presidente della Mitrokhin: ipotesi che ha già elementi concreti
«Atomiche sovietiche nascoste nel Tirreno»
Guzzanti: bisogna cercarle, i russi ci aiutino
ROMA - Bombe nucleari disseminate lungo le nostre coste da un sottomarino sovietico negli anni ’70, per preparare il terreno a una conquista violenta dell’Europa, compresa l’Italia del Nord. E’ un’ipotesi inquietante quella che il presidente della commissione Mitrokhin, Paolo Guzzanti, sta aspettando di poter verificare sulla base di documenti delle autorità competenti civili e militari. Carte che sono attese nei prossimi giorni che potrebbero certificare l’esistenza di antichi residuati della guerra fredda ancora in grado di costituire un pericolo per l’ambiente e l’ecosistema marino, a causa del loro potenziale nucleare. Lo stesso senatore di Forza Italia invita ad attendere la conferma. Ma anticipa che alcuni elementi per ritenere concreta questa ipotesi già sarebbero in suo possesso. Quali? «Attualmente ciò che posso dire è che esistono notizie in attesa di controllo - spiega - secondo cui unità della marina sovietica avrebbero deposto degli ordigni nucleari negli anni ’70 nel Mediterraneo».
Guzzanti non chiarisce il dubbio che questo rischio possa colpirci da vicino. In altre parole che nell’isola della Maddalena possano esistere ordigni di questo tipo. «Ho smentito chi mi aveva attribuito certezze di questo genere. Dico solo che questa è una drammatica possibilità che implica una ricerca doverosa da parte della protezione civile e della marina militare che ha la strumentazione adatta a fare l’eventuale bonifica». «E’ ovvio però - sottolinea il presidente della commissione Mitrokhin - che tutto questo richiede la stretta collaborazione con gli organismi statali russi che possono essere di grande aiuto, sia nella localizzazione sia nella neutralizzazione di questi ordigni».
Il senatore azzurro non teme l’accusa di allarmismo. «Oggi - chiarisce - non c’è più alcun allarme se non quello proporzionato a fare le necessarie ricerche e l’opera di bonifica». In altre parole non rischiamo l’esplosione atomica. Due sono i motivi. «Si tratta di materiali che giacciono sul mare da non meno di trent’anni. E i cui dispositivi sono ormai corrosi e neutralizzati dal tempo - spiega Guzzanti -. In più ciascuna di esse per saltare in aria doveva essere azionata a distanza. Condizioni che non ci sono più».
«Ciò che potrebbe restare però - avverte Guzzanti - è il potere inquinante di questi ordigni. E anch’esso fa parte di un calcolo politico ben preciso. Questi materiali, rilasciando residui inquinanti radioattivi, potevano creare un certo allarme che avrebbe mostrato come ovvi colpevoli gli americani della sesta flotta del Mediterraneo».
Secondo il presidente della commissione Mitrokhin, che indaga sull’attività dei servizi segreti sovietici in Italia, le bombe potrebbero essere state parte del piano di invasione dell’Europa da parte dell’Urss.
«C’è una letteratura sterminata - spiega Guzzanti - principalmente di fonte tedesca, ma anche austriaca ed ungherese, che parla di questo piano. Secondo questi documenti, provenienti soprattutto dall’intelligence della Volks Armee, l’esercito della Germania dell’est, l’invasione sarebbe dovuta scattare all’inizio degli anni ’80. E doveva essere svolta da un’armata di 7 milioni di uomini con 180 divisioni corazzate più un numero elevato di missili atomici. Tutto doveva svolgersi in due settimane, sigillando i porti, compresi quelli dell’Italia settentrionale, per evitare la controreazione Usa. Ma venne costantemente rinviata perché base dell’operazione doveva essere la Polonia, divenuto territorio impraticabile a causa di Solidarnosc, Lech Walesa e del Papa. Per cui non se ne fece più nulla. Salvo tentare di ammazzare il Papa».
