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Santo Subito....

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    #16
    Originariamente Scritto da temete Visualizza Messaggio
    ....eccomi qua....
    Essere a guida di un soggetto universale come la Chiesa e di uno
    Stato ovvero la città del Vaticano implica che non tutto viene saputo e gestito direttamente da una persona.
    Tante cose sono delegate a persone che agiscono in autonomia e possono anche comportarsi illegalmente.
    Quanto alle frequentazioni con persone discutibili il papa fece benissimo. Di sicuro nei loro incontri non avrà mancato di biasimarle e di far conoscere la propria condanna.
    Gesù frequentava i peccatori e per questo era criticato. Si devono cercare le pecore smarrite.
    Si ma Gesù li convertiva....Pinochet dopo la gita in barca col Papa ha fatto peggio....
    sigpic"Ooh amore ooh amante
    Che fai stasera ragazzo?
    Tutto va bene, solo tienimi stretto
    Questo perché sono un buon amante vecchio stampo"

    Così non capisce. Devi dire "Conan, hai rotto er *****!" (Sergio cit.)

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      #17
      Originariamente Scritto da Bebbo Visualizza Messaggio
      Ma mica sono vere
      O meglio, sono fatti accaduti, ma i collegamenti e tutto il resto sono solo supposizioni
      Cioè non è vero che due banchieri di cui uno Sindona, siciliano, era mafioso e l'altro Calvi era un massone sono stati uccisi dopo avere lavorato con l'IOR (istituto opere religiose) ed averlo arricchito con manovre poco chiare e con soldi di dubbia provenienza???
      Sindona addirittura l'hanno ammazzato in carcere poco prima del processo per non farlo parlare con un caffè macchiato al cianuro.....quindi non è vero questo????????
      Calvi invece è stato impiccato stanato a Londra dove era fuggitro per non farsi acchiappare....no è vero nemmeno questo....
      Che il Papa Karol andasse in vacanza in Cile con Pinochet adesso ti posto le foto dei loro abbracci ed abbracci che si davano....(il Papa che bacia un uomo che ha ammazzato 10 milioni di persone!!!!!)....tranquillo che le foto si trovano....
      Chiedi ai genitori di manuaela Orlandi rapita dentro le mura Vaticane e fatta sparire se sia vera la cosa o non sia vera.....oltretutto il PApa impedì che alle autorità italiane potessero indagare dicendo che "erano fatti dello stato Vaticano".
      Ed il capo delle guardie svizzere che hanno trovato abbacchiatoi??? Non è vero nemmeno quello allora....????
      Ed il cardinal Marchinkus che è stato sbattuto in galera perchè mafioso eppure era uno dei collaboratori stretti del PApa????
      Tutto falso.....tutte cose inventate.... ma guarda che è solo la punta del'iceberg.....non sai quante porcate ha fatto il Papa che nbon verranno mai a galla....
      sigpic"Ooh amore ooh amante
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        #18
        Originariamente Scritto da Bebbo Visualizza Messaggio
        E comunque quello che Karol ha trasmesso non può essere frutto solo del bombardamento mediatico.
        In primis, allora altri lo avrebbero fatto, e invece non mi risulta
        Secundis, quella strana sensazione che provavo e provo tuttora per Lui, è precedente alla Sua malattia.
        Tertium, non sono certo bigotto e tendo ad andare controcorrente, eppure mi trasmetteva, e mi trasmette tuttora, qualcosa che non si può esprimere a parole.
        Mi dispiace per Cesarius, ma è così

        Per precisione: se lo fanno Santo o meno, non mi interessa affatto
        A me ha trasemsso un'immaggine di un uomo molto furbo che ha saputo speculare sulla sua immagine di malato per appararie un buono quando dentro aveva solo il marcio....questa però è una mia opinione....come del resto credo che oggi il tedesco sia sulla stessa falsa riga del polacco solo forse meno capace e stare in copertina, meno bravo come attore....
        sigpic"Ooh amore ooh amante
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          #19
          Originariamente Scritto da andry4 Visualizza Messaggio
          io ste cose nn le sapevo!!!
          Forse è il caso che inizi a studiare allora....adesso posto qualche articolo....
          Leggili amico ed impara qualche cosa.
          Last edited by Conan; 10-08-2006, 09:37:29.
          sigpic"Ooh amore ooh amante
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            #20
            I.O.R. (Istituto per le Opere Religiose)
            Lo IOR è la banca centrale del Vaticano ed è allo stesso tempo riconosciuto come un istituto di credito ordinario. E' stato creato nel 1941 da PIO XII con la funzione di amministrare i capitali degli ordini religiosi, degli istituti religiosi maschili e femminili, delle diocesi, delle parrocchie e degli organismi vaticani di tutto il mondo. E' una banca molto particolare, infatti non ha sportelli, in compenso ha molti clienti. Lo IOR è stato e continua ad essere molto ambito per chi possiede capitali che vuol far passare "inosservati". I suoi bilanci sono noti solo al Papa e a tre cardinali. Lo IOR è il centro di una organizzazione mondiale di banche controllate dal Vaticano. Molto semplice è, attraverso lo IOR, qualsiasi trasferimento di denaro senza limiti ne' di quantità né di distanza, con la garanzia della assoluta riservatezza. Per molto tempo a capo dell'Istituto e' stato Paul Marcinkus, cardinale coinvolto in numerosi scandali.

            Il caso IOR
            di Andrea Cinquegrani - tratto da www.lavocedellacampania.it
            La proposta era davvero invitante: nelle austere e vellutate stanze del Vaticano si nascondeva la possibilità di un investimento finanziario a tassi astronomici. Interessi fino al tredici per cento senza alcun rischio per il capitale. Percentuali del diciotto per cento in occasione del Giubileo. Insomma, un vero affare. Del resto, chi non affiderebbe i propri risparmi nientemeno che a San Pietro, allo Ior, il celebre e talvolta famigerato istituto per le opere religiose che agisce sui mercati internazionali come vera e propria struttura di credito?
            L'investimento, però, aveva bisogno di qualcuno interno al Vaticano: nello Ior, infatti, possono movimentare capitali solo appartenenti al clero o laici interni al piccolo stato cattolico. Una persona c'era, in effetti, e le credenziali erano di tutto rispetto. Tanto da indurre un agente immobiliare salernitano, benestante, figlio di un prefetto a riposo, a vendere alcuni appartamenti e a investire tutto il patrimonio nell'operazione.
            Giovanni Rossi, 50 anni, celibe, di Salerno, non ci ha pensato due volte: ha preso il gruzzolo (circa un miliardo e mezzo di vecchie lire) e lo ha affidato (così dichiara in una denuncia presentata alla magistratura) a un dipendente del Vaticano, tale Domenico Stefano Licciardi, 65 anni, nativo di Ficarazzi (Palermo) e residente a Roma da molti anni. Sposato, tre figli, Licciardi lavora come ragioniere all'autoparco del Vaticano. E' prossimo alla pensione ma quando è entrato in contatto con Rossi era ben inserito nell'ambiente ecclesiale: parente di alcuni sacerdoti, amico personale di volontari cattolici e persone importanti della gerarchia vaticana.
            Secondo Giovanni Rossi, l'incontro con Licciardi ha rappresentato la sua rovina. In un voluminoso e documentato dossier l'agente immobiliare traccia la cronistoria di questo tormentato rapporto: ne è scaturita una denuncia per truffa presentata sia a Nicola Picardi (Promotore di Giustizia del tribunale vaticano) sia alla Procura della Repubblica di Roma. Dalla denuncia (di cui al momento non esistono ancora riscontri d'inchiesta, eccetto i documenti prodotti dallo stesso Rossi) emerge un quadro inquietante, che ricostruiamo attraverso la cronistoria messa nero su bianco dall'immobiliarista salernitano.

