L'ha fatto sapere a tutti che lui non avrebbe pagato mai. Appena ha capito cosa gli stavano facendo si è incamminato verso il centro della strada e ha cominciato a urlare, poi ha afferrato il suo telefonino e chiamato il 113 e anche il 112, polizia e carabinieri insieme.
"Mi hanno chiesto il pizzo ma io non ci sto". È un artigiano che ha la bottega tra il teatro Massimo e piazza Politeama l'ultimo ribelle di Palermo.
Era mattina presto, stava per tirar su la saracinesca della bottega, ha infilato la chiave nel lucchetto e ha capito. La chiave non entrava nella serratura, l'avevano riempita di colla. E' il segnale che lascia sempre il racket: l'attack. La minaccia più silenziosa che c'è.
Quando la chiave non entra basta aspettare, gli esattori si fanno sempre vivi. L'artigiano non ha aspettato. Ma prima di lui ne erano spuntati altri 99 di ribelli.
E' una piccola grande rivoluzione quella che sta avvenendo nella capitale della Sicilia, quartiere per quartiere soffocata da quella tassa, il cento per cento dei commercianti che versa per sopravvivere, appena sette le denunce inoltrate negli ultimi cinque anni alla procura della repubblica.
Sono i primi fuochi di una rivolta. I nomi dei cento commercianti palermitani che hanno detto no all'Anonima Estorsioni saranno resi noti il prossimo 2 maggio in un incontro pubblico allo Steri, una volta palazzo dell'Inquisizione e oggi sede del rettorato dell'Università.
Ben 100 commercianti il 5 maggio si presenteranno alla Kalsa per la prima giornata siciliana del "pizzo free", si faranno conoscere dalla città, venderanno i loro prodotti, si libereranno per sempre dalla paura. A metterli tutti insieme sono stati quelli di "Addio pizzo", la prima associazione anti racket di Palermo. "Ma oltre questi primi cento ce ne sono tanti altri che hanno deciso di non subire più il ricatto, hanno solo bisogno di ancora un po' di tempo per trovare il coraggio di mostrarsi"
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