Tutelare Gli Uccelli

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    Tutelare Gli Uccelli

    TUTELARE GLI UCCELLI MIGRATORI




    "TUTELARE GLI UCCELLI MIGRATORI, ORA PIU' CHE MAI"
    Aspetti sanitari ed esigenze di conservazione della natura in relazione al tema dell'influenza aviaria da H5N1.
    La posizione della LIPU - Birdlife Italia.
    A cura del Dipartimento Conservazione della Natura LIPU e di Birdlife International.

    L'influenza aviaria è una infezione causata da virus di tipo A che colpisce le specie avicole, sia domestiche (polli, tacchini, oche, anatre) che selvatiche (in particolare gli uccelli acquatici).
    Esistono almeno 144 varietà di influenza aviaria, la maggior parte delle quali ha effetti lievi ed è classificata come "Influenza Aviaria a Bassa Patogenicità" (LPAI). Al contrario, i sottotipi H5 e H7 sono classificati come "Influenza Aviaria ad Alta Patogenicità"' (HPAI) e possono causare mortalità di massa, specie tra il pollame domestico.
    In effetti, il pollame domestico è particolarmente esposto al rischio di virus altamente patogeni (che sono invece meno frequenti tra gli uccelli selvatici) e questo a causa delle modalità intensive di allevamento, del sovraffollamento, delle cattive condizioni igieniche, delle situazioni di promiscuità e in generale dei bassi livelli di bio-sicurezza presenti in molti allevamenti mondiali, che consentono al virus di evolvere verso una forma altamente pericolosa.
    Meno esposti al rischio del pollame domestico, anche gli uccelli selvatici possono tuttavia essere infettati e uccisi dai virus HPAI. Essi infatti contraggono probabilmente il virus tramite il contatto con il pollame domestico o con le strutture degli allevamenti utilizzati per il pollame domestico.
    Non va tuttavia dimenticato, come già detto, che quando si parla di influenza aviaria è opportuno distinguere tra un problema di carattere generale, ovverosia i tanti casi di influenza aviaria a bassa patogenicità, e il problema rappresentato dai virus ad alta patogenicità dei sottotipi H5 e H7, tra i quali, ad esempio, l'H5N1 di cui si discute in queste ultime settimane.
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    #2
    COS'È L'H5N1?


    L'H5N1 è un HPAI, un virus ad alta patogenicità.
    Questa varietà di virus è comparsa ad Hong Kong nel 1997 e da allora si è più volte manifestata, specie nel sud-est asiatico, colpendo soprattutto il pollame domestico.
    La genesi di questo virus è da ricercarsi in un virus a bassa patogenicità che si è poi evoluto, nel pollame domestico, trasformandosi in un virus ad alta patogenicità.
    Non è da escludere che il virus originario LPAI sia stato inizialmente trasmesso dagli uccelli selvatici ai polli, per poi trasformarsi in seguito in un virus altamente patogeno. Questo sembra quindi confermare uno degli aspetti più rilevanti della questione, ovvero che il passaggio del virus da bassa ad alta patogenicità (e dunque da basso ad alto rischio anche, eventualmente, per l'uomo) avviene proprio in presenza di talune condizioni quali ad esempio quelle degli allevamenti intensivi di pollame. Le condizioni presenti negli allevamenti cui già si faceva riferimento (affollamento, allevamenti di più specie, tempo prolungato di contatto con feci, saliva e altre secrezioni corporee) mantengono infatti il virus in circolazione mentre lo stesso evolve, rendendo dunque possibile la trasformazione in una varietà altamente patogena quale ad esempio l'H5N1.

