Luca Baldisserri:''Una dura prova per i freni''
07/06/2005 13.57.00
L’ottava tappa del Mondiale va in scena sull’Isola di Notre Dame, isola situata nella foce del fiume San Lorenzo, a poche fermate di metropolitana dalla citta' di Montreal. L’area su cui sorge il tracciato e' stata usata per l’Esposizione Mondiale del 1967 mentre il paddock si affaccia sul bacino costruito nel 1976 in occasione dei Giochi Olimpici.
Circondato dall’acqua da tutti i lati, il circuito e le sue infrastrutture sono concentrate in uno spazio piuttosto ristretto con le barriere molto vicine alla sede stradale, che si snoda lungo il perimetro dell’isola. La pista ha tratti molto veloci, connessi fra loro da curve a 90° e un paio di lenti tornanti.
L’impianto intitolato a Gilles Villeneuve e' conosciuto per essere un temibile banco di prova per i motori e quest’anno tale tema e' ancor piu' d’attualita', poiche' la Scuderia Ferrari Marlboro, come del resto la maggior parte dei team di Formula 1, affrontera' il fine settimana con gli stessi propulsori gia' usati nel week end del Gran Premio d’Europa. Montreal in realta' non impone un lungo tempo di percorrenza a gas completamente aperto. Lo sforzo maggiore deriva invece dai continui cambi di ritmo imposti dall’andamento del tracciato, che alterna parti estremamente veloci ad altre molto lente. Il motore ideale per questo circuito, dunque, deve essere flessibile, e assicurare buone velocita' di punte ma anche tanta potenza ai bassi regimi, per uscire rapidamente dai tornanti.
Al “Gilles Villeneuve” le curve lente rappresentano un fattore determinante anche per un altro ragione, mettono infatti a dura prova l’intero impianto frenante: “Questa e' una pista veloce, quindi le monoposto girano con una configurazione aerodinamica di basso carico, solo a Monza adottiamo un carico inferiore – spiega Luca Baldisserri, responsabile degli Ingegneri di pista della Scuderia Ferrari Marlboro -. Percio' le frenate sono molto violente, si passa da quasi 340 km/h a 60 km/h in poche decine di metri, e' quindi evidente che dischi e pinze sono sottoposti a grande stress”.
A differenza delle vetture stradali, che di norma montano dischi in acciaio e pinze convenzionali, le vetture di Formula 1 utilizzano componenti in carbonio. I vantaggi di questo materiale si riassumono nel peso molto contenuto, circa la meta' rispetto ai materiali di tipo comune, e un maggiore coefficiente di attrito che si traduce in una migliore capacita' frenante.
Ci sono pero' anche svantaggi derivati dall’adozione del carbonio: perché questi impianti siano efficienti, infatti, e' necessario che lavorino a temperature molto alte, intorno ai 650° C, e per di piu' dischi e pinze di questo tipo si usurano piuttosto velocemente. Cio' e' determinato non solo dallo sfregamento meccanico, necessario a generare l’attrito in grado di rallentare la macchina, ma anche dal processo naturale di ossidazione, che “consuma” letteralmente il carbonio.
“In Canada proviamo diversi materiali perché l’efficienza dell’impianto frenante e' cruciale – continua Baldisserri -. I dischi che usiamo normalmente sugli altri circuiti, infatti, non sono adeguati alle caratteristiche di questa pista. Non bisogna pero' tralasciare l’aspetto dell’affidabilita' dei componenti, che diventa fondamentale in gara. E’ necessario trovare dischi che assicurino buona capacita' frenante ma che al tempo stesso diano garanzie di funzionamento ottimale dalla partenza fino alla bandiera a scacchi”.
