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Le amicizie sono dei "comodi": ognuno -parafrasando Guicciardini- pensa al proprio "particulare", tornaconto personale. Leopardi, azz non proprio un ragazzo positivo, riteneva che l'altruismo era una sorta di sublimazione dell'egoismo: anche quando fai un piacere lo fai non come fine a sè, ma come mezzo per giundere a un secondo scopo. San Paolo: "quando penso a fare il bene faccio il male che non voglio"; di certo la questione morale non è un capitolo chiuso, anzi: come in tutte le teorie, non esiste verità assoluta, ma un'interpretazione più o meno condivisibile all'interno di un gruppo di persone.
Personalmente ho avute delle esperienze che mi hanno reso in qualche modo cinico, distaccato e poco propenso al dialogo intimo tra me e un altra persona. Ritengo che la sfera del privato vada tenuta tale, e non resa pubblica: ci sono dei pensieri, dei sentimenti che anche raccontantoli non possono essere rivissuti in egual modo da parte dei nostri amici interlocutori. Il miglior amico di noi stessi è il nostro amor proprio, ovvero l'autoconservazione. Homo hominis lupus? Non so fin quanto sia esatta quest'affermazione, so però che vi è solidarietà solo quando ci sia accorge che noi stessi siamo in pericolo, e dunque è la solita teoria del "do ut des", niente di più, niente di meno.
Da qui l'argomento si farebbe più esteso, comprendendo anche una breve indagine sul significato di "amore", nelle sue vaste accezioni.
Per concludere: le amicizie, qualora esistano, sono frutto vuoi di un compromesso atto al soddisfacimento di un tornaconto personale, vuoi a mille altri motivi, dei quali attualmente molti me ne sfuggono...
Ricordo poi una bella frase che tengo ben incisa nella mia mente: non importa quanti amici hai: 1 amico vale 1000 se è il migliore!
Illudiamoci finché siamo vivi...
Quindi non è falso il detto "nessuno fa niente x niente" oppure "nessuno ti regala niente"...
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