CELTICA 2003 a Courmayeur

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  • kappa
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    CELTICA 2003 a Courmayeur

    Appuntamento da non perdersi per gli appassionati del genere!


    chi ci viene?



    K
    sigpickkappa78@gmail.com
  • kappa
    Bodyweb Senior
    • Nov 2000
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    #2
    uffi...
    ma a nessuno piace la musica/cultura celtica????

    "Ho vissuto attraverso la Vita in molte forme
    sono stato uomo e bestia, mare e cielo.
    Ho vissuto molte volte, più di quante
    possa realmente ricordare."
    Ho sognato con gli dèi la mia forma quando ancora le Alpi erano giovani e sono cresciuta sui loro fianchi come foresta e verde prateria montana, disegnando il mio corpo di terra…
    Ho cambiato la mia forma in morbido scialle di neve per posarmi sulle rocce e ho corso lungo i pendii vestita di rombo e slavine, di ghiaccio e di soffio…
    Ho cantato solitaria con torrenti e cascate e con acqua di fiume ho intessuto un mantello fluente sul mio corpo invisibile…
    Sono rinata nei fiori e nei canti dei cervi in amore, come orsa risvegliata a primavera mi sono ornata a festa con colori e profumi e nel volo degli uccelli ho garrito nel sole…
    E ho attraversato il cuore e il pensiero dell'uomo e della donna, cantando sulle loro labbra e sorridendo ai loro bambini, mentre come forza della mano mi mutavo in campi coltivati e villaggi…
    Come fuoco ho scaldato e sfamato, come cibo ho attraversato i corpi e come ago e filo ho intessuto abiti e costumi, librandomi in alto come preghiera a fine giornata…
    E ora qui, ancora e sempre 'Vita', agghindata di concerti e danze, silente e fulgida Signora sulle labbra dei poeti e nelle note delle arpe, mentre volo sulle parole e ondeggio nelle braccia dei guerrieri e degli amanti…
    Oggi qui e ovunque, come ieri e domani, come un sussurro… come…

    K
    sigpickkappa78@gmail.com

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    • Kobra
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      • May 2003
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      • Dark Lands
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      #3
      Re: CELTICA 2003 a Courmayeur

      Originally posted by kappa
      Appuntamento da non perdersi per gli appassionati del genere!


      chi ci viene?



      K
      Ehmmm ... urgh!
      Non è proprio il mio genere, mi spiace

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      • ICEberg
        Steel Warrior
        • Apr 2002
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        • Parma
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        #4
        INTRODUZIONE

        Il termine "musica celtica" è piuttosto vago: si può ragionevolmente riferire alla musica tradizionale dei Paesi di lingua celtica: Irlanda, Scozia, Galles, Bretagna (in Francia) e Galizia (in Spagna), ma anche alla musica di quelle regioni geografiche che hanno risentito delle influenze della cultura celtica, come gli Stati Uniti ed alcune parti del Canada. D'altra parte il termine comprende anche le forme musicali più recenti basate sulle caratteristiche proprie della tradizione celtica.
        Il termine stesso di musica celtica è spesso oggetto di controversie: i Celti, intesi come popolazione unica, sono ovviamente estinti da secoli, ed in generale, gli unici collegamenti degni di nota sono tra le tradizioni musicali di Irlanda e di Scozia. I musicisti bretoni spesso suonano (anche) musica irlandese e/o scozzese. E' in USA ed in Canada che le tradizioni musicali spesso sono intrecciate tra loro, e per questo è lì che il termine "musica celtica" è adoperato con maggior cognizione di causa. Va anche ricordato che, ad esempio, il termine "musica tradizionale irlandese" comprende vari stili musicali, alcuni dei quali sono riconducibili alla musica scozzese...Accade infine che gruppi musicali di una particolare regione celtica suonino la musica caratteristica di un'altra regione. Pur nella vaghezza del termine quindi, parlare di musica celtica quanto meno restringe ad alcune precise aree geografiche l'argomento della discussione (a meno di non voler far entrare tutto nel gran calderone della "folk music", o della "world music".
        Quali sono le origini della musica celtica? Ascoltando la musica araba e medio-orientale si possono notare molte caratteristiche comuni alla musica tradizionale di Scozia ed Irlanda: in entrambe c'e una forte enfasi sulla melodia e sul ritmo, anzi si può affermare che tra le caratteristiche peculiari di queste forme musicali la complessità melodico-ritmica riveste il ruolo principale. Raramente si troveranno importanti elementi di concetti propri della musica "occidentale", quali l'armonia ed il contrappunto.
        Proviamo ad analizzare meglio questo concetto. Chiunque di noi, quando tenta di canticchiare una canzone della hit parade, si può rendere facilmente conto del fatto che i risultati, in assenza di un appropriato accompagnamento, sono per lo più scadenti. Per contrasto nella musica celtica (così come d'altra parte in tutta la musica tradizionale) le note scorrono una dietro l'altra come un flusso melodico continuo, senza l'armonia o gli accordi, elementi tipici della musica classica o pop: in termini tecnici, è una musica melodica, piuttosto che armonica.
        Fin dalle sue origini, la musica celtica è quindi una forma musicale solistica: se vi capitasse di ascoltare una band tradizionale irlandese, composta ad esempio da due violini, un flauto ed un accordion, quello che ascoltereste sarebbe in realtà il suono di quattro parti solistiche eseguite simultaneamente. Il risultato sarà più o meno interessante a seconda delle diverse sfumature di esecuzione tra i singoli strumenti, della personalità dei singoli musicisti, ovviamente della loro abilità musicale, del loro stile di esecuzione, dell'influenza dell'ascolto di altre versioni registrate e così via. Talvolta potrà accadere che un musicista suoni un'ottava sotto rispetto agli altri, ma per lo più quando due o più musicisti suonano musica tradizionale irlandese (o scozzese), essi suonano la melodia all'unisono.

        C'e' della magia nella musica celtica. Chi ama questo genere di musica e' in qualche modo colpito dal messaggio evocativo di questo genere musicale, che sembra trattenere il fascino dei posti che lo esprimono. Tradizioni come quella scozzese, irlandese, bretone, occitana, galiziana, hanno qualcosa in comune che si rende evidente nella musica. Le antiche ballate gaeliche sembrano conservare un richiamo ad una dimensione che sta tra realta' e sogno; un messaggio che ci riporta ad esperienze ancestrali. Esistono antiche tradizioni che hanno segnato profondamente la storia dell'umanita'. Culture quasi completamente cancellate dalla storia, almeno in apparenza, e che tuttavia hanno molto da dire anche all'uomo di oggi. Tradizioni come quelle degli indiani d'America, dei Celti, degli aborigeni australiani, recano in se un invito rivolto all'individuo per aiutarlo nella sua evoluzione: un messaggio forse scomodo per la cultura che le ha soppiantate, poiche' puo' indurre alla ricerca di una individualita' che mal tollererebbe i condizionamenti a cui l'uomo di oggi e' sottoposto. La visione del rapporto uomo-universo, secondo queste antiche tradizioni pagane, e' basata su un'armonia cosmica da cui scaturiscono valori di amore e di fratellanza; amore per tutte le forme di vita e per tutte le manifestazioni dell'universo, poiche tutto e' manifestazione divina. Un messaggio che implica un grande rispetto per la natura, e forse e' per questo che nel mondo di oggi pare non ci sia piu' posto per queste tradizioni. Chi e' stato in Bretagna, in Scozia o nel Galles, in Cornovaglia o in Irlanda, accanto alle sensazioni uniche che quei posti gli avranno evocato, non avra' potuto fare a meno di notare come l'antica cultura che un tempo prosperava da quelle parti, oggi non trovi piu' spazio per esprimersi. Vedere i menhir di Carnac o l'imponente complesso di Stonehenge cintati ed esibiti a pagamento, senza piu' poter passare quegli indimenticabili momenti meditativi in mezzo alle grandi pietre, oppure accorgersi che da un anno all'altro i monumenti megalitici stranamente diminuiscono... fa rabbia e dolore. Ci si rende conto che esiste un piano ben preciso per cancellare una grande cultura, cosi' come e' stato fatto con quella degli indiani d'America o degli aborigeni australiani. La ricchezza e la spiritualita' della tradizione celtica, con la sua variegata cultura fatta di simboli, miti, leggende, musica, non puo' che affascinare chi vi si accosta. Una cultura apparentemente morta, ma ben viva nell'anima fiera dei popoli celtici, comunita' apparentemente slegate e lontane territorialmente, ma intimamente legate da un passato comune e da una comune oppressione. Legami che si rivelano proprio nella espressione musicale: mi riferisco all'aspetto esoterico della musica celtica, quello tramandato dagli antichi sciamani del nord e poi ripreso dai druidi che tramite i loro bardi trasmettevano l'antica tradizione.