Il circuito di Montreal e' famoso tra i tecnici anche per un’altra ragione: qui il consumo di carburante e' molto elevato e, ovviamente, la necessita' di imbarcare molta benzina influisce sul peso complessivo della vettura, complicando ulteriormente la vita dell’impianto dei freni. Le modifiche al sistema di qualifica, introdotte a partire dal Gran Premio d’Europa, potrebbero avere qualche conseguenza in questo senso, come spiega Baldisserri: “La regola che impone ad un pilota di coprire l’intera distanza della gara con un solo treno di gomme ha diminuito il numero di pit-stop, ma al Nürburgring, con un solo giro di qualifica affrontato dalle vetture con il carico di carburante necessario alla prima parte di gara, si sono visti alcuni piloti tornare a strategie piu' aggressive, anticipando la prima fermata, come accadeva lo scorso anno. E’ possibile che anche in Canada qualche squadra decida di andare in questa direzione, cosi' da avere una vettura piu' leggera. Essere aggressivi o conservativi dipende fondamentalmente dal rendimento delle gomme: lo scorso anno, ad esempio, non avevamo gli pneumatici migliori in termini di prestazione quindi abbiamo optato per la doppia sosta. Il giro di qualifica infatti non e' stato straordinario ma la gara si e' rivelata un successo, con una fantastica doppietta”.
Il sistema di frenata deve affrontare anche un’altra difficolta', determinata dall’aerodinamica. Quando la monoposto e' lanciata ad alta velocita' ed il pilota inizia a decelerare, la deportanza generata dalla vettura evita il bloccaggio delle ruote, mantenendo le gomme ben aderenti alla superficie della pista. Con la diminuzione della velocita', pero', varia in maniera proporzionale anche il carico aerodinamico e di conseguenza l’aderenza degli pneumatici al suolo. Questa diminuzione di grip si verifica nel momento in cui i freni lavorono al meglio, poiché sono entrati in temperatura. In sostanza, nel momento in cui i freni danno il meglio, la vettura si trova nella condizione meno adeguata a trasmettere a terra la capacita' frenante, portando cosi' le ruote al bloccaggio, con il rischio evidente di finire fuori pista.
Per prevenire questa situazione si puo' cercare di sfruttare la capacita' frenante data dal propulsore. Nel momento in cui il pilota toglie il piede dall’acceleratore, ogni unita' motrice a 4 tempi produce infatti una certa spinta contraria rispetto al senso di rotazione delle ruote,. Gli ingegneri sono in grado si sfruttare questo fenomeno, denominato “freno motore”, per piegarlo alle esigenze specifiche di ogni frenata. “Possiamo modificare il comportamento del freno motore, cioe' della quantita' di forza frenante generata dal propulsore durante la fase di decelerazione – dice Baldisserri -. In questo modo possiamo modulare la frenata sulle ruote posteriori, controllandone il bloccaggio. Troppo freno motore tende a bloccare di piu' il posteriore, ma agendo sull’apertura del gas possiamo contrastare questo fenomeno, senza che il pilota debba intervenire, come concesso dal regolamento. Quindi, a seconda che ad andare verso il bloccaggio sia l’anteriore o il posteriore, possiamo aumentare o diminuire di conseguenza la forza del freno motore. Tali variazioni possono essere gestite direttamente dal pilota, attraverso i controlli installati nel suo abitacolo, nello stesso modo in cui opera sul controllo di trazione, per adattare la monoposto a ciascuna curva del tracciato”.
Sebbene i dischi di una monoposto di Formula 1 operino a temperature elevate, il calore stesso e' la causa principale del consumo dei freni. I dischi sono raffreddati forzando la circolazione dell’aria attorno ad essi, attraverso prese poste nella parte anteriore della vettura. Il regolamento tecnico norma l’ampiezza massima di questi condotti ma a prescindere da cio', prese d’aria molto ampie influiscono sulle prestazioni della vettura sotto altri aspetti. “E’ necessario trovare il giusto compromesso tra l’esigenza di raffreddamento dei dischi e l’efficienza complessiva della monoposto” – conferma Baldisserri -. Le prese d’aria infatti pregiudicano l’aerodinamica della macchina. Anche in questo caso, e' una questione di bilanciamento fra esigenze diverse”.
La prestazione in Formula 1 e' spesso percepita come dipendente solo dalla velocita' e dalla potenza, ma in Canada, considerati tutti gli aspetti tecnici, il vero segreto per andare forte e' la capacita' di frenare il piu' possibile.
