MILANO - Titolo: MILANO - Titolo: «L’ano tra sesso e rivoluzione». Sottotitolo: «Che cosa si nasconde dietro la negazione del piacere anale? Si può relegare a un fatto solo privato? La vera rivoluzione diceva Parinetto passa da qui, suscitando anche le ire del comunismo ortodosso». Domenica 26 giugno, nelle pagine «Queer» di Liberazione , il quotidiano di Rifondazione comunista diretto da Piero Sansonetti, è apparso un articolo dello scrittore Aldo Nove dedicato alle teorie del filosofo Luciano Parinetto (1935-2002) di cui recentemente l’editore Unicopli ha ripubblicato una raccolta di saggi nel volume Marx perverso-diverso . Ad apertura di articolo, Nove cita una frase di Parinetto che dice esattamente così: «La rivoluzione proletaria passa anche attraverso il buco del ****».
Questo è bastato - il resto dell’articolo, una colta disamina del rapporto fra analità e accumulazione del capitale che chiama in causa Marx, ovviamente, Freud, Max Weber, Deleuze Guattari e il Vangelo apocrifo di Tommaso, è apparso «oscuro» a una parte dei lettori - per scatenare una settimana di polemiche, puntualmente registrate nella pagina delle lettere. Qui si sono scontrati due schieramenti inconciliabili: gli irritati (articoli così, dicono in sintesi Beatrice Giavazzi, Maria R. Calderoni, Giancarlo Lannutti, Irene Bregola, umiliano il giornale di cui invece loro sentono l’orgoglio di essere lettori e sostenitori) e gli entusiasti (come Lea Melandri, l’artista Vladimir Luxuria, la giornalista Carla Cotti) che applaudono il coraggio di chi, come Nove, affronta temi apparentemente «non strutturali» gettando scompiglio tra vecchi e nuovi moralisti.
Aldo Nove è uno scrittore che non ha paura della provocazione. Pochi mesi fa, ad aprile, una sua stroncatura sempre su Liberazione di «Con le peggiori intenzioni» dell’esordiente Alessandro Piperno, caso letterario di questa stagione («un incrocio tra un servizio del Tg1 su Ranieri di Monaco e l’epopea imborghesita di un’Elisa di Rivombrosa»), aveva già attirato ire e insulti a non finire. Confinati, è vero, tra gli addetti ai lavori, ma proprio per questo carichi di micidiali veleni. Ora, con la rivoluzione che passa attraverso il buco del **** ha creato il caos nella sinistra estrema, in quelli che non vogliono mescolare Marx con l’analità, e che non ritengono sia quello del piacere il primo problema da affrontare in questo momento.
Qualcuno dei critici di Nove fa anche qualche battuta (la citazione d’inizio? è un incipit «penetrante»; «adesso finalmente sappiamo dove ha inizio il processo rivoluzionario. Ma certo, che sbadati, e pensare che ce lo portiamo sempre dietro»), che rivela l’insofferenza verso chi parla di «differenza sessuale» invece di perseguire l’obiettivo della «unità di classe».
Un dialogo tra sordi, che neppure la risposta di Aldo Nove del 29 giugno è riuscita a sbloccare. Anche perché, nonostante l’urgenza della crisi attuale, quello che si manifesta nel dibattito in corso è la totale dimenticanza di quello che si leggeva, scriveva, discuteva a sinistra negli anni Settanta. Anni in cui, non a caso, si diceva che il privato è politico. Quando i movimenti di liberazione (femminile prima, poi quella omosessuale) procedevano almeno agli inizi sui binari di una teoria marxista-rivoluzionaria, eterodossa quanto si vuole, ma appunto sempre marxista. Il filosofo Parinetto era proprio uno di quegli eretici che, partito dagli scritti del vecchio padre Karl, aveva rivisitato luoghi, figure, momenti della storia proibita dell’Occidente. Ovvero, le streghe, la rivolta dei contadini nella Germania del ’500, Giordano Bruno arso sul rogo, Nietzsche. E quindi il corpo negato, la sessualità rimossa, la diversità, la devianza. Già allora i suoi scritti non riscuotevano incondizionati riconoscimenti, prova ne sia il rifiuto dei grandi editori, che obbligò il filosofo a pubblicare presso piccolissime sigle per finire nei Millelire delle Edizioni Alternative di Marcello Baraghini.
