La faccia Nera della Chiesa Cattolica...

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    #16
    La Banca Vaticana

    Estratto dal libro: «Tutto quello che sai è falso», Nuovi Mondi Media
    Di Jonathan Levy


    Molti credono che la Banca Vaticana sia una leggenda; dopo tutto la Città del Vaticano – luogo di palazzi, musei e cattedrali – cosa se ne fa di una banca? Ma la Banca del Vaticano esiste nel cuore della Città del Vaticano (vicino a Porta Sant’Anna), in una torre chiusa agli estranei. Ufficialmente la Banca Vaticana è nota come l’istituto per le Opere di Religione o IOR. In ogni caso la religione ha ben poco a che fare con la Banca, a meno che ci si riferisca ai cambiavalute che si sono nella chiesa.

    «E Gesù entrò nel Tempio di Dio, e scacciò tutti coloro che compravano e vendevano nel tempio, rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie di coloro che vendevano le colombe» [ Matteo 21:12, versione di Re Giacomo ]

    Mentre i cambiavalute stavano semplicemente fornendo un servizio, in modo che le tasse del tempio potessero essere pagate, la Banca Vaticana è stata coinvolta in evasione fiscale, imbrogli finanziari e riciclaggio di oro nazista. Il Papa, come unico azionista della Banca Vaticana, è uno degli uomini più ricchi al mondo e, per associazione, uno dei meno etici.
    La Banca Vaticana ha la particolarità di essere una delle istituzioni finanziarie più riservate al mondo. In realtà si sa molto poco di essa se non quelle poche informazioni che il Vaticano rilascia. (…)
    I possedimenti della Banca Vaticana sono un assunto spinoso e apparentemente un grande mistero, sempre che si creda al Vaticano. Una delle autorità più affidabili era Padre Thomas J. Reese, SJ, autore, di parecchi libri riguardanti la Chiesa Cattolica, inclusi i bestsellers «Inside the Vatican» e «Archbishop».
    Basandosi sulle sue interviste ai membri del Vaticano, Reese dedica un intero capitolo di «Inside the Vatican» alle finanze papali. Reese era abbastanza sicuro riguardo al fatto di chi possedesse la Banca Vaticana: «lo IOR è in un certo senso la Banca del Papa, che è il solo e unico azionista. Lo possiede, lo controlla» (…)


    Maggiori informazioni riguardo lo IOR possono essere raccolte dalle cause civili e penali. Il Papa fondò il precursore dello IOR nel 1887, che si chiamava Commissione per le Opere Pie. Nel 1941 la Commissione fu trasformata nell’Istituto per le Opere Religione «a scopo di lucro» attraverso l’emissione di statuti promulgati con l’approvazione di Pio XII. Il nucleo centrale su cui lo IOR era fondato consisteva nei capitali della Santa Sede. L’eccedenza dei profitti, se ci fosse stata, sarebbe stata affidata alla Santa Sede; recentemente lo IOR è diventato sia una risorsa per i fondi operativi del Vaticano sia una passività corrente, come nel caso «Alperin contro la Banca Vaticana».
    La posizione pubblica della banca è quella di esser sempre stata fedele al suo statuto ed esiste per servire la Chiesa, come previsto dalle norme della banca, chiamate chirografi. La Santa Sede è il governo ufficiale sia della Chiesa Cattolica di Roma sia della Città del Vaticano, un micro-stato completamente indipendente situato a ridosso del fiume Tevere, a Roma. La Città del Vaticano è sede di tre istituzioni finanziarie: l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA), che funziona da Banca Centrale del Vaticano, il Ministero dell’Economia e la suddetta Banca Vaticana (IOR). La Città Stato del Vaticano – con una popolazione di soli 800 abitanti e un territorio di 441.000 mq – è la nazione più piccola del mondo e forse tre istituti finanziari così importanti potrebbero sembrare non sembrare necessari, ma la Santa Sede è anche il governo temporaneo di un miliardo di Cattolici in tutto il mondo e in quanto tale ha esigenze e obiettivi che non possono essere soddisfatti mediante istituti bancari convenzionali.


    La Banca Vaticana non è responsabile né verso la Banca Centrale del Vaticano né verso il Ministero dell’Economia; infatti funziona in modo indipendente con tre consigli d’amministrazione: uno costituito da cardinali di alto livello, un altro costituito da banchieri internazionali che collaborano con impiegati della Banca Vaticana e per ultimo un consiglio d’amministrazione che si occupa degli affari giornalieri. Tali strutture organizzative così chiuse sono la norma nella Santa Sede e sono utili per mascherare le operazioni della Banca.
    Lo IOR funziona come banchiere privato della Chiesa, dal momento che si adatta perfettamente alle esigenze di una Banca diretta dal Papa. Nonostante sia di proprietà del Papa, la Banca, sin dal proprio inizio, è stata più volte coinvolta nei peggiori scandali, corruzione e intrighi. Sotto felice auspicio, l’apertura della banca nel 1941 per ordine di Pio XII, altresì chiamato il Papa di Hitler, ha fornito convenienti sbocchi bancari ai fascisti italiani, all’aristocrazia e alla mafia. (…)


    La Banca Vaticana afferma di non aver nessun documento relativo al periodo della Seconda Guerra Mondiale; infatti secondo il procuratore della Banca Vaticana, Franzo Grande Stevens, lo IOR distrugge tutta la documentazione ogni dieci anni, un’affermazione alla quale nessun banchiere responsabile crederebbe. Ciononostante, altre documentazioni esistono in Germania e presso gli archivi americani, che dimostrano i trasferimenti nazisti di fondi allo IOR dalla Reichsbank, e altri dallo IOR alle banche svizzere controllate dai nazisti. Un famoso procuratore specializzato nelle restituzioni dell’Olocausto ha documentato i trasferimenti di denaro dai conti delle SS a una innominata banca romana nel settembre 1943, proprio quando gli Alleati si stavano avvicinando alla città. (…)
    Dalla fine degli anni Settanta, lo IOR era divenuto uno dei maggiori esponenti dei mercati finanziari mondiali. Sotto la tutela del vescovo americano (uno spilungone di 191 cm) Paul Marcinkus, il vescovo Paolo Hnilica, Licio Gelli, Roberto Calvi e Michele Sindona, la Banca Vaticana divenne parte integrante dei numerosi programmi papali e mafiosi per il riciclaggio del denaro, in cui era difficile determinare dove finiva l’opera del Vaticano e dove cominciava quella della mafia. Il Banco Ambrosiano dei Calvi e numerose società fantasma dirette dallo IOR di Panama e del Lussemburgo presero il controllo degli affari bancari italiani e funsero da canale sotterraneo per il flusso di fondi verso l’Europa dell’Est, in appoggio all’Unione nazionale anticomunista. Marcinkus, capo dello IOR, fu Direttore del Banco Ambrosiano (a Nassau e alle Bahamas), ed esisteva una stretta relazione personale e bancaria fra Calvi e Marcinkus. Sfortunatamente, molti di quelli coinvolti non erano solo collegati alla mafia, ma erano anche membri della famigerata loggia massonica P2, con il risultato finale della spartizione del denaro di altre persone, inclusa una singola transazione di 95 milioni di dollari (documentata dalla Corte Suprema irlandese).


    Non appena le macchinazioni vennero a galla a causa di un errore di calcolo attribuito a Calvi, le teste cominciarono letteralmente a rotolare. L’impero bancario Ambrosiano fu destabilizzato da uno scontro ai vertici del potere interno, che coinvolgeva la Banca Vaticana, la Mafia e il braccio finanziario dell’oscuro ordine cattolico dell’Opus Dei.
    L’Opus Dei, in ogni caso, decise di non garantire per il Banco Ambrosiano e Calvi fu trovato «suicidato», impiccato sotto il ponte di Blackfriars a Londra, con alcuni sassi nascosti nelle tasche, una scena ricca di simbolismo massonico.
    Last edited by Conan; 08-03-2006, 14:42:05.
    sigpic"Ooh amore ooh amante
    Che fai stasera ragazzo?
    Tutto va bene, solo tienimi stretto
    Questo perché sono un buon amante vecchio stampo"

    Così non capisce. Devi dire "Conan, hai rotto er *****!" (Sergio cit.)

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      • Torino
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      #17
      son uomini anche loro ..... direbbe qualcuno ...... hi hi hi hi
      la realtà invece è ben diversa e tanto crudele ....

      Antonio stavolta svine .......

      l'uomo E' vizioso e non fatemi credere il contrario .....
      Mai più fiducia nelle forze dell’Ordine….

      ma quando mai c'è stata direi ...

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        #18
        I Dieci Comandamenti

        I dieci comandamenti secondo la Sacra Bibbia e le alterazioni presenti nel catechismo
        tratto da http://evangelici.altervista.org/diecicom.html


        Prima di leggere il testo dei dieci comandamenti riportati nella Sacra Bibbia, occorre precisare alcune cose molto importanti.

        Dalla Bibbia, sappiamo che l'osservanza dei comandamenti di Dio è un dovere di tutti i credenti, e che tramite la loro osservanza ci si fa un tesoro nel cielo. Questo tesoro, però, non è la vita eterna, perché essa è il DONO di Dio. Quindi mediante la fede, dopo essersi ravveduti, si ottiene la remissione dei peccati e la vita eterna, e mediante l'osservanza dei precetti di Dio ci si fa un tesoro nel cielo.
        Per fare un esempio pratico, credendo in Cristo si viene salvati dal peccato e dall'inferno, mentre dando elemosine ai poveri, aiutando le vedove e gli orfani, visitando gli ammalati, non rendendo male per male, ecc. ci si fa un premio in cielo che in quel giorno Dio farà conoscere a ciascuno di noi. Più abbiamo lavorato al bene del nostro prossimo e più grande sarà il premio.

        Ripetiamo però che la salvezza dell'anima è PER GRAZIA, e non possiamo in alcun modo ottenerla per meriti personali o attraverso il battesimo, la preghiera, le elemosine, ecc.

        La Bibbia dichiara: "Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti" (Efesini 2:8).
        "L'uomo non è giustificato per le opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù" (Galati 2:16).

        Siamo dunque stati salvati solo per fede, per seguire il Signore, e "per fare le opere buone, che Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo" (Efesini 2:10).

        Uno sguardo ai dieci comandamenti riportati nel catechismo cattolico .
        Poche persone sanno che sebbene i comandamenti insegnati nella Sacra Bibbia sono dieci, quelli insegnati nel Catechismo della Chiesa Cattolica sono in realtà soltanto nove! Il secondo, infatti, è stato letteralmente cancellato, e dal decimo ne hanno ricavato due "pezzi", per coprire il vuoto del secondo. Così, ora il secondo è in realtà il terzo, il terzo è il quarto, e così via.
        Vediamo ora i "dieci" comandamenti secondo il Catechismo cattolico (dal Catechismo di S. Pio X, per la preparazione ai sacramenti).


        Io sono il Signore Dio tuo:
        1. Non avrai altro Dio fuori di me.
        2. Non nominare il nome di Dio invano.
        3. Ricordati di santificare le feste
        *.
        4. Onora il padre e la madre.
        5. Non uccidere.
        6. Non commettere atti impuri.
        7. Non rubare.
        8. Non dire falsa testimonianza.
        9. Non desiderare la donna d'altri.
        10. Non desiderare la roba d'altri.


        [ * Nota sul terzo comandamento - La Bibbia non dice "le feste", ma "il giorno del riposo", "il settimo", ossia la nostra domenica ]

        Ora vediamo i dieci comandamenti SECONDO LA SACRA BIBBIA, la Parola di Dio.
        Esodo 20:2-17:

        1) "Io sono il Signore, il tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla casa di schiavitù. Non avere altri dèi oltre a me.
        2) Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrare davanti a loro e non li servire, perché io, il Signore, il tuo Dio, sono un Dio geloso; punisco l'iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, e uso bontà fino alla millesima generazione, verso quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.

        3) Non pronunciare il nome del Signore, Dio tuo, invano; perché il Signore non riterrà innocente chi pronuncia il suo nome invano.

        4) Ricordati del giorno del riposo per santificarlo. Lavora sei giorni e fa' tutto il tuo lavoro, ma il settimo è giorno di riposo, consacrato al Signore Dio tuo.
        5) Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano prolungati sulla terra che il Signore, il tuo Dio, ti dà.