        Definire la musica Celtica è reso molto più difficile dal fatto che, per un Celta, la realtà è fluida (ma la difficoltà non ne dimostra la non esistenza). E per me, la nazionalità di una musica non è costitutiva di un un criterio assoluto, ma solo di caratteristiche relative. Quindi, anche se è rara nel suo stato puro, la scala pentatonica corrente (re, fa, sol, la, do) è la più “amata” dai Celti rispetto agli altri popoli Europei. In molti casi la musica Celtica è in uno stato di instabilità tra la pentatonica e la diatonica (do, re, mi, fa, sol, la, si, do)... Così come sul piano linguistico, vi sono due diramazioni, il ramo Gaelico e il ramo Britonnico, le quali si differenziano tra di loro principalmente per l’estensione della gamma (qualche volta più di due ottave) delle melodie Irlandesi e Scozzesi e la più ristretta gamma delle melodia Bretoni e Gallesi (spesso ridotte a mezza ottava), e per il frequente uso della scala pentatonica nella musica Gaelica.
        La musica è un diamante dalle mille sfacettature, e se la musica celtica (secondo Myrdhin, l'arpista bretone, la musica dei paesi celtici) ispira chi vuole riscoprire il valore sacro della natura, io non vedo in questo alcunchè di scandaloso, anzi può essere un buon motivo per riscoprire anche le nostre tradizioni, gli alberi sacri, le pietre sacre, le fonti magiche.

        Secondo le descrizioni storiche e le credenze popolari i Celti si dedicavano molto alla musica, alla poesia e alla danza; purtroppo però l'evidenza materiale scarseggia per il periodo più antico, tanto che non è possibile ricostruire quei suoni. Con l'espansione romana verso nord si diffondono anche gli strumenti musicali mediterranei. Dalle rappresentazioni risulta che gli strumenti più usati fossero la lira a quattro corde e la siringa a cinque canne, quest'ultima forse originaria più dell'Europa orientale che del Mediterraneo. Sono raffigurati anche flauti di canna diritti, singoli o doppi, corni rivolti all'insù suonati dai guerrieri. Questi strumenti sono però riprodotti soprattutto nella regione continentale; nella Britannia sono stati ritrovati due flauti di osso con tre fori nel villaggio di Glastonbury; un terzo flauto proviene dallo Yorkshire occidentale, prodotto con una tibia di pecora; una moneta bronzea riporta un centauro, d all'elmo celtico, che su ona un flauto di canna. Le zampogne invece non sono attestate prima del periodo medievale in queste zone. Da questa regione provengono però due importanti frammenti di corni da guerra: il primo, trovato nel Lincolnshire, è andato distrutto; il secondo, a forma di cinghiale, è stato rinvenuto a Deskford, nella Scozia nord-orientale. Nell'Irlanda dell'Età del Ferro furono prodotti corni metallici dall'imboccatura curvilinea, probabilmente uno sviluppo locale di quelli dell'Età del Bronzo.La loro funzione era legata ai rituali e alla guerra e non alla composizione musicale. Sulle monete troviamo raffigurazioni di lire, mentre nel Galles settentrionale, presso l'hillfort di Dinorben, è stata scoperta una chiave per accordarle risalente al III secolo a.C. e una più tarda nella Scozia occidentale. Nei testi irlandesi dell'Alto Medioevo, come il Ciclo dell'Ulster, vi sono riferimenti a degli strumenti a corda del I secolo a.C. almeno.


        LE FORME MUSICALI DELLA MUSICA CELTICA

        Per iniziare a suonare i brani di musica celtica è fondamentale comprenderne la struttura musicale. Nella musica pop, ogni canzone è suddivisa in sezioni definite dai termini strofa, ritornello e ponte. Quasi tutta la pop music è strutturata in questo modo: una tipica canzone potrebbe essere formata così: Strofa, Strofa, Ritornello, Strofa, Ponte, Ritornello. Nella musica celtica invece le parti, o sezioni, sono descritte semplicemente da lettere di alfabeto: Parte A, Parte B ecc. Così un brano di musica irlandese, o scozzese, potrebbe avere la struttura A A B B (tipica di Jigs e Reels), oppure A B A B. Talvolta possono esistere sezioni C, D, o E. Può capitare che le Parti siano molto differenti (così come lo sono strofa e ritornello), ma si può anche verificare il fatto che le differenze tra le Parti siano sottile, come se le sezioni fossero semplici variazioni su un medesimo tema. La musica diventerà di più facile comprensione se si riesce ad assegnare queste lettere (A, B..) alle variazioni percepibili all'ascolto del brano. Per inciso, anche la musica Bluegrass è strutturata nel medesimo modo (solo nel caso che i brani di Bluegrass derivino da brani della tradizionw celtica come reels, jigs o hornpipes, ovviamente non nel caso di musica vocale).
        Un'altra caratteristica tipica della musica celtica è la strutturazione di più brani in singoli set: nella musica irlandese, un set è costituito da due (o più) brani uniti tra loro, e suonati come se fosse uno solo. Il motivo di ciò risiede nella tradizione della danza: gran parte della musica celtica è in realtà musica da ballo, ed i singoli brani sono molto brevi. Così, l'unico modo per far sì che i ballerini continuino a danzare è continuare a suonare! Essendo i brani molto brevi, un set di tre pezzi non arriva a superare i 4 o 5 minuti. La scelta dei brani da combinare in set si basa in genere sul contrasto tra essi e talvolta sul tempo dei rispettivi brani. Una delle principali aree di creatività consiste proprio nel riuscire ad unire singoli brani in set che risultino particolarmente efficaci.

