Originariamente Scritto da 0positivo
Ieri ho visto "Il Padrino"
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la scena del bacio in bocca di Micheal a Fredo e' stupendaOriginariamente Scritto da SPANATEMELAparliamo della mezzasega pipita e del suo golllaaaaaaaaaaaaazzzoooooooooooooooooo contro la rubentusOriginariamente Scritto da GoodBoy!ma non si era detto che espressioni tipo rube lanzie riommers dovevano essere sanzionate col rosso?
grazie.
PROFEZZOREZZAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
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Originariamente Scritto da MIZARDla vecchia mafia non faceva quest'ultima cosa...niente donne e bambini era la regola,ma parliamo credo dei primi del '900.
rimane cmq quello che hai detto...
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Originariamente Scritto da 0positivo"La nascita della mafia siciliana coincide con la nascita dello Stato moderno e rappresenta uno stratificarsi di potere in alternativa alla debolezza mostrata dal radicamento del potere legale dello Stato stesso. Sono tante e tali le trasformazioni subite dall’organizzazione criminale dell’isola che è oggi impresa ardua stabilire una continuità diretta tra la mafia borbonica e quella attuale.
La capacità di crescita mostrata da Cosa nostra sta tutta nella sua capacità di inquinare i rapporti sociali con la violenza, ma soprattutto nella sua abilità a mimetizzarsi nelle pieghe del sistema di potere vigente e a scendere a patti con esso: una tattica, questa, che le ha garantito lunghissimi anni di impunità.
Lo scontro violento tra Cosa nostra e Stato si verificherà, infatti, soltanto negli anni Novanta del secolo appena passato (gli anni dello stragismo mafioso) ed è un aspetto della storia della mafia siciliana ancora tutto da indagare, specialmente nei suoi risvolti e nelle alleanze che sottintende. "
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Originariamente Scritto da Steel77e quindi?
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Originariamente Scritto da 0positivobravo Mizard che ha capito a cosa mi riferivo...parlavo della vecchia mafia, i veri uomini d'onore che nn avrebbero mai commesso gli orrori di oggi ...
I sedicenti uomini d'onore sono e sono sempre stati dei vigliacchi, delinquenti senza scruppoli che non faccevano certe cose (e a volte le facevano comunque) solo perchè ciò avrebbe indebolito quel "rispetto" che si erano costruiti col terrore e vivendo come parassiti sul sudore dei tanti loro compaesani onestisigpic
"Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare"
"Le risposte sono dentro di te, peccato che siano tutte sbagliate"
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La mafia a noi più vicina, per intenderci quella dei Greco, dei Riina e dei corleonesi in genere, non ha prodotto dei veri padrini, secondo l’antica tradizione, ma soltanto dei sanguinari boss che nulla hanno a che fare, secondo l’autore, con la ieratica sacralità dei vari Cascio Ferro, Vizzini, Genco Russo o Navarra."[... ] di solito rozzi brutali per mentalità e temperamento, scriteriati ed avventurieri, improvvisatori e quasi sempre maldestri nel gestire i rapporti con il mondo politico, esibizionisti di una forza selvaggia insofferente ad ogni controllo, fuorilegge senza scrupoli dediti ad affari di morte, ladri tenaci e rapacissimi e soprattutto, efferati assassini, essi rappresentano una strana versione urbana del vecchio brigantaggio siciliano delle campagne ibridatosi con le "moderne" suggestioni e aspirazioni ad una facile ricchezza. Sono, in breve, rappresentabili come violenti parassiti e razziatori della società urbana, ovvero della cosiddetta " società dei consumi" del secondo dopoguerra". (Marino pp.447-448). Lo status di padrino "era oggettivamente inarrivabile per i Corleonesi che forse neppure ne avvertivano l’istanza e, vincolati com’erano quasi tutti alla loro invincibile natura brigantesca, nient’altro avrebbero potuto aspirare a conseguire per il coronamento delle loro carriere se non una turpe ed elementare autorevolezza da boss, rimessa in gran parte alla capacità di terrorizzare gli avversari con pratiche gangsteristiche all’americana. Nessuno direbbe oggi " don Luciano" per riferirsi a Liggio o "don Giovanni" per riferirsi a Brusca, mentre dire "don Totò" parlando di Riina, pare soprattutto rispondere ad un’implicita istanza di ridicolizzazione del macabro e del mostruoso, un po’, se si vuole, sulla stessa lunghezza d’onda, e con lo stile, dei noti filmini dedicati alle avventure della famiglia Adam’s" (Marino p. 448).
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Come funziona la mafia?