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      #3
      PER CHI/COSA E' PERICOLOSO L'H5N1? (POLLAME, UCCELLI SELVATICI, UOMO).
      Sino ad oggi l'H5N1 si è quindi dimostrato particolarmente patogeno per il pollame domestico, specie nella recente serie di focolai che dal 2003 si sono succeduti nel sud-est asiatico, dove la grande produzione intensiva di pollame domestico, ulteriormente cresciuta negli ultimi tempi, si combina spesso con i citati problemi di bio-sicurezza.
      Con l'intensificarsi dei controlli, vari casi di contagio da H5N1 sono stati riscontrati anche negli uccelli selvatici, soprattutto nelle zone asiatiche ma anche in due casi europei (un Airone in Romania e alcuni cigni selvatici in Croazia).
      Anche se in pochi casi, l'H5N1 si è tuttavia dimostrato trasmissibile anche all'uomo, e con effetti letali. I casi di contagio umano da H5N1, confermati in laboratorio al 24 ottobre 2005, sono in totale 121 (91 in Vietnam, 19 in Thailandia, 7 in Indonesia, 4 in Cambogia, ) con 62 decessi. Dopo i 35 casi (con 24 decessi) del periodo Dicembre 2003 - Marzo 2004 e i 9 casi (con 8 decessi) del periodo Luglio 2004 - Ottobre 2004, un'impennata di casi si è avuta nel periodo che va dalla fine del 2004 ad oggi, con 77 casi di contagio e 30 decessi (dati OIE).
      Considerando l'enorme numero di contatti diretti esistenti tra uomini e pollame domestico, specie nei paesi del sud-est asiatico, tale numero appare sino ad ora, e per fortuna, relativamente basso.

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        #4
        COME SI TRASMETTE ALL'UOMO IL VIRUS H5N1? LA GENTE PUÒ CONTRARRE L' H5N1 DAGLI UCCELLI SELVATICI?
        Tutti i casi di contagio umano sino ad ora riscontrati sono da attribuirsi al contatto tra l'uomo e il pollame domestico o i relativi allevamenti, specie nei casi in cui questi sono apparsi soggetti a scarse condizioni di bio-sicurezza.

        Non esiste ad oggi alcun caso in cui il virus sia stato trasmesso all'uomo dagli uccelli selvatici ed anzi i principali esperti tendono per il momento a ridurre al minimo, se non a escludere del tutto, questa eventualità.
        Sebbene l'H5N1 possa far ammalare le persone in modo grave e causarne persino la morte, il virus non sembra ad oggi tale da contagiare facilmente l'uomo, né da diffondersi tra le persone. Attualmente la preoccupazione è invece legata al fatto che il virus possa mutare, evolversi in una forma diversa e facilmente trasmissibile tra umani, causando così non solo una semplice epidemia (cioè la diffusione del virus tra gli uomini di una determinata area) ma addirittura una pandemia (la diffusione del virus tra gli uomini dell'intero pianeta).
        Negli ultimi 100 anni ci sono state tre grandi pandemie di influenza umana di tipo A (Spagnola 1918, Asiatica 1957, Hong Kong 1968) i cui virus hanno causato la morte di un gran numero di persone su scala globale. Si pensa che tali virus mortali si siano generati quando l'influenza aviaria e l'influenza umana sono venute in contatto, presumibilmente in una specie intermedia quale ad esempio il maiale, ricombinandosi e generando una nuova e pericolosa forma virale trasmissibile da uomo a uomo.
        E' dunque a tale eventualità che gli scienziati, i medici e gli esperti di tutto il mondo guardano con preoccupazione. Pur dovendo mantenere alta l'attenzione e agire in modo da farci trovare preparati nel caso che una pandemia dovesse realmente verificarsi, va detto che al momento tale eventualità non appare imminente.
        Ma al di là del rischio di pandemia, in questi giorni si discute anche della possibilità che gli uccelli selvatici, in particolari durante e tramite le fasi di migrazione, possano diffondere il virus nel mondo, tra il pollame e/o altri uccelli selvatici, causando un fenomeno di epidemia o pandemia tra gli animali.