        Tipi di brani musicali
        Esistono molti tipi di brani musicali, principalmente di origine irlandese e scozzese. E' utile impararne nomi e caratteristiche. Le differenze tra loro riguardano gli accenti ritmici, il tempo e la struttura. L'unico modo per imparare a riconoscere queste strutture è ascoltarle, su disco o dal vivo. Una breve descrizione è tuttavia possibile:
        A) Forme di musica da ballo
        Jig E' la forma con il tempo più veloce, e costituisce tra l'altro il tipo di musica più facilmente riconoscibile come "musica irlandese". Il tempo è 6/8.
        Slip-Jig caratterizzata da un tempo veloce. E' in 9/8.
        Reel Anch'essa veloce, è in 4/4. Ha un maggiore senso di "fluidità" rispetto alla jig. La differenza sta principalmente nella diversa accentuazione ritmica.
        Hornpipe Può essere in 6/8, 12/8 o in 4/4, ma con un'enfasi ritmica diversa da jigs e reels.
        Slide Abbastanza simile alla jig.
        Set Dance E' più "maestosa", ed in qualche modo ricorda la musica classica.
        Polka questa forma di musica da ballo fa parte della tradizione del Ceili. Il Ceili è una festa da ballo irlandese "all night long".
        B) Forme di musica melodica
        Air Forma musicale lenta e molto melodica; è l'unica dove fa capolino una qualche armonizzazione.
        Lament Melodica come un air, ma con un intrinseco elemento di tristezza, di malinconia.
        Peobracht E' una forma melodica solistica per cornamusa scozzese, lenta, prolungata e maestosa.
        C) Altre forme
        March Enfatizza molto (ovviamente, dato il termine) l'aspetto militaresco. Fa largo uso di percussioni. E' in 2/4.
        Composizioni di O'Carolan La musica dell'arpista cieco irlandese Turlough O'Carolan (1670-1738) riveste un'importanza particolare nella musica irlandese: in termini di struttura musicale le sue composizioni sono simili alle altre forme sopra viste, ma sono presenti forti influssi delle composizioni classiche del Rinascimento Italiano (Gemignani, Corelli).
        Planxty E' un brano musicale dedicato a qualcuno, come un nobile (nel passato), o un amico (più recentemente). Non è un tipo particolare di musica: a jigs, reels o airs può essere dato il nome Planxty.
        Il modo migliore per apprezzare la musica celtica? Studiarne la storia e le caratteristiche tecniche, ascoltarne il più possibile le registrazioni (ormai è abbastanza facile anche in Italia), e se si è fortunati, andare a catturarla dal vivo nel suo ambiente naturale: i pub e le concert halls d'Irlanda e Scozia.
        In conclusione, non esiste un solo modo di suonare musica celtica, e come per tutta la musica degna di questo nome, anche essa va suonata con rispetto e comprensione della storia e del background che la sottende. Per quanto riguarda la sempre più frequente evenienza di una musica celtica eseguita da musicisti di origine "non celtica" (tedeschi, olandesi,...palermitani!) ritengo infine che un artista moderno, tecnicamente preparato e sufficientemente aperto mentalmente (specialmente in quest'era da villaggio globale) possa suonare qualsiasi tipo di musica senza che sia necessariamente legato geograficamente alla cultura da cui la musica stessa è originata.


        VOCE E CANTO:
        È senz'atro lo strumento più antico dell'uomo e probabilmente il più importante in quanto primordiale espressione del suono. È lei che in antico pronunciava le formule dei riti comunitari ed è principalmente con la voce che avveniva e avviene la trasmissione della tradizione orale.Per metà poeti, per metà cantastorie, i bardi erano nel mondo celtico i depositari di queste antiche conoscenze tramandate da secoli; sulle piazze e nei ritrovi cantavano di una cultura nata dai sogni della gente comune, dei miti e delle leggende, delle paure e delle speranze di un popolo intero.
        Ma tali espressioni d'arte non rimasero confinate alle sole Irlanda e Scozia: ad esempio, quei monaci irlandesi che, a partire dal V secolo d.C., si diffusero sul continente per evangelizzare, portarono con sé, assieme al ricco patrimonio della loro cultura, anche le melodie e i modi degli antichi canti celtici influenzando così in maniera decisiva il canto gregoriano. Attraverso i secoli la voce è stata il mezzo principale per l’insegnamento delle arie e dello stile per chi veniva iniziato all'arte di uno strumento, e ancora oggi esistono complesse tecniche di memorizzazione sillabica con cui, ad esempio i suonatori di cornamusa scozzese, tengono a mente il complicato disegno melodico dei brani giungendo con la voce ad imitare lo strumento nelle sue più difficili figurazioni ritmiche e nei colori più delicati.
        Per i lunghi tristi periodi della dominazione inglese quando il possesso degli strumenti era fortemente tassato o addirittura proibito, la voce rimase, assieme ad oggetti d’uso quotidiano quali i cucchiai, le ossa, i chiodi, . . , l’unica possibilità (non tassabile) per fare musica, espressione di speranza e libertà.Tra le forme esistenti per voce sola, il “lamento” canta appunto le vicende drammatiche di un popolo oppresso dalla dominazione straniera; le vicissitudini di chi lotta contro fame e carestia; la malinconia di chi ha conosciuto la miseria dell’emigrazione; storie di amori perduti. Il lamento della Banshee è uno di questi.
        Di argomento più vario, le “ballate” sono invece composizioni in cui la voce è accompagnata da uno o più strumenti e con essi si muove per tonalità e ritmi diversi. I misteriosi suoni del gaelico, la tradizionale lingua dei popoli celtici, si adattano perfettamente a questi canti e alla maniera di eseguirli; la strana musicalità dell’antichissima lingua conferisce loro sonorità e atmosfere del tutto particolari, inscindibili dai temi che essi trattano, poiché: “…è con il gaelico che si tramandano le favole e le leggende, i miti e le poesie e questi trasmettono la conoscenza del passato e della storia, di cose sacre e profane”. Dai tempi della dominazione inglese e del conseguente inevitabile declino della lingua gaelica, molte canzoni vengono eseguite in un dialetto “anglo-irlandese” o “anglo-scozzese” perdendo però parte di quella bellezza e delle caratteristiche originarie.

        HIGHLAND BAGPIPE (CORNAMUSA SCOZZESE):
        E' la grande cornamusa scozzese;il terrificante strumento che incitava alla guerra le feroci milizie degli "highlanders"e la cui sola aggressiva potenza bastava a scatenare il panico fra le file nemiche; lo struggente e melanconico strumento di lunghe e solitarie “meditazioni; quello stesso forte e vigoroso di trascinanti allegrie di festa, di scatenati gioiosi balli ... Rumore di folli venti sulla cima delle montagne, canto del mare ardente, nebbia sulle verdi colline e cespugli di uva spina... Se il Pooka <pic.htm> dovesse suonare uno strumento - ma la sua sgraziata natura caprina glielo impedirebbe- suonerebbe senz'altro la “Highland Bagpipe”, la grande cornamusa degli impervi e desolati altipiani dov'egli si aggira irrequieto e fremente. Attraverso il panico dello strumento terribile, meglio che con qualsiasi altro, il dio capro potrebbe soddisfare i complessi aspetti del suo carattere mostruoso e solitario, dare libero sfogo ai propri capricci nell'assordante clamore da incubo, nell'incalzante frenesia delle danze, nelle tristi suonate solitarie. E le inquietanti lunghe canne della cornamusa si affiancherebbero alle potenti corna del capro.
        Indietro, nella notte dei tempi, nei miti e nelle leggende scompaiono e si perdono le tracce di questa cornamusa: l'attuale forma risale al XVII secolo e consiste di una grande sacca (bag) in pelle di capra che funge da serbatoio per l'aria e in di una serie di flauti (pipes): una “canna del canto” o chanter sulla quale viene effettuata la melodia, tre bordoni o drones che producono costantemente lo stesso suono fornendo un accompagnamento fisso, e una lunga cannuccia (blow-pipe) attraverso cui viene immessa l'aria necessaria per riempire la sacca e fare così funzionare lo strumento. Il “chanter” è un flauto in legno a cameratura conica e otto fori per le dita, fornito di un"ancia doppia: due lamelle di canna opportunamente sagomate e tenute assieme che vibrando al passaggio dell’aria producono un suono. Questa ancia in particolare è molto corta e spessa, al contrario, per esempio, di quella dell'oboe, e ciò spiega in parte l'incredibile volume e la potenza sonora dello strumento. Il chanter ha una ridotta estensione e può suonare soltanto nove note (LAb, SIb, DO, RE, MIb, FA, SOL, LAb, SIb): questo però lungi da precostituire un limite, ha portato a sviluppare un tipo di musica molto introspettiva e risolta su se stessa, che trova un suo preciso proprio nelle infinite possibili variazioni e nelle diverse combinazioni effettuabili tra un ristretto numero di note.I tre bordoni - due baritoni e un basso - accordati ad intervalli di ottava sul SIb centrale del chanter, funzionano invece ad “ancia semplice”, modello semplificato dell'ancia usata dal sassofono e dal clarinetto.
        Quando l'aria contenuta nella sacca raggiunge una determinata pressione, che deve rigorosamente essere mantenuta costante, le ance dei vari flauti vibrano producendo i rispettivi suoni e così, mentre i tre SIb dei bordoni fanno da base fissa, il chanter modula la sua melodia. Siccome il flusso dell'aria è ininterrotto, l'ancia del chanter non può essere fermata o stoppata, per cui il suono prodotto è continuo e non vi è la possibilità di effettuare 'staccati'; si rende allora necessaria l'introduzione nella melodia di abbellimenti e ornamentazioni, gruppi di note senza valenza musicale, con la specifica funzione di separare fra loro e mettere in evidenza le varie note del brano musicale, caratterizzandole ad una ad una. Il lungo e complicato rituale di iniziazione all'arte della "Highland Bagpipe" consiste proprio nell'apprendimento di queste difficili figurazioni e della complessa tecnica che, rigidamente codificate attraverso i livelli, hanno raggiunto gradi di notevole complessità e raffinata compostezza formale. Il repertorio tradizionale dello strumento consiste nella ceol beag (piccola musica) di reels, jigs, strathspeys, hornpipes e marce, e nella ceol mor' (grande musica) più classica dei piobaireachd (lunghi e complessi brani d'ascolto).