Io ho conosciuto personalmente alcuni mafiosi. Ho avuto la possibilità di intervistare Genco Russo, che dopo don Calò era considerato il vero e proprio capo della mafia siciliana. Nel colloquio con lui ho capito molte cose. Proprio all'inizio egli mi disse: "dimentichiamo la parola mafia. Parliamo piuttosto di amicizia. Lei è venuto da me per farmi alcune domande. Ma beviamoci prima un caffè. Quando io verrò a visitarla al suo paese, allo stesso modo anche lei mi offrirà un caffè. E' così che si formano le amicizie". Questo Genco Russo era un contadino, una personalità, carico di saggezza e pessimismo. Il suo linguaggio era fortemente figurato, fiorito. Si sentiva che egli rappresentava una cultura, era impregnata di un sistema di idee e di valori. Nel colloquio con lui ho capito perché gli sforzi dei partiti di sinistra di combattere la mafia sono rimasti senza frutti: essi non erano in condizione di suscitare una rivoluzione culturale. Erano incapaci di sostituire la cultura della mafia con un'altra cultura. Essi credevano infine che si potesse essere socialisti o comunisti senza operare una rottura di fondo con la visione del mondo che ha la mafia. In un paese progredito come Bagheria, il segretario del partito socialista commise un delitto, che poteva spiegarsi solo con il fatto che egli aveva interiorizzato il codice d'onore mafioso: sua figlia, che era vedova, aveva una relazione con un uomo più giovane. Il segretario socialista lo ha ucciso. E a Piazza Armerina un membro del partito comunista ha ucciso l'amante di sua figlia.
Perché la mafia è così affascinante?
Non vi è solo l'aspetto politico, vi è anche quello letterario. Ed io devo riconoscere che in me, come in molti siciliani, si può diagnosticare un rapporto contraddittorio con la mafia. Naturalmente io respingo la mafia come fenomeno sociale, e sarebbe auspicabile che i mafiosi, simpatici e meno simpatici, fossero mandati in prigione. Ma come fenomeno letterario essa è effettivamente affascinante. La mafia rappresenta una visione tragica dell'esistenza. Essa richiese una grande serietà ed intransigenza nel comportamento. Si espone ai rischi e li collega ad una pretesa di totalità che si trova presso i mafiosi di ogni grado gerarchico. Essa incarna ciò che Montesquieu chiamava le "virtù della classe dominante". Ma i mafiosi sono virtuosi in un senso anche molto più semplice. E' impossibile per loro il prodursi del più lieve scandalo. Non c'è divorzio, niente droghe, niente simpatie per l'estrema sinistra. Essi odiano il disordine e il disprezzo delle norme. Il mafioso è puritano, sia in campo sociale che individuale. In una società che assiste completamente impotente alla dissoluzione dei suoi valori, il mafioso vive in un sistema coerente, che certamente sarebbe piaciuto a Calvino.
La mafia come setta calvinista in una società cattolica?
In effetti. Un universo letteralmente fertile.
Secondo la sua veduta la lotta contro la mafia dovrebbe prendere piede sul piano culturale?
Il più grande nemico della mafia è lo shock culturale che Pier Paolo Pasolini ha descritto. L'omologazione culturale attraverso la televisione, che propaga nuovi modelli edonistici di comportamento. Film e televisione lasciano intravedere al giovane mafioso il miraggio di una vita in cui le pretese di piacere e di consumo sono soddisfatte. Egli vuole godere la vita. Vuole avere più libertà e trarre profitto dalle molte possibilità della società del benessere. C'è un conflitto generazionale, ma purtroppo la rottura non si afferma in nome di una nuova cultura, di una nuova visione del mondo, bensì come tentazione verso una vita più comoda.
Questo ha effetti sul modo di funzionare della mafia?
Poiché il modello culturale funziona sempre meno, la mafia deve esercitare una funzione di polizia sempre più forte. Al di fuori dei delitti di mafia che sono diventati sempre più numerosi, anche a causa dei maggiori disordini all'interno della propria organizzazione, Palermo è una città relativamente tranquilla. C'è molto meno piccola criminalità che a Napoli o a Catania. Ci sono certamente dei furti, ma essi vengono fatti pagare aspramente - dalla mafia. Può accadere che un piccolo ladro venga punito con la morte dalla mafia. La mafia ha bisogno di tranquillità per poter portare avanti i suoi grandi affari. Anche nel sottosviluppo economico essa trova ogni interesse - più disoccupati ci sono, più grande è il potere della mafia. La vecchia mafia che era rigidamente strutturata, si sapeva in ogni paese che era il capo. Egli faceva anche da paciere. Ma la struttura gerarchica funziona sempre meno. Ci sono gruppi rivali che non rispettano nessun ordine, ma vogliono subito un rapido guadagno. Un tempo i proprietari di negozi e di ristoranti, gli esercenti venivano spremuti solo una volta, adesso più volte. Essi non sono i soli che rimpiangono la vecchia mafia.