Fin qui il caso di Aldo Nove. Ex scrittore cannibale, irregolare con vocazione vera per la poesia, che ricordando i suoi anni di apprendistato a Viggiù diceva: «Mi sono formato con il Gruppo 63 e la pornografia. Era un modo per conoscere il mondo, per imparare le cose della vita». Resta aperto, comunque, il caso della sinistra, di quella dura e di quella light. Che in materia di sesso (soprattutto anale) a volte non si è mostrata proprio illuminata, comprensiva delle diversità. Inutile risalire al dramma di Pasolini «processato» dal Pci nel Friuli post-1948. Arriviamo ad anni più vicini, al 1999, quando per l’episodio di un coito a tergo (fra un uomo e una donna) s’interruppe la brillante carriera di Fabrizio Rondolino, consigliere per la comunicazione dell’allora capo del governo Massimo D’Alema. Nel suo romanzo, Secondo avviso (Einaudi), tra varie posizioni d’amore generosamente descritte c’era pure «il membro di Giovanni arrossato piantato in mezzo alle chiappe di Beatrice». Quel passo del libro, anticipato dai giornali, fece gridare allo scandalo. E Rondolino perse il posto. Subito circolò la battuta che lo scrittore era rimasto vittima della dietrologia.
Ranieri Polese
02 luglio 2005
Le notizie del Corriere
«L’ano tra sesso e rivoluzione». Sottotitolo: «Che cosa si nasconde dietro la negazione del piacere anale? Si può relegare a un fatto solo privato? La vera rivoluzione diceva Parinetto passa da qui, suscitando anche le ire del comunismo ortodosso». Domenica 26 giugno, nelle pagine «Queer» di Liberazione , il quotidiano di Rifondazione comunista diretto da Piero Sansonetti, è apparso un articolo dello scrittore Aldo Nove dedicato alle teorie del filosofo Luciano Parinetto (1935-2002) di cui recentemente l’editore Unicopli ha ripubblicato una raccolta di saggi nel volume Marx perverso-diverso . Ad apertura di articolo, Nove cita una frase di Parinetto che dice esattamente così: «La rivoluzione proletaria passa anche attraverso il buco del ****».
Questo è bastato - il resto dell’articolo, una colta disamina del rapporto fra analità e accumulazione del capitale che chiama in causa Marx, ovviamente, Freud, Max Weber, Deleuze Guattari e il Vangelo apocrifo di Tommaso, è apparso «oscuro» a una parte dei lettori - per scatenare una settimana di polemiche, puntualmente registrate nella pagina delle lettere. Qui si sono scontrati due schieramenti inconciliabili: gli irritati (articoli così, dicono in sintesi Beatrice Giavazzi, Maria R. Calderoni, Giancarlo Lannutti, Irene Bregola, umiliano il giornale di cui invece loro sentono l’orgoglio di essere lettori e sostenitori) e gli entusiasti (come Lea Melandri, l’artista Vladimir Luxuria, la giornalista Carla Cotti) che applaudono il coraggio di chi, come Nove, affronta temi apparentemente «non strutturali» gettando scompiglio tra vecchi e nuovi moralisti.
Aldo Nove è uno scrittore che non ha paura della provocazione. Pochi mesi fa, ad aprile, una sua stroncatura sempre su Liberazione di «Con le peggiori intenzioni» dell’esordiente Alessandro Piperno, caso letterario di questa stagione («un incrocio tra un servizio del Tg1 su Ranieri di Monaco e l’epopea imborghesita di un’Elisa di Rivombrosa»), aveva già attirato ire e insulti a non finire. Confinati, è vero, tra gli addetti ai lavori, ma proprio per questo carichi di micidiali veleni. Ora, con la rivoluzione che passa attraverso il buco del **** ha creato il caos nella sinistra estrema, in quelli che non vogliono mescolare Marx con l’analità, e che non ritengono sia quello del piacere il primo problema da affrontare in questo momento.
Qualcuno dei critici di Nove fa anche qualche battuta (la citazione d’inizio? è un incipit «penetrante»; «adesso finalmente sappiamo dove ha inizio il processo rivoluzionario. Ma certo, che sbadati, e pensare che ce lo portiamo sempre dietro»), che rivela l’insofferenza verso chi parla di «differenza sessuale» invece di perseguire l’obiettivo della «unità di classe».