        UILLEANN PIPES (CORNAMUSA IRLANDESE):
        Se la potente cornamusa scozzese può essere lo strumento del Pooka, la piccola dolce cornamusa irlandese è invece sicuramente, assieme al violino, lo strumento prediletto folletti, quello che maggiormente essi amano suonare nelle loro feste e che li accompagna nei balli; le "pipes” rappresentano anche lo strumento principe della musica irlandese e, sebbene recente più di altri, quello più tipico e caratteristico che meglio ne interpreta gusto e stile. Quasi all'opposto -per sonorità, tecnica concezione- della "Highland Bagpipe" questa raffinata cornamusa è nella sua attuale configurazione il risultato ottocentesco di una lunga serie di modifiche e innovazioni che ne hanno fatto uno degli strumenti più particolari e affascinanti del mondo, sicuramente il più completo e complesso della numerosa famiglia delle cornamuse. Il full set (modello completo) è costituito da: un chanter per la melodia, tre bordoni e regolatori, una sacca (bag) relativamente piccola dotata di un collo molto allungato, un soffietto (bellow) che, fissato al gomito del musicisti serve ad immettere l'aria necessaria per far vibrare tutte le ance. Il piper suona seduto, appoggiando e premendo l'estremità del chanter contro la striscia di cuoio ( piper's apron ) posta sulla gamba: quando tutti gli otto fori per le dita sono coperti, il suono non può uscire ed il flauto rimane muto; ciò permette di potere scandire e separare le varie note ad un ad una, sviluppando la tecnica dello 'staccato', proprio come se si trattasse di oboe o di un clarinetto. Questa particolare tecnica e l'impiego di un ancia doppia molto lunga e soffice, danno inoltre la possibilità, incrementando la pressione dell'aria nella sacca, di ottenere anche le note dell'ottava superiore: le "pipes" sono così uniche fra le cornamuse, dotate di una scala diatonica per un'estensione di due ottave. I tre diversi bordoni -tenore, baritono e basso- funzionano invece con ance semplici e sono accordati ad intervalli di ottava sulla nota bassa del chanter che solitamente è il RE (modello concert pitch) ; esistono però modelli in DO e SIb, quest'ultimo particolarmente adatto con suono profondo e pastoso ad eseguire le tradizionali arie lente. Gli originali 'regolatori' ad ance doppie rappresentano l'ultima innovazione cronologica e un'altra delle peculiarità dello strumento: sono flauti con chiavi azionabili dal palmo della mano o dal polso, chiusi all'estremità; essi servono da bordoni supplementari o chanters aggiuntivi permettendo di affiancare alla melodia un vero e proprio accompagnamento di singole note o accordi pieni. Lo strumento è quindi da solo capace eseguire linea melodica, base armonica fissa e contrappunto armonico e ritmico; naturalmente questo pone non pochi problemi di coordinazione fra i vari movimenti e le varie parti: il braccio destro non deve mai smettere di azionare il soffietto, e il sinistro deve costantemente controllare e dosare la pressione dell'aria nella sacca e, mentre i tre 'bordoni' producono il loro rispettivo basso continuo, le dita delle due scorrono veloci sul "chanter" coprendo e scoprendo i fori; spesso però la stessa canna del canto deve essere rapidamente sollevata dalla sua posizione e poi riabbassata con un movimento netto e preciso per potere effettuare la nota di RE basso e particolari effetti e abbellimenti; inoltre a seconda della nota da suonare, l'azione del braccio destro sul mantice e quella del sinistro sulla sacca va aumentata o diminuita per fornire di volta in volta all'ancia la quantità d'aria necessaria all'intonazione desiderata; contemporaneamente, come se ciò non bastasse, il palmo della mano destra è impegnato ad andare velocemente su e giù per i 'regolatori', premendo le varie chiavi e formando gli accordi di accompagnamento … e nel frattempo non bisogna dimenticare la melodia, il ritmo, gli abbellimenti.

        ARPA IRLANDESE:
        "... La musica dei boschi è suonare d'arpe melodia che induce pace perfetta..." (da un’antica lirica irlandese). Antichissima è la storia dell’arpa, la cui origine si perde nei miti e nelle leggende; fu forse portata in Irlanda dai Fenici e qui trasformata in uno strumento raffinato e melodioso; o forse fu il mitico re Brian Boru a perfezionarla ... Simbolo di tutta una cultura, la sua storia è la storia dell'Irlanda. Era suonata dai monaci che vi accompagnavano il canto dei salmi; da quei monaci che partirono per evangelizzare Scozia, Galles e Bretagna, portando quello strumento meraviglio nelle tradizioni di quelle terre. Era suonata da musicisti professionisti che ne fecero un vanto ed una gloria nazionale. Rimase in uso soltanto a mendicanti, ciechi ed emarginati quando, durante il triste periodo della dominazione inglese nella prima metà del 600, Cromwell ne fece distruggere una gran parte poiché essa esaltava il sentimento nazionale ed era giudicata, al pari della cornamusa, un pericoloso strumento sovversivo. Emarginata stette così a lungo nel dimenticatoio, e solo nell'800 i “romantici” cominciarono ad interessarsene nuovamente con ideale entusiasmo. Ma la reale riscoperta dell’arpa celtica è solo di questo secolo e in particolare degli ultimi vent'anni, quando sotto la spinta di un rinnovato e genuino interesse per la musica tradizionale, sono nate varie associazioni per 1'apprendimento, la costruzione e lo sviluppo dello strumento e l'arpa ha così potuto riacquistare tutta la sua dignità, diventando quasi l’emblema della rinascita di una cultura una volta ricchissima. Lo strumento attuale ricalca fedelmente i pochi modelli antichi rimasti ed ha una scala diatonica con un numero di corde variabile da 30 a 34; è comunque molto frequente l’applicazione di “variatori” (piccoli tiranti metallici che possono alzare di un semitono la nota della corda) con cui è, possibile programmare lo strumento per diverse tonalità. In passato lo studio dell'arpa era una lunga trafila che consisteva, dai 10 ai 18 anni di età, nel difficile apprendimento dell’arte dello strumento attraverso i 3 fondamentali requisiti di ogni arpista:
        il primo livello -Suantraidhe- quando nessuno può ascoltare lo strumento senza dolcemente cadere in un sonno meraviglioso;
        il secondo livello -Goltraidhe- quando nessuno può ascoltarlo senza sciogliersi in lacrime;
        il terzo livello -Geantraidhe- quando nessuno può ascoltare senza essere preso da un irrefrenabile riso.
        Bodhràn.
        È il grande tamburo della tradizione celtica, quello che in antico scandiva il ritmo delle processioni druidiche; quello stesso che incitava al combattimento i feroci guerrieri celti ...Il suo nome non ha nessuna etimologia particolare, ma imita soltanto il suono caratteristico dello strumento. Fino ad oggi, il bodhràn ha mantenuto inalterata la primitiva forma, simile a quella della “tammorra” dell’Italia del Sud: una spessa pelle di capra, anticamente dipinta con simboli religiosi, tesa su di una solida cerchiatura in legno rinforzata da un telaio a croce. Lo strumento viene suonato verticalmente spesso appoggiato sulle gambe del musicista; la grande particolarità risiede nell'impiego e nella complessa tecnica dello “stick”, una corta bacchetta opportunamente sagomata tenuta leggera fra le dita e fatta rimbalzare sulla pelle con un movimento rotatorio di avambraccio e polso: oltre ad un caratteristico suono netto e preciso, forte e profondo, ciò permette di poter effettuare le veloci triplette e quei ritmi sincopati e incalzanti adatti all’accompagnamento delle melodie di danza. Esercitando inoltre sulla pelle pressioni diverse con il palmo della mano rimasta libera è possibile ottenere un vasto insieme di effetti e colori differenti, rendendo così più ricco e originale l'apporto della percussione alla musica.