Ferrari
07/06/2005 13.57.00
L’ottava tappa del Mondiale va in scena sull’Isola di Notre Dame, isola situata nella foce del fiume San Lorenzo, a poche fermate di metropolitana dalla citta' di Montreal. L’area su cui sorge il tracciato e' stata usata per l’Esposizione Mondiale del 1967 mentre il paddock si affaccia sul bacino costruito nel 1976 in occasione dei Giochi Olimpici.
Circondato dall’acqua da tutti i lati, il circuito e le sue infrastrutture sono concentrate in uno spazio piuttosto ristretto con le barriere molto vicine alla sede stradale, che si snoda lungo il perimetro dell’isola. La pista ha tratti molto veloci, connessi fra loro da curve a 90° e un paio di lenti tornanti.
L’impianto intitolato a Gilles Villeneuve e' conosciuto per essere un temibile banco di prova per i motori e quest’anno tale tema e' ancor piu' d’attualita', poiche' la Scuderia Ferrari Marlboro, come del resto la maggior parte dei team di Formula 1, affrontera' il fine settimana con gli stessi propulsori gia' usati nel week end del Gran Premio d’Europa. Montreal in realta' non impone un lungo tempo di percorrenza a gas completamente aperto. Lo sforzo maggiore deriva invece dai continui cambi di ritmo imposti dall’andamento del tracciato, che alterna parti estremamente veloci ad altre molto lente. Il motore ideale per questo circuito, dunque, deve essere flessibile, e assicurare buone velocita' di punte ma anche tanta potenza ai bassi regimi, per uscire rapidamente dai tornanti.
Al “Gilles Villeneuve” le curve lente rappresentano un fattore determinante anche per un altro ragione, mettono infatti a dura prova l’intero impianto frenante: “Questa e' una pista veloce, quindi le monoposto girano con una configurazione aerodinamica di basso carico, solo a Monza adottiamo un carico inferiore – spiega Luca Baldisserri, responsabile degli Ingegneri di pista della Scuderia Ferrari Marlboro -. Percio' le frenate sono molto violente, si passa da quasi 340 km/h a 60 km/h in poche decine di metri, e' quindi evidente che dischi e pinze sono sottoposti a grande stress”.
A differenza delle vetture stradali, che di norma montano dischi in acciaio e pinze convenzionali, le vetture di Formula 1 utilizzano componenti in carbonio. I vantaggi di questo materiale si riassumono nel peso molto contenuto, circa la meta' rispetto ai materiali di tipo comune, e un maggiore coefficiente di attrito che si traduce in una migliore capacita' frenante.
Ci sono pero' anche svantaggi derivati dall’adozione del carbonio: perché questi impianti siano efficienti, infatti, e' necessario che lavorino a temperature molto alte, intorno ai 650° C, e per di piu' dischi e pinze di questo tipo si usurano piuttosto velocemente. Cio' e' determinato non solo dallo sfregamento meccanico, necessario a generare l’attrito in grado di rallentare la macchina, ma anche dal processo naturale di ossidazione, che “consuma” letteralmente il carbonio.
“In Canada proviamo diversi materiali perché l’efficienza dell’impianto frenante e' cruciale – continua Baldisserri -. I dischi che usiamo normalmente sugli altri circuiti, infatti, non sono adeguati alle caratteristiche di questa pista. Non bisogna pero' tralasciare l’aspetto dell’affidabilita' dei componenti, che diventa fondamentale in gara. E’ necessario trovare dischi che assicurino buona capacita' frenante ma che al tempo stesso diano garanzie di funzionamento ottimale dalla partenza fino alla bandiera a scacchi”.