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          #5
          I MIGRATORI SELVATICI DIFFONDONO IL VIRUS H5N1 NEL MONDO?
          Pur non potendolo escluderlo, ad oggi non esistono prove concrete che gli uccelli migratori stiamo contribuendo a diffondere la malattia tra il pollame domestico e/o gli altri uccelli selvatici. Un elemento di rilievo, in proposito, è costituito dal fatto che, nonostante i numerosi controlli che vengono effettuati, sono ancora relativamente pochi i casi di uccelli selvatici in cui è stato isolato il virus H5N1.
          Va inoltre chiarito che la presenza di H5N1 (cioè il virus altamente patogeno e pericoloso anche per l'uomo) non va confusa con quella del virus H5 genericamente inteso, che è spesso presente negli uccelli selvatici ma in varietà non pericolose per l'uomo.
          Se dunque i focolai recentemente individuati in Europa (Romania, Croazia, Turchia, Russia) sembrano situarsi proprio lungo le rotte migratorie degli uccelli selvatici (incluso il Delta del Danubio, area di capitale importanza per le anatre durante la migrazione autunnale) una grande prudenza va mantenuta nel ritenere che gli uccelli migratori siano un veicolo di propagazione del virus o addirittura, come a volte si sostiene, il principale veicolo di propagazione. Non pochi dubbi, tra gli esperti, stanno emergendo in proposito.
          Proprio per questo è quindi necessario porre grande attenzione sulle altre cause, di fatto o potenziali, di propagazione del virus H5N1.

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            #6
            COME SI TRASMETTE/PROPAGA IL VIRUS SE NON TRAMITE GLI UCCELLI SELVATICI?
            Al di là del possibile rischio rappresentato dagli uccelli migratori, vi sono varie plausibili modalità di trasmissione/propagazione, tutte da monitorare con grande attenzione.
            Tra queste 1) i movimenti di pollame domestico (e derivati, tra cui le penne), 2) il commercio -legale e soprattutto illegale- di animali selvatici, 3) il movimento di suolo/fango tramite le ruote degli autoveicoli e le suole delle calzature.
            L'importanza relativa di ciascuno di questi fattori nella trasmissione dell'H5N1 non è ancora nota, ma è pur vero che ad oggi tutti i focolai che sono stati analizzati sembrano riconducibili ai movimenti di pollame.
            E' ad esempio noto che i movimenti di pollame e di prodotti legati al pollame nelle aree del sud-est asiatico sono particolarmente implicati nella diffusione del virus tra allevamenti e tra paesi. I focolai in Cina, Kazakhstan e Russia meridionale seguono infatti le strade e le ferrovie principali. Ancora, i focolai in Kazakhstan, Mongolia e Russia hanno avuto luogo in estate, quando cioè la maggior parte dei migratori è in fase di muta e non sta intraprendendo migrazioni a lungo raggio.
            Il coinvolgimento degli uccelli selvatici in questi focolai sembra dunque altamente improbabile. La fonte dei recenti focolai in Europa non è nota ma i movimenti di pollame e di prodotto del pollame sembra fornire una spiegazione plausibile almeno quanto la possibile trasmissione tramite gli uccelli selvatici,
            Altro serio fattore di rischio è rappresentato dal commercio (specie quello illegale) di fauna selvatica. L'altissimo numero di animali selvatici commerciati nel mondo, la scarsità dei controlli sanitari esercitati su di essi, la non efficienza di talune strutture e/o modalità di trasporto/quarantena/degenza di tali animali rappresentano senza dubbio fattori di rischio molto serio. Il rischio diventa poi estremamente elevato quando al commercio legale si sostituisce o si affianca il traffico illegale. In questi casi, infatti, le modalità di prelievo, trasporto e degenza di tali animali perdono qualsiasi caratteristica di bio-sicurezza e i controlli sanitari, ovviamente, spariscono del tutto.
            Da non sottovalutare, infine, il pericolo rappresentato dal movimento di materiale "a rischio" tramite ruote di autoveicoli o suole delle scarpe. Se in quest'ultimo caso, la propagazione del virus può avvenire soprattutto su scala ristretta, ovvero da luoghi a luoghi relativamente prossimi tra loro, nel caso delle ruote di autoveicoli le distanze coperte possono essere persino intercontinentali. Entrambi i casi, tuttavia, e pur non disponendosi ancora di dati approfonditi in tal senso, possono rappresentare fattori di rischio da non sottovalutare.

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              #7
              COSA FARE PER RIDURRE IL RISCHIO DI PANDEMIA UMANA E DIFFUSIONE DEL VIRUS TRA ANIMALI DOMESTICI E SELVATICI?