        ARMONICA:
        Verso metà dell'Ottocento, quando Mathias Hohner portò a livello industriale la fabbricazione di questo piccolo strumento, l'armonica a bocca cominciò a diffondersi un po' ovunque. Grazie alla propria versatilità, alla relativa facilità nel suonarlo e al il minimo ingombro che lo rendono tascabile, questo strumento venne configurandosi come lo strumento della spontaneità, un fedele compagno di viaggi, di momenti liberi e di festa. Nella musica irlandese non trova difficoltà ad inserirsi, proprio per il carattere spontaneo che distingue il normale contesto popolare del fare musica nell'Isola Verde: la session improvvisata nel pub tra musicisti che spesso neanche si conoscono. Il suono dell'armonica è prodotto da lamelle metalliche che vibrano sollecitate dall'alternanza di emissione e immissione di fiato, producendo le note di un scala diatonica. L'armonica spesso fu il solo compagno di viaggio degli emigranti irlandesi, che così potevano rallegrare i molti momenti tristi mentre un oceano li allontanava dalla propria terra.

        BANJO:
        Il banjo è uno strumento che nasce e si sviluppa nel Nord America dalla rielaborazione da parte dei bianchi di strumenti che, costruiti dagli schiavi neri, richiamavano nei loro caratteri essenziali antichi strumenti africani ed islamici. I coloni di origine irlandese, scozzese ed inglese modificarono e perfezionarono questi strumenti, ne fecero elemento della propria cultura e tradizione poi, riattraversando l'oceano, portarono il banjo in patria e lo fecero diventare uno strumento di primo piano della musica irlandese degli ultimi decenni. Nella musica irlandese il banjo più usato è il modello tenore a quattro corde, accordato però di solito una quarta sotto all'accordatura usuale: sol/re/la/mi. In questo modo si trova esattamente un'ottava sotto al violino, e ciò permette di suonare agevolmente nelle tonalità tipiche della musica strumentale irlandese. Compare sporadicamente anche il banjo a cinque corde ( lo usano ad esempio i Dubliners), ma si tratta comunque di un uso limitato e mutuato dai temi e dagli stili della tradizione nordamericana.

        BODHRAN:
        Il bodhràn è un membro della grande famiglia dei tamburi a cornice, ed i termini della sua introduzione in Irlanda non sono tuttora molto chiari. Alcuni sostengono sia l'elaborazione di modelli di percussioni africane portato in Europa e nell'isola dagli spagnoli, altri pensano sia giunto dall'Asia centrale in tempi remotissimi portato dalle migrazioni dei popoli celtici, altri ancora credono invece che il bodhràn sia il solo manufatto degli indiani d'America che nei secoli sia stato assorbito dalla cultura europea. La parola bodhràn deriva con ogni probabilità dal gaelico bodhar (muto), e l'origine del nome risulta immediatamente chiara se si ascolta il suono sordo e martellante del tamburo irlandese. Anticamente si suonava (e anche oggi qualcuno ancora lo fa) con le mani nude, mentre l'uso recente di un mazzuolo di legno, detto cipin o semplicemente stick, ne ha fatto uno strumento di enorme versatilità e virtuosismo, un vero battito cardiaco della musica irlandese.

        BOUZOUKI:
        Il bouzouki è di origine greca e si configura come una delle tante varianti degli strumenti della famiglia dei liuti a manico lungo ed è quindi imparentato con il saz turco e il calascione napoletano. La sua storia è piuttosto recente, infatti si sviluppa nei primi anni del Novecento. Inizialmente i musicisti irlandesi pionieri nell'uso di questo strumento (come Johnny Moynihan e Donal Lunny) suonavano il bouzouki greco, poi rapidamente liutai irlandesi cominciarono a costruire un nuovo modello, ispirandosi in parte alle forme dell'antica cittern inglese, creando quello che oggi viene chiamato comunemente l'Irish bouzouki. La cassa armonica è a goccia, con fasce abbastanza alte ed il fondo piatto. Rispetto al cugino greco il suono è più rotondo e con maggior forza nei bassi.

        CHITARRA:
        Anche se le sue origini sono molto antiche, solo recentemente la chitarra folk si è aggiunta agli altri strumenti della tradizione irlandese, contribuendo in maniera decisiva allo sviluppo armonico e ritmico di quelle musiche e conquistando gradualmente un proprio spazio. L'accordatura può variare: accanto al classico MI/LA/RE/SOL/SI/MI, si usano accordature definite aperte che offrono originali possibilità di sviluppo e necessitano di studi specifici. Nella tradizione irlandese, quando non si usa l'accordatura classica, prevale un'accordatura modale come ad esempio RE/LA/RE/SOL/LA/RE. Tra le tecniche usate spiccano il finger-picking e l'utilizzo del capotasto mobile che consente un più facile e largo impiego di tutte le tonalità.

        CONCERTINA:
        L'invenzione della concertina si deve all'inglese Charles Wheatstone che realizzò il primo modello nel 1833 ispirandosi all'organo a bocca dell'estremo Oriente, lo sheng: osservando le ance libere dello strumento orientale progettò le sottili lamelle di acciaio intonato che danno voce alla concertina. Lo strumento ebbe un immediato successo, prima tra le classi colte, e poi diffondendosi tra quelle popolari. La trasportabilità, il prezzo contenuto e la duttilità melodica favorirono la sua fortuna. Si suonano sulla concertina brani classici, come trascrizioni da Chopin, ma anche jigs, reels e hornpipes. Inoltre il suono "nasale" delle ance libere si fonde bene con la voce nel canto di songs e ballads.