Fonte: Corriere della Sera di oggi
«Atomiche sovietiche nascoste nel Tirreno»
Guzzanti: bisogna cercarle, i russi ci aiutino
ROMA - Bombe nucleari disseminate lungo le nostre coste da un sottomarino sovietico negli anni ’70, per preparare il terreno a una conquista violenta dell’Europa, compresa l’Italia del Nord. E’ un’ipotesi inquietante quella che il presidente della commissione Mitrokhin, Paolo Guzzanti, sta aspettando di poter verificare sulla base di documenti delle autorità competenti civili e militari. Carte che sono attese nei prossimi giorni che potrebbero certificare l’esistenza di antichi residuati della guerra fredda ancora in grado di costituire un pericolo per l’ambiente e l’ecosistema marino, a causa del loro potenziale nucleare. Lo stesso senatore di Forza Italia invita ad attendere la conferma. Ma anticipa che alcuni elementi per ritenere concreta questa ipotesi già sarebbero in suo possesso. Quali? «Attualmente ciò che posso dire è che esistono notizie in attesa di controllo - spiega - secondo cui unità della marina sovietica avrebbero deposto degli ordigni nucleari negli anni ’70 nel Mediterraneo».
Guzzanti non chiarisce il dubbio che questo rischio possa colpirci da vicino. In altre parole che nell’isola della Maddalena possano esistere ordigni di questo tipo. «Ho smentito chi mi aveva attribuito certezze di questo genere. Dico solo che questa è una drammatica possibilità che implica una ricerca doverosa da parte della protezione civile e della marina militare che ha la strumentazione adatta a fare l’eventuale bonifica». «E’ ovvio però - sottolinea il presidente della commissione Mitrokhin - che tutto questo richiede la stretta collaborazione con gli organismi statali russi che possono essere di grande aiuto, sia nella localizzazione sia nella neutralizzazione di questi ordigni».
Il senatore azzurro non teme l’accusa di allarmismo. «Oggi - chiarisce - non c’è più alcun allarme se non quello proporzionato a fare le necessarie ricerche e l’opera di bonifica». In altre parole non rischiamo l’esplosione atomica. Due sono i motivi. «Si tratta di materiali che giacciono sul mare da non meno di trent’anni. E i cui dispositivi sono ormai corrosi e neutralizzati dal tempo - spiega Guzzanti -. In più ciascuna di esse per saltare in aria doveva essere azionata a distanza. Condizioni che non ci sono più».
«Ciò che potrebbe restare però - avverte Guzzanti - è il potere inquinante di questi ordigni. E anch’esso fa parte di un calcolo politico ben preciso. Questi materiali, rilasciando residui inquinanti radioattivi, potevano creare un certo allarme che avrebbe mostrato come ovvi colpevoli gli americani della sesta flotta del Mediterraneo».
Secondo il presidente della commissione Mitrokhin, che indaga sull’attività dei servizi segreti sovietici in Italia, le bombe potrebbero essere state parte del piano di invasione dell’Europa da parte dell’Urss.
«C’è una letteratura sterminata - spiega Guzzanti - principalmente di fonte tedesca, ma anche austriaca ed ungherese, che parla di questo piano. Secondo questi documenti, provenienti soprattutto dall’intelligence della Volks Armee, l’esercito della Germania dell’est, l’invasione sarebbe dovuta scattare all’inizio degli anni ’80. E doveva essere svolta da un’armata di 7 milioni di uomini con 180 divisioni corazzate più un numero elevato di missili atomici. Tutto doveva svolgersi in due settimane, sigillando i porti, compresi quelli dell’Italia settentrionale, per evitare la controreazione Usa. Ma venne costantemente rinviata perché base dell’operazione doveva essere la Polonia, divenuto territorio impraticabile a causa di Solidarnosc, Lech Walesa e del Papa. Per cui non se ne fece più nulla. Salvo tentare di ammazzare il Papa».
Fonte: Corriere della Sera di oggi
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