        6) Non uccidere.
        7) Non commettere adulterio.
        8) Non rubare.
        9) Non attestare il falso contro il tuo prossimo.
        10) Non desiderare la casa del tuo prossimo; non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né cosa alcuna del tuo prossimo"

        Potete dunque vedere da voi la differenza. Vi chiederete per quale motivo la Chiesa Cattolica Romana ha alterato i comandamenti, e ha cancellato il secondo. Alcuni sacerdoti cattolici si giustificano dicendo che il secondo comandamento era solo per gli Ebrei (il che non è vero, poiché insieme agli altri nove comandamenti, dati anch'essi agli Ebrei, esso è Parola di Dio ed è un comando rivolto a tutti gli uomini senza distinzioni, e inoltre Dio condanna severamente qualunque aggiunta o cancellazione alla Sua Parola).
        Un altro sacerdote ha risposto che in realtà, alcuni fanno una divisione tra il primo e il secondo comandamento, e però uniscono il nono e il decimo, mentre altri uniscono il primo e il secondo, e separano il nono e il decimo. Naturalmente una tale risposta è un'offesa anche al meno istruito degli esseri umani.
        Un altro ancora, negando apertamente la realtà, è arrivato ad affermare che la Chiesa Cattolica non ha cambiato i comandamenti, ma che siamo noi che non sappiamo leggere.
        Al di là dei sofismi e dei giri di parole, la realtà dei fatti è che se non avesse tolto il secondo comandamento, la Chiesa Cattolica non avrebbe potuto più riempire le chiese e i santuari di statue ed immagini della "madonna" e dei cosiddetti santi, insegnando i fedeli a venerarle, il che è idolatria (Dio condanna sia l'adorazione - "non li servire" - che la venerazione - "non ti prostrerai davanti a loro" - di vivi, morti, oggetti e immagini. La Scrittura dice: "A Lui solo rendi il tuo culto").
        Come avrebbero potuto giustificare una tale trasgressione del secondo comandamento? Così, "hanno tolto la legge, e il reato non c'è più".

        In Deuteronomio 4:2, Dio avverte: "Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore Dio vostro che io vi prescrivo".
        Cari amici, come avete potuto constatare, le differenze tra la Sacra Bibbia e il Catechismo della Chiesa Cattolica sono di vitale importanza. Le manomissioni degli insegnamenti delle Sacre Scritture (Sacra Bibbia) sono inammissibili per Dio.
        Noi non vi chiediamo di chiudere gli occhi e farvi guidare da altre persone. Ciò che vi chiediamo, è di leggere la Bibbia, e soprattutto il Nuovo Testamento, il quale ci presenta il piano di salvezza per la nostra anima, secondo il sacrificio di Cristo sulla croce.

        Dio vi benedica.
        Last edited by Conan; 08-03-2006, 14:43:14.
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          #19
          Le due Chiese cristiane

          Tratto da: «Il Vangelo esoterico di San Giovanni»


          Fin dall’inizio del Cristianesimo esistono due Chiese cristiane: quella di Pietro e quella di Giovanni. Esse sono rappresentate a Roma da due basiliche: quella di San Pietro e quella di S. Giovanni in Laterano. La prima riservata alle manifestazioni mondane e spettacolari; la seconda consacrata ai due S. Giovanni, è la vera cattedrale del cristianesimo. In essa hanno avuto luogo parecchi Concili e ivi Carlomagno fu proclamato imperatore.
          Come abbiamo detto la Chiesa di Pietro è la Chiesa esoterica che si rivolge alla folla. La Chiesa di S. Giovanni è la Chiesa esoterica i cui insegnamenti sono riservati ai capi, alle guide, ai pastori che marciano in testa alle greggi.
          Ne abbiamo una curiosa indicazione assistendo alla messa e vedendo che il prete, dopo aver congedato i fedeli, con l’ite missa est, per lui solo, il Prologo del Vangelo di Giovanni.
          Fa qui un atto che lascia intendere che egli sa ciò che la folla ignara e si nutre di un altro nutrimento.
          La chiesa di Pietro è la giudeo-cristiana; quella di Giovanni, l’elleno-cristiana.
          La giudeo-cristiana parte dall’idea che Cristo non è venuto per abolire l’Antico Testamento. I giudaizzanti non possono affrancarsi delle nozioni israelite della legge esteriore e conservano l’idea del giudizio ultimo, seguito dal regno di Dio sulla terra per 1000 anni.
          A questa concezione si oppone il cristianesimo ellenico di Stefano che rivendica lo spiritualismo universalistico di Cristo contro il gioco della legge mosaica e contro la Sinagoga; egli fu d’altronde lapidato.


          All’infuori di queste due correnti rappresentanti una la Legge, l’altra la Fede, si colloca la corrente greca di Giovanni, alleanza tra misticismo che dichiara che Dio è amore e filosofia speculativa, con Platone, Plotino, Clemente d’Alessandria, ecc. che considera che Dio è Spirito.
          La Chiesa di Pietro rappresenta il principio autoritario, la Legge, la lettera; essa s’appoggiò sulla forza della Roma dei Cesari.
          La Chiesa di Giovanni fu più libera, più speculativa, il suo linguaggio ricorda quello dei filosofi d’Alessandria.
          (…)
          Mentre i Padri greci hanno amato e pensato, i Padri della Chiesa latina hanno coltivato lo spirito e dispotico. La fede in Gesù Cristo fu un mezzo per governare e al principio del IV secolo il cristianesimo romano divenne una potenza, essendo stato proclamato religione di Stato da Costantino.


          I membri del clero godettero allora di numerosi privilegi. I costumi si addolcirono, i combattimenti dei gladiatori e i giochi del circo furono condannati; ma nel 382, la Chiesa decretò la pena di morte contro gli eretici. Questa decisione fu biasimata da Martino, vescovo di Tours, da Ambrogio, Agostino e Crisostomo, ma approvato da San Gerolamo e dal Papa Leone il Grande.
          A partire dall’VIII secolo, la Chiesa di Roma tendeva a fare dell’Europa un vasto impero teocratico, sotto la sua dominazione. Pretendeva di nominare e deporre i re e gli imperatori (…) Essa perseguiva allora con rigore i delitti d’opinione qualificandoli eresia, sia con la scomunica che con la prigione, la confisca dei beni e la pena di morte.
          Nel XIII secolo il Decretum di Graziano dichiarò che il mondo intero era sottomesso alla Chiesa di Roma, che aveva il diritto di mettere a morte gli eretici. (…)
          Il Papa Gregorio IX decretò la pena di morte sul rogo contro gli eretici. Egli affidò ai Domenicani il compito di ricercarli e punirli.
          (…)


          Considerando come eretici i discepoli di Giovanni, la Chiesa di Roma li perseguitò con la scomunica, li imprigionò, confiscò loro i beni e li condannò a morte sul rogo. Tali furono le sorti degli Ariani, dei Nestoriani, dei Templari, dei Catari, degli Albigesi.
          La Chiesa di Giovanni è quella dello Spirito, che è Conoscenza ed Amore. Le idee della violenza non esistono presso di essa e un San Francesco d’Assisi (probabilmente giovannita), la rappresenta meglio che un San Tommaso, un San Domenico o un Torquemada.
          Per questo la basilica di S. Pietro di Roma è orientata in senso inverso dell’orientamento tradizionale; essa guarda verso l’Ovest, e non verso il sol levante. Essa dà così
          Last edited by Conan; 08-03-2006, 14:43:37.
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            #20
            Come vennero tramandati i vangeli?

            Tratto da: «La Chiesa che mente» di Karlheinz Deschner


            Non solo non esiste nessun Vangelo nel testo originario - anche se fino al XVIII secolo si è affermato di possedere l'originale del Vangelo di Marco, e precisamente a Venezia e a Praga - ma anzi non si è conservato nessun libro neotestamentario, e neppure alcun libro della Bibbia, nella sua originaria stesura autografa. Di più, non esistono nemmeno le prime trascrizioni. Ci sono soltanto copie di copie di copie: trascrizioni di manoscritti greci, di vecchie traduzioni latine, siriane, copte, nonché da citazioni neotestamentariefatte da Padri della chiesa, riferite sovente a memoria... all'incirca 18.000 in un autore come Origene! (50) Senza contare che le opere degli stessi Padri della chiesa sono state a loro volta tramandate con livelli di attendibilità assai differenti.
            La riproduzione scritta dei Vangeli non avvenne comunque senza errori. Per più di due secoli, infatti, essi furono esposti agli interventi intenzionali o involontari dei copisti. Nel corso della loro diffusione, attraverso l'uso pratico cui erano sottoposti, i testi subirono per dirla coi teologi Feine e Behm - «molteplici mutamenti, del tutto spontanei, epperò anche ampliamenti e accorciamenti premeditati. «Redattori, commentatori e glossatori ecclesiastici - come dimostra il teologo Hirsch - hanno seguitato a lavorarci, ovvero hanno limato», «completato», «armonizzato», «ripianato» e «migliorato», di modo che in ultima analisi - come scrive il teologo Lietzmann - «ne risulta una giungla di varianti, di aggiunte e omissioni in contraddizione le une con le altre. Di conseguenza noi, spiega il teologo Knopf, «in molti luoghi non possiamo determinare con certezza, ma neanche solo con probabilità, il testo primigenio»(51). Il quale è oltretutto scarsamente originale, come tante altre cose nel Cristianesimo. Perché nella stessa maniera già gli antichi Egizi avevano migliorato le loro sacre scritture (52)

            Ciò nondimeno, il teologo cattolico Alexander Zwettler afferma (con licenza di stampa dell'Ordinariato arcivescovile di Vienna) che «nessun libro della letteratura mondiale fu tramandato ai posteri con tanta accuratezza quanto la Sacra Scrittura: illusione o inganno ne rimasero esclusi»(53). Alois Stiefvater, presidente della Società Kolping, giunge a stimare una percentuale della credibilità biblica: «Nella Bibbia tutto è in regola al 99 per cento» (54)
            Il contrario è certamente più vicino al vero. Con una certa impudenza, Stiefvater chiama in causa la moderna esegesi biblica, per porre il problema: perché mai la Bibbia dovrebbe essere stata mutilata d'un tratto? E risponde: «Ma la Bibbia è tramandata anche più scrupolosamente e accuratamente di altri libri. Eppoi, la critica biblica moderna ha fatto sì che la Bibbia fosse studiata con precisione scientifica... Le si può senz'altro prestar fede» (55).
            In realtà, nel copiare i Vangeli, e specialmente nei primi decenni, si procedette tanto più disinvoltamente in quanto - per quasi un secolo - essi non vennero affatto considerati come testi sacri e inviolabili. Difatti, non si possedeva ancora un Nuovo Testamento, ma si faceva uso, in mancanza di una propria scrittura sacra, di quella dell'ebraismo. Solo nella seconda metà del II secolo - quando la tradizione orale assunse forme sempre più inverosimili - i Vangeli vennero equiparati all'Antico Testamento, finendo con l'esser preferiti ad esso.

            Solo dalla medesima epoca si cominciò inoltre a preferire i quattro Vangeli - che in seguito verranno canonizzati - ai molti Vangeli «apocrifi», facendo di quei quattro il «Vangelo» per antonomasia. Per lungo tempo, tuttavia, essi non vennero ritenuti ispirati. Infatti, tranne l'autore dell'Apocalisse (peraltro assunta a stento nella Bibbia), nessun autore neotestamentario ebbe a dichiarare la sua produzione come divina o ispirata da Dio: né Paolo, né gli autori delle altre epistole, né gli evangelisti medesimi. Al contrario, la stessa assicurazione di Luca, di avere «accuratamente indagato tutti i fatti fin dalle origini», dimostra, più e meglio di altre considerazioni, quanto poco il compilatore si ritenesse estasiato da divine illuminazioni. E neppure credeva di fare qualcosa di eccezionale. Piuttosto, fin dal primo verso, confessa che «già molti» prima di lui avevano compilato simili narrazioni. Ma queste non lo avevano soddisfatto, per cui era sua intenzione di migliorarle (56)
            Quello di migliorare i Vangeli fu pure - senza alcun dubbio - il proposito dei loro innumerevoli copisti. I quali cancellarono e inserirono, paragrafando e profondendosi nella coloritura di dettagli. In generale, riassunsero e adattarono, più che fornire corrette riproduzioni. «Il testo originale - spiegano i teologi Hoskyns e Davey - scompare sempre di più; si rilevano le contraddizioni, che diventano via via più numerose, tra i manoscritti di differente derivazione, mentre si cerca di appianarle e di compensarle: il risultato è il caos» (57)
            Fino all'anno 200 circa, i testi del Nuovo Testamento soggiacquero - secondo il teologo Julicher - «ad un parziale imbarbarimento formale»(58),giacché si trattavano i Vangeli secondo i gusti o le necessità del momento(59). Ma altri amanuensi, anche posteriori a quel l'epoca, hanno incluso nuovi miracoli oppure hanno ingrandito quelli preesistenti (60).


