5 Maggio....non dimentichiamo..

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  • Ector
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    5 Maggio....non dimentichiamo..

    Dramma Inter all'Olimpico
    si illude, poi è terza



    di MASSIMO VINCENZI
    ROMA - All'Olimpico l'unico a festeggiare è il calcio. Gli altri sono tutti tristi. Disperati gli interisti, solo dispiaciuti i laziali. Dopo due anni di festeggiamenti, lo stadio romano conosce l'atmosfera pesante, plumbea della sconfitta. La sconfitta storica dell'Inter che distrugge con una prestazione sconcertante una stagione quasi perfetta. Novanta minuti da incubo che fanno scivolare i nerazzurri dal possibile scudetto al terzo posto, scavalcati anche dalla Roma vincente a Torino.

    Novanta minuti vissuti sulle montagne russe dell'emozione. Prima sembrava tutto difficile, poi tutto facile, poi ancora difficile. Infine quasi impossibile. Poi impossibile del tutto.

    Il primo tempo dell'Inter è una corsa senza fiato, con i polmoni chiusi, bloccati da un masso. Lo stomaco sottosopra e la gola secca da morire. La partita più strana del mondo si gioca su due campi: a Udine a e Roma, con i tifosi dell'Olimpico uniti in un incredibile gemellaggio. Tutti a tifare Inter.

    Ad ascoltare urla e slogan si capisce dove sta andando la domenica. Il primo mormorio arriva dall'altro campo, quello in Friuli. Dopo due minuti segna Trezeguet e i bianconeri sono virtualmente campioni d'Italia. Il mormorio diventa urlo di gioia al 12' quando Vieri approfitta di un errore di Peruzzi e butta dentro l'1 a 0.

    E' a questo punto che sembra tutto facile. Via le biro, chiusi i taccuini non è più tempo di cronaca della partita: come quasi sempre in passato (l'anno scorso andò così Roma-Parma) il conteggio delle azioni non ha più senso. Conta solo far girare la palla e le lancette del cronometro. Ma questa non è una partita normale, questa è la partita più strana del mondo: cose da Osvaldo Soriano. E infatti le biro serviranno ancora.

    Al 19' ci pensa Poborsky a cambiare il pomeriggio: l'esterno sfida i suoi tifosi e va a segnare l'1 a 1. La Juve è tranquilla sul 2 a 0 (il secondo è di Del Piero) e per l'Inter diventa di nuovo tutto difficile. Scudetto in altalena, si dice. Scudetto per gente dai nervi saldi, per gente alla Di Biagio che una manciata di minuti dopo ci mette la testa: è il 23' e l'Inter è di nuovo in vantaggio e campione d'Italia.

    Adesso solo una squadra di masochisti potrebbe divertirsi a rovinarsi la domenica. E il gruppo Cuper non sembra avere questa predisposizione: la palla scivola con sufficiente lucidità, le gambe rispondono. Prima Ronaldo, poi Recoba hanno qualche possibilità di segnare il gol sicurezza: occasioni non eccezionali, sufficienti per rammaricarsi.

    Più che sufficienti per disperarsi quando al 45' Gresko regala un pallone d'oro a Poborsky che non si fa pregare per battere Toldo. E' il 2 a 2, è di nuovo tutto difficile per l'Inter, quasi impossibile. E' la Juve sul trono d'Italia.

    Favorita al primo minuto, l'Inter inizia la ripresa in rincorsa: le gambe già di legno, diventano di marmo e il pallone è una bomba che fa paura solo a sfiorarlo. La tattica non conta più, la confusione e la rabbia sono le uniche cose che ancora hanno un senso. Illogico ovviamente.

    Il cronometro corre. Cuper fuma la decima sigaretta, Massimo Moratti è di pietra in tribuna. Al suo fianco Tronchetti Provera perde la proverbiale abbronzatura. Il trionfo annunciato inizia a trasformarsi sempre di più in una sconfitta storica.

    Al decimo la tragedia nerazzurra ha la faccia impassibile di Simeone, l'ex interista che di testa batte Toldo e non esulta. Adesso tutto diventa impossibile, assurdamente impossibile.

    Tra la squadra di Cuper e lo scudetto adesso ci sono due gol da realizzare in poco più di mezz'ora. Una corsa contro il tempo da compiere con la zavorra del rimpianto sulle spalle. Il tecnico butta dentro Dalmat al posto di Conceicao, l'Inter sembra ritrovarsi, ma è solo una fiammata. Ormai è tardi. Troppo tardi.