              Oltre alle ovvie azioni di carattere medico-scientifico e sanitario, è opportuno:
              intervenire sugli allevamenti di pollame, specie su quelli a carattere intensivo, per migliorarne nettamente le condizioni di bio-sicurezza;
              intervenire dovunque esista una co-presenza promiscua di uomini, animali domestici e selvatici e mettere in atto tutte le necessarie norme igieniche, sanitarie, veterinarie e in generale di bio-sicurezza;
              ridurre i movimenti di pollame domestico (e derivati) e comunque subordinarli a migliori norme di bio-sicurezza;
              ridurre fortemente il commercio di fauna selvatica e aumentare i controlli sanitari;
              intensificare la lotta al commercio illegale di fauna selvatica;
              limitare o eventualmente sospendere le attività venatorie (uso di richiami vivi, ripopolamenti, pasturazione, abbattimenti); vedi oltre;
              monitorare gli uccelli selvatici;
              promuovere azioni a tutela degli uccelli selvatici (in particolare i migratori) e dei loro habitat (in particolare le aree umide);
              evitare ogni azione cruenta contro la natura e gli uccelli selvatici come ad esempio la riduzione degli habitat o l'abbattimento preventivo di animali;
              evitare ogni forma di allarmismo.





              PERCHE' L'ABBATTIMENTO DI ANIMALI O LA RIDUZIONE DEGLI HABITAT AGGRAVA, ANZICHE' RISOLVERE, IL PROBLEMA?
              Ogni attività che danneggia la natura non risulterebbe soltanto inutile ma persino controproducente rispetto all'obiettivo di ridurre il rischio di propagazione del virus H5N1. Ad esempio, l'eliminazione delle zone umide da una certa area comporterebbe un aumento della concentrazione degli uccelli selvatici nelle altre aree e dunque non solo uno stress maggiore per gli uccelli ma anche un maggior rischio di contagio nel caso in cui il virus fosse presente.
              Allo stesso modo, azioni di abbattimento preventivo porterebbero a stressare e disperdere gli uccelli, con il rischio di aumentare anziché ridurre la potenziale propagazione del virus. Gli uccelli sopravvissuti, infatti, si disperderebbero a colonizzare nuovi siti; inoltre, gli uccelli sani sottoposti a stress diverrebbero probabilmente più vulnerabili alle infezioni.
              Le maggiori organizzazioni mondiali concordano nel sostenere che il controllo dell'influenza aviaria tramite i piani di abbattimento non solo non è fattibile ma non deve essere nemmeno tentato in quanto di fatto deleterio.

              QUALI SPECIE SELVATICHE SONO INTERESSATE DALL'H5N1? L'H5N1 MINACCIA DELLE SPECIE DI UCCELLI A RISCHIO?
              Le specie di uccelli selvatici particolarmente interessate dal rischio di influenza da H5N1 sono soprattutto quelle acquatiche, in particolare le anatre (Germano reale, Fischione, Codone, Mestolone, Marzaiola, Canapiglia, Alzavola, morette, gobbi ecc.), le oche, i cigni, i caradriformi (limicoli, gabbiani). Meno esposti al rischio, almeno al momento, appaiono invece i passeriformi o i rapaci.
              L'eventuale diffusione tra gli uccelli selvatici del virus, al momento apparentemente ancora contenuta, potrebbe avere effetti molto negativi su alcune specie e in particolare su quelle specie già per altri versi minacciate. Il rischio maggiore potrebbe essere per quelle specie minacciate che hanno piccole popolazioni concentrate in aree dove il virus è presente in modo stabile, specialmente in prossimità di allevamenti che utilizzano le stesse risorse trofiche e la stessa acqua. Un caso che in questo senso sta facendo discutere è quello dell''Oca Indiana, presso il Lago Qinghai in Cina (una delle zone più interessate dal problema), che sembra aver già subito un forte danno dal virus.
              Va in ogni caso tenuto presente che vi sono numerose specie acquatiche globalmente minacciate nel sud-est asiatico e alcune specie nel sud-est europeo (tra cui Gobbo rugginoso, Pellicano riccio, Chiurlottello), le cui popolazioni sono già state ridotte a causa della distruzione di habitat e del prelievo eccessivo, per le quali l'influenza aviaria, qualora dovesse diffondersi, potrebbe dunque rappresentare una concreta minaccia di estinzione.