            ASSEGNI & INTERESSI
            "La formula - dice Rossi - era semplice: io fornivo a Licciardi i miei risparmi in decine di assegni circolari di piccolo taglio. Lui diceva di investirli allo Ior: come garanzia mi dava alcuni assegni bancari firmati da lui, senza data, con la cifra del capitale più gli interessi (tredici per cento). Restava inteso che non avrei incassato gli assegni senza prima avvertirlo. Se avessi voluto continuare l'investimento, lui avrebbe ritirato il vecchio assegno e me ne avrebbe dato uno nuovo; altrimenti, a suo dire, mi avrebbe restituito i soldi".
            Continua la minuziosa descrizione. "Licciardi utilizzava questo meccanismo già con mio padre, Pierino Rossi, prefetto in pensione, e con le sue sorelle, Orsola e Carmen, oltre che con mio zio Filippo De Iulianis, questore in pensione. Quando è morto mio padre, io e mia sorella Patrizia abbiamo ereditato circa 700 milioni, che erano in mano a Licciardi. Mia sorella si fece dare la sua parte, io decisi di lasciarla a Licciardi per proseguire l'investimento. La persona mi sembrava molto affidabile: mi riceveva a casa sua con tutti gli onori, era conosciuta nell'ambiente ecclesiale come uomo buono, generoso, disponibile; faceva catechesi: diceva di essere amico di monsignor Crescenzo Sepe, organizzatore del Giubileo, di monsignor Guerino Di Tora, direttore della Caritas di Roma e di altri prelati. Era impossibile non fidarsi di lui".
            "In prossimità del Giubileo - continua Rossi - nel periodo '96 -'98 Licciardi mi prospettò la possibilità di un nuovo investimento per l'anno Santo, con interessi al diciotto per cento. Mi convinse così a vendere due appartamenti, uno a Napoli (Santa Lucia) e uno a Como. Gli consegnai circa 900 milioni delle vecchie lire, che avrei potuto ritirare con gli interessi solo dopo il Giubileo".
            "Questi soldi - continua Rossi - Licciardi li volle in assegni circolari di piccolo taglio, intestati anche a una lista di amici suoi. Tra questi mi fece intestare alcuni assegni a monsignor Di Tora e a Chiara Amirante, considerata una delle giovani più importanti e attive nel volontariato romano. Lui diceva che questi nomi erano la garanzia per me che si trattava di una cosa seria. Io, del resto, non ho mai avuto dubbi. Mio padre si fidava ciecamente di Licciardi e così le mie zie. Gli ho affidato i miei risparmi a occhi chiusi".
            Ma ecco che iniziano a sorgere i primi sospetti. Così continua la denuncia: "Ho cominciato a capire che c'era qualcosa di strano quando nel 1999 gli chiesi di chiudere l'investimento dei soldi di mio padre e di restituirmi i circa 300 milioni di lire. Ero convinto che non avrei trovato problemi a incassare gli assegni che avevo in mano, ma lui cominciò a chiedere rinvii, a trovare scuse. Mi convinse addirittura a fare un viaggio in Svizzera per prelevare i soldi da una banca, ma nulla. Erano viaggi a vuoto. Alle mie sollecitazioni, Licciardi prendeva tempo: firmava delle impegnative, riconoscendo il debito e dichiarandosi pronto a pagarlo a scadenze precise. Ma ad ogni scadenza, nulla. Quando ho cominciato a muovere seriamente delle rimostranze e a prospettare azioni legali ha cambiato atteggiamento nei miei confronti, ha cominciato addirittura a minacciarmi di morte, vantando amicizie nella malavita siciliana e romana. Queste minacce mi sono state mosse davanti a un testimone (di cui si fa il nome nel dossier-denuncia, ndr) e mi hanno ridotto a uno stato di grave prostrazione psico-fisica".
            Prosegue l'inquietante racconto di Rossi: "Quando, nel dicembre del 2001, stufo dei rinvii, ho deciso di rientrare in possesso di tutto il mio capitale, ho portato in banca gli assegni che mi erano stati dati in garanzia da Licciardi. Erano quattro assegni bancari: tre della Banca Nazionale dell'Agricoltura (agenzia 1, via Appia Nuova, Roma) e uno della Banca di Roma. L'importo complessivo era di più di due miliardi di vecchie lire, il capitale più gli interessi. Ho depositato gli assegni il 27 dicembre. Il 4 gennaio i notai Giuseppe Tarquini e Fabrizio Polidori di Roma hanno comunicato alla mia banca che gli assegni non erano incassabili: il conto della Banca Nazionale dell'Agricoltura (numero 954 t) era stato estinto alcuni anni prima, mentre sul conto del Banco di Roma non c'era sufficiente disponibilità rispetto agli importi".
            In pratica, "Licciardi risultava così protestato. E per me - denuncia ancora Rossi - svaniva la possibilità di rientrare in possesso dei miei soldi. Quell'investimento si è rivelato un raggiro che mi ha ridotto sul lastrico. Così mi sono deciso a sporgere denuncia". Prima ha inviato una lettera a carabinieri, polizia e magistratura; poi un dossier al tribunale vaticano e alla procura di Roma. "Lo stesso hanno fatto le mie zie - aggiunge - vittime anche loro del tranello. Io in tutto ci ho rimesso un miliardo e mezzo, che sarebbero dovuti diventare, con gli interessi promessi, due miliardi e mezzo: speriamo di avere giustizia e di tornare in possesso dei nostri capitali".

            PROTAGONISTI IN CAMPO
            Originario di Palermo, Domenico Stefano Licciardi è emigrato a Roma circa trenta anni fa: pare che un suo parente fosse dentro la gerarchia ecclesiale. Entrò in Vaticano, nell'autoparco, come ragioniere e divenne un attivista cattolico. E' stato per molti anni uno dei fedeli più attivi della parrocchia di San Policarpo a Roma, nel quartiere di Cinecittà. "Noi lo conosciamo - racconta un sacerdote che sostituisce monsignor Antonio Antonelli, attuale parroco - ma è un po' che manca dalle attività parrocchiali. So che nel passato ha fatto catechesi e che lavora in Vaticano". "Mi sembra che un suo parente - aggiunge Giuseppe, un altro parrocchiano - sia stato parroco a Monreale, mentre un lontano cugino, che porta il nome di uno dei figli, era poliziotto, ma avrebbe avuto problemi con la giustizia".
            Licciardi è sposato con Ivana Ceccarelli, casalinga e ha tre figli: Settimio, macchinista delle ferrovie, Antonino, impiegato anch'egli in Vaticano, Franca, vigile urbano. La casa in cui i Licciardi abitano, a Cinecittà, è intestata a quest'ultima. La moglie di Licciardi, contattata telefonicamente dalla Voce, ha rifiutato ogni commento, ha negato ripetutamente la presenza del marito in casa. Modi decisamente più bruschi da parte dei figli Franca e Antonino, che alla richiesta di un colloquio per sentire la loro versione, hanno reagito duramente, interrompendo la comunicazione e rifiutando ogni contatto successivo.
            Tra le amicizie vantate da Licciardi c'è quella con monsignor Guerino Di Tora. In effetti, Di Tora è stato per anni parroco di San Policarpo, prima di passare a reggere la Basilica di Santa Cecilia a Trastevere, una delle più importanti di Roma. Di Tora è personaggio di primo piano della chiesa capitolina. Attualmente è direttore della Caritas romana, subentrato a don Luigi Di Liegro.
            E Di Tora è anche presidente di un fondo antiusura: si chiama "Salus Populi Romani", ha sede nella capitale, a piazza San Giovanni in Laterano, ed è nato nel 1996. Dichiara di aver esaminato quasi 1400 casi e di aver concesso crediti personali per un importo di quattro miliardi e mezzo, con l'aiuto e le garanzie di due istituti di credito convenzionati. "La fondazione è un istituto a carattere regionale per prevenire il fenomeno dell'usura - spiega un operatore - concediamo prestiti alle persone che non potendo accedere al sistema bancario finirebbero facilmente nelle mani degli strozzini. Per coloro che già si trovano sotto usura aiutiamo a trovare il percorso per uscirne". A Roma sono in funzione tre centri d'ascolto: uno di questi è proprio nella parrocchia di San Policarpo, quella dove svolgeva catechesi Licciardi.
            A Di Tora risulta intestato uno degli assegni circolari con cui Rossi trasferiva il capitale a Licciardi. Sarebbe stato proprio quest'ultimo a fare il nome del monsignore e a chiedere all'agente immobiliare salernitano di intestargli un assegno. Il titolo è stato rilasciato il 22 ottobre 1996 dal Monte dei Paschi di Siena, agenzia 1 di Salerno, ed è stato girato per l'incasso dallo stesso Di Tora il 24 ottobre del '96 presso il Credito Italiano, agenzia 2008 (nel dossier inviato alla Procura ci sono copie dell'assegno con la girata autografa di Di Tora).
            Altri assegni risultano intestati e girati per incasso alla Elemosineria apostolica, a Mario Giamboni, a Chiara Amirante (fondatrice di alcune associazioni di volontariato e molto nota a Roma per la sua attività di recupero a favore di barboni e tossicodipendenti), Francesco Vigliarolo, Mario Napoleoni.
            A dare il via all'investimento è stato il padre di Giovanni, Pierino Rossi, deceduto nel '91, una carriera nella burocrazia, una lunga attività anche alle prefetture di Napoli e Como (da qui l'acquisto di case in queste città). La moglie, un'anziana signora, è in vita e risiede a Roma con la figlia Patrizia, che ha sposato un imprenditore romano, Lucio Tambescia. Il prefetto Rossi avrebbe cominciato nel 1986 a dare soldi a Licciardi, sperando in un buon rendimento. Licciardi gli era stato presentato dalle sorelle, che risiedevano a Roma e dal cognato, Filippo De Iulianis, questore in pensione, altro vicino di casa di Licciardi. Anche le sorelle Rossi avrebbero tentato l'investimento, senza fortuna.
            Attualmente il dossier è nella mani del Tribunale vaticano, dove la pubblica accusa è retta dal cosiddetto Promotore di Giustizia, incarico ricoperto dall'avvocato marchigiano Nicola Picardi, docente universitario a Roma. Rossi si è appellato anche al cardinale Cerri, tesoriere dello Ior e alla commissione cardinalizia che ha accesso ai conti dell'Istituto. Il dossier denuncia è stato presentato anche alla Procura della repubblica di Roma, che è competente per territorio visto che Licciardi è cittadino italiano e risiede nella capitale. Spetterà a questi organismi fare luce nelle prossime settimane sull' ennesimo intrigo targato Ior, che potrebbe anche estendersi e configurare un giro d'affari più ampio, gettando nuove ombre sul rapporto tra finanza e Vaticano.

