***** avreste fatto ?

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  • OceanWhispers
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    • Jan 2004
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    • La Spezia
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    #31
    Originariamente Scritto da herur 3
    gli sbirri se ne sbattono i c.....ni!
    Questo non è affatto vero : non so se hai una vaga idea di quanto i poliziotti abbiano in odio gli extracomunitari..io conosco svariati poliziotti e ti posso assicurare che l'extracomunitario è il loro nemico numero uno.

    Esistono delle leggi e vanno rispettate..ecco perchè succedono certe cose. E le leggi le han fatte i nostri rappresentanti , di destra e di sinistra..quindi non c'è molto da lagnarsi
    Lost in kaleidoscope skies, I am hypnotised
    when you look in my eyes
    ..
    sigpic "E' possibile non commettere nessun errore e perdere lo stesso... non è una debolezza, e' solo la vita." ( J.L. Picard )

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    • real_conan
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      • Aug 2002
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      #32
      Originariamente Scritto da Socio
      No Max, vivo a Milano, dove il problema assume dimensioni, suppongo, nn troppo diverse da quelle in cui vessa torino.
      Nn ho dati effettivi per stabilire una percentuale.. La percentuale ke ho ipotizzato è volutamente alta per dimostrare ke noi abbiamo la percezione degli immigrati ke hanno dei comportamenti fastidiosi e/o illegali, mentre nn abbiamo la percezione della stragrande maggioranza di loro ke mantiene un comportamento onesto.

      Se tu hai dei dati da mostrarmi, senza ke venga in trasferta a Porta Palazzo, li osservo volentieri

      leggiti il primo articolo...

      xxx

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      • real_conan
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        #33


        posto l'articolo..per chi non arriva al link..

        bisogna viverci in certe realtà per capire...

        a milano è diverso..gli immigrati sono distribuiti in tutta la città non in un quartiere,dove la maggior parte è obbligata a restarci perchè non ha soldi per andarsene.



        N.1 «Siamo prigionieri in casa nostra»
        Le proteste degli abitanti di piazza della Repubblica 17/19