            Per por fine all'inaudito imbarbarimento, il vescovo Damaso di Roma chiamò nel 383 il dalmata Girolamo, falsario e calunniatore privo di scrupoli (tanto che il mondo cattolico lo elevò con sicuro istinto a patrono delle facoltà teologiche), incaricandolo di stabilire un testo unitario delle bibbie latine, delle quali non ce n'erano due che concordassero in passi di una certa lunghezza. Di conseguenza, il delegato papale tramutò la lezione del modello da lui usato come base per la sua «rettifica» dei quattro Vangeli - in circa 3.500 punti. Questa traduzione di Girolamo, conosciuta col nome di Vulgata, quella generalmente diffusa - benché rifiutata per secoli dalla Chiesa stessa - fu dichiarata l'unica autentica solo nel XVI secolo dal Concilio di Trento.
            Tuttavia, come nessuno dei manoscritti latini della Bibbia concorda pienamente con un altro, così anche tra quelli greci (nel 1933 si conoscevano ben 4.230, nel 1957 già 4.680 manoscritti greci del Nuovo Testamento) non ce ne sono due con l'identico testo. Una concordanza di tutti i codici si riscontra appena nella metà delle parole. Ciò accade nonostante che, o piuttosto proprio perché nella tradizione manoscritta si sono equiparati e allineati i Vangeli tra di loro. Si stima il numero di queste varianti, ovvero delle diverse lezioni e modi interpretativi, intorno a una cifra di 250.000. E dunque, il testo della Bibbia - oggi diffusa in più di 1.100 lingue e dialetti - risulta degenerato senza speranza e mai più ripristinabile, nemmeno in maniera approssimativa.
            E non basta, dato che tuttora si continua a falsarlo e a modificarlo. In piena ufficialità.
            Lutero, ad esempio, nella sua traduzione relativa ai prigionieri di guerra di Davide, aveva scritto: «Ma il popolo là rinchiuso/ ora egli fece uscire/ lo strinse sotto seghe/ ed ascie di ferro/ e lo bruciò nelle fornaci di mattoni».


            Orbene, dopo la Seconda guerra mondiale, questo metodo del «divino Davide» rammentava un po' troppo i metodi di Hitler. Ed ecco che la Bibbia stampata nel 1971 «secondo la traduzione tedesca di Martin Lutero» dal Consiglio della Chiesa evangelica dì Germania - in sintonia con l'Unione delle Società bibliche evangeliche in Germania, autorizzata nel 1956 e nel 1964 - trasforma così il passo citato come segue: «Ma egli condusse fuori il popolo colà riunito, collocandoli come servi alle seghe, ai picconi e alle asce di ferro, e facendoli lavorare ai forni di mattoni» (63)Oppure, dove Lutero aveva tradotto il corrispondente passo del I Libro di Cronache, 20,3 «Fece uscire gli abitanti ch'erano nella città, e li fece a pezzi con delle seghe, degli erpici di ferro e delle scuri», ecco mutato il tenore del medesimo passo nella Bibbia «secondo la traduzione di Martin Lutero» autorizzata dal Consiglio delle Chiese evangeliche: «Fece uscire gli abitanti e li adibì ai lavori forzati con seghe e scuri di ferro». E ancora; se Lutero scrive di «cinquantamilasettecento» persone che Dio fa morire perché avevano rimirato l'Arca dell'alleanza, la Bibbia del suddetto Consiglio (Ekd) ne ricava la modica quantità di «settanta uomini»(65).
            La falsificazione è sistematica. Nella redazione revisionata nel 1975 della Bibbia di Lutero, appena due terzi risalgono direttamente a Lutero stesso. Almeno una parola su tre è stata cambiata, talvolta leggermente, talaltra pesantemente. (66)
            Last edited by Conan; 08-03-2006, 14:42:40.
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            Così non capisce. Devi dire "Conan, hai rotto er *****!" (Sergio cit.)

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              #21
              Valdesi e Umiliati

              Tratto da: «Ribelli: 1000 – 2000», Ed. Malatempora

              di Marco Sommariva

              Il movimento valdese prende il nome da Pietro Valdo (1140 ca. - 1217 ca.). Valdo - agiato mercante di Lione - verso il 1170-1176 è attratto dalla «vita apostolica» dopo la lettura fattagli in lingua volgare di un passo dei Vangeli: «Va', vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri, poi vieni e seguimi». Abbandona la famiglia e la sua lucrosa attività, e distribuisce le sue ricchezze ai poveri. Insieme ad alcuni amici, si dedica alla predicazione itinerante. Valdo e i suoi compagni, «idioti o illetterati», predicano il distacco dai beni di questo mondo sulle pubbliche piazze e nelle case. Questo vale loro, nel 1184, una condanna da parte del Concilio di Trento. L’arcivescovo di Lione li richiama invano al silenzio, divieto in seguito rinnovato da papa Alessandro III con lo stesso risultato. La diffusione del movimento è rapida. Sorgono le prime comunità «valdesi» nella Francia meridionale e in Italia, seguite da quelle nella Francia settentrionale, in Spagna, Germania, Svizzera, Austria, Boemia, Ungheria e Polonia.
              L’eresia valdese nasce come rifiuto dei valori mondani (ricchezza, potere) espresso da cittadini ricchi. Esalta la povertà evangelica e attacca gli uomini della Chiesa «che nuotano nell'abbondanza e nelle delizie». Dice che le oblazioni per i defunti se le mangiano i chierici e non servono alle anime dei trapassati; la messa e i canti liturgici ad alta voce servono «solo per far denari»; feste, uffizi e ordinamenti della Chiesa sono un'invenzione dei preti per trarre tributi; papi e vescovi - possedendo ricchezze - non seguono più gli Apostoli e quindi, essendo peccatori immondi, non meritano alcuna obbedienza. Afferma che sono falsi i miracoli della Chiesa, non attendibili i suoi riti e la sua disciplina. Respinge la credenza nel purgatorio, le preghiere per i defunti e il culto dei santi. Ritiene la Chiesa cattolica colpevole di apostasia a partire da papa Silvestro (315-335).


              Il sentimento religioso di Valdo è semplice e robusto: non si tratta di trasformare la Chiesa, ma di eliminarla. Tra il singolo e Dio non devono frapporsi né sacerdoti né istituzioni ecclesiastiche e al papa è negato ogni potere: le sue scomuniche non hanno validità. Questo radicalismo intransigente scatena la dura repressione papale: oltre a divieti di predicazione e scomuniche, i seguaci di Valdo cominciano ad essere perseguitati.
              Gli accoliti di Valdo sono quasi tutti uomini di bassa condizione e di cultura rudimentale, che non sanno il latino e per lo più non sanno neanche leggere. Ma la grande forza dei Valdesi è proprio nel parlare al popolo col loro linguaggio: vengono compresi subito. Inoltre, fa una grande impressione sulla gente la loro rigida vita.
              Il fatto che tutte le sette valdesi pongano la questione del lavoro manuale, è significativo come indice delle abitudini e della provenienza dei loro seguaci. Nei processi dei Valdesi di Piemonte i protagonisti sono conciatori di pelli, panettieri, calzolai, fruttivendoli, tessitori, tintori e osti. Tra l'altro alla questione del lavoro manuale non tutti danno la stessa soluzione: alcuni lo ritengono necessario per raggiungere la perfezione e quindi obbligatorio per i capi spirituali della comunità; altri, invece, lo negano.
              I rettori imprigionati nel 1391 sono «pro maxima parte illiterati et ydiotae», come già i primi compagni di Valdo. E’, però, la solita ingiuria che i cattolici rivolgono ai loro avversari. In effetti i valdesi - come altri eretici - sono ignoranti, ma della cultura altrui. In compenso conoscono a fondo il Vangelo.


              Nel XIV secolo, sotto pressioni di vario genere, sparisce il ramo francese. Nonostante le ulteriori persecuzioni del XVI e XVII secolo, il movimento valdese ha continuato ad esistere in Italia e ha fondato «colonie» in America settentrionale e meridionale.
              Gli Umiliati compaiono insieme o poco prima dei Valdesi. Si vedono a Milano e in altre città lombarde intorno alla metà del XII secolo. Sono gruppi di laici - in gran parte poveri - che fanno vita in comune. Probabilmente i più vengono dai bassi ceti operai - tessitori e lavoratori di lana. Rifiutano il giuramento nei tribunali e la menzogna, mentre lavorare è obbligatorio per la propria sussistenza e per fare elemosine, poiché «nessuna elemosina è più preziosa di quella che si fa coi frutti del proprio lavoro».
              Si considerano veri fedeli, cristiani e cattolici. Chiedono a papa Alessandro III conferma della loro vita in comune. La ottengono, ma qualcosa di loro non rassicura visto che hanno il divieto di fare «conventicula» e di predicare in pubblico, proibizioni che – ovviamente - molti non rispettano.
              Per gli Umiliati arriva prima la condanna del Concilio di Verona del 1184 poi una serie di scomuniche. S'influenzano reciprocamente con i Valdesi quando questi cominciano a battere la Lombardia.


              L'ingresso nella congregazione di nuove persone di condizione più elevata, la condanna di Verona, i contatti con i Valdesi, le necessità pratiche della vita in comune e del lavoro in comune, il prosperare dell'azienda industriale determinano il formarsi di diverse e contrarie tendenze. C'è chi vuole rompere con Roma e chi vuole accostarsi e saldarsi alla Chiesa romana. Alla fine alcuni decidono di mettersi fuori della ortodossia e vanno ad arricchire la varia famiglia degli eretici, altri - i più tanti finiscono col prestare obbedienza ai vescovi. Non a caso papa Innocenzo III, nel 1199, raccomanda al vescovo di Verona, che faccia distinzione fra eretici e Umiliati, fra Umiliati non sottomessisi al mandato apostolico e gli altri. Ve ne sono di quelli, dice, che – sebbene detti Umiliati dalla gente - «non hanno nessun sen­tore di eresia e seguono perfetta ortodossia, servendo il Signore in umiltà di corpo e di spirito». Nasce così la nuova storia degli Umiliati: un Ordine regolarmente costituito, asceso dall'umile lavoro manuale ad una organizzazione quasi capitalistica dell'industria della lana, campioni di fede cattolica. Vengono addirittura promossi da Innocenzo III per contrastare con la predicazione il terreno agli eretici che a Milano spopolano.
              Comunque li si voglia vedere, i moti ereticali sono moti di cultura, indici di un lavorio intellettuale più vivace. Sono coscienze che reagiscono, cervelli che si mettono in moto. Ignorano o disconoscono quel che è al di fuori o contro di essi, tanto nella Chiesa quanto nella società civile. Si attaccano all'autorità di testi, dove questa loro concezione primitiva della vita trova riscontri e argomenti giustificativi, dove la vita religiosa si presenta libera da quella struttura di interessi mondani assimilati dalla Chiesa romana. Probabilmente il destino di chi subisce persecuzioni per le idee o per la fede non può essere altro che questo: o trovare nell'opposizione stessa la forza per resistere e magari trionfare o cedere.
              Last edited by Conan; 08-03-2006, 14:44:07.
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                #22
                Ambrosiano

                Tratto da “Soldi: il libro nero della finanza internazionale
                ORDINA IL LIBRO


                Nella mattina del 18 giugno 1982 viene scoperto il corpo dei banchiere milanese Roberto Calvi, a capo dei Banco Ambrosiano, impiccato a una impalcatura sotto il Ponte dei Frati Neri a Londra. Le tasche del suo elegante vestito sono riempite di pietre e di denaro d'ogni sorta di valuta. Durante gli anni, la tesi dei suicidio sarà difesa con ostinazione, malgrado il parere contrario della maggioranza degli investigatori della prima ora.
                Nato nel 1920, Roberto Calvi era entrato in servizio all'Ambrosiano nel 1946. Alla fine degli anni '60 aveva conosciuto il "banchiere della mafia" Michele Sindona, e le relazioni d'affari tra i due erano divenute fiorenti. Nel 1975 Calvi viene eletto presidente del consiglio d'amministrazione dell'Ambrosiano. Lo stesso anno diventa membro della loggia P2, che era stata creata da Licio Gelli e di cui faceva parte pure Michele Sindona.
                Nel Lussemburgo ritroviamo Calvi non solamente nelle holding dei gruppo Ambrosiano, ma anche come membro dei consiglio d'amministrazione della Kreclietbank Luxembourg (che occupa, in Cedel, un posto di primo piano). D'altra parte, la principale loggia massonica lussemburghese lo accetta tra le sue fila, mentre rifiuta l'ammissione a Michele Sindona sapendo che questi era stato condannato in Italia nel 1976 e che era stato arrestato negli Stati Uniti.