    A Torino segna la Roma e l'Inter scivola al terzo posto. La lotta disperata di Vieri, i lampi di classe impotente di Ronaldo e le corse di Dalmat non riescono a spostare il risultato. Il cronometro che prima sembrava bloccato ora nella testa degli interisti corre veloce come mai nella loro vita.

    L'ultima spallata la dà Simone Inzaghi: cross da sinistra e gol di testa per il 4 a 2 che regala lo scudetto alla Juventus e gela l'Olimpico. La partita più strana del mondo è finita: piangono i tifosi di tutte e due le squadre, festeggiano solo sull'altro campo, quello di Udine. Il campionato è finito. Vieri è immobile, Ronaldo al suo fianco si copre la faccia con le mani e piange disperato. Gresko singhiozza. Moratti non c'è più. Hector Cuper fuma da solo la millesima sigaretta. Il sogno di quest'argentino triste e testardo finisce con il campionato. Ci proverà l'anno prossimo, c'è da giurarci.

    LAZIO - INTER 4-2

    LAZIO: Peruzzi; Stam, Nesta, Couto, Favalli, Poborsky, Giannichedda, Simeone (33'st Baggio), Stankovic (16'st Cesar); Fiore; Inzaghi. In panchina: Marchigiani, Colonnese, *****, Pancaro, Evacuo. Allenatore: Zaccheroni.

    INTER: Toldo; J. Zanetti, Cordoba, Materazzi, Gresko; Conceicao (15'st Dalmat) , Di Biagio, C. Zanetti (27'st Emre), Recoba; Ronaldo (33'st Kallon), Vieri. In panchina: Fontana, Sorondo, Seedorf, Ventola. Allenatore: Cuper.

    ARBITRO: Paparesta di Bari.
    RETI: 12'pt Vieri, 20' e 45'pt Poborsky, 24'pt Di Biagio; 10'st Simeone, 28'st Inzaghi.
    NOTE. 1t.: 2-2. Pomeriggio di sole, terreno in buone condizioni, spettatori 60.000. Ammonito: St

    (5 maggio 2002)
    Pulcinella si è messo a piangere.... niente firma quindi!

    Per favore, non chiedetemi opinioni/consigli medici. Vi è una sezione dedicata sul forum
  • avido
    Bodyweb Senior
    • Feb 2002
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    • cantina
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    #2
    ricordo le bestemmie di mio padre

    forse cosi tante non ne ho mai dette.........................no no,ne ho dette pure di piu

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    • ALEX2
      Bodyweb Senior
      • Jan 2004
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      • Arcore - villa San Martino
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      #3
      eheheheh la faccia di materazzi
      il miglior modo per dire è fare

      Dio è morto, Marx è morto e anch' io mi sento poco bene.

      berlusconi_s@camera.it

      sukkiotto docet...:
      http://www.bodyweb.it/forums/showthread.php?t=85329

      guardate qui:

      http://www.bodyweb.it/forums/showthr...23#post3278023

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      • Banjo
        Bodyweb Senior
        • Feb 2005
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        • Italia
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        #4
        Sì, sì, la faccia di Materazzi. Come ho goduto
        Originariamente Scritto da master wallace
        Se solo tu capissi il concetto della ******* e del BB. . ., ma. . chiedo troppo.

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        • maurillo
          .......................
          • Jun 2002
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          #5
          Il cinque maggio
          Il 5 maggio del 1821 muore nell’isola di Sant’Elena Napoleone Bonaparte. La notizia della morte giunse a Milano solo il 16 luglio e in quella data venne pubblicata sulla "Gazzetta di Milano".

          Quando apprese la notizia della morte di Napoleone, il Manzoni si trovava in villeggiatura a Brusuglio, vicino a Milano e di getto abbozzò l’ode in soli tre giorni, tra il 18 e il 20 luglio 1821. Manzoni, che mai aveva manifestato sentimenti filo-napoleonici, viene straordinariamente colpito da questo avvenimento.

          Per divulgarla, ben sapendo che la censura austriaca gliela avrebbe bocciata, presenta al censore due copie dell’ode: come previsto, una copia gli viene regolarmente restituita con il divieto di pubblicazione, l’altra, dopo essere passata clandestinamente di mano in mano all’interno dello stesso ufficio di polizia, si diffonde e varca le frontiere e inizia il suo giro per il mondo. Se ne conoscono ventisette traduzioni in altrettante lingue diverse.

          La
          forma metrica adottata è l’ode: do origine greca, è un componimento poetico fatto di 18 strofe di sei versi (sestina) settenari.

