quello dei campi di sterminio. Frasi che - ha aggiunto Pacifici - non possono oggi avere valenza istituzionale per promuovere il lavoro".
Secondo Pacifici "il presidente della Provincia di Chieti dovrebbe avere l'umiltà di fare un passo indietro e rendersi conto dell'errore".
Fonte - Repubblica.it
Link all'articolo
Usa come slogan "Il lavoro rende liberi"
E' la traduzione di "Arbeit macht frei", la scritta che accoglieva i deportati ad Auschwitz
Il presidente Coletti, ex senatore, si difende: "La frase racconta un'immensa verità"
Pacifici: "Il presidente abbia l'umiltà di fare un passo indietro"
CHIETI - "Il lavoro rende liberi", in tedesco "Arbeit macht frei". Era la frase scritta all'ingresso del campo di sterminio nazista di Auschwitz. E' lo slogan scelto da Tommaso Coletti, presidente della Provincia di Chieti, per i depliant e le inserzioni pubblicitarie della Provincia che promuovono i Centri per l'impiego. Una decisione originale, che ha scatenato molte polemiche.
"Il lavoro rende liberi - scrive Coletti nella pubblicità - Non ricordo dove lessi questa frase ma fu una di quelle citazioni che ti fulminano all'istante perché raccontano un'immensa verità". Secondo il presidente, senatore della Margherita nella scorsa legislatura, il messaggio non è di cattivo gusto perché "le parole hanno un significato in senso assoluto e non in relazione a chi le adopera".
Quel che è certo, però, è che a molti, leggendo la frase, è tornata in mente la tragedia dell'Olocausto e la drammatica sorte toccata a milioni di persone. La scritta, che campeggiava all'ingresso di Auschwitz, era un'enorme presa in giro che, secondo gli storici, serviva a illudere i deportati lasciando loro la speranza che, lavorando, sarebbero usciti liberi dal campo di concentramento.
"Tutto questo - si difende il presidente - non può però mettere in dubbio il fatto che il lavoro rende liberi: questa frase racconta un'immensa verità. L'ho pensata e pronunciata per il suo significato e per il grande valore che racchiude in sé".
Lui, in ogni caso, a Hitler dice di non aver proprio pensato. "Chi ritiene che mi sia riferito allo slogan nazista si sbaglia - spiega - Non sono mai andato ad Auschwitz o a visitare altri lager. Quella frase l'ho letta tempo fa su un manifesto elettorale".
Insomma, secondo Coletti la polemica sarebbe del tutto strumentale. "Io stesso - continua - ho adoperato usualmente quella frase nei miei comizi così come hanno fatto autorevoli esponenti di altre forze politiche senza suscitare reazioni da parte di alcuno. Qualcuno davvero pensa che il lavoro non liberi l'uomo dal bisogno?"
Discussioni a parte, sembra discutibile anche la campagna pubblicitaria, che comunque non sarà interotta. Non è infatti scontato che la citazione di uno slogan che nell'immaginario collettivo è legato a lavori forzati, violenza e crimini contro l'umanità possa spingere i cittadini ad avvicinarsi ai servizi forniti dai Centri per l'impiego.
Durissima invece la reazione di Riccardo Pacifici, vicepresidente della Comunità ebraica di Roma: "E' incredibile che un esponente politico il cui schieramento ha l'antifascismo nel dna non si renda conto della gravità dell'utilizzo di frasi che ormai oggi sono legate fortemente a fatti tragici come quello dei campi di sterminio. Frasi che - ha aggiunto Pacifici - non possono oggi avere valenza istituzionale per promuovere il lavoro".
Secondo Pacifici "il presidente della Provincia di Chieti dovrebbe avere l'umiltà di fare un passo indietro e rendersi conto dell'errore".
Fonte - Repubblica.it
Link all'articolo
Commenta