                Il Banco Ambrosiano, la cui creazione risale al 27 agosto 1896, era tra le numerose banche private italiane legate al Vaticano. Raccomandata alla protezione di Sant'Ambrogio, la banca non si era mai particolarmente distinta per i suoi affari. Quando la Santa Sede aveva cercato di eludere la legislazione bancaria italiana - e in particolare le restrizioni che riguardavano le operazioni di cambio sul mercato delle valute - i molto venerabili finanzieri del Vaticano avevano utilizzato le filiere mafiose di Sindona per istradare grosse somme fuori dal Paese, sotto il naso di tutti gli organismi di controllo.
                All'interno dei Vaticano, è l'Istituto per le Opere di Religione (IOR) spesso chiamato la “Banca del Vaticano", che organizza questo traffico. Alla testa dello IOR, l'arcivescovo Marcinkus aveva, in un primo tempo, utilizzato le filiere offerte da Sindona. Poi, quando quest'ultimo era diventato meno frequentabile, a seguito dei suoi debiti con la giustizia, si era servito di Roberto Calvi e della sua banca. All'inizio degli anni '70, Marcinkus prese una decisione le cui ripercussioni e successive conseguenze avrebbero potuto, da sole, suffragare la tesi che voleva che Papa Giovanni Paolo I, il “Papa del sorriso", fosse stato assassinato. Marcinkus aveva in effetti ordinato l'arresto delle attività della Banca Cattolica del Veneto e la sua integrazione all'interno dell'Ambrosiano, senza né consultare né informare il consiglio d'amministrazione della banca così assorbita. Ora, la Banca Cattolica del Veneto era la banca privata al servizio del patriarca di Venezia e il suo presidente non era nientemeno che Albino Luciani, futuro Papa Giovanni Paolo I.


                Il Vaticano si è evoluto: da gestore di anime ed elemosine, essendo stato espropriato e avendo visto il proprio patrimonio ridotto alla più semplice espressione dopo le confische di cui fu vittima nel corso del Risorgimento, a partire dal 1870 la Santa Sede è diventata una potenza finanziaria che gestisce fortune tanto colossali quanto discrete nell'economia mondiale. “Immaginare il Papa come una specie di presidente del consiglio di sorveglianza può scioccare qualcuno, ma non dobbiamo dimenticare che il Vaticano è un'istituzione vecchia di tanti secoli che, per quanto riguarda il denaro, ha sempre saputo essere all'altezza dei tempi”.
                Non si tratta che di giustizia se, durante la grande crisi economica e finanziaria degli anni '20, il Vaticano rischiò il fallimento. Dopotutto, quelli erano i tempi! Già nel 1880, l'aristocrazia e l'alta borghesia romane, che avevano tradizionalmente degli stretti legami con la Chiesa, avevano creato il Banco di Roma a unico vantaggio dei Vaticano. Il suo scopo: riacquistare, con un plusvalore sostanziale, i terreni e gli immobili da cui il Vaticano doveva separarsi per mantenere liquidità. Inoltre questa banca doveva acquisire delle partecipazioni maggioritarie, in vista della successiva cessione al Vaticano, nelle società di servizi urbani (acqua, gas, elettricità, trasporti pubblici ... ). Inutile dire che, dopo diciotto anni di favoritismo nei confronti dei Vaticano, la banca si trovò rovinata nel 1898.


                Il deus ex machina delle finanze vaticane, Bernardino Nogara, salvò la Banca di Roma dal fallimento. La manna celeste che permise ai finanzieri del Vaticano di risorgere a miglior fortuna arriverà tra le righe dei Patti Lateranensi, conclusi nel 1929 con Mussolini. Nel quadro di questi accordi, la Chiesa ricevette un'indennità di 90 milioni di dollari a riparazione per i beni immobiliari confiscati dallo Stato dal 1870 e per la perdita dei suo potere secolare.
                Questo denaro venne affidato a un genio della finanza, Bernardino Nogara, ex vicepresidente della Banca Commerciale Italiana. Nel 1968, dieci anni dopo la morte di Nogara e quaranta anni dopo i Patti Lateranensi, le varie partecipazioni del Vaticano nell'industria, nella finanza e nei servizi venivano stimate in otto miliardi di dollari. La massima di Nogara era semplice ed efficace: “Il programma d'investimenti del Vaticano non dovrà essere ostacolato da considerazioni religiose". I suoi "eredi" l'hanno, dalla sua morte, applicata alla lettera - ma con più o meno scrupoli.
                Dopo Nogara, il Vaticano ricorse ai servizi di Sindona e poi, quando questo divenne non più frequentabile, a quelli di Roberto Calvi. Bisognerà attendere il fallimento dell’Ambrosiano, che seguirà la morte di Calvi, per scoprire l'implicazione colossale del Vaticano negli affari illeciti operati da Sindona e Calvi. Sindona morirà assassinato nella sua cella nella prigione di Voghera il 22 marzo 1986, dopo aver bevuto una tazza di caffè avvelenato con il cianuro. Sindona e Calvi non sono che due dei cadaveri eccellenti di questa vicenda
                Last edited by Conan; 08-03-2006, 14:44:31.
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                  #23
                  Intervista a Tony Bushby autore de «The Bible Fraud»

                  Tratto da «Scienza e conoscenza» numero 7 febbraio-aprile 2004

                  PL: Ora dimmi dove si trovano questi archivi privati di cui parli?
                  Bushby: «Bene, molte città in questo mondo hanno una vecchia biblioteca che nessuno sembra frequentare. A Londra un’anziana signora aveva settecentosessantasette Bibbie nascoste nei suoi armadi. In Nuova Zelanda vi sono alcuni meravigliosi vecchi archivi di collezioni private che giunsero dall’Inghilterra molti anni or sono e non sono stati mai consultati.
                  E’ molto triste vedere questi libri così ignorati».

                  PL: Immagino anche che tu ti sia imbattuto in alcune biblioteche di libri religiosi in tutto il mondo.
                  Bushby: «Hanno quel che si chiama “il reparto dei manoscritti” e sono stato abbastanza fortunato da imbattermi in qualche testo molto interessante come per esempio nella Divisione dei Manoscritti del British Museum. Qui si trova una enorme collezione di vecchi scritti e di manoscritti. Ho anche attinto alla biblioteca di Alessandria d’Egitto e ai suoi sotterranei».

                  PL: Hai potuto visionarli senza troppi problemi?
                  Bushby: «Si può con i dovuti contatti, certamente»

                  PL: E con le dovute raccomandazioni, suppongo?
                  Bushby: «Non tanto le raccomandazioni perché se sei un ricercatore in buona fede e genuino, ti lasciano entrare».


                  PL: Allora, dove vuoi arrivare con le “Falsità della Bibbia”, Tony?
                  Bushby: «Penso di avere alcune informazioni che non erano facilmente accessibili. La pubblicazione di questo libro fornisce una differente versione della storia delle origini della Cristianità e questa storia è diversa da quella che è stata presentata dalla Chiesa.
                  Così ho reso pubbliche alcune informazioni che ognuno è libero di accettare o no per poi fare ulteriori ricerche».

                  PL: Avendo letto il libro posso dire che sembra la storia del Nuovo Testamento sia, secondo la tua interpretazione, un falso.
                  Bushby: «Direi francamente che è falso nella sua interezza ed è volutamente presentato dalla Chiesa in modo falso. Essi sanno che ci sono passaggi falsi che sono chiaramente evidenti e li hanno confermati. Il mio intento ora è quello di mettere in evidenza queste falsità per segnalare invece cosa è veramente accaduto alle origini della storia di Gesù Cristo».


                  PL: Trovo che sia una vera contestazione quando affermi che la Vergine Maria aveva sette figli.
                  Bushby:«Non lo dico solo io, lo dice il Vangelo. Più i vangeli sono antichi e più chiaramente lo confermano. Il Vangelo ufficiale della Chiesa stabilisce che aveva sette figli e uno di quelli era chiamato Giuda Tommaso che dunque era il fratello di Gesù come lo era Giacomo. Invece Tommaso era una parola aramaica che significava “gemello”, così Giuda era un gemello ed era spesso chiamato “Giuda il gemello” in alcune versioni dei Vangeli ed egli era il fratello gemello della persona che noi oggi conosciamo come Gesù Cristo. Questo fatto è oggi condiviso da molti sacerdoti. Così, nel libro “Le falsità della Bibbia” abbiamo chiarito la storia dell’intera vita di entrambi i ragazzi. Uno, ossia Rabbi Gesù, divenne rabbi (sacerdote) mentre l’altro, Giuda Tommaso, ossia Giuda il gemello, divenne ubriacone. Quando leggi il Nuovo Testamento con questa comprensione ti rendi conto di tutte le contraddizioni e dei relativi problemi».


                  PL: Così le autorità della Chiesa e i suoi capi sono pienamente consapevoli che la Vergine Maria avesse sette figli. E ancora, a proposito di Rabbi Gesù e di Giuda il gemello, sono pronti ad indagare?
                  Bushby: «Sì, hai ragione. Hanno fatto queste dichiarazioni in modo chiaro ed evidente non tanto nelle moderne ma nelle vecchie edizioni.
                  Nel 1907 l’Enciclopedia Cattolica stabiliva che le storie della nascita della Vergine sono riedizioni fittizie di scritti più antichi. Questo però porta scompiglio perché questo è uno dei dogmi della cristianità e negli scritti odierni essi asseriscono che tutto ciò non è realmente accaduto».

                  PL: A proposito dell’intera della nascita della Vergine ho capito, nel libro, che la madre di Gesù faceva parte della nobiltà.
                  Bushby: «E’ così. Nei vecchi vangeli il nome usato è Marianna ed essa era la nipote del re Erode. In realtà lei era la nipote preferita e dunque apparteneva a quella linea di sangue. Dagli scarsi documenti disponibili risulta che fu rapita da un arciere romano ed il suo soprannome era: “La Pantera”. Più tardi questo uomo divenne imperatore di Roma nel XIV dopo Cristo con il nome di Tiberio, che era il figlio adottivo dell’imperatore Augusto. Marianna generò i gemelli che furono tenuti nascosti per qualche tempo nella casa di Augusto. Entrambi erano chiaramente di stirpe reale e lo possiamo vedere perché nei vangeli stessi Gesù è chiamato “re” per più di trenta volte e tuttavia gli scritti storici non lo menzionano mai come re. Nella mia ricerca ho trovato una fonte che afferma che i due gemelli furono allevati nella casa di Augusto e poiché Augusto e i dodici primi Cesari furono deificati, questi due gemelli furono chiamati i “Figli di Dio” nel senso tecnico della parola. Questo era consentito dalle tradizioni di quei tempi. Erano tecnicamente i “Figli di Dio” perché, dopo la loro morte, questi imperatori erano deificati. Erano considerati come Dei e a loro erano dedicati festeggiamenti perché erano i “Figli di Dio”, nel senso tecnico in uso a quei tempi»


                  PL: Così, tu dici che di questi due ragazzi uno era un uomo del clero, un Rabbi, e l’altro era uno scavezzacollo.
                  Bushby: «Uno era esoterico, aveva una comprensione e un credo spirituali e divenne il rabbi: l’altro era essoterico, uno scavezzacollo, divenne un uomo molto grossolano e fu quello che ordinò ai suoi seguaci di fornirsi le spade. Entrambi bevevano ed erano esuberanti ma andarono per strade diverse. Uno divenne indirettamente ispiratore della Bibbia del re Giacomo e l’altro della Bibbia della Chiesa Cattolica Romana. Uno andò ad est e l’altro all’ovest e per questo nelle chiese oggi abbiamo le due varianti della Bibbia».