Un dialogo tra sordi, che neppure la risposta di Aldo Nove del 29 giugno è riuscita a sbloccare. Anche perché, nonostante l’urgenza della crisi attuale, quello che si manifesta nel dibattito in corso è la totale dimenticanza di quello che si leggeva, scriveva, discuteva a sinistra negli anni Settanta. Anni in cui, non a caso, si diceva che il privato è politico. Quando i movimenti di liberazione (femminile prima, poi quella omosessuale) procedevano almeno agli inizi sui binari di una teoria marxista-rivoluzionaria, eterodossa quanto si vuole, ma appunto sempre marxista. Il filosofo Parinetto era proprio uno di quegli eretici che, partito dagli scritti del vecchio padre Karl, aveva rivisitato luoghi, figure, momenti della storia proibita dell’Occidente. Ovvero, le streghe, la rivolta dei contadini nella Germania del ’500, Giordano Bruno arso sul rogo, Nietzsche. E quindi il corpo negato, la sessualità rimossa, la diversità, la devianza. Già allora i suoi scritti non riscuotevano incondizionati riconoscimenti, prova ne sia il rifiuto dei grandi editori, che obbligò il filosofo a pubblicare presso piccolissime sigle per finire nei Millelire delle Edizioni Alternative di Marcello Baraghini.
Fin qui il caso di Aldo Nove. Ex scrittore cannibale, irregolare con vocazione vera per la poesia, che ricordando i suoi anni di apprendistato a Viggiù diceva: «Mi sono formato con il Gruppo 63 e la pornografia. Era un modo per conoscere il mondo, per imparare le cose della vita». Resta aperto, comunque, il caso della sinistra, di quella dura e di quella light. Che in materia di sesso (soprattutto anale) a volte non si è mostrata proprio illuminata, comprensiva delle diversità. Inutile risalire al dramma di Pasolini «processato» dal Pci nel Friuli post-1948. Arriviamo ad anni più vicini, al 1999, quando per l’episodio di un coito a tergo (fra un uomo e una donna) s’interruppe la brillante carriera di Fabrizio Rondolino, consigliere per la comunicazione dell’allora capo del governo Massimo D’Alema. Nel suo romanzo, Secondo avviso (Einaudi), tra varie posizioni d’amore generosamente descritte c’era pure «il membro di Giovanni arrossato piantato in mezzo alle chiappe di Beatrice». Quel passo del libro, anticipato dai giornali, fece gridare allo scandalo. E Rondolino perse il posto. Subito circolò la battuta che lo scrittore era rimasto vittima della dietrologia.
Ranieri Polese
02 luglio 2005
Le notizie del Corriere
Questo è bastato - il resto dell’articolo, una colta disamina del rapporto fra analità e accumulazione del capitale che chiama in causa Marx, ovviamente, Freud, Max Weber, Deleuze Guattari e il Vangelo apocrifo di Tommaso, è apparso «oscuro» a una parte dei lettori - per scatenare una settimana di polemiche, puntualmente registrate nella pagina delle lettere. Qui si sono scontrati due schieramenti inconciliabili: gli irritati (articoli così, dicono in sintesi Beatrice Giavazzi, Maria R. Calderoni, Giancarlo Lannutti, Irene Bregola, umiliano il giornale di cui invece loro sentono l’orgoglio di essere lettori e sostenitori) e gli entusiasti (come Lea Melandri, l’artista Vladimir Luxuria, la giornalista Carla Cotti) che applaudono il coraggio di chi, come Nove, affronta temi apparentemente «non strutturali» gettando scompiglio tra vecchi e nuovi moralisti.
Aldo Nove è uno scrittore che non ha paura della provocazione. Pochi mesi fa, ad aprile, una sua stroncatura sempre su Liberazione di «Con le peggiori intenzioni» dell’esordiente Alessandro Piperno, caso letterario di questa stagione («un incrocio tra un servizio del Tg1 su Ranieri di Monaco e l’epopea imborghesita di un’Elisa di Rivombrosa»), aveva già attirato ire e insulti a non finire. Confinati, è vero, tra gli addetti ai lavori, ma proprio per questo carichi di micidiali veleni. Ora, con la rivoluzione che passa attraverso il buco del **** ha creato il caos nella sinistra estrema, in quelli che non vogliono mescolare Marx con l’analità, e che non ritengono sia quello del piacere il primo problema da affrontare in questo momento.