            MAI DIRE IOR
            Dici Ior e pensi alle trame torbide della finanza degli anni Settanta e Ottanta. Monsignor Paul Marcinkus, Michele Sindona, Roberto Calvi: questi sono solo alcuni dei nomi che nella storia finanziaria italiana hanno incrociato destini e scandali con l'istituto per le opere religiose del Vaticano. Ma lo Ior emerge anche in altre inchieste giudiziarie, come quella, più recente, della Procura di Torre Annunziata su un traffico internazionale d'armi che vide coinvolti il leader nazionalista russo Vladimir Zhirinovski e l'arcivescovo di Barcellona Ricard Maria Charles.
            Creato nel 1941 da papa Pio XII, lo Ior è una banca senza sportelli ma con mille ramificazioni. L'unica sede è nel Vaticano: vi si accede dalla Porta di sant'Anna, una delle quattro del colonnato di Bernini. Al Cortile di san Damaso si aprono quattro ingressi, uno di questi (il cortile del Maresciallo) conduce allo Ior. I locali interni sono sobri e silenziosi, animati da giovani seminaristi che raccolgono i sussidi per studiare o da suore che depositano i risparmi per i conventi. Come in tutte le banche che si rispettino i clienti di peso vengono ricevuti all'interno, nelle stanze della direzione.
            L'Istituto è un organismo finanziario vaticano - secondo una definizione data dal cardinale Agostino Casaroli - ma non è una banca nel senso comune del termine. Lo Ior utilizza i servizi bancari, però l'utile non va, come nelle banche normali, agli azionisti (che nel caso dello Ior non ci sono) ma risulta a favore delle "opere di religione".
            A ogni cliente viene fornita una tessera di credito con un numero codificato: né nome né foto. Con questa si viene identificati: alle operazioni non si rilasciano ricevute, nessun documento contabile. Non ci sono libretti di assegni intestati allo Ior: chi li vuole dovrà appoggiarsi alla Banca di Roma, convenzionata con l'istituto vaticano. I clienti dello Ior possono essere solo esponenti del mondo ecclesiastico: ordini religiosi, diocesi, parrocchie, istituzioni e organismi cattolici, cardinali, vescovi e monsignori, laici con cittadinanza vaticana, diplomatici accreditati alla Santa Sede. A questi si aggiungono i dipendenti del Vaticano e pochissime eccezioni, selezionate con criteri non conosciuti.
            Il conto può essere aperto in euro o in valuta straniera: circostanza, questa, inedita rispetto alle altre banche. Aperto il conto, il cliente può ricevere o trasferire i soldi in qualsiasi momento da e verso qualsiasi banca estera. Senza alcun controllo. Per questo, negli ambienti finanziari, si dice che lo Ior è l'ideale per chi ha capitali che vuole far passare inosservati. I suoi bilanci sono noti a una cerchia ristrettissima di cardinali, qualsiasi passaggio di denaro avviene nella massima riservatezza, senza vincoli né limiti. Si racconta, tra leggenda e realtà, che quando Giovanni Paolo II, dopo lo scandalo Calvi, chiese l'elenco di tutti i correntisti dello Ior, si sentì rispondere: "spiacenti, santità, ma la riservatezza dei clienti è sacra".
            Lo Ior, che ha una personalità giuridica propria, è retto da un "Consiglio di soprintendenza" controllato da una Commissione di cinque cardinali: si tratta del nucleo di vigilanza. I porporati, però, non hanno generalmente alcuna competenza finanziaria. Il loro dovrebbe essere un controllo morale. Un ruolo più tecnico è svolto dal "Consiglio di amministrazione" composto di cinque laici ed un direttore generale. L'Istituto intrattiene rapporti valutari e creditizi con clienti e banche italiane, opera attivamente sul mercato finanziario internazionale, gioca in borsa, investe, raccoglie capitali; tuttavia, come istituto estero, non è sottoposto ad alcun controllo da parte delle autorità di vigilanza italiane.
            da carboni a pisanu
            Nella storia dello Ior entrano tutte le facce dell'Italia degli intrighi: oltre ai banchieri, anche faccendieri del calibro di Francesco Pazienza e Flavio Carboni. Quest'ultimo, piccolo imprenditore sardo all'epoca legato ad ambienti politici della sinistra Dc, amico di Armando Corona, repubblicano e Gran Maestro della Massoneria, socio del Gruppo editoriale l'Espresso, era bene introdotto in alcuni uffici vaticani e rappresentò il ponte tra Roberto Calvi, Vaticano e politica.

            Carboni conobbe Calvi in Sardegna nel 1981 e riuscì presto a conquistare la fiducia del banchiere, mettendogli a disposizione le sue preziose conoscenze al governo, con in testa un sottosegretario, democristiano e anche lui sardo, Giuseppe Pisanu, che oggi ritroviamo, con abito nuovo, sotto le insegne di Forza Italia, a reggere il ministero dell'Interno.
            In quel periodo, Calvi finì in carcere, tentò il suicidio, fu condannato a quattro anni ma tornò in sella al Banco Ambrosiano fino alla misteriosa morte: fu trovato impiccato sotto il ponte dei frati neri a Londra. Caso archiviato come suicidio, ma sempre avvolto nel mistero. Fino alle clamorose dichiarazioni rilasciate un paio di mesi dai familiari del banchiere, che escludono categoricamente il suicidio e con ogni probabilità porteranno a una riapertura del caso.
            Così come misteriosa è la morte dell'altro "banchiere di Dio", Michele Sindona, ucciso da una tazzina di caffè avvelenato nella sua cella del carcere di Palermo. Anche Sindona, negli anni Settanta e Ottanta, ha avuto strettissimi rapporti con lo Ior e il Vaticano. Il banchiere avrebbe conosciuto Paolo VI fin da quando questi era arcivescovo di Milano e sarebbe entrato nelle sue grazie fino a ricoprire un ruolo (ovviamente occulto) di primo piano allo Ior: il suo compito sarebbe stato quello di mettere a frutto tutte le sue conoscenze del mondo della finanza internazionale per trasformare lo Ior in un istituto capace di muoversi agevolmente nelle speculazioni borsistiche. Pare che Sindona abbia adempiuto a tale compito senza andare troppo per il sottile: e così sarebbero entrati nelle casse vaticane soldi senza colore e senza odore, provenienti da tutte le parti del mondo.
            GLI AFFARI DI TOTO'
            "Licio Gelli investiva il denaro dei Corleonesi di Totò Riina nella banca del Vaticano". A dirlo non è una persona qualsiasi. È Francesco Marino Mannoia, pentito di mafia in tempi non sospetti. Ruppe gli indugi nel 1984, uno tra i primi con Masino Buscetta. Mannoia era uomo di fiducia di Stefano Bontate, ucciso per mano di sicari di Riina. Dopo l'omicidio di Bontate, Mannoia cercò il giudice Giovanni Falcone e cominciò a raccontare Cosa Nostra. La sua testimonianza fu preziosa nel primo maxi processo. Grazie a Mannoia alcuni boss vennero condannati all'ergastolo.
            Quando Mannoia è stato chiamato, alcuni mesi fa, a deporre in video-conferenza dagli Stati Uniti, nell'ambito del processo a Marcello Dell'Utri, ha rivelato che "i soldi della mafia sono finiti per anni nelle casse dello Ior, che garantiva investimenti e discrezione". Ovviamente era necessario un tramite, che per Mannoia era diverso a seconda dei rami della mafia siciliana. Secondo il pentito, i Madonìa erano in affari con Sindona, Riina con Gelli: uguale la destinazione dei capitali.
            Mannoia, nella sua ricostruzione va oltre e dice: "Quando il Papa venne in Sicilia e pronunciò un discorso duro contro la mafia, scomunicando i mafiosi, i boss si risentirono soprattutto perché portavano i loro soldi in Vaticano. Da qui nacque la decisione di far esplodere due autobombe davanti a due chiese a Roma". Vera o fantasiosa che sia l'ultima parte della dichiarazione (non esistono riscontri giudiziari), resta il fatto che ancora una volta lo Ior fa la sua comparsa sulla cronaca accoppiato a una trama oscura.
            sigpic"Ooh amore ooh amante
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            Così non capisce. Devi dire "Conan, hai rotto er *****!" (Sergio cit.)

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              #21
              Monsignor mistero. La vera storia delle morti in Vaticano
              Di Andrea Cinquegrani - "La Voce della Campania" - pubblicato su Nuovi Mondi Media
              Vaticano in fibrillazione. Santa Sede sotto i riflettori. Torna alla ribalta la misteriosa - e mai chiarita - morte di papa Luciani dopo appena 33 giorni di pontificato. Ne parla Giovanni Minoli nella nuova serie di Mixer. Riaffiorano dubbi, incongruenze, versioni contrastanti, una verità ufficiale poco, pochissimo credibile. Un'autopsia mai fatta, rapide perizie nel segreto delle stanze vaticane, un cuore normale che improvvisamente cede; l'incredibile storia delle gocce di cardiotonico ingurgitate in eccesso dal papa, l'altra - invece - a base di una digitalina che non lascia traccia. Morto in piedi, oppure a letto? Mentre leggeva sacre scritture o abbozzava il nuovo organigramma dei vertici pontifici? Oppure cominciava a mettere nero su bianco le nuove regole da impartire a uno Ior recalcitrante davanti a ogni ipotesi di trasparenza, col 'nemico' Marcinkus sempre alacremente all'opera? E poi il sogno di una suora, ricordato in uno scritto da monsignor Balthazar: due ombre si introducono furtive nella camera da letto di Luciani e nel suo bicchiere fanno scorrere il liquido di una misteriosa pozione. Dall'Inghilterra, intanto, lo scrittore-giornalista David Yallop - autore per Tullio Pironti di una celebre ricostruzione di quella 'morte' - continua con pervicacia a sostenere la sua tesi: il papa venne 'suicidato'.
              Così come venne 'suicidato', sotto il ponte dei frati neri lungo il Tamigi a Londra, il patròn del Banco Ambrosiano, Roberto Calvi. L'inchiesta è riaperta, la famiglia dopo tanti anni vuole finalmente giustizia.
              "Il rituale dell'esecuzione - scrive l'avvocato investigativo californiano Jonathan Levy nel volume Tutto quello che sai è falso edito in Italia da Nuovi Mondi Media - è tipicamente massonico, con delle grosse pietre nelle tasche". E la matrice? Levy punta dritto in una direzione: quella dei poteri forti della Chiesa, rappresentati secondo lui dall'Opus Dei, che - scrive - "ha desiderato ardentemente la Banca Vaticana e i cui quartieri generali si trovano casualmente a Londra".
              La spiegazione, ricavata dalle conversazioni con un grosso banchiere internazionale, viene così sintetizzata: "Mi spiegò che la banca di Calvi era sull'orlo del collasso a causa della sparizione di centinaia di milioni di dollari passati attraverso i flussi finanziari dello Ior che erano collegati al riciclaggio di danaro della mafia. Preso dalla disperazione Calvi si trasferì a Londra per ottenere un pacchetto finanziario di salvataggio proveniente da un rappresentante anziano dell'Opus Dei". L'operazione però, secondo la ricostruzione di Levy, non andò in porto e il corpo di Calvi fu trovato 'appeso' sotto il ponte dei Blackfriars.