          Lo
          schema metrico si compone di strofe abbinate di settenari, di cui:
          • il 1°, il 3° e il 5° sono sdruccioli, cioè portano l’accento sulla terzultima sillaba:
          im
          /mò/bi/le; im/mè/mo/re; at/tò/ni/ta
          • il 2° e il 4° terminano con una parola piana, che porta cioè l’accento sulla penultima sillaba:
          so
          /spí/ro; spí/ro
          • il 6° e l’ultimo verso della strofa successiva terminano con parole tronche che rimano fra loro:
          sta/verrà.
          L’ode si apre con due monosillabi che racchiudono in uno spazio brevissimo l’intero arco di un’esistenza eccezionale. Egli è morto: il pronome iniziale è giustificato dal fatto che si può dedurre dal titolo la persona di cui si parla, ma significa anche che Napoleone è così potente e vivo nei pensieri di ognuno che non è indispensabile nominarlo esplicitamente. Come il corpo di Napoleone che ormai dimentica le sue vicende terrene ("la spoglia immemore") giacque immobile sul letto di morte, dopo aver esalato l’ultimo respiro ("dato il mortal sospiro"), privo di un così energico spirito vitale ("orba di tanto spiro") allo stesso modo il mondo, all’annuncio di quella morte ("la terra al nunzio sta"), è colpito e stupefatto ("così percossa, attonita") immaginando la probabile morte di quell’uomo che era stato certo uno strumento della volontà divina capace di sovvertire le sorti dell’umanità; nelle sue meditazioni si chiede quando mai un altro uomo altrettanto grande potrà lasciare impressa una traccia ("orma") paragonabile a quella che egli ha lasciata sulla polvere sanguinosa ("cruenta polvere"). Ma l’espressione di Manzoni "piè mortale" vuole sottolineare che Napoleone era solo un uomo e quindi le sue imprese erano eccezionali, mentre con l’immagine della "cruenta polvere" ci fa intendere che la storia umana è sanguinosa e tragica. Poi il Manzoni spiega perché lo canti ora che è morto.

          Il poeta ("il mio genio") vide Napoleone trionfante sul trono ("lui folgorante in solio") e lo vide poi, con alterna vicenda ("con vece assidua") cadere (in seguito alla sconfitta di Lipsia e all’abdicazione di Fontainebleau, allorché Napoleone fu relegato sull’isola di Elba, nel 1814), risorgere (nel periodo dei Cento giorni, quando Napoleone sbarcato in Francia, recuperò gran parte del potere d’un tempo), ricadere (fu sconfitto definitivamente a Waterloo nel 1815 e relegato a Sant’Elena), eppure aveva sempre taciuto di lui, e non aveva mai mescolato la sua voce a quella dei tanti.

          Il soggetto rimane il suo genio, il quale, conservatosi puro da adulazioni servili ("vergin di servo encomio") come da offese vili ("codardo oltraggio") ora che Napoleone è scomparso così improvvisamente ("subito sparir di tanto raggio"), manifesta la sua commozione ("sorge or commosso") e sulla sua tomba innalza un canto solenne che forse resterà al tempo.

          L’azione fulminea di quell’uomo deciso e geniale ("di quel securo il fulmine") seguiva immediatamente il concepimento di un piano ("tenea dietro al baleno"); questo si verificò nelle Apli (la vittoriosa campagna d’Italia del 1797) alle Piramidi (la campagna d’Egitto del 1798-99) dal Manzanarre (il fiume che bagna Madrid e quindi la campagna di Spagna del 1808-9) al Reno (le campagne di Germania, dal 1805 al 1813). Questo fulmine lasciò il segno dallo stretto di Messina (Scilla si trova in Calabria) fino al Don in Russia (Tanai: nome classico del Don) da una sponda all’altra.

          Colpito dall’eccezionalità di tante vicende, il Manzoni si chiede se quello di Napoleone è da reputarsi vera gloria. La difficile risposta ("ardua sentenza") è lasciata ai posteri perché loro non possono che chinarsi riverenti di fronte alla volontà del Creatore ("nui chinina la fronte al Massimo Fattor") che ha voluto imprimere in quell’uomo un così’ grande segno del suo potere ("che volle … stampar").