                  PL: E nel tuo libro asserisci che la morte di Gesù non è come ci hanno indotto a credere.
                  Bushby: «E’ proprio così. Il selvaggio ed aggressivo Giuda il gemello fu arrestato. Marciò su Roma con un gran gruppo di soldati. Andò a trovare il padre che era l’imperatore Tiberio, per pretendere i suoi diritti come successore all’impero di Roma. Giuda il Gemello fu tradito da Giuda Iscariota, un infiltrato dell’esercito romano, e fu attaccato e catturato. Era lui che doveva essere crocifisso perché aveva marciato su Roma; perciò fu catturato, sconfitto e condannato alla crocifissione. Poiché era di stirpe reale ed essendo il primogenito, egli aveva il diritto di ordinare ad un sostituto di essere condannato al suo posto. Questa è una tradizione molto antica che si rifà ai tempi degli Egizi, per cui una persona di stirpe reale poteva ordinare ad un sostituto di essere punito al suo posto. Così un uomo chiamato Simone di Cirene, nominato nei Vangeli, fu crocifisso al posto di Giuda il Gemello. Ora, poiché Giuda il Gemello aveva perso i suoi diritti di nascita per aver salva la vita, fu venduto come schiavo e spedito in India. Oggi c’è una tomba nel Kashmir che noi crediamo sia la vera tomba del gemello di Gesù.
                  Ecco perché Rabbi Gesù e la sua famiglia furono implicati nella crocifissione».

                  PL: E’ questo il buon uomo di cui stiamo parlando ora?
                  Bushby: «Sì, egli era il rabbi, lui si trovava lì, in quello scenario. Così lui e la sua famiglia furono banditi da Roma e furono messi su una nave. Sbarcarono nel sud della Francia, a Marsiglia, e marciarono fino all’Inghilterra. Si stabilirono nel posto ora chiamato Glastonbury. Questo fu l’inizio della Chiesa Britannica che dunque precede la fondazione della Chiesa Cattolica Romana di circa trecento anni. Dunque uno andò in Inghilterra e l’altro in India»


                  PL: Cosa sai dirmi della Chiesa Celtica?
                  Bushby: «Questa già esisteva quando Rabbi Gesù arrivò lì. Egli divenne un Druido onorario e fu iniziato al credo druidico».


                  PL: Considerato tutto ciò, possiamo allora pensare che l’attuale linea di sangue reale derivi da Gesù?
                  Bushby: «E’ così ma è alquanto complicato. Gesù ad un certo punto si sposò con Maria Maddalena che era la principessa celtica e dalla loro unione deriva una certa linea di sangue. Più tardi un figlio di Gesù chiamato Caradoc si sposò con due principesse romane della discendenza di Claudio. Questa è la linea di sangue. E’abbastanza complicato definirla ma oggi lo si può fare».


                  PL: E la attuale monarchia britannica?
                  Bushby: «Bene, la si potrebbe chiamare più propriamente la linea di sangue europea».


                  PL: Il libro spiega tutto ciò tanto che se qualcuno volesse farlo accuratamente potrebbe tracciare con carta e penna la discendenza reale.
                  Bushby: «Si può fare. Nel mio libro riporto l’albero genealogico della famiglia reale, racconto la storia dei due ragazzi, chi essi sposarono, dove andarono e dove poi finirono le loro famiglie. Parlo del primo Concilio Cristiano nel 325 d.C. che fu indetto da un membro della discendenza dei due gemelli, Costantino, che fu il promotore del primo vero Concilio Cristiano»


                  PL: Costantino fu quello stesso che fondò Costantinopoli, non è vero?
                  Bushby: «Proprio lui diede il suo nome alla città. Egli convocò il primo Concilio di Nicea e unificò le storie dei due ragazzi gemelli e ne divinizzò ufficialmente uno. Egli poi diede istruzioni al vecchio vescovo di quei tempi di scrivere cinquanta Nuovi Testamenti. Nei libri di storia i primi vangeli non furono scritti prima del 325 d.C. data del Concilio di Nicea.


                  PL: Il Concilio fu forse motivato da vantaggi politici o da tumulti sociali di quel tempo?
                  Bushby: «Fu indetto soprattutto per mantenere la sua discendenza di sangue reale nella Chiesa perché vi erano dei problemi. Vi erano divergenti opinioni dei vecchi sacerdoti sulla doppia natura di Gesù per il problema che si confondevano le figure dei due gemelli. Così li divinizzò entrambi in uno e combinò i nome di entrambi ed essi divennero Gesù Cristo. Sì, è una storia alquanto complessa».

                  PL: Penso che tu abbia avuto nelle tue mani la Bibbia più vecchia al mondo, la Bibbia del Sinai. Com’era?
                  Bushby: «E’ stata un’esperienza molto emozionante. E’ stato molto pesante. Questa Bibbia, che si trova al British Museum nella Biblioteca, è stata datata col carbonio a circa 380 o 390 d.C. E’ scritta su pelle di animale ed è conservata oggi in ambiente umidificato e a determinate temperature e, sinceramente, puzza quando la si apre. E’ scritta in lingua Greca antica che ora è considerata una lingua morta. Si tratta del Vecchio e del Nuovo Testamento per intero ma manca una piccola parte del Vecchio Testamento. Proprio vicino a questa c’è, nella Biblioteca Britannica, la seconda Bibbia più vecchia, si tratta della Bibbia Alessandrina. E’ un documento molto antico e valido ed è la Bibbia che racconta più da vicino la storia di Gesù Cristo».


                  PL: Qual è la tua risposta a coloro che asseriscono che dobbiamo credere alla Bibbia perché è parola di Dio?
                  Bushby: «Suggerirei loro di fare ricerche personali perché la Bibbia non è la parola di Dio, è la parola dell’uomo. E’ evidente nella stessa Bibbia. E’ stata pubblicata, ripubblicata, ristrutturata ed è una falsificazione nella sua interezza. Mi sto riferendo al Nuovo Testamento e alla storia di Gesù. I sacerdoti della chiesa sanno questo e chiunque non ci creda dovrebbe fare una piccola ricerca per conto suo. Dovrebbero farla e si può fare anche facilmente. Tutto quello che devono fare è comparare le più vecchie cinque Bibbie che esistono al mondo con qualsiasi Bibbia moderna e vedranno che ci sono quattordicimilaottocento cambiamenti nelle Bibbie odierne. Per esempio non vi sono versioni della resurrezione nelle vecchie Bibbie e neppure si parla della nascita della Vergine. In tutte le vecchie Bibbie la storia di Gesù incomincia quando egli ha trent’anni e tutto ciò che è precedente a questa data è una aggiunta posteriore delle Bibbie più recenti. Nei vecchi vangeli che possiamo oggi consultare la storia di Gesù finisce quando fu trovata la tomba vuota e il corpo rimosso. Questo era il corpo di Simone di Cirene. La Bibbia di oggi aggiunge altri dodici versetti dove si parla di resurrezione».
                  Last edited by Conan; 08-03-2006, 14:44:57.
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                  Questo perché sono un buon amante vecchio stampo"

                  Così non capisce. Devi dire "Conan, hai rotto er *****!" (Sergio cit.)

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                    #24























                    Lo strano caso della morte di Albino Luciani
                    A cura di Giuseppe Ardagna

                    Il 26 Agosto del 1978 Albino Luciani divenne ufficialmente Vescovo di Roma (cioè fu eletto Papa) e successore di Paolo VI. In Vaticano, parecchie persone non erano contente dell’elezione di Luciani al soglio pontificio ma, forse, il più scontento di tutti era monsignor Marcinkus che fino all’ultimo istante aveva sperato nell’elezione del candidato Giuseppe Siri.
                    Ma chi era questo Marcinkus? Era una delle pedine fondamentali di quella partita a scacchi che da anni si giocava fra Vaticano e grandi banche e che metteva in palio la possibilità di vedere il proprio capitale aumentare sempre di più[1][1]. Marcinkus era il più alto in grado all’interno dello I.O.R., l’Istituto per le Opere Religiose. Egli intuì immediatamente i pericoli dell’elezione di questo pontefice che, sin dai suoi primi discorsi, aveva lasciato chiaramente intendere di voler far tornare la chiesa cattolica a quegli ideali di carità cristiana propri del primo cattolicesimo, rinunciando alle ricchezze superflue che troppo avevano distolto gli uomini di chiesa dai propri sacri compiti. Figuratevi il capo della banca vaticana come avrebbe mai potuto vedere un tipo del genere sul più alto gradino del proprio stato…

                    Marcinkus diceva ai suoi colleghi: «Questo Papa non è come quello di prima, vedrete che le cose cambieranno»[2][2].
                    Su due punti Luciani sembrava irremovibile: l’iscrizione degli ecclesiastici alla massoneria, e l’uso del denaro della chiesa alla stregua di una banca qualunque[3][3]. E l’irritazione del Papa peggiorava al solo sentire nominare personaggi come Calvi e Sindona dei quali aveva saputo qualcosa facendo discrete indagini[4][4].
                    In coincidenza con l’elezione di Luciani venne pubblicato un elenco di 131 ecclesiastici iscritti alla massoneria, buona parte dei quali, erano del Vaticano. La lista era stata diffusa da un piccolo periodico «O.P. Osservatore Politico» di quel Mino Pecorelli destinato a scomparire un anno dopo l’elezione di Albino Luciani in circostanze mai chiarite.[5][5] Secondo molti, O.P. era una sorta di «strumento di comunicazione» adoperato dai servizi segreti italiani per far arrivare messaggi all’ambiente politico. Pecorelli, tra l’altro, era legato a filo doppio con Gelli come lo erano Sindona e Calvi[6][6].
                    Ma, tornando alla lista ecclesiastico-massonica, questa comprendeva, fra gli altri, i nomi di: Jean Villot (Segretario di Stato, matr. 041/3, iniziato a Zurigo il 6/8/66, nome in codice Jeanni), Agostino Casaroli (capo del ministero degli Affari Esteri del Vaticano, matr. 41/076, 28/9/57, Casa), Paul Marcinkus (43/649, 21/8/67, Marpa), il vicedirettore de «L’osservatore Romano» don Virgilio Levi (241/3, 4/7/58, Vile), Roberto Tucci (direttore di Radio Vaticana, 42/58, 21/6/57, Turo).[7][7]

                    Di Albino Luciani cominciò a circolare per la curia l’immagine di uomo poco adatto all’incarico, troppo «puro di cuore», troppo semplice per la complessità dell’apparato che doveva governare.
                    La morte subitanea, dopo trentatre giorni di pontificato, suscitò incredulità e stupore, sentimenti accresciuti dalle titubanze del Vaticano nello spiegare il come, il quando ed il perché dell’evento. In questo modo, l’incredulità diventò prima dubbio e poi sospetto. Era morto o l’avevano ucciso?[8][8]
                    Fu detto all’inizio che Luciani era stato trovato morto con in mano il libro «l’imitazione di Cristo», successivamente il libro si trasformò in fogli di appunti, quindi in un discorso da tenere ai gesuiti ed infine, qualche versione ufficiosa volle che tra le sue mani ci fosse l’elenco delle nomine che il Papa intendeva rendere pubbliche il giorno dopo.[9][9]


                    Dapprima, l’ora della morte fu fissata verso le 23 e, quindi, posticipata alle 4 del mattino. Secondo le prime informazioni, il corpo senza vita era stato trovato da uno dei segretari personali del Papa, dopo circolò la voce che a scoprirlo fosse stata una delle suore che lo assistevano. C’erano veramente motivi per credere che qualcosa non andasse per il verso giusto.

                    Qualcuno insinuò che forse sarebbe stato il caso di eseguire un’autopsia e questa voce, dapprima sussurrata, arrivò ad essere gridata dalla stampa italiana e da una parte del clero. Naturalmente l’autopsia non venne mai eseguita ed i dubbi permangono ancora oggi.

                    Di questo argomento si occuperà approfonditamente l’inglese David Yallop, convinto della morte violenta di Giovanni Paolo I.

                    Il libro dello scrittore inglese passa in rassegna tutti gli elementi di quel fatidico 1978 fino a sospettare sei persone dell’omicidio di Albino Luciani: il Segretario di Stato Jean Villot, il cardinale di Chicago John Cody, il presidente dello I.O.R. Marcinkus, il banchiere Michele Sindona, il banchiere Roberto Calvi e Licio Gelli maestro venerabile della Loggia P2.[10][10]
                    Secondo Yallop, Gelli decise l’assassinio, Sindona e Calvi avevano buone ragioni per desiderare la morte del Papa ed avevano le capacità ed i mezzi per organizzarlo, Marcinkus sarebbe stato il catalizzatore dell’operazione mentre Cody (strettamente legato a Marcinkus) era assenziente in quanto Luciani era intenzionato ad esonerarlo dalla sede di Chicago perché per motivi finanziari si era attirato le attenzioni non solo della sua chiesa ma addirittura della giustizia cittadina e della corte federale. Villot, infine, avrebbe facilitato materialmente l’operazione[11][11].
                    La ricostruzione fatta da Yallop degli affari di Sindona, di Calvi, di Gelli e dello I.O.R., conduce inevitabilmente all’eliminazione del Papa.
                    Tuttavia la ricostruzione dello scrittore inglese pone alcuni problemi, primo fra tutti la netta sensazione che, in alcuni passi della ricostruzione, gli episodi, le date e le circostanze, tendano ad «esser fatte coincidere» troppo forzatamente.