        CORNAMUSE:
        L'invenzione delle cornamuse non è molto chiara per quanto riguarda l'epoca storica, ma lo è nelle intenzioni: nasce dalla volontà di innestare gli auloi e le tibie (gli oboi del mondo greco-romano) in una fonte di aria continua quale un otre in pelle. Dal XIII sec. si trova menzione di un altro elemento distintivo della maggior parte delle cornamuse: i bordoni, ossia le canne a nota fissa e continua che accompagnano le note della/e canna/e del canto (chanter). Praticamente ogni nazione europea, e molte extraeuropee, possiede un diverso tipo specifico di cornamusa. Tre sono i modelli che si incontrano nella tradizione irlandese, e sono l'Highland pipes, la Northumbrian small pipes e la Uillean pipes.
        HIGHLAND PIPES
        La cornamusa delle Highlands è quella scozzese, quella che molti identificano come la cornamusa per antonomasia, che ha avuto un ruolo privilegiato nei raduni dei clan e che via via ha trovato un posto caratterizzante nell'esercito inglese. Questo strumento assume la foggia che oggi conosciamo alla fine del sec. XVII, con tre bordoni (il basso accordato due ottave sotto la nota fondamentale del chanter, e i due bordoni tenori intonati un'ottava sopra al basso) ed un sottile chanter con sette fori frontali ed uno posteriore. La scala sul quale è intonato è quella di SI# misolidio: SI#-DO-RE-MI#-FA-SOL-LA#-SI#
        NORTHUMBRIAN PIPES
        La piccola cornamusa del Northumberland nasce probabilmente nel primo Seicento. E' uno strumento azionato da un mantice innestato sulla sacca di pelle, caratterizzato da un suono delicato ma ricco di possibilità. Ha quattro bordoni intonati, a varie ottave, sulla fondamentale e sul quinto grado della scala, che le conferiscono un suono caldo e pieno. Il chanter, cilindrico e dal suono ovattato e scuro, è munito di diverse chiavi che ampliano notevolmente le possibilità melodiche rispetto ad altri tipi di cornamusa. Tra l'altro alcuni dei bordoni hanno dei fori laterali, che possono essere aperti con delle ghiere scorrevoli così da poter variare l'intonazione. Altra particolarità è che il chanter è tappato nell'estremità inferiore. Ciò permette di interrompere il suono chiudendo tutti i fori, producendo uno "staccato" che nessun'altra cornamusa può ottenere.
        UILLEAN PIPES
        Questo è senza dubbio lo strumento che meglio e maggiormente caratterizza la musica irlandese, ed è anche lo strumento più complesso, ricco ed elaborato nella vasta famiglia delle cornamuse. La prima menzione di una cornamusa in Irlanda risale all'XI secolo, ma è nel Settecento che compare la Uillean pipes. Di ridotte dimensioni e azionato da un mantice, presenta un chanter con una estensione di due ottave. I bordoni, in numero variabile ed alcuni dalla forma a "manico d'ombrello", sono tutti fissati su un blocco laterale e poggiano sul polso destro dell'esecutore. Alla fine del Settecento furono aggiunti i regulators, cioè dei bordoni che permettono di cambiare accordo se azionati dall'avambraccio del piper. La diteggiatura è particolarmente difficoltosa, con posizioni non molto naturali, e necessita quindi di lunghi studi ed esercizi. Per ottenere un buon controllo sulle diverse parti che compongono la cornamusa irlandese, l'esecutore è costretto a suonare da seduto.

        DULCIMER:
        Rappresenta la versione celtica di una vasta gamma di strumenti a corde appartenenti alla famiglia delle cetre, semplici antecedenti della chitarra e degli strumenti a plettro. Nella sua forma più tipica, il dulcimer si presenta con una cassa armonica ad "ala d'uccello" molto lunga e stretta, sulla quale poggia una semplice tastiera diatonica con filetti e quattro corde: due bordoni bassi accordati per intervallo di quarta, quinta e ottava, e due canterine , più acute e ravvicinate fra loro, che vibrano all'unisono. Tradizionalmente i suonatori di dulcimer stanno seduti tenendo lo strumento orizzontale sulle gambe e suonano con il plettro e con un apposito bastoncino che , scivolando sulle corde, permette maggior velocità di esecuzione e particolari effetti di glissato. Il dulcimer era già noto nell'Alto Medioevo dove, in molti casi, rimpiazzava la più difficile e costosa arpa.

        FLAUTO:
        Il termine usato dagli irlandesi per definire il flauto, fliùit, è di origine inglese e lascia ipotizzare una introduzione tarda dello strumento nell'isola. La prima menzione relativa al flauto compare in raccolte di country dances del sec. XVIII, epoca in cui in tutta Europa il flauto veniva definito "tedesco" per differenziarlo dal flauto dolce a becco. Sebbene ci siano musicisti che usano il moderno traverso in metallo, il vero flauto irlandese è interamente in legno, con nessuna o pochissime chiavi e tagliato nella tonalità di RE, mentre i flauti moderni sono in DO. E' uno strumento molto simile al traverso barocco, ma se ne differenzia dal diametro della cameratura sensibilmente più ampio, conferendo al flauto irlandese un suono scuro e profondo.

        MANDOLA:
        Sulle origini di questo strumento non si hanno dati precisi; si sa che appartiene alla famiglia dei liuti ed è quindi di probabile derivazione mediorientale e che nell'XI secolo era già noto, anche se solo nell'ambito della cultura popolare: ambito nel quale è sempre rimasto. La sua forma, proprio perché non codificata dalla musica colta, ha subito innumerevoli varianti. Solitamente la cassa armonica è ricurva e panciuta, ma oggi spesso è preferita una forma piatta che risulta notevolmente più comoda. Variabili sono le dimensioni, ma anche il numero delle corde: solitamente sono otto o dieci. Nella musica irlandese, la mandola è entrata solo recentemente sotto la spinta del "folk revival" e subito si è diffusa, utilizzata come strumento melodico o come supporto ritmico.

        ORGANETTO & FISARMONICA:
        Molti strumenti a mantice sono stati utilizzati negli ultimi tempi nella musica irlandese, tra i quali spiccano organetto e fisarmonica per versatilità e ricchezza di suono. Entrambi gli strumenti, anche se intrinsecamente diversi nel funzionamento e nel modo di suonare, sembrano padre e figlio di una stessa famiglia, apparentemente differenti solo nelle dimensioni. Entrambi con il loro suono pieno e completo, sarebbero in grado di far ballare, da soli, una intero locale affollato di gente. Se poi li si ascolta al seguito di altri strumenti come il violino ed un whistle, si ha l'impressione di star davanti ad una orchestra.

        OSSA & CUCCHIAI:
        Non è ben chiara la nascita dell'utilizzo di ossa (bones) d'animale come strumento di percussione, ma senz'altro in Irlanda durante la lunga dominazione inglese, quando il possesso di strumenti musicali era fortemente tassato o proibito, alcuni oggetti vari e solitamente estranei alla musica, furono trasformati in strumenti. E' appunto il caso delle ossa, ossia due costole di bue che, prese in modo saldo ma morbido tra le dita, vengono velocemente agitate e fatte urtare fra loro in modo da creare ritmi e terzine d'abbellimento. Oggi le costole sono state sostituite quasi sempre da listelli di legno, d'osso lavorato o plastica.
        Assieme alle bones, anche i cucchiai sono stati e sono tuttora suonati come percussione. Il metodo è abbastanza simile, ma i cucchiai vengono velocemente agitati sbattendoli anche su una gamba ed una mano alternativamente.
        Questi strumenti "poveri" in realtà arricchiscono moltissimo le danze, donando smalto ritmico e freschezza. Sono utilizzati soprattutto per accompagnare le polke.

        VIOLINO:
        Fu introdotto in Irlanda alla fine del sec. XVI ed è senza dubbio lo strumento più versatile e diffuso. In realtà il termine più appropriato è fiddle: la lingua inglese distingue tra violin, che serve ad indicare lo strumento classico, e fiddle , lo strumento della tradizione e dei musicisti girovaghi. La musica tradizionale irlandese è stata per molto tempo un'arte di solisti; la pratica della musica d'insieme, degli arrangiamenti e delle armonizzazioni è recente e legata ai fenomeni di urbanizzazione, di migrazione delle attività musicali dai piccoli centri alle città. Per questo il fiddle ha oggi un ruolo così importante, proprio perché era lo strumento prediletto degli antichi solisti. La diffusione nell'isola è così ampia che oggi, nelle varie contee, si sono addirittura formate delle scuole stilistiche di fiddle. Di particolare rilievo sono lo stile del Donegal (contea da sempre abbastanza appartata ed isolata, che quindi ha mantenuto una forte autonomia culturale) e quello del Kerry (che possedendo una particolare danza -lo slide-, ha adattato il modo di suonare il fiddle alle esigenze dei ballerini).