          Egli provò ("ei provò") la gioia tempestosa e trepidante di chi progetta grandi disegni, l’emozione di un cuore che si acconcia, sia pur controvoglia, a servire meditando già la conquista del potere (si riferisce evidentemente agli inizi della carriera di Napoleone che si appoggiò ai membri del Direttorio). Ed ecco che lo ottiene ("il giunge") e anzi ottiene alle proprie aspirazioni un premio tale che sarebbe folle sperar ("e tiene un premio che era follia sperar"). Provò anche la gloria, che è tanto maggiore quanto più grandi sono i pericoli superati, la sconfitta e la vittoria, la reggia e la tristezza dell’esilio. Il Manzoni vuole mettere in evidenza l’importanza storica di Napoleone, che segnò, con la sua opera, il punto di congiunzione tra due secoli, il ‘700 e l’800, diversi e discordanti per caratteri e ideali. Basta pensare che il ‘700 fu caratterizzato dall’Illuminismo ateo e materialista, mentre l’800 dal Romanticismo spiritualista.

          Bastò che egli si presentasse sulla scena della storia e pronunciasse il suo nome ("ei si nomò"), ed ecco che le generazioni di prima e dopo la Rivoluzione francese, si rivolsero a lui rispettose ("sommessi a lui si volsero"), aspettando dal suo genio un arbitrato definitivo che segnasse il loro destino. E si sedette in mezzo a loro ("s’assise").

          Sorvolando molte parti, il poeta si trasferisce ora con la fantasia all’ultimo momento della prodigiosa carriera di Napoleone, al tempo dell’esilio di Sant’Elena. Dice che nonostante tutta questa grandezza, egli scomparve e concluse i suoi giorni nella più totale inattività ("nell’ozio").

          Anche quando era sul punto di abbandonare il mondo, rimaneva al centro di passioni più contrastanti dagli uomini: immensa invidia da parte dei rivali, pietà profonda dagli uomini che riuscivano a captare il dramma della sua vita, inestinguibile odio dai nemici e indomato amor (cioè amore eterno) dai fedeli.

          Comincia adesso un lungo ed elaborato paragone: come sul capo del naufrago s’avvolge e piomba l’onda sulla quale fino a poco prima spingeva la sua vista nella vana speranza di scorgere in lontananza la costa, allo stesso modo su quell’anima scese il peso troppo grave delle memorie. Napoleone in esilio è qui paragonato a un naufrago che cerca inutilmente una via di scampo, ma alla fine si lascia sommergere dal mare in tempesta; così egli, dopo aver lottato tanto, quasi schiacciato dal peso dei ricordi e delle responsabilità, s’abbandona alla disperazione.

          Inutilmente l’esule s’accinse più volte a scrivere le sue memorie per i posteri: la mano gli cadeva scoraggiata di fronte a quelle pagine interminabili ("eterne") e a quelle vicende che ora non capiva più. In questa strofa emerge un senso di desolazione: quell’uomo che in vita era stato famoso e aveva lottato molto, ricordando il suo passato ora lo vede futile.

          Manzoni continua a descrivere la vita dell’esule a Sant’Elena. Quante volte al silenzioso tramonto di un giorno trascorso in una forzata inattività, con gli occhi fissi a terra (i rai fulminei rappresentano i suoi occhi che sembrano mandare bagliori) e le braccia conserte, egli rimase immobile ed era assalito dal ricordo del passato.

          Segue poi l’elenco di quei ricordi, rappresentati per lo più da guerre e battaglie: il continuo spostarsi degli accampamenti ("le mobili tende"), i colpi alle fortificazioni nemiche ("i percossi valli"), lo scintillare delle armi dei plotoni ("il lampo dè manipoli"), i comandi veloci ("concitato imperio"), l’esecuzione altrettanto rapida degli ordini ("celere ubbidir").

          Il poeta immagina che forse davanti al contrasto straziante tra il passato tumultuoso e il presente così inerte, quell’animo affannato fu preso dalla disperazione.

          Qui comincia l’ultimo tema dell’ode, la fiducia in Dio, che è speranza per tutti quelli che soffrono. Così anche Napoleone, caduto nella disperazione, trova rifugio e conforto nella mano di Dio, che pietosamente lo trasporta "in più spirabil aere" e lo avvia per i sentieri fioriti della speranza, verso orizzonti infiniti, verso una meta che è più radiosa di ogni desiderio, in un regno dove tutto è pace, dove non giunge più l’eco della gloria fragile e debole degli uomini. A questa gloria il cristiano Manzoni contrappone l’altra gloria effimera della potenza e della fama.