        da La Stampa del 4/5/2003



        Molestati, minacciati, picchiati, rapinati, costretti a muoversi con circospezione, come se fossero in zona di guerra. «Ma sembra che tutto questo non interessi al sindaco e alle forze dell’ordine» si sfogano gli abitanti del condominio al 17/19 di piazza della Repubblica, nella parte più «calda» di Porta Palazzo. In quella zona, l’illegalità non fa più notizia. La concentrazione di immigrati è la più alta della città. Molti sono riusciti a integrarsi, hanno faticato per trovare un lavoro e per tenerselo. Altri hanno seguito la via più facile della delinquenza: spaccio di droga, ricettazione e bancarelle abusive per i nordafricani; droga e sfruttamento della prostituzione per i centrafricani. Gli inquilini del 17/19 non ce la fanno più. Hanno inviato al questore l’ennesima raccolta di firme per chiedere attenzione, aiuto. «Non serve che le pattuglie rimangano qui davanti di giorno. I problemi incominciano con il buio» dice Maria Cireddu, 53 anni. Lei abita nel palazzo soltanto da un anno. Un condominio decoroso, con un porticato e una banca all’angolo con lo slargo dove sbuca corso Giulio Cesare. Persino il direttore della filiale di quella banca ha firmato la petizione, dopo un tentativo di sfondare la vetrata con un’auto. «Vivo qui dall’’82, ma la situazione non è mai stata così grave - ribadisce Luigi Danna, 61 anni -. Le annuncio che cercheremo di valutare se possa essere configurato il reato di omissione in atti d’ufficio a carico delle forze dell’ordine. Non è possibile che non riescano a fare qualcosa. Pensi che non possiamo nemmeno lasciare le auto nel parcheggio qui accanto, perché la notte spacciatori e delinquenti vari fanno risse continue, spaccano tutto, anche soltanto per dispetto». Nessuno se la prende con gli immigrati. Non è questione di colore, di cultura, di religione. Soltanto, legalità contro illegalità. «Guardi, giovedì sera una pattuglia di carabinieri ha bloccato uno spacciatore - racconta Carmelo Lavuri, 60 anni -. Avrà avuto 16 anni, ma appena i militari hanno cercato di caricarlo in auto, si sono trovati davanti un centinaio di altri ragazzi che volevano impedire l’arresto. Sono stati costretti a chiedere rinforzi, sono arrivati una ventina di carabinieri e hanno sparato in aria per disperdere la folla. Le sembra possibile vivere così? Pensi che cosa capita quando torniamo a casa la sera...». «Mio figlio ha 17 anni ed è stato picchiato proprio sotto i portici. E non era l’alba, soltanto le 23,30, al rientro dal cinema - dice Ornella Brinati, 52 anni -. Gli hanno chiesto se voleva acquistare “fumo”, poi lo hanno buttato a terra, gli hanno dato pugni e calci in faccia per prendere portafogli e telefonino». I commerci illeciti sono sfacciati, quelle bande di giovani tra i 14 e i 25 anni hanno occupato i portici come fossero casa propria. «Orinano, vomitano, fanno di tutto qui sotto e a noi tocca pulire» dice Rocchina Aquilino, 56 anni, custode del palazzo. «Un giorno ho visto che sporcavano, ho avvicinato un poliziotto di pattuglia a piedi e ho segnalato il problema. Mi ha risposto: “E che cosa vuole, che pulisca io?”» racconta Renato Supertino, 48 anni. «I vigili urbani passano assai di rado e ormai nemmeno guardano le bancarelle abusive. Hanno paura anche loro, ma allora, che cosa passano a fare? Soltanto per dare le multe a noi?» aggiunge Danna. «Non ho esposto la bandiera della pace perché qui siamo in guerra da 3 anni - dice Cesarina Robba, 55 anni, nell’androne del palazzo assieme alla sorella Marcella, di 57 -. E da un anno siamo in un “lager”. Vuole sapere come torno a casa? Arrivo con il pullman e quando scendo mi guardo bene in giro. Mia madre mi osserva dalla finestra. Controllo com’è la situazione e poi vado verso casa. Mia madre resta vicino al citofono e mi apre appena suono. Le sembra una vita?». Pure gli immigrati poco avvezzi ai traffici illegali sono in difficoltà. Qualche sera fa, un macellaio nordafricano ha salvato un giovane studente universitario spinto in un portone da due ragazzi maghrebini: lo minacciavano con una scimitarra, qualche parola in arabo li ha convinti a desistere. «Era spaventato, non riusciva a parlare. Così, un mio dipendente lo ha accompagnato a casa, in via Garibaldi» racconta Abdoula Natch, 42 anni. La prossima volta, chissà.


        Claudio Laugeri


        La resa del profumiere «Addio, San Salvario»
        Il cartello «Vendesi» apparso ieri dopo l’ennesimo appello nel vuoto «Ho scritto a sindaco, forze dell’ordine e prefetto: nessuna risposta Smetto di lottare contro la delinquenza: qui non c’è più speranza»

        Da La Stampa dell' 1/5/2003




        E’ la storia di 13 anni di battaglie, ed è la storia di una sconfitta. Giovanni Cocchis, 67 anni, il profumiere più coraggioso della città, rimasto ormai solo a lottare per la «bonifica» dei portici di via Nizza, alza bandiera bianca. Quel cartello rosso «Cedesi attività» che ieri ha sistemato sulla porta del negozio, al numero 7 delle strada, ne è la conferma. A dargli la spinta finale è stata l’ultima lettera inviata a Prefetto, Questore, Comandante dei carabinieri, Presidente dell’Ascom. Denunciava una situazione tornata insostenibile, con spaccio, delinquenza, prostituzione, sporcizia, commercio clandestino, igiene inesistente. Nessuno ha risposto e lui ha capito: «Meglio non lottare più, non c’è speranza». Qualche mese fa, disperato, Cocchis si era dimesso da consigliere dell’Ascom. Ci furono ampie attestazioni di solidarietà. Lo stesso presidente dei commercianti torinesi, Giuseppe De Maria, sottolineò che «un negozio può chiudere per svariati motivi, ma se chiude per resa alla criminalità vuol dire che la città in cui opera non è vivibile». Qualcosa migliorò: sotto i portici si videro il sindaco Chiamparino, il Questore, persino il Prefetto. Ma da parecchi mesi la situazione è tornata insostenibile: a dicembre, proprio davanti alla profumeria, quattro trafficanti maghrebini hanno mozzato la mano, per questioni di droga, ad un connazionale. Gli schizzi di sangue sin sulla serranda.