Qualcuno dei critici di Nove fa anche qualche battuta (la citazione d’inizio? è un incipit «penetrante»; «adesso finalmente sappiamo dove ha inizio il processo rivoluzionario. Ma certo, che sbadati, e pensare che ce lo portiamo sempre dietro»), che rivela l’insofferenza verso chi parla di «differenza sessuale» invece di perseguire l’obiettivo della «unità di classe».
Un dialogo tra sordi, che neppure la risposta di Aldo Nove del 29 giugno è riuscita a sbloccare. Anche perché, nonostante l’urgenza della crisi attuale, quello che si manifesta nel dibattito in corso è la totale dimenticanza di quello che si leggeva, scriveva, discuteva a sinistra negli anni Settanta. Anni in cui, non a caso, si diceva che il privato è politico. Quando i movimenti di liberazione (femminile prima, poi quella omosessuale) procedevano almeno agli inizi sui binari di una teoria marxista-rivoluzionaria, eterodossa quanto si vuole, ma appunto sempre marxista. Il filosofo Parinetto era proprio uno di quegli eretici che, partito dagli scritti del vecchio padre Karl, aveva rivisitato luoghi, figure, momenti della storia proibita dell’Occidente. Ovvero, le streghe, la rivolta dei contadini nella Germania del ’500, Giordano Bruno arso sul rogo, Nietzsche. E quindi il corpo negato, la sessualità rimossa, la diversità, la devianza. Già allora i suoi scritti non riscuotevano incondizionati riconoscimenti, prova ne sia il rifiuto dei grandi editori, che obbligò il filosofo a pubblicare presso piccolissime sigle per finire nei Millelire delle Edizioni Alternative di Marcello Baraghini.
Fin qui il caso di Aldo Nove. Ex scrittore cannibale, irregolare con vocazione vera per la poesia, che ricordando i suoi anni di apprendistato a Viggiù diceva: «Mi sono formato con il Gruppo 63 e la pornografia. Era un modo per conoscere il mondo, per imparare le cose della vita». Resta aperto, comunque, il caso della sinistra, di quella dura e di quella light. Che in materia di sesso (soprattutto anale) a volte non si è mostrata proprio illuminata, comprensiva delle diversità. Inutile risalire al dramma di Pasolini «processato» dal Pci nel Friuli post-1948. Arriviamo ad anni più vicini, al 1999, quando per l’episodio di un coito a tergo (fra un uomo e una donna) s’interruppe la brillante carriera di Fabrizio Rondolino, consigliere per la comunicazione dell’allora capo del governo Massimo D’Alema. Nel suo romanzo, Secondo avviso (Einaudi), tra varie posizioni d’amore generosamente descritte c’era pure «il membro di Giovanni arrossato piantato in mezzo alle chiappe di Beatrice». Quel passo del libro, anticipato dai giornali, fece gridare allo scandalo. E Rondolino perse il posto. Subito circolò la battuta che lo scrittore era rimasto vittima della dietrologia.
Ranieri Polese
02 luglio 2005
Le notizie del Corriere
«L’ano tra sesso e rivoluzione». Sottotitolo: «Che cosa si nasconde dietro la negazione del piacere anale? Si può relegare a un fatto solo privato? La vera rivoluzione diceva Parinetto passa da qui, suscitando anche le ire del comunismo ortodosso». Domenica 26 giugno, nelle pagine «Queer» di Liberazione , il quotidiano di Rifondazione comunista diretto da Piero Sansonetti, è apparso un articolo dello scrittore Aldo Nove dedicato alle teorie del filosofo Luciano Parinetto (1935-2002) di cui recentemente l’editore Unicopli ha ripubblicato una raccolta di saggi nel volume Marx perverso-diverso . Ad apertura di articolo, Nove cita una frase di Parinetto che dice esattamente così: «La rivoluzione proletaria passa anche attraverso il buco del ****».