              L'altra pista porta direttamente alla mafia, che si sarebbe vendicata dell'affronto subito da Calvi, il quale non avrebbe restituito un'ingente somma di danaro da 'ripulire' (utilizzato invece per riossigenere le casse dell'Ambrosiano). Sul fronte dell'esecuzione, comunque, fa ancora capolino la pista di camorra: "nei giorni in cui Roberto Calvi era a Londra - ricordano a Scotland Yard - vennero segnalate diverse presenze interessanti: quella di Flavio Carboni e di alcuni camorristi, fra cui Vincenzo Casillo". Luogotenente di Raffaele Cutolo, soprannominato 'o nirone, in contatto con i servizi deviati e in particolare col faccendiere Francesco Pazienza, Casillo due anni dopo saltò per aria a Roma in un'auto imbottita di tritolo.
              A fine settembre scorso, poi, due botti. A Londra la polizia decide di riaprire le indagini su quella morte, a Roma l'inchiesta portata avanti dai pm Luca Tescaroli (che ha già indagato sulla strage di Capaci) e Maria Monteleone (casi Mitrokin e "spectre" all'italiana) si arricchisce di una verbalizzazione esplosiva: un pentito di mafia, Vincenzo Calcara, per l'omicidio Calvi tira in ballo Giulio Andreotti, elementi deviati dello Stato e dei Servizi, massoneria e ambienti vaticani.
              E sotto il Cupolone ci porta anche un'altra esistenza - e un'altra fine - avvolta nel mistero: quella di Giorgio Rubolino, morto in piena calura ferragostana, immediata la diagnosi d'infarto che non perdona, niente autopsia, funerali in pompa magna in Vaticano, poi il silenzio. Fino alla decisione dei magistrati romani, dopo neanche un mese, di vederci più chiaro, chiedendo la riesumazione del cadavere per poter effettuare una normale autopsia. Ma chi era Rubolino?


              UNA VITA VORTICOSA
              Il suo nome balza alle cronache nazionali per l'omicidio di Giancarlo Siani, il giornalista ucciso il 23 settembre 1985 (vedi riquadro). Due anni dopo il procuratore generale del tribunale di Napoli, Aldo Vessia, avoca a sé l'inchiesta bollente, fino a quel momento capace solo di racimolare una serie di flop.
              Vessia vola negli Usa, e interroga Josephine Castelli, un'avvenente bionda al centro di strani giri. Dopo un paio di mesi scattano le manette per il capoclan di Forcella Ciro Giuliano, per un 'gregario', Giuseppe Calcavecchia, e per un insospettabile, il ventiseienne Giorgio Rubolino, intimo di Josephine, una stirpe di magistrati nel pedigree (il padre è stato pretore a Torre Annunziata), già inserito negli ambienti che contano (fra le alte prelature soprattutto) e nella Napoli bene.
              Per lui inizia il calvario, quattordici mesi nel carcere di Carinola, fino a quando una delle tante toghe che si sono alternate al capezzale di un'inchiesta che non riesce a decifrare colpevoli (esecutori e, soprattutto, mandanti), Guglielmo Palmeri - sorrentino d'origine e in ottimi rapporti con la famiglia Rubolino - lo rimette in libertà (due mesi prima erano stati rilasciati anche Giuliano e Calcavecchia). Cade il teorema Vessia, non regge l'ipotesi di un omicidio eseguito dai Giuliano su ordine dei Gionta di Torre Annunziata. E, soprattutto, sparisce la pista di via Palizzi. La pista che portava alla casa d'appuntamenti, frequentata da giovanissime squillo (tra cui Josephine e la sorella Pandora), e da vip della Napoli che conta: in primis, magistrati e politici.
              Fra le toghe, spicca il nome di Arcibaldo Miller, per anni pm di punta alla procura di Napoli (sua la maxi istruttoria per il dopo terremoto finita in prescrizione per tutti) e oggi 007 di punta del guardasigilli Castelli. Lo stesso Miller - viene precisato in un documento al vetriolo elaborato dalla camera degli avvocati penali di Napoli nel 1998 - ha subìto un procedimento per "trasferimento d'ufficio" a causa di una serie di fatti, fra cui "l'aver frequentato una casa di appuntamenti gestita da pregiudicati affiliati alla camorra negli anni 1984-1985 in via Palizzi". Lo stesso Miller seguirà il caso Siani: collaborerà proprio con Palmeri per cercare di sbrogliare quel pasticciaccio brutto. Sempre più brutto. E, soprattutto, sempre senza colpevoli.


              DA ROMA A LONDRA
              Torniamo a Rubolino. Riacquistata la libertà, non riesce però a ritrovare ancora la serenità. Vessia, infatti, ricorre contro la scarcerazione dei tre. Trascorre un anno e, a dicembre 1989, la Cassazione respinge il ricorso, confermando l'impostazione assolutoria di Palmeri. Il quale, però, non riesce ancora a dare un volto, e tanto meno un nome, ai colpevoli. Né agli esecutori, figurarsi ai mandanti.
              Ma come era saltato fuori il nome di Rubolino per il caso Siani? Non solo dal filone di via Palazzi, ma anche in seguito alle primissime indagini sulle cooperative di ex detenuti che, proprio a partire dal 1985, a Napoli stavano aggregandosi e iniziando a bussare con forza ai portoni di palazzo San Giacomo.
              Il Comune - allora retto dal socialista Carlo D'Amato - nell'autunno '85 diede disco verde per l'ingresso fra i ranghi di ben 700 detenuti raggruppati in sei liste ("La carica dei settecento", titolò la Voce in una cover story del dicembre 1985): nei mesi seguenti un putiferio, una fortissima polemica a sinistra, con una Lega delle cooperative alla deriva. "E' in quel contesto che veniva fuori anche il nome di Rubolino - ricordano a palazzo di giustizia - una storia intricata, tra minacce, camorra, affari e promesse. Insomma, una vera giungla". Rubolino, riuscì a cavarsela. "Ma non la smetteva di ficcarsi sempre in storie pericolose, sbagliate, comunque tra soldi, salotti e personaggi poco raccomandabili".
              Esce con la ossa rotte e il morale a terra, Rubolino, da queste vicende. Si trasferisce a Roma. "Ha cercato di buttarsi tutto alle spalle e ricominciare da capo. Ce l'ha messa tutta. Ha fatto anche un sacco di opere di bene, volontariato, assistenza", racconta un amico. "Non c'è riuscito a rompere col passato - aggiunge un operatore finanziario capitolino - aveva perso il pelo ma non il vizio, continuava a frequentare ambienti dai miliardi facili e spesso inesistenti". Due versioni contrastanti.
              Un perverso destino, comunque, sembra perseguitarlo. Nel 1999 ri-finisce nelle galere, questa volta londinesi, per una presunta truffa da 100 milioni di sterline ai danni di una vera e propria istituzione britannica, la Cattedrale di San Paolo. Il classico 'pacco' organizzato secondo il miglior copione di Totò formato fontana di Trevi: siamo venuti qui (i Magi sono cinque, due italiani, un finlandese, un canadese e un americano) per donarvi la bellezza di 50 milioni di sterline. Unica piccola, microscopica condizione, quella che voi depositiate per dieci giorni, appena dieci giorni, il doppio, ovvero 100 milioni, su un conto svizzero. Nessuno li toccherà quei soldi, assicurano.
              La truffa non riesce, i cinque finiscono in gattabuia, lui, Rubolino, viene messo in libertà e prosciolto da ogni accusa. Anche la procura di Napoli, che si era accodata con un suo filone investigativo, lo scagiona. E lui avvia un procedimento per ottenere un indennizzo per quella ingiusta detenzione. "Ne aveva raccolti, comunque, di soldi per le denunce fatte contro alcuni giornalisti che lo avevano accusato per Siani - ricorda un amico - soldi che donò in beneficenza".