        WHISTLE:
        Il whistle è uno strumento apparentemente semplicissimo ma in realtà di grande efficacia e bellezza, tanto da farlo preferire in molti casi al flauto. Appartiene alla famiglia dei flagioletti popolari, ossia è la versione in forma semplice e in materiali economici di uno strumento, il flagioletto appunto, più ricco ed elaborato molto in voga nel XVIII e XIX secolo. Oggi il whistle più usato è quello cilindrico (ne esistono anche a cono), ricavato da un tubo di latta dal diametro variabile a seconda dell'intonazione e da un beccuccio in plastica. Le tonalità sono molte, ma i più usati sono il tin whistle in RE ed il low whistle, ossia la variante più bassa (e più grande) della famiglia, tagliato un'ottava sotto. I whistles hanno una estensione di due ottave, ed il passaggio da una all'altra è affidato unicamente alla potenza del fiato: suonando normalmente si ottengono i suoni della prima ottava, soffiando più forte si ottengono quelli della seconda, senza variare diteggiatura. Il suono risulta esile e squillante, fino ai limiti dell'assordante nella seconda ottava.

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          #5
          GLI ARTISTI: IL XX SECOLO

          I primi dischi di musica celtica furono pubblicati in America. L'industria del fonografo nei primi anni del secolo intuì che, per il gran numero di immigrati in America, vi era un vasto mercato pronto ad acquistare registrazioni etniche di tutti i tipi: si iniziò a registrare musicisti irlandesi, ma anche italiani, ebrei, balcanici, latino-americani, bluesmen afroamericani, e questi dischi furono venduti in gran numero. Gli artisti dei music-hall inglobarono nei loro spettacoli elementi di varie culture etniche, e molte melodie irlandesi e scozzesi furono così divulgate al grande pubblico. Un esempio del relativo disinteresse di allora per le rispettive origini culturali è la carriera del fisarmonicista americano di origini tedesche John J. Kimmel, la cui gran dimestichezza con la musica irlandese gli guadagnò il nomignolo di "l'Olandese Irlandese" (!!!). La musica etnica e quella commerciale iniziarono ad influenzarsi reciprocamente: la musica irlandese, come abbiamo visto essenzialmente solistica, cominciò ad avere un accompagnamento da parte del pianoforte, della chitarra o addirittura intere sezioni ritmiche. In Irlanda l'esordio delle Ceili Bands si sovrappose all'arrivo dei 78 giri dall'America: nei primi anni '30 un approccio più professionale alla musica (influenza dei primi vinili arrivati in Irlanda), caratterizzato da un suono più ricco, condusse ad un cambiamento radicale del contesto in cui la musica da ballo veniva eseguita. Una maggiore mobilità delle persone, favorita dai moderni mezzi di trasporto, insieme al moltiplicarsi delle sale da ballo, portarono ad un rapido declino delle danze all'interno delle abitazioni e nelle strade, principale divertimento musicale della cultura popolare del 18° e 19° secolo. Per inciso, queste variazioni dell'ambiente musicale irlandese non coincisero con uno dei periodi più felici della storia sociale d'Irlanda. Ad ogni modo, per effetto di questi cambiamenti, la musica uscì al di fuori dell'intimo ambiente domestico, e si posizionò nel contesto più formale della sala da ballo: i musicisti, vestiti con l'abito del giorno di festa, furono messi su un palcoscenico e forniti di microfoni. Era la nascita della Ceili Band. Per suonare ore ed ore in affollate e rumorose sale da ballo, ai musicisti occorreva una solida base musicale che facesse da "collante", base fornita da un accompagnamento, che poteva essere realizzato da un pianoforte o, nelle band più numerose, da una un'intera sezione ritmica comprendente piano, chitarra (o banjo), contrabbasso e batteria. La melodia era eseguita da varie combinazioni di violino, flauto, tin whistle, fisarmonica e banjo, talvolta con strumenti importati dalla musica commerciale, quali sax o clarinetto. Il repertorio variava a seconda delle circostanze. Resta aperta la questione se le Ceili Bands siano da definire come band di musica da ballo irlandese influenzate dalla musica pop contemporanea oppure band di musica da ballo contemporanea con influenze irlandesi. Resta comunque il precedente storico di una fusione tra musica tradizionale e influenze moderne: una tendenza che subì una accelerazione negli anni '60 e '70. In questi anni lo sviluppo di un approccio "moderno" a questa musica da parte di musicisti autoctoni quali Planxty, Bothy Band, De Dannan, Clannad, Paul Brady, Chieftains in Irlanda; e Battlefield Band, Tannahill Weavers, Dick Gaughan in Scozia, catturò e fece coltivare l'interesse per la musica celtica da parte di una generazione per ovvi motivi più vicina ai Rolling Stones o a Bob Dylan, che non a maestri di celtic music quali Pàdraig O'Keeffe o Willie Clancy. Proprio per questo motivo, i musicisti dei gruppi musicali di questi ultimi anni, pur strettamente radicati nella musica tradizionale, adottano nei confronti di essa un approccio che tiene conto della consapevolezza degli stili musicali familiari alle orecchie del pubblico; e grazie a questo intelligente comportamento si è creato un crescente interesse nei confronti di questa musica da parte di una gran quantità di persone (me compreso), per altri versi non particolarmente legati "alla tradizione".



          CHITARRA CELTICA

          Iniziamo con una considerazione che, dato l’argomento che ci accingiamo a trattare, potrebbe sembrare quasi provocatoria: la chitarra non è uno strumento proprio della musica celtica, ed anzi ancora oggi rimane un elemento relativamente estraneo ad essa. I motivi alla base di questa affermazione sono molteplici, ed affondano le loro radici nella storia e nelle caratteristiche proprie della musica celtica.
          La chitarra è uno strumento discretamente presente nella storia della musica tradizionale di vaste parti dell’Europa e dell’Asia Occidentale: il suo predecessore, lo oud, ha un ruolo importante nella musica, sia classica che tradizionale, del Medio Oriente, ed il liuto, sua naturale evoluzione, è ben conosciuto e presente nella musica classica occidentale.
          Basti infine pensare all’enorme importanza dello strumento a sei corde nella musica tradizionale spagnola per poter concludere per un generale ruolo di un certo rilievo della chitarra (e dei suoi antenati) nella musica tradizionale e classica, sia occidentale che orientale.
          Nel corso dei secoli la musica celtica è invece rimasta impermeabile alla chitarra: legata ad una struttura sociale di natura eminentemente rurale, urbanizzatasi solo nell’ultimo secolo, essa è rimasta nel tempo legata a strumenti autoctoni quali il whistle, le cornamuse e l’arpa celtica.
          Ulteriore causa del disinteresse nei confronti della chitarra da parte del mondo musicale celtico potrebbe risiedere anche nelle rispettive, divergenti, caratteristiche musicali: la musica celtica è infatti di tipo essenzialmente melodico, e al suo interno concetti quali armonizzazione e contrappunto (normalmente la chitarra, per la sua stessa natura, si presta in particolar modo ad armonia e contrappunto) sono di acquisizione recente e tutto sommato di secondaria importanza.
          Non a caso è infatti universalmente riconosciuto che l’elemento “principe” della musica celtica è proprio la voce umana, strumento melodico per eccellenza, che tra l’altro ricopre un fondamentale ruolo storico nella struttura melismatica di questa musica, e che a sua volta ne spiega i numerosi, tipici abbellimenti. Nella musica celtica spesso una sola sillaba può corrispondere a parecchie note cantate: in termini tecnici questo flusso di note è detto melisma, ed i musicologi definiscono questo tipo di musica canto melismatico. E’ evidente a tutti che simili caratteristiche, se da un lato risultano molto lontane da quelle proprie di uno strumento armonico come la chitarra, d’altro canto spiegano la predominanza, in queste forme musicali, di strumenti melodici quali il fiddle, il flauto e la cornamusa (l’importanza e la peculiarità dell’arpa in questo contesto rivestono un ruolo troppo particolare per poter essere esaminate in questo contesto).
          La storia
          Stando ad alcuni ricercatori, un possibile antenato della chitarra in uso ai tempi dell’Impero Romano potrebbe ravvisarsi nel cruit, strumento a corde vagamente somigliante al liuto (ma per altri ricercatori antenato dell’arpa celtica), che per alcuni studiosi di storia della musica aveva le sue quattro corde accordate in maniera simile alle quattro corde basse della chitarra.
          Il primo incontro tra chitarra e musica celtica avvenne invece verosimilmente nell’America dei primi decenni del diciannovesimo secolo, allorquando i primi immigranti irlandesi ebbero modo di conoscere questo strumento: probabilmente ne iniziarono ad apprendere i primi rudimenti ed i principali accordi, e grazie ad essi presero ad accompagnare le vecchie canzoni della patria lontana.
          Sin da allora la chitarra utilizzata in questi contesti era essenzialmente la chitarra folk, ovvero con corde in metallo, e le prime esperienze erano quindi limitate ad un uso ritmico dello strumento, usato cioè con caratteristiche di semplice accompagnamento. In quest’ambito l’influenza dei primi chitarristi blues (ed in seguito jazz) risultò fondamentale; tuttavia va sottolineata la scarsissima importanza dello strumento-chitarra nell’ambito della musica celtica nei decenni a cavallo tra il diciannovesimo ed il ventesimo secolo.
          La prima testimonianza certa dell’utilizzo della chitarra in una registrazione di musica tradizionale irlandese risale al novembre del 1934: il chitarrista in questione era un certo Michael “White” Andrews, che accompagnava in alcune registrazioni fonografiche il fiddler Michael Coleman: tecnicamente nulla di particolare, queste registrazioni hanno un valore solo dal punto di vista della storiografia musicale.
          Ancora una volta è da notare che la scelta di Coleman (e anche di Hugh Gillespie) di farsi accompagnare da un chitarrista ebbe uno scarso seguito: lo strumento di accompagnamento presente nella maggior parte delle incisioni discografiche di quegli anni era infatti il pianoforte, e non mancano gli studi che spiegano questa scelta con una sorta di “complesso di inferiorità” dei musicisti irlandesi d’oltre oceano, che sentivano all’epoca il bisogno di rendere partecipe della loro musica uno strumento borghese e in un certo senso “nobile” come il pianoforte, capace di conferire alla musica irlandese un certo tono di rispettabilità, restituendole quelle note di aristocrazia (ormai perse) risalenti al mondo dei bardi.