Questo è bastato - il resto dell’articolo, una colta disamina del rapporto fra analità e accumulazione del capitale che chiama in causa Marx, ovviamente, Freud, Max Weber, Deleuze Guattari e il Vangelo apocrifo di Tommaso, è apparso «oscuro» a una parte dei lettori - per scatenare una settimana di polemiche, puntualmente registrate nella pagina delle lettere. Qui si sono scontrati due schieramenti inconciliabili: gli irritati (articoli così, dicono in sintesi Beatrice Giavazzi, Maria R. Calderoni, Giancarlo Lannutti, Irene Bregola, umiliano il giornale di cui invece loro sentono l’orgoglio di essere lettori e sostenitori) e gli entusiasti (come Lea Melandri, l’artista Vladimir Luxuria, la giornalista Carla Cotti) che applaudono il coraggio di chi, come Nove, affronta temi apparentemente «non strutturali» gettando scompiglio tra vecchi e nuovi moralisti.
Aldo Nove è uno scrittore che non ha paura della provocazione. Pochi mesi fa, ad aprile, una sua stroncatura sempre su Liberazione di «Con le peggiori intenzioni» dell’esordiente Alessandro Piperno, caso letterario di questa stagione («un incrocio tra un servizio del Tg1 su Ranieri di Monaco e l’epopea imborghesita di un’Elisa di Rivombrosa»), aveva già attirato ire e insulti a non finire. Confinati, è vero, tra gli addetti ai lavori, ma proprio per questo carichi di micidiali veleni. Ora, con la rivoluzione che passa attraverso il buco del **** ha creato il caos nella sinistra estrema, in quelli che non vogliono mescolare Marx con l’analità, e che non ritengono sia quello del piacere il primo problema da affrontare in questo momento.
Qualcuno dei critici di Nove fa anche qualche battuta (la citazione d’inizio? è un incipit «penetrante»; «adesso finalmente sappiamo dove ha inizio il processo rivoluzionario. Ma certo, che sbadati, e pensare che ce lo portiamo sempre dietro»), che rivela l’insofferenza verso chi parla di «differenza sessuale» invece di perseguire l’obiettivo della «unità di classe».
Un dialogo tra sordi, che neppure la risposta di Aldo Nove del 29 giugno è riuscita a sbloccare. Anche perché, nonostante l’urgenza della crisi attuale, quello che si manifesta nel dibattito in corso è la totale dimenticanza di quello che si leggeva, scriveva, discuteva a sinistra negli anni Settanta. Anni in cui, non a caso, si diceva che il privato è politico. Quando i movimenti di liberazione (femminile prima, poi quella omosessuale) procedevano almeno agli inizi sui binari di una teoria marxista-rivoluzionaria, eterodossa quanto si vuole, ma appunto sempre marxista. Il filosofo Parinetto era proprio uno di quegli eretici che, partito dagli scritti del vecchio padre Karl, aveva rivisitato luoghi, figure, momenti della storia proibita dell’Occidente. Ovvero, le streghe, la rivolta dei contadini nella Germania del ’500, Giordano Bruno arso sul rogo, Nietzsche. E quindi il corpo negato, la sessualità rimossa, la diversità, la devianza. Già allora i suoi scritti non riscuotevano incondizionati riconoscimenti, prova ne sia il rifiuto dei grandi editori, che obbligò il filosofo a pubblicare presso piccolissime sigle per finire nei Millelire delle Edizioni Alternative di Marcello Baraghini.
Fin qui il caso di Aldo Nove. Ex scrittore cannibale, irregolare con vocazione vera per la poesia, che ricordando i suoi anni di apprendistato a Viggiù diceva: «Mi sono formato con il Gruppo 63 e la pornografia. Era un modo per conoscere il mondo, per imparare le cose della vita». Resta aperto, comunque, il caso della sinistra, di quella dura e di quella light. Che in materia di sesso (soprattutto anale) a volte non si è mostrata proprio illuminata, comprensiva delle diversità. Inutile risalire al dramma di Pasolini «processato» dal Pci nel Friuli post-1948. Arriviamo ad anni più vicini, al 1999, quando per l’episodio di un coito a tergo (fra un uomo e una donna) s’interruppe la brillante carriera di Fabrizio Rondolino, consigliere per la comunicazione dell’allora capo del governo Massimo D’Alema. Nel suo romanzo, Secondo avviso (Einaudi), tra varie posizioni d’amore generosamente descritte c’era pure «il membro di Giovanni arrossato piantato in mezzo alle chiappe di Beatrice». Quel passo del libro, anticipato dai giornali, fece gridare allo scandalo. E Rondolino perse il posto. Subito circolò la battuta che lo scrittore era rimasto vittima della dietrologia.
Ranieri Polese
02 luglio 2005
Le notizie del Corriere
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