              STANLEY & PROMAN
              Un anno fa la svolta sembra dietro l'angolo. Decide di cominciare a far sul serio l'avvocato e, quindi, di iscriversi al consiglio dell'ordine di Roma. Raccoglie la documentazione, presenta la domanda, altra delusione: c'è ancora una pendenza con la giustizia, per via di un procedimento non ancora chiuso, millantato credito. "Non è cosa - raccontano ancora nel suo entourage - non è cosa, ha pensato. Ed è ripiombato nei suoi problemi, nella sua tristezza di prima, quando subiva accuse e attacchi". La voglia di business, comunque, non lo abbandona: per lui è una seconda pelle, una droga, non può farne a meno.
              Ed eccolo entrare nei santuari della finanza, acquisire partecipazioni azionarie, frequentare il mercato ristretto e la City.
              Un bel giorno, diventa il padrone di una misteriosa sigla, Proman. A quel punto, le voci cominciano a rimbalzare. Perché lui risulta "intestatario fiduciario". Di chi, di cosa?
              Ma vediamo cosa è Proman. A quanto pare si tratta di una società a responsabilità limitata. Nel suo portafoglio spicca una partecipazione di lusso, il 25 per cento delle azioni Stayer, una grossa sigla nel settore elettrico, avamposti a Ferrara e Rovigo, interessi in mezzo mondo. Un'altra consistente fetta di Stayer - pari al 29 per cento del pacchetto azionario - fa capo a Efi, ovvero European Financial Investments, a sua volta controllata da un'altra sigla, Danter.
              Efi, dal canto suo, naviga in acque agitate, trovandosi in amministrazione controllata, per i problemi finanziari che stanno passando i fratelli Bergamaschi, suoi soci di riferimento, e un pignoramento azionario effettuato da un creditore, la Euroforex. E' per questo motivo che l'assemblea straordinaria di Stayer convocata lo scorso 27 agosto per deliberare l'aumento di capitale a 10 milioni di euro, è saltata. Ma non solo per questo. Ecco cosa scrive, proprio quel giorno, un dispaccio dell'agenzia Reuter: "Il 26 agosto scorso Stayer ha ricevuto una comunicazione dall'intermediario presso cui sono depositati i titoli che informava del decesso di Rubolino e affermava che i diritti sulla partecipazione spettano ai suoi eredi.
              Stayer - viene aggiunto nel comunicato - non sa se e come Proman intende resistere contro questa posizione dell'intermediario".
              Resta il mistero Proman. Nei cervelloni Cerved, collegati con tutte le camere di commercio italiane, non v'è traccia di Proman spa. Né si segnala alcuna Proman nel cui carniere figuri una qualsiasi partecipazione azionaria di Stayer. Un bel rebus. Val la pena, comunque, di scorrere la lista dei soci targati Stayer. A parte due medi azionisti (Gianfranco Fagnani e Roberto Scabbia), fanno capolino quattro sigle. A parte un'italiana (BSPEG SGR spa, una società di gestione del risparmio privato, con 140 mila azioni), le altre tre sono estere. Le quote minori fanno capo a Electra Investiment Trust Plc (26 mila azioni) e a Power Tools International (30 mila azioni). A far la parte del leone c'è Ipef Parters Limited (664 mila azioni), sigla londinese.
              Osserva un operatore finanziario milanese: "Potrebbe esserci la presenza di Ipef nell'azionariato di Proman. Il mistero comunque è fitto". E resta un mistero, per ora, la destinazione finale delle azioni Proman: rimarranno nelle mani delle due sorelle di Rubolino, o che fine faranno? E cosa c'è dietro il reticolo di sigle, incroci azionari, spesso e volentieri giocati oltremanica? Un gioco forse pericoloso?
              Il 28 luglio scorso, poi, l'infarto. Una vita stroncata a 42 anni, dopo un'inutile corsa all'Aurelia Hospital, "dove però è giunto privo di vita", commenta in un dettagliato reportage il Mattino. L'autopsia - scrive il solerte cronista, Dario Del Porto - "ha chiarito immediatamente la natura del malore". E a scanso di equivoci aggiunge: "Del caso pertanto non è stata neppure interessata la procura di Roma". E ancora, ad abundantiam: "sulle ultime ore dell'uomo non sembrano esserci misteri. Rubolino è stato colpito da un arresto cardiocircolatorio manifestatosi durante la notte nell'abitazione della capitale dove si era trasferito ormai da anni".
              Altri commenti nel racconto della cerimonia funebre - che si è svolta nella chiesa di Sant'Anna dei Palafrenieri, l'unica parrocchia dello Stato Vaticano - per la penna di un vaticanista doc, Alceste Santini. "Si può, quindi, dire che Giorgio Rubolino ha avuto il privilegio di avere avuto la celebrazione delle esequie, non solo in una chiesa ambita da molti nei momenti di gioia o di dolore come nel suo caso, ma in un luogo, qual è lo Stato Città del Vaticano, in cui la penitenza si intreccia con il perdono come sofferente superamento dei peccati e degli atti illeciti commessi nella vita".
              Equilibrismi logici e sintattici a parte, Santini riesce comunque a porsi qualche interrogativo. Per celebrare in Sant'Anna ci vuole la chiave giusta: "occorre una particolare autorizzazione - scrive Santini - ciò rivela che chi ne ha fatto richiesta aveva ed ha entrature nel mondo vaticano. I parenti? Gli amici? Non è dato saperlo". Avvolti nel dubbio amletico, riusciamo però a sapere che fra le personalità presenti alla cerimonia c'erano "i parenti e gli amici di Giorgio, fra cui il senatore a vita Emilio Colombo e altri esponenti della borghesia napoletana".
              A officiare la messa funebre il cappellano delle guardie svizzere, Alois Jehle.

              CASO SIANI A SENSO UNICO
              Caso Siani. Chiuso per sentenza. La Cassazione ha ormai inchiodato i colpevoli dei clan torresi che - secondo la ricostruzione del pm Armando D'Alterio - decisero ed eseguirono quell'omicidio. Una volta tanto, la parola fine. Tutto chiaro, allora? Molti dubbi restano in piedi. Vediamo quali.
              Il movente. Debole. Debolissimo. Un articolo scritto mesi prima. "Per punire lo sgarro", hanno spiegato gli inquirenti. "In quell'articolo Siani faceva capire che i Nuvoletta avrebbero tradito i Gionta. Per mettere le cose a posto e recuperare l'onore, la cosa andava lavata col sangue". Credibile? Possibile che una camorra allora più che mai rampante avesse deciso di tirarsi addosso riflettori, inquirenti, forze dell'ordine?
              Un articolo non (ancora) scritto è molto più pericoloso di uno già scritto. Non ci vuole la maga per intuirlo, solo un minino di fiuto e buon senso. Quello che non sembra aver smarrito Amato Lamberti, presidente della Provincia di Napoli e a quel tempo (siamo nel 1985) responsabile dell'Osservatorio sulla camorra, avamposto, in quegli anni, per scrutare, capire e radiografare i movimenti, le mutazioni e le infiltrazioni della Camorra spa. Lamberti fu l'ultima persona a sentire Giancarlo, avevano appuntamento per la mattina dopo, ma "lontani dal Mattino", come raccomandava Giancarlo. Un appuntamento andato a vuoto, perché la sera prima l'abusivo e ormai prossimo praticante giornalista veniva freddato a bordo della sua Mehari in piazza San Leonardo al Vomero, a un passo da casa. "Non era particolarmente preoccupato - ricorda Lamberti - però doveva dirmi una cosa che gli premeva. Ed era urgente. Stava lavorando ad un'inchiesta per la rivista dell'Osservatorio sugli intrecci politica-affari-camorra nell'area torrese. Uno dei grossi affari, allora, era rappresentato da un'area, il quadrilatero delle carceri. E lui stava mettendo il naso in quei rapporti, sia sui referenti locali, che su quelli più in su, di imprese e camorristi".
              A corroborare la tesi di Lamberti, un docente universitario, Alfonso Di Maio, padre di uno dei pm più in vista, oggi, alla procura di Salerno. La Voce lo intervistò dieci anni fa. "Avevo incontrato diverse volte Giancarlo in quegli ultimi mesi - affermava Di Maio - stava lavorando, mi raccontava, a una grossa inchiesta sugli appalti nell'area stabiese. In particolare, voleva capire se dietro al paravento di un'impresa ci fosse lo zampino di qualche politico eccellente e operazioni di riciclaggio della camorra". Il nome dell'impresa era Imec (del gruppo Apreda, poi acquirente addirittura della Buontempo Costruzioni Generali), quello del politico Francesco Patriarca, ras gavianeo della zona, ex sottosegretario alla marina mercantile. Di Maio cercò di raccontare quei fatti alla magistratura. Senza riuscirci. "Mi presentai in procura. Parlai col dottor Arcibaldo Miller. Mi disse che ne avrebbe riferito al dottor Guglielmo Palmeri che seguiva di persona l'indagine. Sono andato due volte in procura, dietro appuntamento, ma non sono stato mai ricevuto. Allora non mi fu data la possibilità di verbalizzare quel che sapevo sulle ultime settimane di Siani". Parole dure come pietre. Mentre decine e decine di testi hanno fatto passerella davanti alla mezza dozzina e passa di toghe che si sono alternate al capezzale di un processo quasi impossibile.
              Del resto, é lo stesso fratello del cronista, Paolo, pediatra, a rivelare qualche ombra nell'inchiesta, un 'buco nero' rimane ancora oggi lì a lasciare spazio ai dubbi. "Giancarlo lascia la redazione di Castellammare - ricorda - va in cronaca di Napoli, scrive sempre meno di Torre ma si interessa sempre più della ricostruzione post terremoto e dei rapporti camorra-appalti. Stava preparando un libro e i materiali, dopo la sua morte, sono spariti". Una ricostruzione che lega perfettamente con quelle di Lamberti e Di Maio.
              Altri, però, ancora oggi in procura storcono il naso. "C'era un'altra pista, battuta soltanto in fase iniziale. E solo parzialmente. E' la pista di via Palizzi, la casa di appuntamenti, i suoi segreti forse inconfessabili. Tanti anni fa ne parlò esplicitamente Corrado Augias nel suo Telefono GialloŠ poi il silenzio più totale".

              Chissà se il regista Marco Risi, arrivato un paio di volte a settembre a Napoli per completare il copione del film su Giancarlo (ispirato in parte a "L'abusivo", il libro di Antonio Franchini, sceneggiatura dell'esperto di misteri Andrea Purgatori, ex Corsera), riuscirà a vedere oltre i muri di gomma che ancora circondano quella tragica morte. "Emerge - dice Risi alla Voce - un delitto tuttora carico di misteri e interrogativi rimasti senza risposta, nonostante i processi e le sentenze. Questa sarà la chiave del mio film su Giancarlo".