Il circuito di Montreal e' famoso tra i tecnici anche per un’altra ragione: qui il consumo di carburante e' molto elevato e, ovviamente, la necessita' di imbarcare molta benzina influisce sul peso complessivo della vettura, complicando ulteriormente la vita dell’impianto dei freni. Le modifiche al sistema di qualifica, introdotte a partire dal Gran Premio d’Europa, potrebbero avere qualche conseguenza in questo senso, come spiega Baldisserri: “La regola che impone ad un pilota di coprire l’intera distanza della gara con un solo treno di gomme ha diminuito il numero di pit-stop, ma al Nürburgring, con un solo giro di qualifica affrontato dalle vetture con il carico di carburante necessario alla prima parte di gara, si sono visti alcuni piloti tornare a strategie piu' aggressive, anticipando la prima fermata, come accadeva lo scorso anno. E’ possibile che anche in Canada qualche squadra decida di andare in questa direzione, cosi' da avere una vettura piu' leggera. Essere aggressivi o conservativi dipende fondamentalmente dal rendimento delle gomme: lo scorso anno, ad esempio, non avevamo gli pneumatici migliori in termini di prestazione quindi abbiamo optato per la doppia sosta. Il giro di qualifica infatti non e' stato straordinario ma la gara si e' rivelata un successo, con una fantastica doppietta”.
Il sistema di frenata deve affrontare anche un’altra difficolta', determinata dall’aerodinamica. Quando la monoposto e' lanciata ad alta velocita' ed il pilota inizia a decelerare, la deportanza generata dalla vettura evita il bloccaggio delle ruote, mantenendo le gomme ben aderenti alla superficie della pista. Con la diminuzione della velocita', pero', varia in maniera proporzionale anche il carico aerodinamico e di conseguenza l’aderenza degli pneumatici al suolo. Questa diminuzione di grip si verifica nel momento in cui i freni lavorono al meglio, poiché sono entrati in temperatura. In sostanza, nel momento in cui i freni danno il meglio, la vettura si trova nella condizione meno adeguata a trasmettere a terra la capacita' frenante, portando cosi' le ruote al bloccaggio, con il rischio evidente di finire fuori pista.
Per prevenire questa situazione si puo' cercare di sfruttare la capacita' frenante data dal propulsore. Nel momento in cui il pilota toglie il piede dall’acceleratore, ogni unita' motrice a 4 tempi produce infatti una certa spinta contraria rispetto al senso di rotazione delle ruote,. Gli ingegneri sono in grado si sfruttare questo fenomeno, denominato “freno motore”, per piegarlo alle esigenze specifiche di ogni frenata. “Possiamo modificare il comportamento del freno motore, cioe' della quantita' di forza frenante generata dal propulsore durante la fase di decelerazione – dice Baldisserri -. In questo modo possiamo modulare la frenata sulle ruote posteriori, controllandone il bloccaggio. Troppo freno motore tende a bloccare di piu' il posteriore, ma agendo sull’apertura del gas possiamo contrastare questo fenomeno, senza che il pilota debba intervenire, come concesso dal regolamento. Quindi, a seconda che ad andare verso il bloccaggio sia l’anteriore o il posteriore, possiamo aumentare o diminuire di conseguenza la forza del freno motore. Tali variazioni possono essere gestite direttamente dal pilota, attraverso i controlli installati nel suo abitacolo, nello stesso modo in cui opera sul controllo di trazione, per adattare la monoposto a ciascuna curva del tracciato”.
Sebbene i dischi di una monoposto di Formula 1 operino a temperature elevate, il calore stesso e' la causa principale del consumo dei freni. I dischi sono raffreddati forzando la circolazione dell’aria attorno ad essi, attraverso prese poste nella parte anteriore della vettura. Il regolamento tecnico norma l’ampiezza massima di questi condotti ma a prescindere da cio', prese d’aria molto ampie influiscono sulle prestazioni della vettura sotto altri aspetti. “E’ necessario trovare il giusto compromesso tra l’esigenza di raffreddamento dei dischi e l’efficienza complessiva della monoposto” – conferma Baldisserri -. Le prese d’aria infatti pregiudicano l’aerodinamica della macchina. Anche in questo caso, e' una questione di bilanciamento fra esigenze diverse”.
La prestazione in Formula 1 e' spesso percepita come dipendente solo dalla velocita' e dalla potenza, ma in Canada, considerati tutti gli aspetti tecnici, il vero segreto per andare forte e' la capacita' di frenare il piu' possibile.
Ferrari
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