        Cocchis, da quanto tempo guarda i portici da dietro le vetrine del suo negozio?

        «Da trentasette anni. Sono qui dal 1967. In questi locali c’era un bazar: vendevano profumi, ma anche giocattoli e casalinghi. Ho continuato anch’io, con queste merci fino allo Statuto: poi mi hanno costretto a chiudere il salone interrato, perchè con la psicosi del cinema incendiato era diventato pericoloso. E mi sono dedicato completamente ai profumi».

        Com’era via Nizza trent’anni fa?

        «Una via commerciale, elegante, frequentata dalle signore bene. Si sedevano ai tavolini del caffè Rosa ed ascoltavano la musica: tutti i pomeriggi un pianista suonava. Era la strada della torrefazione Maggiora, del caffè Cavallino, di Ricordi, della Taverna Dantesca, del Gallo Nero, delle primizie Scanavino, della valigeria Merzagora, del cinema Porta Nuova e persino di un negozio di bomboniere. Se ne sono andati tutti, uno dopo l’altro».

        E adesso, cos’è via Nizza?

        «Non sembra più nemmeno Italia. C’è gente che spaccia qualsiasi tipo di droga a qualsiasi ora, poi dalle 18 in poi apre il mercatino multietnico, come lo chiama qualcuno. In realtà è la vendita illegale di pane, latte, minestre, focacce. Tutto in una sporcizia indicibile. La domenica il mercatino dura tutto il giorno. Lasciano i portici come un campo di battaglia».

        Scusi, ma non ha mai chiamato polizia e carabinieri?

        «Centinaia di volte. Ci sono stati questori e comandanti che mi hanno dato persino i loro numeri personali. Io li chiamavo, come chiamavo le centrali del 113 e 112. E poliziotti e carabinieri si sono visti spesso: ma lo spaccio e la delinquenza cessavano giusto nell’istante del loro passaggio. Un minuto dopo era tutto come prima».

        Interventi del tutto inutili, dunque.

        «Non solo. Gli spacciatori hanno ormai capito che le forze dell’ordine sono sostanzialmente impotenti contro di loro. Così, quando mi lamento e cerco di cacciarli, mi prendono in giro ripetendomi di chiamare pure la polizia, tanto non cambierà nulla. E’ una beffa, ma purtroppo hanno ragione».

        Le hanno spaccato le vetrine 21 volte, le hanno svuotato il magazzino a più riprese, le hanno riempito di escrementi la porta d’ingresso quando denunciava i trafficanti più sfrontati. Eppure lei ha continuato a stare qui anche in questi ultimi anni. Perchè?

        «In realtà i problemi sono arrivati dal ‘90 in poi. Prima c’erano al massimo i contrabbandieri di sigarette o i truffatori con le tre campanelle. Dei simpaticoni rispetto alla gentaglia che vive qui oggi. In questi tredici anni abbiamo sempre lottato, cercando di dare un futuro a questi portici. In fondo speravo che mia figlia Elena potesse continuar a fare la profumiera qui. No, aprirà un negozio in un altro quartiere, lontano da San Salvario. Qui, al posto della profumeria, magari metteranno su l’ennesimo call center».

        Per San Salvario, dunque, non c’è speranza?

        «Non so. Ma mette pessimismo vedere i turisti che arrivano alla stazione ed hanno paura a passare sotto i portici. Sono appena 250 metri, ma nessuno è stato capace di strapparli al crimine e restituirli alla città».


        Angelo Conti


        xxx

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