                    Tuttavia il lavoro investigativo di Yallop è comunque buono e non si può non tener conto del lavoro dell’inglese soprattutto considerando il fatto che troppi sono i dubbi inerenti le ultime ore di vita del Papa.

                    Perché e soprattutto chi ha fatto sparire dalla camera del Papa i suoi oggetti personali? Dalla stanza di Luciani scompariranno gli occhiali, le pantofole, degli appunti ed il flacone del medicinale Efortil. La prima autorità di rango ad entrare nella stanza del defunto fu proprio Villot, accompagnato da suor Vincenza (la stessa che ogni mattina portava una tazzina di caffè al Papa) che verosimilmente fu l’autrice materiale di quella sottrazione.

                    Perché la donna si sarebbe adoperata con tanta solerzia per far sparire gli oggetti personali di Luciani? Perché quegli oggetti dovevano sparire?

                    Domande destinate a restare senza risposta anche in considerazione del fatto che la diretta interessata è passata a miglior vita.
                    Una curiosità per chiudere l’argomento: sulla scrivania di Luciani fu trovata una copia del settimanale «Il mondo» aperta su di un’inchiesta che il periodico stava conducendo dal titolo: «Santità...è giusto?» che trattava, sotto forma di lettera aperta al pontefice, il tema delle esportazioni e delle operazioni finanziarie della banca Vaticana. «E’ giusto...» recita l’articolo «...che il Vaticano operi sui mercati di tutto il mondo come un normale speculatore? E’ giusto che abbia una banca con la quale favorisce di fatto l’esportazione di capitali e l’evasione fiscale di italiani?»[12][12].





















































                    Last edited by Conan; 08-03-2006, 14:45:24.
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                      #25
                      I cattolici e la caccia agli eretici

                      di Enzo Mazzi* - “l’Unità” del 22 novembre 2004



                      Il cristianesimo discriminato in Europa? Il laicismo egemone?
                      Per quello che vedo e sento dal mio osservatorio della strada e della piazza, in mezzo alla gente, è vero che sono tanti quelli che si dicono laici in quanto credono di aver risolto il problema del senso della loro esistenza ignorando i temi religiosi, chiudendoli a chiave nei recessi bui del loro profondo e relegando la religione nella sfera privata di anime da confessionale o da lettino psicanalitico. Salvo poi inginocchiarsi anch'essi davanti ai simboli del potere ecclesiastico. Ma questo è solo un aspetto del problema del rapporto fra religione e società.
                      Ciò di cui si lamentano le gerarchie religiose va ben oltre l'asfissia del senso della vita. Attiene all'etica, alla cultura, alla politica e non ultimo alla economia. Vogliono potere. Non per interesse personale o di parte.
                      La loro convinzione è che lo richiede la salvezza dell'uomo e dell'umanità intera. Questo vale anche per le gerarchie cattoliche. Qui in Italia potremmo dire soprattutto per loro.


                      Il problema del cattolicesimo ufficiale è che non ha ancora elaborato il lutto rispetto alla perdita del “controllo totale”, cioè del potere totalizzante e universalistico in senso imperiale, potere che è stato la sua natura intima fin dalla nascita e la sua forza in millecinquecento anni di storia.
                      Cattolico infatti significa letteralmente universale ma storicamente il suo senso preciso è derivato dall'universalismo imperiale. Non era cattolico il cristianesimo dei primi due secoli. All'inizio non era neppure propriamente una religione. Diventa “religione della società” quando entra in simbiosi con l'universalismo dell'Impero e si trasforma così in religione essa stessa universale, cioè cattolica. La politica di simbiosi iniziata da Costantino fu compiuta come si sa da Teodosio che proclamò nell'editto del 380 la religione cristiana religione dell'Impero: “Vogliamo che tutti i popoli a noi soggetti seguano la religione che l'apostolo Pietro ha insegnato ai Romani … Chi segue questa norma sarà chiamato cristiano cattolico; gli altri invece saranno stolti ed eretici … essi incorreranno nei castighi divini e anche in quelle punizioni che noi riterremo di infliggere loro”.


                      La scelta dell'universalismo imperiale non fu indolore. Creò una profonda spaccatura interna al cristianesimo. E fu una spaccatura verticale. Gli strati del cristianesimo più lontani dal centro imperiale ed ecclesiale e socialmente più umili, in particolare i contadini poveri della Chiesa africana, insieme ad alcuni loro episcopi, percepirono una tale alleanza fra la Chiesa e l'Impero come un tradimento del profetismo evangelico. L'eresia più importante fu il Donatismo.
                      I donatisti, ma anche altre eresie analoghe, riuscirono a dare profondo contenuto teologico alla loro rivolta sociale e morale. I fatti sono noti ma vale la pena riassumerli perché come dirò sono di un'attualità sconcertante. I proprietari terrieri dell'Africa proconsolare e della Numidia utilizzarono la persecuzione dioclezianea per terrorizzare, torturare, umiliare e reprimere i propri contadini. Mentre alcuni presbiteri e episcopi accettarono la sorte atroce dei contadini, la maggior parte di loro e specialmente i più importanti lasciarono soli i fedeli, abiurarono, si salvarono, e soprattutto mantennero il loro potere, anzi lo ampliarono orientando sempre più la Chiesa verso il compromesso con l'Impero.
                      Mensurio, vescovo di Cartagine, fu uno dei “traditori”. Quando morì di morte naturale fu eletto al posto di lui il suo collaboratore Ceciliano consacrato dal vescovo Felice, anch'egli però “traditore”. Una parte notevole della Chiesa africana, quella rurale, la più povera e angariata, non ritenne valida una tale consacrazione e al posto di Ceciliano elesse vescovo di Cartagine Donato. Ma così il donatismo scardinava uno dei pilastri della dottrina cattolica: il valore assoluto della successione apostolica in sé, da vescovo a vescovo, senza passare attraverso le relazioni circolari e territoriali della ecclesia. Più a fondo, veniva contestata la organizzazione verticista della Chiesa e il suo universalismo imperiale. La Chiesa dell'amore condiviso, fondata sulle relazioni legate alla vita e al territorio si opponeva alla Chiesa del potere, dell'universalità astratta e della legge senz'anima. Il donatismo animò la chiesa per tutto il quarto secolo. Subì una durissima repressione e infine su debellato. Perfino la sua memoria fu annullata. Passò agli annali solo come eresia localista, rigorista e intollerante verso le debolezze umane. Non che non avesse limiti, ma la sua teologia fu completamente distorta.


                      Finché giunse con i “padri della Chiesa” la definitiva consacrazione dell'universalismo imperiale: un solo Dio un solo impero una sola Chiesa universale.
                      Basta la citazione di S. Ambrogio vescovo di Milano nel VI sec.: “Tutti gli uomini hanno imparato, vivendo sotto un unico impero universale, a proclamare col linguaggio della fede l'impero dell'Onnipotente”. È la pietra tombale sul donatismo. Questo però divenne quella folata di vento dello Spirito o se si vuole quel fermento che ispirò molte delle grandi spinte di trasformazione della storia del cristianesimo.
                      A ben pensarci soffia anche oggi. Non certo nei modi, ma nella sostanza.
                      Ad esempio, di fronte a questo sconcertante riproporsi del cristianesimo come “religione civile” di una società strutturalmente violenta, la gran parte dei cattolici che partecipa al movimento pacifista ha capito e acquisito ormai lo spirito profondo della nonviolenza e quindi avverte il bisogno di superare la dipendenza strutturale, chiave di ogni violenza, e di tendere all'autonomia e alla responsabilità della coscienza (”come se Dio non ci fosse”) alimentata dalla rete delle relazioni, chiave della nonviolenza. E, come i donatisti, non si fermeranno all'autonomia nel campo politico, etico e sociale. Vogliono una Chiesa “altra”. La trasformazione profonda in senso nonviolento di tutte le strutture religiose, nessuna esclusa, simbologie, dogmi, ordinamenti, strutture di potere, è il traguardo che sta loro davanti.
                      Le comunità di base che da tempo hanno iniziato un tale percorso non sono affatto isolate come si vorrebbe far credere. Ora che “un mondo nuovo possibile” è tornato negli orizzonti e nei percorsi delle nuove generazioni, i cattolici inseriti nel movimento della pace sentiranno e già stanno avvertendo il bisogno di non far mancare il contributo della ricerca di “mondi spirituali, religiosi ed ecclesiali nuovi”, strutturalmente nonviolenti.


                      Di esempi è piena la cronaca. Il problema è che si tratta della cronaca minuta, quella che non ha titoloni e che sfugge all'opinione pubblica. Una curiosità: avete notato che il card. Karl Lemann, presidente della Conferenza episcopale tedesca, nella sua recente intervista a un quotidiano italiano, in cui peraltro concede molto alle posizioni ufficiali, non nomina mai le parole “cattolico - cattolicesimo”, ma sempre solo “cristiano - cristianesimo”, a differenza dell'altro cardinale un po' suo antagonista, tedesco anch'egli, Joseph Ratzingher, per il quale sembra che il solo vero cristianesimo sia quello cattolico? Sarà un caso? Non è certamente un caso invece che il Presidente della CEI, Ruini, indirizzi tutti i suoi sforzi per rinsaldare gli steccati dell'ovile. Segno che le palizzate vacillano. La ventata donatista, direi meglio il vento dello Spirito del Vangelo, soffia ancora.

                      * Comunità dell’Isolotto di Firenze




















































                      Last edited by Conan; 08-03-2006, 14:45:52.
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                        #26
                        IL RETAGGIO DI COLOMBO

                        Alla scoperta della più grande operazione commerciale spagnola

                        A cura di Alice Avallone

                        Ogni autunno a Genova si celebra Cristoforo Colombo. I libri di scuola continuano a riportare la scoperta dell’America al 12 ottobre 1492, ed anche in Università piace ricordare questa data. Questa storia fa dell’ammiraglio italiano un mito. Colombo viene finanziato dalla monarchia spagnola, dal re Ferdinando e dalla regina Isabella, attracca per caso con tre caravelle sull’isola di Guanahaní, poi a San Salvador, scopre un nuovo mondo, evangelizza la sua gente, e riporta in Europa patate, pomodori e cioccolata. Non si legge nulla di più.
                        Ed invece, la storia vera è in qualche modo addirittura più interessante. L’impresa venne sostenuta economicamente da
                        l Vaticano, attraverso una compartecipazione tra Papa Innocenzo VIII e la dinastia di banchieri dei Medici, che avevano stretti rapporti commerciali e finanziari con la Santa Sede. Forse noi italiani abbiamo trovato solo ‘altro’ nel 1492, come i Greci scoprirono il loro ‘altro’ in Asia incontrando i Persiani, ed i Romani si scontrarono con il loro ‘altro’ nei barbari venuti dal nord e negli invasori venuti del sud. E forse la Spagna, più che scoprire, nascose l’America, e la scoperta di quelle terra è stata un’invasione, la conquista un genocidio, l’evangelizzazione un’oppressione culturale.

                        Ma Cristoforo Colombo non arrivò nemmeno per primo in America, anzi, aveva a disposizione mappe con confini e distanze approssimative. Nella Biblioteca Universitaria di Bologna, viene conservata una mappa realizzata da Grazioso Benincasa dieci anni prima che Colombo andasse in America e che traccia terre aldilà dell’Atlantico, Antilia e Saluaga. Tutto questo viene anche indicato nelle biblioteche Vaticane ed in alcuni appunti del diario del genovese, riguardanti merci che portava supponendo già cosa trovasse al suo arrivo. E’ inesatta anche il 1492. Su di una mappa ottomana la data della scoperta risulta l'890 dell'Era Araba, il nostro 1485. In realtà, il 1492 è semplicemente la data della morte di Papa Innocenzo VIII, al quale si attribuisce il merito della scoperta.
                        Non solo. Prima degli europei, in America arrivarono gli scandinavi. Numerose testimonianze ci arrivano dai racconti di questo popolo, in cui si narra dei viaggi intrapresi, delle difficoltà e delle popolazioni incontrate nell'altro mondo. Il fatto poi che venga celebrato il Leif Ericsson Day ne è la prova, e difatti sono stati trovati insediamenti precolombiani di fattura nord europea. Sicuramente una nave di vichinghi, di navigatori norvegesi, ha raggiunto le coste nord americane attorno al decimo secolo dC.