              GUARDIE E KILLER
              Primavera vaticana '98. Tre morti avvolte nel mistero. Sono le nove di sera e una suora - sulla cui identità verrà sempre mantenuto il più stretto riserbo - entra nell'alloggio di servizio del neo comandante delle Guardie Svizzere, Alois Estermann. Davanti ai suoi occhi una scena raccapricciante: tre corpi, in un mare di sangue, massacrati da revolverate. Quello di Estermann, di sua moglie Gladys Meza Romero e del vice caporale Cedric Tornay.
              Ecco come ricostruisce i primi momenti dopo la scoperta Sandro Provvisionato, scrittore e giornalista, nel suo sito Misteri d'Italia. "Tra i primi ad arrivare sul luogo sono il portavoce del papa, Joaquin Navarro Valls, laico di origine spagnola, membro numerario dell'Opus Dei; monsignor Giovanni Battista Re, sostituto delle segreteria vaticana; e monsignor Pedro Lopez Quintana, assessore per gli Affari generali della Segreteria di Stato vaticana. La scena del delitto non viene sigillata, anzi già alla 21 e 30 sono decine le persone che si aggirano tra i cadaveri. Elementi di prova importanti vengono rimossi o spostati.
              A differenza di altri episodi avvenuti all'interno del perimetro vaticano, come l'attentato al Papa, nessuna richiesta di collaborazione viene inoltrata alle autorità italiane. Delle indagini si occupa il Corpo di Vigilanza Vaticana. Prima ancora dell'arrivo del magistrato, il Giudice Unico Gianluigi Marrone che arriva sul posto un'ora dopo, mani ignote hanno già provveduto a perquisire non solo l'ufficio, ma anche l'appartamento di Estermann e l'alloggio di Tornay. Quando i corpi verranno rimossi, non sarà adottata alcuna precauzione utile alle indagini. Anche l'autopsia sui tre cadaveri si svolgerà all'interno delle mura vaticane".

              Detto fatto, non passano nemmeno tre ore - siamo a mezzanotte - e l'infaticabile Navarro Valls può sentenziare: "I dati finora emersi permettono di ipotizzare un raptus di follia del vice-caporale Tornay. E' tutto molto chiaro, non c'è spazio per altre ipotesi". Caso dunque chiuso in 180 minuti, per Valls. Uno 007 perfetto, capace anche di estrarre dal magico cilindro la prova delle prove: una lettera, nientemeno che una lettera d'addio, affidata qualche ora prima (le 19 e 30, precisa Navarro) a un commilitone dal folle vice-caporale con una lacrima e queste parole: "Se mi succede qualcosa, consegnala ai miei genitori".
              Spiega il portavoce-detective nella rapidissima conferenza stampa, che risolve a tempi di Guinness una matassa altrimenti destinata a intrecciarsi negli anni: la missiva - precisa - è stata consegnata al Giudice Marrone, il quale la darà ai parenti di Tornay in arrivo a Roma. "Spetterà ai familiari del vice caporale - aggiunge Valls - decidere se rendere noto il contenuto della lettera oppure no". Commenta Provvisionato: "Nella fretta l'astuto portavoce della Santa Sede non si rende conto di aver commesso un errore macroscopico. Come si può conciliare un raptus di follia con una lettera scritta almeno un'ora e mezza prima dello stesso raptus? Spesso la fretta è cattiva consigliera".
              Intanto circola già qualche indiscrezione sull'imminente uscita del nuovo libro-choc di Ferdinando Imposimato (autore, con Provvisionato, del volume d'inchiesta sullo scandalo Tav). Al centro, rivelazioni sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, figlia di una guardia vaticana. Che secondo l'ex magistrato, sarebbe ancora viva.

              Fonte: "La Voce della Campania", ottobre 2003
              sigpic"Ooh amore ooh amante
              Che fai stasera ragazzo?
              Tutto va bene, solo tienimi stretto
              Questo perché sono un buon amante vecchio stampo"

              Così non capisce. Devi dire "Conan, hai rotto er *****!" (Sergio cit.)

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                #22
                La Banca Vaticana
                Estratto dal libro: «Tutto quello che sai è falso», Nuovi Mondi Media
                Di Jonathan Levy
                Molti credono che la Banca Vaticana sia una leggenda; dopo tutto la Città del Vaticano – luogo di palazzi, musei e cattedrali – cosa se ne fa di una banca? Ma la Banca del Vaticano esiste nel cuore della Città del Vaticano (vicino a Porta Sant’Anna), in una torre chiusa agli estranei. Ufficialmente la Banca Vaticana è nota come l’istituto per le Opere di Religione o IOR. In ogni caso la religione ha ben poco a che fare con la Banca, a meno che ci si riferisca ai cambiavalute che si sono nella chiesa.
                «E Gesù entrò nel Tempio di Dio, e scacciò tutti coloro che compravano e vendevano nel tempio, rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie di coloro che vendevano le colombe» [ Matteo 21:12, versione di Re Giacomo ]
                Mentre i cambiavalute stavano semplicemente fornendo un servizio, in modo che le tasse del tempio potessero essere pagate, la Banca Vaticana è stata coinvolta in evasione fiscale, imbrogli finanziari e riciclaggio di oro nazista. Il Papa, come unico azionista della Banca Vaticana, è uno degli uomini più ricchi al mondo e, per associazione, uno dei meno etici.
                La Banca Vaticana ha la particolarità di essere una delle istituzioni finanziarie più riservate al mondo. In realtà si sa molto poco di essa se non quelle poche informazioni che il Vaticano rilascia. (…)
                I possedimenti della Banca Vaticana sono un assunto spinoso e apparentemente un grande mistero, sempre che si creda al Vaticano. Una delle autorità più affidabili era Padre Thomas J. Reese, SJ, autore, di parecchi libri riguardanti la Chiesa Cattolica, inclusi i bestsellers «Inside the Vatican» e «Archbishop».
                Basandosi sulle sue interviste ai membri del Vaticano, Reese dedica un intero capitolo di «Inside the Vatican» alle finanze papali. Reese era abbastanza sicuro riguardo al fatto di chi possedesse la Banca Vaticana: «lo IOR è in un certo senso la Banca del Papa, che è il solo e unico azionista. Lo possiede, lo controlla» (…)

                Maggiori informazioni riguardo lo IOR possono essere raccolte dalle cause civili e penali. Il Papa fondò il precursore dello IOR nel 1887, che si chiamava Commissione per le Opere Pie. Nel 1941 la Commissione fu trasformata nell’Istituto per le Opere Religione «a scopo di lucro» attraverso l’emissione di statuti promulgati con l’approvazione di Pio XII. Il nucleo centrale su cui lo IOR era fondato consisteva nei capitali della Santa Sede. L’eccedenza dei profitti, se ci fosse stata, sarebbe stata affidata alla Santa Sede; recentemente lo IOR è diventato sia una risorsa per i fondi operativi del Vaticano sia una passività corrente, come nel caso «Alperin contro la Banca Vaticana».
                La posizione pubblica della banca è quella di esser sempre stata fedele al suo statuto ed esiste per servire la Chiesa, come previsto dalle norme della banca, chiamate chirografi. La Santa Sede è il governo ufficiale sia della Chiesa Cattolica di Roma sia della Città del Vaticano, un micro-stato completamente indipendente situato a ridosso del fiume Tevere, a Roma. La Città del Vaticano è sede di tre istituzioni finanziarie: l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA), che funziona da Banca Centrale del Vaticano, il Ministero dell’Economia e la suddetta Banca Vaticana (IOR). La Città Stato del Vaticano – con una popolazione di soli 800 abitanti e un territorio di 441.000 mq – è la nazione più piccola del mondo e forse tre istituti finanziari così importanti potrebbero sembrare non sembrare necessari, ma la Santa Sede è anche il governo temporaneo di un miliardo di Cattolici in tutto il mondo e in quanto tale ha esigenze e obiettivi che non possono essere soddisfatti mediante istituti bancari convenzionali.

                La Banca Vaticana non è responsabile né verso la Banca Centrale del Vaticano né verso il Ministero dell’Economia; infatti funziona in modo indipendente con tre consigli d’amministrazione: uno costituito da cardinali di alto livello, un altro costituito da banchieri internazionali che collaborano con impiegati della Banca Vaticana e per ultimo un consiglio d’amministrazione che si occupa degli affari giornalieri. Tali strutture organizzative così chiuse sono la norma nella Santa Sede e sono utili per mascherare le operazioni della Banca.
                Lo IOR funziona come banchiere privato della Chiesa, dal momento che si adatta perfettamente alle esigenze di una Banca diretta dal Papa. Nonostante sia di proprietà del Papa, la Banca, sin dal proprio inizio, è stata più volte coinvolta nei peggiori scandali, corruzione e intrighi. Sotto felice auspicio, l’apertura della banca nel 1941 per ordine di Pio XII, altresì chiamato il Papa di Hitler, ha fornito convenienti sbocchi bancari ai fascisti italiani, all’aristocrazia e alla mafia. (…)

                La Banca Vaticana afferma di non aver nessun documento relativo al periodo della Seconda Guerra Mondiale; infatti secondo il procuratore della Banca Vaticana, Franzo Grande Stevens, lo IOR distrugge tutta la documentazione ogni dieci anni, un’affermazione alla quale nessun banchiere responsabile crederebbe. Ciononostante, altre documentazioni esistono in Germania e presso gli archivi americani, che dimostrano i trasferimenti nazisti di fondi allo IOR dalla Reichsbank, e altri dallo IOR alle banche svizzere controllate dai nazisti. Un famoso procuratore specializzato nelle restituzioni dell’Olocausto ha documentato i trasferimenti di denaro dai conti delle SS a una innominata banca romana nel settembre 1943, proprio quando gli Alleati si stavano avvicinando alla città. (…)
                Dalla fine degli anni Settanta, lo IOR era divenuto uno dei maggiori esponenti dei mercati finanziari mondiali. Sotto la tutela del vescovo americano (uno spilungone di 191 cm) Paul Marcinkus, il vescovo Paolo Hnilica, Licio Gelli, Roberto Calvi e Michele Sindona, la Banca Vaticana divenne parte integrante dei numerosi programmi papali e mafiosi per il riciclaggio del denaro, in cui era difficile determinare dove finiva l’opera del Vaticano e dove cominciava quella della mafia. Il Banco Ambrosiano dei Calvi e numerose società fantasma dirette dallo IOR di Panama e del Lussemburgo presero il controllo degli affari bancari italiani e funsero da canale sotterraneo per il flusso di fondi verso l’Europa dell’Est, in appoggio all’Unione nazionale anticomunista. Marcinkus, capo dello IOR, fu Direttore del Banco Ambrosiano (a Nassau e alle Bahamas), ed esisteva una stretta relazione personale e bancaria fra Calvi e Marcinkus. Sfortunatamente, molti di quelli coinvolti non erano solo collegati alla mafia, ma erano anche membri della famigerata loggia massonica P2, con il risultato finale della spartizione del denaro di altre persone, inclusa una singola transazione di 95 milioni di dollari (documentata dalla Corte Suprema irlandese).