Lei protesta contro le leggi eccezionali nella lotta alla mafia. Perché?
Io sono contro le leggi eccezionali. In Itali si ritiene che siano un toccasana, ma per lo più non servono a nulla. C'è una tentazione di introdurre leggi speciali, anche adesso, per il grande processo di mafia di Palermo. Vista la sua durata infinita, si cerca per esempio di regolare più severamente il carcere preventivo. Ma ciò vorrebbe dire: la mafia resterebbe, e noi avremmo un pezzo di Stato di diritto in meno.
Allora è preferibile incorrere nel rischio che certi mafiosi sfuggano attraverso le maglie della legge?
Certamente. Poiché altrimenti c'è il rischio che anche cittadini completamente innocenti vengano rinchiusi in gabbia per mesi o per anni. Ma si può tenere per certo che il grande processo contro la mafia a Palermo è una cosa seria, al contrario del processo contro la camorra a Napoli. L'accusa si basa su riscontri obiettivi e non solo su rivelazioni di ex mafiosi pentiti a cui è stata promessa l'impunità. Ma esso deve rimanere un processo come un altro, senza eccezioni, senza regole speciali.
Lei non ha mai avuto paura che la mafia potesse ucciderla?
No. Sono stato minacciato solo una volta. E fu al tempo in cui a Palermo venne ucciso il procuratore della repubblica Scaglione. Io mi trovavo a Milano e trasmisi informazioni ad Arrigo Benedetti, che poi vennero pubblicate anche sul "Mondo". Benedetti si richiamava nel suo articolo a mie affermazioni e allora ricevetti una lettera che egli pubblicò ugualmente. In questo scritto io venivo minacciato : se Sciascia - vi si leggeva - in Sicilia non si trova bene, lo spediamo noi volentieri altrove dove si sentirà molto meglio... Altrimenti con me la mafia non si è fatta mai viva.
Come intellettuale lei è divenuto in Italia un'istituzione, un contropotere. Cosa può fare in questa funzione?
Quello che faccio: scrivere.
Crede Lei effettivamente al senso dello scrivere?
Certamente. Io credo nella ragione, nella libertà, nella giustizia. Io credo in un mondo in cui questi ideali possano realizzarsi, anche quando non sarà un mondo perfetto. Ma la storia della Sicilia è una storia di sconfitte: sconfitte della ragione, sconfitte degli uomini che questa ragione incarnano. La mia propria storia è un seguito di sconfitte. Ovvero, per esprimersi più moderatamente: di disillusioni. Da qui proviene il mio scetticismo.
(Pubblicata sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung-Magazin del 31 - 7 - 1987 Trad. dal tedesco di Peppe Balistreri)
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Originariamente Scritto da MIZARDSieropositi'....al prossimo copia e incolla ti regalo un bel libro "la mafia a fumetti",almeno sono sicuro che qualche ragionamento basandoti sui disegnini esca dalle tue tasche
ho imparato molto da quel discorso ma purtroppo ricordo solo i punti cardine, e cioè che prima dell'avvento della droga, circa 60 anni fa, la mafia esisteva xche' serviva, specialmente in Calabria... solo dopo le cose sn degenerate
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Originariamente Scritto da 0positivomolto tempo fa un vecchio e saggio uomo calabrese mi fece un lungo discorso sulla mafia ...
ho imparato molto da quel discorso ma purtroppo ricordo solo i punti cardine, e cioè che prima dell'avvento della droga, circa 60 anni fa, la mafia esisteva xche' serviva, specialmente in Calabria... solo dopo le cose sn degenerate
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Originariamente Scritto da 0positivoma tu nn sei siciliano?? sei sai qlc che potrebbe aiutarmi a comprendere meglio il discorso ...
cmq il discorso è molto complesso e difficile da affrontare in generale.dico cmq che quanto detto da bebbo [ "Opos, levati dalla testa (che spesso hai dimostrato funzionante) una visione "romantica" della mafia.
I sedicenti uomini d'onore sono e sono sempre stati dei vigliacchi, delinquenti senza scruppoli che non faccevano certe cose (e a volte le facevano comunque) solo perchè ciò avrebbe indebolito quel "rispetto" che si erano costruiti col terrore e vivendo come parassiti sul sudore dei tanti loro compaesani onesti?? ] è assolutamente vero.era cmq un romanticismo di facciata,sempre uomini che agivano x il proprio tornaconto erano.
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