                        Un altro fatto singolare riguarda è il cartografo arabo Idrisi di Cordoba, grazie il quale si ha un’ulteriore testimonianza che quelle terre erano già conosciute dagli arabi in Spagna. Guarda caso nel 1492 vennero cacciati, e pochi mesi dopo Colombo, tenuto sulle spine da una decina di anni negandogli il permesso, partì. Le caravelle erano piene di perline, questo particolare non lo ricorda nessun libro. Chi avrebbe mai potuto apprezzare doni del genere? Altro mistero. Il suo luogotenente Pinzon, prima di salpare, si recò a Roma a consultare gli archivi segreti del Vaticano, e cosa poteva cercare se non mappe? E poi la tomba di Colombo, anzi, le tombe. La prima a Siviglia, nella Cattedrale, strana e nemmeno tenuta molto in considerazione. La seconda a Santo Domingo, di cattivo gusto, una sorta di piramide azteca. Colombo snobbato, maltrattato ed imprigionato, e poi morto, recuperato ed osannato.
                        In Andalusia è ancora in vita la Duchessa Rossa, ultima discendente della famiglia dei Medina Simonia. Questa donna ha passato l’intera vita a studiare e catalogare ogni scritto conservato, in spagnolo antico e latino, conducendo approfondite ricerche. Il suo archivio racconta di patate e pomodori introdotti in Spagna all’inizio del ‘400, di dame spagnole con pappagalli, di popolazioni nere dette Indios. E così risulta che l’America era già conosciuta prima di Colombo ed era il posto dove si andava a prendere l’oro, anche se ufficialmente proveniva dall’Africa. In questi documenti si parla di viaggi di venticinque giorni durante i quali le navi facevano la traversata e si recavano in quei luoghi dove c’erano fiumi con grandi pesci, uomini di colore e grandi distese di terra, che poi sono quelli intorno alle Antille, ai Carabi ed al Brasile. Era semplicemente vietato farne menzione, vietato da chi su di queste terre aveva un’ipoteca.


                        Forse è ora di cambiare qualche pagina di storia, ricordare meno date ma più avvenimenti veri, anche se decisamente meno suggestivi.
                        Last edited by Conan; 08-03-2006, 14:47:00.
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                        Che fai stasera ragazzo?
                        Tutto va bene, solo tienimi stretto
                        Questo perché sono un buon amante vecchio stampo"

                        Così non capisce. Devi dire "Conan, hai rotto er *****!" (Sergio cit.)

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                          #27
                          Vaticano e i contributi statali alle scuole private

                          Angelo Quattrocchi e Francesca Santagata – “Il Pastore tedesco

                          Con due successivi Decreti rispettivamente Direttoriale e Dirigenziale, emanati in data 25 settembre 2003 e 19 dicembre 2003, il MIUR rende noto l'elenco delle scuole secondarie di primo e di secondo grado - legalmente riconosciute, pareggiate o paritarie - ammesse per l'esercizio finanziario 2003 al finanziamento di progetti "miranti alla elevazione dei livelli di qualità ed efficacia delle attività formative."
                          Mentre il Decreto direttoriale del 25 settembre individua un primo elenco delle scuole che hanno visto finanziati i propri progetti con le relative somme attribuite, quello successivo dirigenziale, a seguito di una ulteriore integrazione dei fondi disponibili, contiene un elenco di scuole e di finanziamenti aggiuntivi al primo.
                          Pertanto gli importi complessivi stanziati per l'esercizio finanziario 2003 è rappresentato dalla sommatoria dei due totali pari a 7.889.484 euro assegnati a fronte di curo 8.671.198 disponibili (cfr. circolare ministeriale n. 82 del 6 novembre 3003). "La parte del leone" nella acquisizione di questi fondi è svolta nell'ordine dalle scuole di Lombardia, Lazio e Veneto, alle quali il piano di ripartizione dei fondi 2003 assegna le quote più alte.
                          E' noto come la maggior parte di queste scuole sia di gestione cattolica.


                          Le cifre dell'evasione (illegale o legalizzata)
                          L'Espresso n. 18 del 12 maggio 2005 ha riportato numerose cifre per la famigerata ICI (Imposta comunale sugli immobili) che i Comuni, dopo la famosa sentenza della Cassazione, avevano iniziato a pretendere, inviando la cartella esattoriale agli enti ecclesiastici che esercitavano anche attività commerciale o imprenditoriale.
                          Ora, prendendo come base di calcolo la cifra media di 80.000 € (che rappresenta una delle più basse citate) è possibile effettuare una simulazione dell'ammontare dell'ICI che complessivamente potrebbe essere recuperata dai Comuni italiani, qualora il blitz di Berlusconi non andasse in porto.
                          A tal fine abbiamo cercato di calcolare, sulla base della vecchia inchiesta dell'Europeo e di un comune elenco telefonico, quanti in concreto possano essere gli enti ecclesiastici in Italia, cominciando dalla capitale, Roma. A nostro parere infatti le statistiche ufficiali del Ministero dell'Interno che parlano di circa 32.000 enti. comprendendo soltanto gli enti ecclesiastici riconosciuti dallo Stato, appaiono limitative. Ignorano infatti gli enti e le associazioni religiose non n'conosciuti e non dotati di personalità giuridica anche se concretamente operanti sul territorio.
                          A Roma gli enti religiosi che non pagano tasse in base al Concordato ed alle leggi successive sono i seguenti:


                          istituti di suore 400 (vedi pag. 2459 dell'attuale elenco telefonico)
                          parrocchie 300 (vedi pag. 632)
                          scuole cattoliche 250 (vedi pag. 2325)
                          chiese non parr. 200 (vedi pag. 635)
                          case generalizie 200 (vedi pag. 545
                          istituti religiosi 90 (vedi pag. 1397)
                          missioni 50 (pag. 1724)
                          case di cura 55 (pag. 563
                          collegi 43 (pag. 700)
                          monasteri 30 ( pag. 1736)
                          case di riposo 20 (pag. 546)
                          seminari 20 (pag. 2341)
                          ospedali 18 (pag. 1852)
                          conventi 16 (pag. 744)
                          oratori 13 (pag. 1842)
                          confraternite 10 (pag. 744)
                          case procure 10 (pag. 546)
                          ospizi 6


                          TOTALE 1731 (da arrotondare a 2000 considerando il sommerso)

                          Da notare che fra i 2000 immobili sono ricompresi il vastissimo Ospedale Gemelli con annessa Università, nonché l'enorme complesso di Radio Vaticana attualmente sotto processo a causa dei danni elettromagnetici provocati dalle sue antenne di Cesano.
                          Tenendo presente l'incidenza della popolazione di Roma in relazione al totale della popolazione italiana, abbiamo quindi stimato approssimativamente in circa 50.000 il numero degli immobili ecclesiastici presenti in tutta Italia, cifra che è puramente indicativa ma che è certamente più vicina alla realtà della cifra data dal Ministero. Da rilevare soprattutto che ciascun ente ecclesiastico può essere titolare di più immobili.
                          Pur essendo arduo calcolare esattamente gli stabili irregolari in base alla sentenza di Cassazione citata, anche perché molti non risultano neanche censiti dal catasto, si è stimata una cifra sicuramente non lontana dalla realtà, di circa 30.000 stabili sparsi in tutta Italia, che hanno eluso illegittimamente l’ICI perché vi si esercitava un'attività commerciale.


                          Ebbene, l’ICI evasa dai 30.000 enti ecclesiastici che esercitavano ed esercitano anche altre attività di tipo commerciale o imprenditoriale risulterebbe di circa 2 miliardi e 400 milioni di euro, cifra media ottenuta moltiplicando gli 80.000 euro (richiesti da qualche Comune dopo la famigerata sentenza della Cassazione) per 130.000 stabili considerati.
                          Ma naturalmente non c'è soltanto l'ICI.
                          All'ICI bisognerebbe aggiungere l'ammontare dovuto per tutte le altre imposte evase legalmente, sia statali, che comunali (irpef, iva, imposta comunale incremento di valore aggiunto ecc.) nonché per tutte le altre deduzioni benevolmente concesse ad enti ecclesiastici riconosciuti e non riconosciuti. (Si precisa che mi questo caso abbiamo tenuto conto della cifra di circa 40.000, inferiore a 50.000 che n'guardava il numero degli immobili). Certamente allora, la somma complessiva dell'evasione illegale e di quella legalizzata, considerando soltanto gli ultimi dieci anni, e per 4.000 euro ad istituto, non sarebbe inferiore a 3 miliardi e 600.000 milioni di euro (pari a circa 6000 miliardi di lire).
                          Last edited by Conan; 08-03-2006, 14:46:21.
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                          Così non capisce. Devi dire "Conan, hai rotto er *****!" (Sergio cit.)

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                            #28
                            La deificazione di Maria

                            Laura Malucelli, tratto da “Tutto quello che sai è falso vol.2

                            Per i Vangeli, Gesù non era l'unico figlio di Giuseppe e Maria. Nel Vangelo secondo Marco (6,3) sì afferma, al contrario, che egli avesse ben quattro fratelli e più di una sorella. Lo stesso dicasi del Vangelo di Matteo (13,55). Marco (3,32) cita fratelli e sorelle in un numero imprecisato.
                            Anche Giovanni (7,5) indica la presenza di fratelli.
                            Per Giuseppe Flavio (il più noto storico ebraico dell'epoca) Giacomo, fratello di Gesù, fu condannato a morte nell'anno 62 dal gran sacerdote. Eusebio di Cesarea (265/339 circa), un prelato greco autore di Storia della Chiesa, riferisce di un nipote di Gesù, figlio di suo fratello.
                            Un altro credo fondamentale dell’istituzione ecclesiastica è la verginità di Maria. Ma in tutti i più antichi scritti apocrifi Maria non è considerata Vergine. E anche nelle prime versioni degli evangelisti non vi sono riferimenti a una nascita miracolosa di Gesù.
                            Il Vangelo di Marco, il più antico tra quelli riconosciuti, ignora il concepimento virginale. Anche Paolo, i cui testi sono i più prossimi alla vita di Gesù, fa discendere il bambino da Davide giungendo sino a Giuseppe (ritenendolo dunque, a tutti gli effetti, il padre). Ma se il padre non era Giuseppe ma Dio, a che pro tutto questo dispiegamento di avi?


                            La realtà della "verginità" di Maria è stata storicamente spiegata: sì è trattato di un errore durante la traduzione greca della Bibbia quando sì traslò giovane donna (alma) ((Pepe Rodrìguez, Verità e Menzogne della Chiesa Cattolica, trad. C. Tognonato, Editori Riuniti, Roma 1998)) in vergine.
                            Ma se i teologi si sono accorti dell'errore perché hanno continuato a insistere sulla verginità mariana?
                            Perché i popoli primitivi adoravano una divinità femminile, la Madre Terra. Con l'andare del tempo essa venne affiancata a una divinità maschile, più potente.
                            Anche presso i giudei e i cristiani primitivi vi erano le tracce della derivazione del culto matriarcale e la Madre Terra (antica dea) era divenuta la Ruah o Spirito Santo. I "figli di Dio" (così sì chiamavano abitualmente gli uomini ebrei devoti), erano figli di umani ma derivavano la loro forza vitale dall'unione creatrice di Dio con Ruah, la Madre.