                Non appena le macchinazioni vennero a galla a causa di un errore di calcolo attribuito a Calvi, le teste cominciarono letteralmente a rotolare. L’impero bancario Ambrosiano fu destabilizzato da uno scontro ai vertici del potere interno, che coinvolgeva la Banca Vaticana, la Mafia e il braccio finanziario dell’oscuro ordine cattolico dell’Opus Dei.
                L’Opus Dei, in ogni caso, decise di non garantire per il Banco Ambrosiano e Calvi fu trovato «suicidato», impiccato sotto il ponte di Blackfriars a Londra, con alcuni sassi nascosti nelle tasche, una scena ricca di simbolismo massonico.
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                  #23
                  IOR, una lunga storia
                  Ferrucci Pinotti “Poteri Forti
                  ORDINA IL LIBRO
                  I legami tra Vaticano e mondo bancario sono un nodo importante dell’intera vicenda. E per capire le logiche che dominano tutti questi complessi rapporti non si può prescindere dalle origini dello Ior.
                  Lo Ior ha come antenato la Commissione Ad pias causas, istituita nel 1887 da Leone XIII al fine di convertire le offerte dei fedeli in un fondo facilmente smobilizzabile. La prima riforma delle finanze vaticane risale al 1908, quando su iniziativa di papa Pio X l'istituto assume il nome di Commissione amministratrice delle Opere di Religione. Ma è solo con Benito Mussolini che decollano le fortune economiche del Vaticano, in particolare quando il duce risolve la cosiddetta «questione romana», ossia la decisione di annettere gran parte delle proprietà pontificie presa nel 1870 dal Regno d'Italia. Da allora lo Stato garantiva al Vaticano una sovranità limitata e un sussidio di 3.250.000 lire annue. Ma all'indomani dei Patti Lateranensi del 1929 l 'Italia, oltre a riconoscere al nuovo Stato denominato «Città del Vaticano» l'esenzione dalle tasse e dai dazi sulle merci importate, predispose un risarcimento per i danni finanziari subiti dallo Stato pontificio in seguito alla fine del potere temporale. L’art. 1 lo quantificava nella «somma di 750 milioni di lire e di ulteriori azioni di Stato consolidate al 5 per cento al portatore, per un valore nominale di un miliardo di lire»[1][1]
                  Per gestire questo ingente patrimonio, subito dopo la firma dei Patti Lateranensi papa Pio XI istituisce l'Amministrazione speciale per le Opere di Religione, che affida a un laico esperto, l'ingegner Bernardino Nogara, un abile banchiere proveniente dalla Comit, membro della delegazione che, dopo la prima guerra mondiale, negoziò il trattato di pace e, successivamente, delegato alla Banca Commerciale di Istanbul. Grazie alla sua abilità, Nogara trasforma l'Amministrazione in un impero edilizio, industriale e finanziario. Le condizioni che il banchiere pose a Pio XI per accettare l'incarico di gestire il patrimonio del Vaticano erano due: «1. Qualsiasi investimento che scelgo di fare deve essere completamente libero da qualsiasi considerazione religiosa o dottrinale; 2. devo essere libero di investire i fondi del Vaticano in ogni parte del mondo»[2][2]
                  Il Papa accettò e si aprì così la strada alle speculazioni monetarie e ad altre operazioni di mercato nella Borsa valori, compreso l'acquisto di azioni di società che svolgevano attività in netto contrasto con l'insegnamento cattolico. «Prodotti come bombe, carri armati, pistole e contraccettivi potevano essere condannati dal pulpito, ma le azioni che Nogara comprava aiutarono a riempire le casseforti di San Pietro» commenta Yallop.[3][3]

                  Nogara rilevò l'Italgas, fornitore unico in molte città italiane, e fece entrare nel consiglio di amministrazione, come rappresentante del Vaticano nella società, l'avvocato Francesco Pacelli, fratello del cardinale Eugenio che poco dopo sarà eletto Papa e assumerà il nome di Pio XII. Grazie alla gestione di Nogara, il Banco di Roma, il Banco di Santo Spirito e la Cassa di Risparmio di Roma entrarono ben presto nell'ambito dell'influenza del Vaticano.
                  Quando acquisiva quote di una società, raramente Nogara entrava nel consiglio di amministrazione: preferiva affidare quest'incarico a uno dei suoi uomini di fiducia, tutti appartenenti all’elite vaticana che si occupava della gestione degli interessi della Chiesa. I tre nipoti di Pio XII, i principi Carlo, Marcantonio e Giulio Pacelli, ne facevano parte, i loro nomi cominciarono ad apparire tra quelli degli amministratori di un elenco sempre più lungo di società. Gli uomini di fiducia della Chiesa erano presenti dappertutto: industrie tessili, comunicazioni telefoniche, ferrovie, cemento, elettricità, acqua. Bernardino Nogara sorvegliava ogni settore che promettesse margini di remunerazione.

                  Nel 1935, quando Mussolini ebbe bisogno di anni per la campagna d'Etiopia, una considerevole quantità fu fornita da una fabbrica di munizioni che Nogara aveva acquisito per il Vaticano. E rendendosi conto, prima di molti altri, dell'inevitabilità della seconda guerra mondiale, sempre

                  [1][1] David Yallop, “In nome di Dio”, Pironti, Napoli, pp.98-100
                  [1][2] Ibidem
                  [1][3] Ibidem
                  [1][4] Ibidem, p.103
                  [1][5] Carlo Bellavite Pellegrini, Storia del Banco Ambrosiano, Laterza, Roma-Bari 2001, p.177



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                    #24
                    Nogara cambiò in oro parte del patrimonio Vaticano da lui gestito. Le sue speculazioni sul mercato dell'oro continuarono per tutto il periodo in cui fu alla guida dell'amministrazione dei beni del Vaticano.
                    Il 27 giugno 1942 Pio XII decide di cambiare nome all'Amministrazione speciale per le Opere di Religione che diventa Istituto per le Opere di Religione. Nasce così un ente bancario dotato di un'autonoma personalità giuridica e che si dedicherà non soltanto al compito di raccogliere beni per la Santa Sede , ma anche a quello di amministrare il denaro e le proprietà ceduti o affidati all'istituto stesso da persone fisiche o giuridiche per opere religiose e di carità cristiana.
                    Il 31 dicembre 1942 il ministro delle Finanze del governo italiano Paolo Thaon di Revel emise una circolare in cui si affermava che la Santa Sede era esonerata dal pagare le imposte sui dividendi azionari.

                    Nogara continuò a lavorare per accrescere le risorse del Vaticano. Furono rafforzati i legami con diverse banche. Già dai primi del Novecento i Rothschild di Londra e di Parigi trattavano con il Vaticano, ma con la gestione Nogara gli affari e i partner bancari aumentarono vertiginosamente: Credit Suisse, Hambros Bank, Morgan Guarantee Trust, The Bankers Trust di New York (di cui Nogara si serviva quando voleva comprare e vendere titoli a Wall Street), Chase Manhattan, Continental Illinois National Bank. E Nogara assicurò al Vaticano partecipazioni in società che operavano nei settori più diversi: alimentare, assicurativo, acciaio, meccanica, cemento e beni immobili. Un susseguirsi di successi finanziari senza precedenti per la Chiesa cattolica.
                    Nel 1954 Bernardino Nogara decide di ritirarsi senza tuttavia interrompere l'attività di consulente finanziario del Vaticano, che continuò fino alla morte, avvenuta nel 1958. La stampa dedicò poco spazio alla sua scomparsa, ma il cardinale Francis Spellmann di New York pronunciò per lui un memorabile epitaffio: «Dopo Gesù Cristo la cosa più grande che è capitata alla Chiesa cattolica è Bernardino Nogara».[1][4]
                    Al geniale banchiere, nel corso della sua lunga attività, venne affiancato il principe Massimo Spada. Anche lui mostrò lungimiranza e spregiudicatezza nella gestione degli interessi del Vaticano e si lanciò in varie operazioni, la maggior parte delle quali - come si è visto - in collaborazione con Michele Sindona.

                    Lo Ior, in quanto istituto che opera con modalità proprie, non è mai stato tenuto a nessun tipo di informativa - né verso i propri clienti, né verso terzi - né tanto meno a pubblicare un bilancio o un consuntivo sulle proprie attività. All'epoca del caso Calvi-Ambrosiano, l'istituto doveva rispondere, in via puramente teorica, a una commissione esterna di cinque cardinali, ma di fatto gli amministratori si muovevano senza alcun vincolo.
                    A favore di chi, allora, operava lo Ior? Marcinkus dichiarò che i profitti erano realizzati «a favore di opere di religione» e che «qualsiasi guadagno dello Ior è a disposizione del Papa». Ma come osserva Bellavite Pellegrini: «Con le sue caratteristiche, lo Ior veniva veramente ad assomigliare a un intermediario che agisce su una piazza off shore»[2][5]




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                      #25
                      L’influenza dell’Opus Dei al vertice della chiesa di Roma trovò conferma nel Conclave di agosto 1978: il cardinale Albino Luciani, grande estimatore dell'Obra e del suo fondatore, Josemaría Escrivá de Balaguer, fu eletto Papa con l'intesa che avrebbe accordato all'organizzazione lo status di "Prelatura personale" del Pontefice, e avrebbe avviato le procedure per la santificazione del fondatore.
                      L’improvvisa morte di Giovanni Paolo I, 33 giorni dopo l'elezione papale, fu un lutto che secondo Ratzinger indusse il Collegio cardinalizio a un esame di coscienza del seguente tenore: «Che cosa vuole da noi Dio in questo momento? Eravamo convinti che l'elezione di Luciani fosse avvenuta in armonia con la volontà divina, non semplicemente con quella umana... e se un mese dopo essere stato eletto secondo la volontà divina, egli era morto, Dio intendeva comunicarci qualcosa». Ai primi di ottobre 1978, nell'imminenza del secondo conclave, l'arcivescovo bavarese Ratzinger fece una singolare dichiarazione politica riportata dalla stampa tedesca: affermò in sostanza che il nuovo Conclave avrebbe dovuto sottrarsi alle pressioni dell'ala progressista, eleggendo un Pontefice contrario alla Ostpolitik e risoluto a schierare la Chiesa nella crisi politica internazionale determinata dalla minacciosa pressione dell'Urss comunista sull'Europa occidentale.

