Originariamente Scritto da Magnetuss
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anche io dicevo che, per quanto ne so, potrebbero essere l'1%...davvero, non sono in grado di quantificare gli jihadisti ed il loro bacino di sodali. Alcuni elementi mi fanno pensare che si tratti di un numero ben superiore ai 15 miloni di persone (l'1% del miliardo e mezzo), ma ora lasciamo da parte questo.
Io ascolto tutti, ma non condivido tutto ciò che ascolto: l'idea che l'Occidente (gli USA? la Nato? anche l'UE?) debba polverizzare con bombe a neutroni (l'optimum: uccidono le forme viventi senza intaccare le infrastruttre) tutti gli islamici nei paesi islamici e si debba fare pulizia etnica nei paesi occidentali è quanto di + alieno al mio modo di pensare, e credo non sia accarezzata nemmeno dai + convinti neocon americani. Alcuni neocon però sognano di attaccare preventivamente tutti gli stati islamici che non abbiano già un governo saldamente alleato con l'occidente. Queste sono forme di pensiero aggressivo, se vogliamo imperialista, tutt'altro che libertario (anche se pubblicamente si maschera sotto il motto "libertà e democrazia anche per i popoli islamici oppressi")
Io però vedo che ci sono degli islamici (non so quanti siano), che si dichiarano membri o alleati di Al quaeda, hezbollah, martiri di non so cosa che hanno disegni politici molto chiari. Bin Laden mira (o mirava, ora non so) alla destabilizzazione e al controllo dell'Arabia Saudita; l'Iran ha dato suoi quadri militari, tecnologie militari e aiuti finanziari agli Hezbollah nella guerra con Israele al fine anche di testare sul campo contro la tecnologia USA e israeliana le proprie armi elettroniche e i sistemi di difesa e offesa: queste politiche sono un pericolo e, ove realizzate, un danno, anche superiore a quelle dei neocon.
Si tratta di politiche, dicevo: la religione è un potente mezzo di controllo sociale in questo contesto proprio perchè religione e politica nella cultura islamica non si sono scisse, come è accaduto in gran parte in occidente. Questo è obiettivamente, a mio parere, un "male" e un pericolo maggiore perchè lascia in mano a chi si trova in situazioni di potere uno strumento di controllo sociale molto forte, che per fortuna non è a disposizione, se non in misura enormemente inferiore, dei governi occidentali per mobilitare le masse e reclutare carne da macello (lo Stato da sempre cerca di ottenere i medesimi risultati ricorrendo ad un concetto omologo laico, quello di patria, ma con risultati meno convincenti).
La convivenza è possibile isolando i violenti e gli attaccabrighe, e trra questi ci sono quelli che intendono Dio come un guerriero conquistatore che schiaccia il nemico infedele.
Ricordiamo che il pluralismo e la tolleranza come valori morali sono oggi dati, + o meno, come scontati nell'Occidente (non che tutti siano veramente, ma è un valore riconosciuto e comprensibile : ma questa è un'idea che non è innata nell'uomo, e nasce nell'Europa del romanticismo, con Herder). Questo passaggio storico culturale nell'Islam non si è avuto e non è stato introiettato.Il pluralismo si sostanzia nel riconoscimento di una varietà potenzialmente infinita di culture e sistemi di valori, tutti egualmente ultimi e reciprocamente incommensurabili: una nozione che rende logicamente incoerente la credenza in una vita ideale, universalmente valida, cercata con vario successo da tutti gli uomini in ogni tempo e luogo. E' con Herder che la cultura europea accoglie la tolleranza come riconoscimento della pluralità delle verità e dei valori e si inizia pensare che la varietà culturale è in sè stessa una buona cosa. Agli inquisitori medioevali, o a Calvino, non pareva possibile che la verità in cui credevano eretici e nemici nelle guerre di religione fossero degni di rispetto. Fino all'Illuminismo, si riteneva che la tragedia fosse figlia dell'errore e della fallibilità umana; invece, nel mondo romantico, la tragedia è inevitabile poiché gli uomini sono destinati a trovarsi in disaccordo circa i fini ultimi della vita, fini che a loro volta sono in conflitto tra di loro. Gli antichi pensavano alla tragedia come ad un qualcosa dovuto ad un errore: morale o intellettuale, evitabile o inevitabile. Se Edipo avesse saputo che Laio era suo padre, non lo avrebbe ucciso. Osserva invece la tragedia di Buchner "La morte di Danton", in cui Robespierre finisce col provocare, nel corso della Rivoluzione, la morte di Danton e Desmoulins: se ci chiediamo se Robespierre ha sbagliato, la risposta non può che essere negativa. Danton, sincero rivoluzionario che aveva commesso determinati errori, non meritava di morire; eppure mettendolo a morte, Robespierre aveva perfettamente ragione. La tragedia greca di Edipo, concepita in un'ottica monista, nasce dall'errore e dall'ignoranza; quella romantica, figlia del pluralismo, da un conflitto ineluttabile di elementi e valori che non possono essere conciliati perchè non tutto ciò che è buono si può ottenere contemporaneamente. Conflitto di valori e perdita tragica sono inevitabili, ma ciò che conta, in Buchner, è che l'uomo si dedichi a questi valori, pur se contraddittori, con tutto se stesso: se lo fa, è un eroe adatto alla tragedia; altrimenti, non vale nulla: nascono nuovi valori che vengono espressi ed esaltati nelle opere d'arte, come l'amore per la sincerità e l'integrità. Anche questa è una novità: gli antichi non ammiravano come i romantici la dedizione incondizionata, la sincerità, la purezza dell'anima, la capacità e la disponibilità a dedicarsi al proprio ideale qualunque esso fosse, tanto che il martirio cristiano era ammirato in quanto sostenuto per la Verità (mentre l'eretico che non ripudia la propria eterodossia è disprezzato ed arso sul rogo). Con l'amore per la sincerità, nasce anche la tolleranza del diverso che essa implica. Questo passaggio culturale nell'Islam c'è stato? Te lo chiedo, perchè a me non sembra ma mi piacerebbe sbagliare.
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