                            Ecco dunque la logica trinità: Padre, Madre, Figlio. Ogni creatura aveva una Madre e un Padre divini e una madre e un padre umani. I sacerdoti guerrieri patriarcali decisero di abrogare la Ruah , ma il suo culto era troppo radicato. Tutto quello che fu possibile fare fu toglierle il nome.
                            La Ruah
                            , dunque, divenne solo lo Spirito Santo, entità asessuata e incorporea. Quando i cristiani della scuola di Paolo cominciarono a sostenere, quindi, l’unione tra Maria e lo Spirito Santo i giudeo-cristiani restarono sgomenti.
                            Il Vangelo di Filippo, mostra tutto lo sbalordimento dei cristiani dell'epoca; "Taluni hanno detto che Maria ha concepito dallo Spirito Santo. Essi sono in errore. Essi non sanno quello che dicono. Quando mai una donna ha concepito da una donna?" ((Vangelo di Filippo, 17, a cura di M. Crateri, I Vangeli Apocrifi, Einaudi, Torino 1969)).
                            Il Vangelo apocrifo di Tommaso cita uno Spirito Santo femminile, che chiama la Innocente Spiritualità.
                            Nel momento della "verginificazione" di Maria si ricorse così a una trinità maschile che è davvero un mistero della fede. Nei primi Vangeli, invece, come già accennato, la nascita non aveva proprio nulla di miracoloso e quindi genealogie e riferimenti a Giuseppe come padre avevano senso.
                            Ma l'idea che Gesù fosse solo un essere umano non era sufficientemente esportabile ovunque.


                            Fu allora che San Paolo fece diventare Gesù un semidio nato in modo straordinario. Venne perciò, successivamente, aggiunta nel primo capitolo di Matteo e di Luca la frase. "Un vento calerà su di te e ti coprirà come un'ombra la potenza dell'Altissimo" (Luca 1,35) che è la copia identica dei comportamenti utilizzati da Zeus per accoppiarsi con le donne terrestri. La mitologia pagana si sposa con la nuova religione così da realizzare il sincretismo.
                            Le cose non erano, però, ancora del tutto sistemate. La Chiesa gradiva molto poco le continue negazioni della purezza di Maria contenute negli altri passi del Vangelo. Così, sul finire del 300 Giovanni Crisostomo fece approvare il dogma della sempiterna verginità di Maria, ante partum, in partu, post partum.
                            Da quel momento si cominciò, così, a sostenere che i fratelli di Gesù erano in realtà cugini.
                            La discussione rimaneva però aperta. Anche a molti padri della Chiesa pareva eccessivo sostenere che i redattori dei Vangeli si fossero dimenticati di dare il giusto credito a un'informazione sbalorditiva come la perpetua verginità di Maria. Era come smentire gli stessi evangelisti, che continuavano ad attribuire fratelli a Gesù. Così sulla verginità di Maria si dibatteva pochissimo, inizialmente. Ma si poneva un ulteriore problema. Gesù non poteva essere soltanto il figlio subalterno di Dio. Ciò avrebbe significato che la nuova fede era in realtà il credo nel Dio dei giudei, con l'unica differenza di averlo dotato di prole. Quindi, ovviamente, il libro adottato avrebbe dovuto continuare a essere la Bibbia e i cristiani romani non avrebbero potuto distanziarsi, come volevano, dai giudei.


                            Così nel Concilio di Nicea del 325, vi fu una disputa animatissima, tanto che alcuni partecipanti vennero uccisi (erano gli ariani, che contestavano questa manipolazione dei Vangeli). Si decise infine che Gesù non era solo il Figlio, ma Dio stesso incarnato. Si legittimò in questo modo, anche la deificazione di Maria (divenuta così Madre di Dio stesso) la quale era stata creata da Dio che l'aveva poi fecondata e ne era divenuto il figlio e al tempo stesso anche il padre fecondatore…
                            La deificazione di Maria ottenne anche lo scopo di assorbire molti culti pagani tradizionali (ldaea, Iside egiziana, Astarte fenicia…) ancora associati alla Magna Mater deorum, la Dea Madre di tutti gli dei, e di convertire i templi di queste dee pagane al culto della Madonna. Vi erano anche altri motivi per negare l'esistenza dei fratelli di Gesù.
                            La causa prima appare ovvia: anche ritenendo che Gesù fosse il maggiore tra tutti i suoi fratelli, dopo la nascita di sei o sette figli Maria, indubbiamente, vergine non poteva più esserlo.
                            Ma se Gesù aveva già avuto la sua nascita mirabolante e poteva così rivaleggiare con le divinità pagane, perché voler insistere sul fatto che Maria rimase vergine anche dopo il parto, in aperta contraddizione con i Vangeli? Semplicemente si voleva evitare che i discendenti dei famigliari di Gesù potessero reclamare di dirigere la Chiesa nascente, in base a legittima successione.
                            Last edited by Conan; 08-03-2006, 14:47:23.
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                              IOR, una lunga storia
                              <FONT face=Verdana size=2><SPAN style="mso-bidi-font-size: 12.0pt">Ferrucci Pinotti “Poteri Forti
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                                #30
                                IOR, una lunga storia

                                Ferrucci Pinotti “Poteri Forti
                                ORDINA IL LIBRO


                                I legami tra Vaticano e mondo bancario sono un nodo importante dell’intera vicenda. E per capire le logiche che dominano tutti questi complessi rapporti non si può prescindere dalle origini dello Ior.
                                Lo Ior ha come antenato la Commissione Ad pias causas, istituita nel 1887 da Leone XIII al fine di convertire le offerte dei fedeli in un fondo facilmente smobilizzabile. La prima riforma delle finanze vaticane risale al 1908, quando su iniziativa di papa Pio X l'istituto assume il nome di Commissione amministratrice delle Opere di Religione. Ma è solo con Benito Mussolini che decollano le fortune economiche del Vaticano, in particolare quando il duce risolve la cosiddetta «questione romana», ossia la decisione di annettere gran parte delle proprietà pontificie presa nel 1870 dal Regno d'Italia. Da allora lo Stato garantiva al Vaticano una sovranità limitata e un sussidio di 3.250.000 lire annue. Ma all'indomani dei Patti Lateranensi del 1929 l 'Italia, oltre a riconoscere al nuovo Stato denominato «Città del Vaticano» l'esenzione dalle tasse e dai dazi sulle merci importate, predispose un risarcimento per i danni finanziari subiti dallo Stato pontificio in seguito alla fine del potere temporale. L’art. 1 lo quantificava nella «somma di 750 milioni di lire e di ulteriori azioni di Stato consolidate al 5 per cento al portatore, per un valore nominale di un miliardo di lire»[1][1]

                                Per gestire questo ingente patrimonio, subito dopo la firma dei Patti Lateranensi papa Pio XI istituisce l'Amministrazione speciale per le Opere di Religione, che affida a un laico esperto, l'ingegner Bernardino Nogara, un abile banchiere proveniente dalla Comit, membro della delegazione che, dopo la prima guerra mondiale, negoziò il trattato di pace e, successivamente, delegato alla Banca Commerciale di Istanbul. Grazie alla sua abilità, Nogara trasforma l'Amministrazione in un impero edilizio, industriale e finanziario. Le condizioni che il banchiere pose a Pio XI per accettare l'incarico di gestire il patrimonio del Vaticano erano due: «1. Qualsiasi investimento che scelgo di fare deve essere completamente libero da qualsiasi considerazione religiosa o dottrinale; 2. devo essere libero di investire i fondi del Vaticano in ogni parte del mondo»[2][2]
                                Il Papa accettò e si aprì così la strada alle speculazioni monetarie e ad altre operazioni di mercato nella Borsa valori, compreso l'acquisto di azioni di società che svolgevano attività in netto contrasto con l'insegnamento cattolico. «Prodotti come bombe, carri armati, pistole e contraccettivi potevano essere condannati dal pulpito, ma le azioni che Nogara comprava aiutarono a riempire le casseforti di San Pietro» commenta Yallop.[3][3]


                                Nogara rilevò l'Italgas, fornitore unico in molte città italiane, e fece entrare nel consiglio di amministrazione, come rappresentante del Vaticano nella società, l'avvocato Francesco Pacelli, fratello del cardinale Eugenio che poco dopo sarà eletto Papa e assumerà il nome di Pio XII. Grazie alla gestione di Nogara, il Banco di Roma, il Banco di Santo Spirito e la Cassa di Risparmio di Roma entrarono ben presto nell'ambito dell'influenza del Vaticano.
                                Quando acquisiva quote di una società, raramente Nogara entrava nel consiglio di amministrazione: preferiva affidare quest'incarico a uno dei suoi uomini di fiducia, tutti appartenenti all’elite vaticana che si occupava della gestione degli interessi della Chiesa. I tre nipoti di Pio XII, i principi Carlo, Marcantonio e Giulio Pacelli, ne facevano parte, i loro nomi cominciarono ad apparire tra quelli degli amministratori di un elenco sempre più lungo di società. Gli uomini di fiducia della Chiesa erano presenti dappertutto: industrie tessili, comunicazioni telefoniche, ferrovie, cemento, elettricità, acqua. Bernardino Nogara sorvegliava ogni settore che promettesse margini di remunerazione.


                                Nel 1935, quando Mussolini ebbe bisogno di anni per la campagna d'Etiopia, una considerevole quantità fu fornita da una fabbrica di munizioni che Nogara aveva acquisito per il Vaticano. E rendendosi conto, prima di molti altri, dell'inevitabilità della seconda guerra mondiale, sempre Nogara cambiò in oro parte del patrimonio Vaticano da lui gestito. Le sue speculazioni sul mercato dell'oro continuarono per tutto il periodo in cui fu alla guida dell'amministrazione dei beni del Vaticano.
                                Il 27 giugno 1942 Pio XII decide di cambiare nome all'Amministrazione speciale per le Opere di Religione che diventa Istituto per le Opere di Religione. Nasce così un ente bancario dotato di un'autonoma personalità giuridica e che si dedicherà non soltanto al compito di raccogliere beni per la Santa Sede , ma anche a quello di amministrare il denaro e le proprietà ceduti o affidati all'istituto stesso da persone fisiche o giuridiche per opere religiose e di carità cristiana.
                                Il 31 dicembre 1942 il ministro delle Finanze del governo italiano Paolo Thaon di Revel emise una circolare in cui si affermava che la Santa Sede era esonerata dal pagare le imposte sui dividendi azionari.


                                Nogara continuò a lavorare per accrescere le risorse del Vaticano. Furono rafforzati i legami con diverse banche. Già dai primi del Novecento i Rothschild di Londra e di Parigi trattavano con il Vaticano, ma con la gestione Nogara gli affari e i partner bancari aumentarono vertiginosamente: Credit Suisse, Hambros Bank, Morgan Guarantee Trust, The Bankers Trust di New York (di cui Nogara si serviva quando voleva comprare e vendere titoli a Wall Street), Chase Manhattan, Continental Illinois National Bank. E Nogara assicurò al Vaticano partecipazioni in società che operavano nei settori più diversi: alimentare, assicurativo, acciaio, meccanica, cemento e beni immobili. Un susseguirsi di successi finanziari senza precedenti per la Chiesa cattolica.
                                Nel 1954 Bernardino Nogara decide di ritirarsi senza tuttavia interrompere l'attività di consulente finanziario del Vaticano, che continuò fino alla morte, avvenuta nel 1958. La stampa dedicò poco spazio alla sua scomparsa, ma il cardinale Francis Spellmann di New York pronunciò per lui un memorabile epitaffio: «Dopo Gesù Cristo la cosa più grande che è capitata alla Chiesa cattolica è Bernardino Nogara».[4][4]
                                Al geniale banchiere, nel corso della sua lunga attività, venne affiancato il principe Massimo Spada. Anche lui mostrò lungimiranza e spregiudicatezza nella gestione degli interessi del Vaticano e si lanciò in varie operazioni, la maggior parte delle quali - come si è visto - in collaborazione con Michele Sindona.


                                Lo Ior, in quanto istituto che opera con modalità proprie, non è mai stato tenuto a nessun tipo di informativa - né verso i propri clienti, né verso terzi - né tanto meno a pubblicare un bilancio o un consuntivo sulle proprie attività. All'epoca del caso Calvi-Ambrosiano, l'istituto doveva rispondere, in via puramente teorica, a una commissione esterna di cinque cardinali, ma di fatto gli amministratori si muovevano senza alcun vincolo.
                                A favore di chi, allora, operava lo Ior? Marcinkus dichiarò che i profitti erano realizzati «a favore di opere di religione» e che «qualsiasi guadagno dello Ior è a disposizione del Papa». Ma come osserva Bellavite Pellegrini: «Con le sue caratteristiche, lo Ior veniva veramente ad assomigliare a un intermediario che agisce su una piazza off shore»
                                Last edited by Conan; 08-03-2006, 14:47:48.
                                sigpic"Ooh amore ooh amante
                                Che fai stasera ragazzo?
                                Tutto va bene, solo tienimi stretto
                                Questo perché sono un buon amante vecchio stampo"

                                Così non capisce. Devi dire "Conan, hai rotto er *****!" (Sergio cit.)

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