                      Prima del secondo Conclave del 1978 si saldò un'intesa fra l'Opus Dei e il "partito tedesco" (guidato dall'arcivescovo di Colonia, cardinale Joseph Höffner) per l'elezione papale dell'arcivescovo di Cracovia cardinale Karol Wojtyla. Molto vicino all'Opus Dei, il porporato polacco prima del Conclave si recò nel quartier generale della organizzazione, a Villa Tevere, e sostò a lungo in preghiera nella cripta di Escrivà de Balaguer.
                      Subito dopo la elezione papale di Wojtyla, l'edizione settimanale in lingua tedesca de "L'Osservatore Romano" celebrò «i buoni rapporti» del nuovo Pontefice «con i vescovi tedeschi» pubblicando due foto significative: scattate alla vigilia del Conclave, ritraevano il cardinale Wojtyla, il cardinale Höffner (arcivescovo di Colonia) e monsignor Franz Hengsbach (vescovo di Essen e vicario castrense), riuniti nel centro romano dell'Opus Dei; per pura casualità, dalle foto mancava il cardinale Ratzinger, presente in spirito.

                      Giovanni Paolo II onorò puntualmente i debiti che aveva contratto - con l'Opus Dei e col "partito tedesco" - in cambio dell'elezione papale. Attivò subito le procedure per attribuire all'Obra lo status di "Prelatura personale", e quelle per la beatificazione di Escrivá de Balaguer (morto a Roma nel 1975). Secondo un biografo wojtyliano, subito dopo l'elezione papale Giovanni Paolo Il «voleva nominare il cardinale Ratzinger prefetto della Congregazione per l'educazione cattolica», ma il porporato bavarese «replicò che sarebbe stato impossibile, perché il suo arrivo a Monaco era troppo recente, e chiese al Papa di dargli tempo».
                      Quindi papa Wojtyla attivò l'ex Sant'Uffizio - il cui prefetto era il cardinale croato Franjo Seper - per colpire i teologi progressisti: il francese Jacques Pohier, l'olandese Edward Schillebeeckx, e soprattutto lo svizzero Hans Küng. A metà dicembre 1979 la Congregazione per la dottrina della fede dichiarò il professor Küng, docente presso l'università tedesca di Tubinga, colpevole di "deviazionismo" dalla «verità integrale della Chiesa», e gli revocò il mandato di professore di teologia cattolica.

                      Secondo voci correnti sia nella Curia vaticana, sia nell'arcidiocesi bavarese, l'ispiratore e regista occulto del processo vaticano al teologo svizzero era l'arcivescovo Ratzinger, che in passato aveva avuto forti contrasti con Küng. Questi era una delle più brillanti teste pensanti della Chiesa progressista, e in quanto tale era inviso all'Opus Dei. Certo è che l'arcivescovo Ratzinger manifestò compiacimento per il gravissimo provvedimento dell'ex Sant'Uffizio contro Küng affermando: «Il credente cristiano è una persona semplice, e i vescovi devono salvaguardare la loro fede dal potere degli intellettuali». E nell'omelia pronunciata a Monaco il 31 dicembre 1979 il futuro Benedetto XVI disse: «Il magistero ecclesiale protegge la fede dei semplici; di coloro che non scrivono libri, che non parlano in televisione e non possono scrivere editoriali nei giornali: questo è il suo compito democratico. Esso deve dare voce a quelli che non hanno voce».
                      Poi papa Wojtyla istituì un Consiglio cardinalizio per i problemi finanziari della Santa sede, un Superdicastero nel quale aveva un ruolo centrale l'arcivescovo di Colonia cardinale Höffner. «Ma accanto alla leva finanziaria, il partito tedesco ottiene anche quella ideologica: è il turno di Ratzinger», al quale papa Wojtyla, per incominciare, nell'ottobre 1980 affidò un ruolo preminente nell'ambito del Sinodo dei vescovi sui «compiti della famiglia cristiana nel mondo contemporaneo»; l'arcivescovo di Monaco «svolse la relazione introduttiva e poi elaborò la base del documento finale». Il risultato fu il saldarsi della «premura familistica reazionaria e sociologica tipica della visione polacca di Giovanni Paolo II, con una piattaforma teologica ammodernata»
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                        #26
                        Originariamente Scritto da Bebbo Visualizza Messaggio
                        E comunque quello che Karol ha trasmesso non può essere frutto solo del bombardamento mediatico.
                        In primis, allora altri lo avrebbero fatto, e invece non mi risulta
                        Secundis, quella strana sensazione che provavo e provo tuttora per Lui, è precedente alla Sua malattia.
                        Tertium, non sono certo bigotto e tendo ad andare controcorrente, eppure mi trasmetteva, e mi trasmette tuttora, qualcosa che non si può esprimere a parole.

                        Potere della suggestione. i media hanno concorso a creare questa aura fittizia intorno a karol.
                        Originariamente Scritto da Leonida
                        gary io più ti leggo e più maledico l' alfabetizzazione, la democrazia e la rivoluzione francese, tu dovevi coltivare il tuo manso in padania dietro un affitto che dovevi al tuo signore.
                        Originariamente Scritto da Bad Girl
                        ho sempre pensato che tu hai proprio bisogno di prenderlo di più,scusami se te lo dico ma ricordi me ai tempi della tristezza..per me puoi cambiare, se ce l'ho fatta io.. puoi farcela anche tu
                        Originariamente Scritto da gorgone
                        ma manca la verità più vera, le donne non vanno ascoltate, ma virilmente guidate.

                        Commenta


                          #27
                          Completamente d'Accordocon Cesare!!!!!
                          sigpic"Ooh amore ooh amante
                          Che fai stasera ragazzo?
                          Tutto va bene, solo tienimi stretto
                          Questo perché sono un buon amante vecchio stampo"

                          Così non capisce. Devi dire "Conan, hai rotto er *****!" (Sergio cit.)

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                            #28
                            Originariamente Scritto da Conan Visualizza Messaggio
                            ...seriamente cosa pensate di Papà Giovanni Paolo II ???
                            Lui è il Papa che hga girato il mondo ed ha stretto la mano a tutti, il pPapa che ha saputo usare la meglio i mass media per farsi conoscere e portare la sua parola ovuinque, il Papa che ha fatto le processioni non stante sia stato male e che ha subito un attentato quasi mortale ma è anche il Papa degli scandlai economici, il PApa che ha santificato Josè Maria Escrivà de Balaguer ovvero il teologo di Franco dittatore sanguinario di Spagna, il Papa che fu sempre dalla parte del suo amico Pinochet altro dittatore sanguinario e poi dichiarato pazzo...
                            Sotto il suo Papato ci sono stati intreci strani in Vaticano....il rapimento nelle mura dell stato Pontificio di manuele Orlandi, l'assassionio dei banchieri "di Dio" Sindona e Calvi, la morte del capo della Guardia Svizzera....
                            Secondo voi è stato un Santo o un uomo senza scrupoli che ha sfruttato i media per apparire quello che non era ed entrare nelle grazie dell'opinione pubblica????
                            bravo conan ......

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                              #29
                              Originariamente Scritto da Conan Visualizza Messaggio
                              Ratzinger indusse il Collegio cardinalizio a un esame di coscienza del seguente tenore: «Che cosa vuole da noi Dio in questo momento? Eravamo convinti che l'elezione di Luciani fosse avvenuta in armonia con la volontà divina, non semplicemente con quella umana... e se un mese dopo essere stato eletto secondo la volontà divina, egli era morto, Dio intendeva comunicarci qualcosa». ì



                              Ma che pezzo di merda .
                              Originariamente Scritto da Leonida
                              gary io più ti leggo e più maledico l' alfabetizzazione, la democrazia e la rivoluzione francese, tu dovevi coltivare il tuo manso in padania dietro un affitto che dovevi al tuo signore.
                              Originariamente Scritto da Bad Girl
                              ho sempre pensato che tu hai proprio bisogno di prenderlo di più,scusami se te lo dico ma ricordi me ai tempi della tristezza..per me puoi cambiare, se ce l'ho fatta io.. puoi farcela anche tu
                              Originariamente Scritto da gorgone
                              ma manca la verità più vera, le donne non vanno ascoltate, ma virilmente guidate.

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                                #30
                                Conan posti qualcosa di specifico su Marcinkus, e sul perchè non abbiano già avvito il processo di Beatificazione?
                                Originariamente Scritto da Leonida
                                gary io più ti leggo e più maledico l' alfabetizzazione, la democrazia e la rivoluzione francese, tu dovevi coltivare il tuo manso in padania dietro un affitto che dovevi al tuo signore.
                                Originariamente Scritto da Bad Girl
                                ho sempre pensato che tu hai proprio bisogno di prenderlo di più,scusami se te lo dico ma ricordi me ai tempi della tristezza..per me puoi cambiare, se ce l'ho fatta io.. puoi farcela anche tu
                                Originariamente Scritto da gorgone
                                ma manca la verità più vera, le donne non vanno ascoltate, ma virilmente guidate.

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