              COSA FARE PER PRESERVARE GLI UCCELLI SELVATICI DAL RISCHIO DI GRAVI CONSEGUENZE DA H5N1?
              Occorrerebbe:
              intervenire sugli allevamenti di pollame e mettere in atto tutte le necessarie norme di bio-sicurezza;
              promuovere azioni a tutela degli uccelli selvatici (in particolare i migratori) e dei loro habitat (in particolare le aree umide). In generale, intervenire sulle altre cause di minaccia per gli uccelli selvatici, che altrimenti potrebbero combinarsi fatalmente con quella rappresentata da H5N1;
              avviare una seria attività di monitoraggio mediante, ad esempio, l'istituzione di centri privilegiati di monitoraggio in tutti i paesi del Mondo; migliorare le conoscenze delle rotte migratorie degli uccelli selvatici e in particolare degli anseriformi;
              predisporre piani di monitoraggio straordinario e di eventuale intervento per le specie già minacciate, sulle quali gli effetti dell'H5N1 potrebbero essere estremamente seri;
              evitare ogni forma di criminalizzazione degli animali, selvatici o domestici che siano.

              PUO' LA CACCIA AUMENTARE IL RISCHIO DI PROPAGAZIONE DEL VIRUS? PUO' ULTERIORMENTE DANNEGGIARE GLI UCCELLI SELVATICI?
              Un fattore di rischio di propagazione del virus è rappresentato dall'attività venatoria e in particolare:

              all'utilizzo di richiami vivi (ovvero di animali domestici quale "esche" per richiamare gli uccelli selvatici), pratica che provoca "contatto" tra animali domestici e uccelli selvatici;
              dalle attività di ripopolamento a fini venatori con l'immissione in ambiente naturale di fauna domestica, spesso di provenienza fortemente incerta;

              dalla cosiddetta "pasturazione", cioè la pratica mediante cui si fornisce agli uccelli selvatici, in particolare gli acquatici, cibo sottoforma di granaglie al fine di concentrali in un determinato sito e cacciarli;
              dall'attività venatoria in genere, che interviene sugli uccelli selvatici stressandoli e disperdendoli e che inoltre può provocare il "contatto" tra la fauna selvatica cacciata e la fauna domestica (pollame, maiali ecc.).
              Da valutare inoltre i rischi del contatto diretto tra il cacciatore e gli uccelli selvatici abbattuti. Tale rischio, ad oggi ritenuto non preoccupante per l'eventuale trasmissione del virus, non può essere completamente scartato.
              DOBBIAMO TEMERE GLI UCCELLI SELVATICI?
              Assolutamente no. Ad oggi non c'è alcuna ragione nota perché gli uccelli selvatici vadano temuti. Non esiste alcun caso di contagio tra uccelli selvatici e uomo. Non esiste alcuna prova certa che gli uccelli selvatici stiano trasportando il virus per il mondo. Non esistono prove che il virus sia particolarmente presente tra gli uccelli selvatici.
              Quello che comunque è sempre opportuno ricordare, a prescindere dal problema dell'influenza aviaria, è che ogni contatto con gli animali, selvatici e non, va accompagnato dal rispetto delle elementari norme igieniche.
              Ad ogni modo, mai come ora gli uccelli selvatici, i migratori, i loro habitat hanno bisogno del nostro aiuto. Tutelare i loro ambienti naturali, conoscerli meglio, studiare e conoscere le rotte di migrazione, promuovere azioni a difesa delle specie minacciate, in generale promuovere e tutelare la rete della vita è la migliore garanzia per il nostro ed il loro futuro.

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              • Cesarius
                Bodyweb Advanced
                • Jan 2005
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                #8
                Mi è venuta voglia di andare a caccia...
                Originariamente Scritto da Leonida
                gary io più ti leggo e più maledico l' alfabetizzazione, la democrazia e la rivoluzione francese, tu dovevi coltivare il tuo manso in padania dietro un affitto che dovevi al tuo signore.
                Originariamente Scritto da Bad Girl
                ho sempre pensato che tu hai proprio bisogno di prenderlo di più,scusami se te lo dico ma ricordi me ai tempi della tristezza..per me puoi cambiare, se ce l'ho fatta io.. puoi farcela anche tu
                Originariamente Scritto da gorgone
                ma manca la verità più vera, le donne non vanno ascoltate, ma virilmente guidate.

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