          Il poeta celebra questa nuova vittoria della Fede benefica e immortale. Registri la fede anche questo trionfo: mai un uomo più potente di Napoleone si chinò dalla sua altezza per rendere onore alla croce della passione di Cristo, quella croce eretta sul colle del Golgota, che doveva essere nell’intenzione dei carnefici una pena disonorante ("disonor del Golgota") e fu invece un simbolo di sublimazione.

          A conclusione dell’ode invita la Fede a fare il silenzio intorno alla spoglia ("stanche ceneri") di Napoleone morente e a disperdere ogni parola irriverente nel momento solenne della morte: perché accanto a quell’uomo, sul suo letto di morte abbandonato da tutti ("deserta coltrice"), venne Dio stesso, quel Dio che atterra e suscita, che può abbattere gli uomini superbi e risollevare coloro che si umiliano, che può punire con la disperazione, ma anche concedere la serenità che consola.

          Divisione in sequenze

          1-12 descrittiva

          13-24 riflessiva

          25-30 narrativa

          31-36 riflessiva

          37-60 narrativa

          61-108 riflessiva

          http://www.youtube.com/watch?v=lgidB5Bzofk

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          • sfregiato79
            Bodyweb Member

            • Aug 2001
            • 1539
            • 8
            • 3
            • venezia ITALIA
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            #6
            questo è degno di nota!!

            no le frustrazioni di qualche antinterista!
            sigpicMEMENTO AUDERE SEMPER

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            • swanz
              Bodyweb Senior
              • Jan 2001
              • 9716
              • 320
              • 318
              • Provincia Varese
              • Send PM

              #7
              Poesia del 5 maggio:

              E il 5 maggio, è andata male
              a Moratti e a tutta l'Internazionale
              voi tutti a Roma, già pensavate
              di esser campioni ma non vi ricordavate
              che lo scudetto si vince a maggio
              e non a luglio con il solito miraggio
              e mentre Ronnie se la piangeva
              c'era la Curva bianconera che godeva
              e che pensava, a voi interisti,
              laggiù a Roma con le facce tutte tristi
              oh neroazzurro, sai che facciamo
              alziam le mani e tutti insieme noi cantiamo
              eh inter merda inter inter merda

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              • swanz
                Bodyweb Senior
                • Jan 2001
                • 9716
                • 320
                • 318
                • Provincia Varese
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                #8
                oppure c'è quella originale delle BRN:

                E 5 maggio 2002
                ora le date per cantare sono due
                si è risvegliato l'azzurro nero
                che allo scudetto ci credeva per davvero.
                Partiti in treno bandiere in mano
                fan finalmente una trasferta oltre Milano,
                nella sua curva è tutto a posto
                perché ha scordato il nostro coro Luglio e Agosto.
                Ronaldo piange diventa pazzo
                perché con l'inter non si vince mai un *****
                e arriva il fischio di Paparesta
                ma è in Curva Sud che si scatena la gran festa.
                Perciò ricorda tifoso pirla
                di fare l'ultrà è proprio l'ora di finirla
                è da una vita che lo cantiamo
                la vostra squadra è la rovina di Milano.
                14 anni di umiliazione
                e Luglio e Agosto rimarrà il tuo tormentone
                adesso piangi interista maledetto
                perché hai nel culo e non sul petto lo scudetto!
                .....E INTER MERDA INTER INTER MERDA

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                • epico
                  L'informatore Esoterico
                  • Nov 2003
                  • 6731
                  • 416
                  • 2
                  • Send PM

                  #9
                  ricordo durante la partita la faccia di materazzi quasi in lacrime che supplicava i laziali di fargli vincere lo scudetto.. con queste parole : << ma dai siete dei bastardi fatemi vincere lo scudetto..io col perugia ve ne ho fatto vincere uno...ma dai non fate i bastardi.. >>.

                  Commenta

                  • epico
                    L'informatore Esoterico
                    • Nov 2003
                    • 6731
                    • 416
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                    #10
                    ah ho dimenticato anche queste parole : << vi prego..vi scongiuro.. ...fateci vincere....per favoreee.. non fate cosi.. >>.

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                    • Steel77
                      Bodyweb Advanced
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                      • Send PM

                      #11

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                      • Max_79
                        L'antitrolls
                        • May 2001
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                        #12
                        Ector, ti senti proprio costretto a farlo ogni anno !?



                        E cosi' chiudo anche questo.

                        Bye
                        Originariamente Scritto da TheSandman
                        Brunetta li ha anticipati spregiandoli, ma altrimenti sarebbe finito all'incontrario.

                        .Passate a trovarmi e lasciate un messaggio, thx.
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