          Tornando alla chitarra, fino agli anni ’60 essa viene quindi relegata al ruolo di strumento di accompagnamento, suonata quindi con un plettro, e per giunta senza particolari “vette” espressive: forse unica eccezione in tal senso potrebbe essere considerato il chitarrista Martin Christi, spesso presente nelle registrazioni di James Morrison, interessante per lo stile swingante, intriso di tinte jazzistiche.
          Sempre in tema di stili di accompagnamento, il chitarrista Willie Johnson, originario delle isole Shetland, sviluppò uno stile molto interessante, anch’esso ricco di elementi tipici del jazz come lo stile swingante e gli accordi di passaggio: è il cosiddetto “Shetland swing”, usato nell’accompagnamento della musica tradizionale per violino delle isole Shetland, ancora oggi parte integrante della tradizione musicale di quelle isole.
          Volgendo lo sguardo verso altre regioni di origine celtica, anche la Galizia (in Spagna) non presenta una particolare tradizione chitarristica (nonostante la già citata importanza della chitarra nella musica spagnola in generale). A proposito della Spagna va tuttavia ricordato che il grande Andres Segovia scrisse un arrangiamento per chitarra classica del brano scozzese Loch Lomond, e che Narciso Yepes riarrangiò (e registrò per l’etichetta Deutsche Grammophone) l’irlandese Brian Boru’s March con il nome di Irish March.
          E’ il 1962 l’anno di svolta per quanto riguarda i rapporti, da quel punto in poi sempre più stretti, tra chitarra e musica celtica: in quell’anno il chitarrista inglese Davey Graham, di ritorno da un viaggio in Tunisia (e nella sua musica), scopre che riaccordando la chitarra in modo differente dal consueto EADGBE (mi la re sol si mi) risulta più “agevole” eseguire sulle sei corde i brani tradizionali di musica celtica: è la nascita ufficiale delle accordature alternative, di natura modale, la capostipite delle quali è l’ormai celebre DADGAD (re la re sol la re). Sempre nel 1962, in America, Doc Watson inizia ad eseguire alla chitarra in flatpicking vecchi brani per fiddle discendenti dalla tradizione celtica.
          Negli anni immediatamente successivi l’accordatura DADGAD diviene popolarissima presso i chitarristi folk, che iniziano a scoprire i tesori della musica scozzese ed irlandese, riproponendoli in arrangiamenti per chitarra, mentre in America sul versante flatpicking i chitarristi bluegrass presentano sempre più spesso nei loro spettacoli fiddle tunes irlandesi e scozzesi.
          Verso la metà degli anni ’60 si assiste in tutto il mondo alla crescente popolarità di musicisti come Bob Dylan e Woody Guthrie, che spostano di conseguenza l’interesse di larghe masse di giovani verso la musica folk. In Inghilterra nasce artisticamente in quegli anni una generazione di chitarristi acustici (John Renbourn, Bert Jansch, Martin Carthy…) che iniziano ad esplorare, riarrangiandolo per chitarra, il vasto repertorio della musica tradizionale inglese ed irlandese. Persino i Led Zeppelin, sul versante rock, registrano una versione della canzone irlandese Blackwater Side, con un ottimo lavoro di fingerstyle ad opera di Jimmy Page.
          Negli anni ’70 la Celtic guitar è ormai diventata una realtà concreta: i chitarristi sopra citati raggiungono la piena maturità artistica, sia in solo che all’interno di gruppi come i Pentangle, destinati a raggiungere alte vette di successo in tutto il mondo, e si assiste al fiorire di una nuova generazione di chitarristi, forse non innovativa come la precedente, ma con una più profonda conoscenza delle (sempre più numerose!) accordature aperte, e tecnicamente molto dotata. Si affacciano alla ribalta chitarristica musicisti come Pierre Bensusan (in Francia) e Martin Simpson e, complice il successo mondiale di gruppi di folk revival (i Chieftains innanzitutto), i suoni ed i colori della musica celtica diventano familiari in tutto il mondo: il nome e le composizioni dell’arpista e compositore irlandese Turlough O’Carolan (1670 - 1738) diventano popolari anche (e soprattutto) grazie ai numerosi arrangiamenti per chitarra di quegli anni. Il binomio costituito da composizioni di O’Carolan e chitarra si arricchisce, in questi ultimi anni, di ottime pubblicazioni quali Celtic Harp Music of Carolan and Others for Solo Guitar, ad opera di Glenn Weiser, ed il recentissimo Fair Melodies, libro con CD di Art Edelstein sulla vita e la musica del compositore irlandese.
          Per inciso va anche considerato al riguardo che la chitarra classica (ovvero con le corde in nylon) non ha trovato spazio, a tutt’oggi, nella musica tradizionale celtica, con l’unica eccezione del chitarrista australiano (ma di origine irlandese) Stephen Cooney, che ne fa un interessante uso di tipo ritmico nell’accompagnamento del fisarmonicista Phil Begley.
          Esistono invece alcune interessanti versioni per chitarra classica del vasto repertorio di O’Carolan.
          In Inghilterra nasce la casa discografica Kicking Mule Records con un catalogo interamente dedicato alla chitarra acustica. Anche se i suoi artisti risultano maggiormente blues-oriented, non mancano gli esempi di Celtic fingerstyle guitarists come Dave Evans, Duck Baker e lo stesso (per molti versi poliedrico) Stefan Grossman, che anche nei decenni successivi svolgerà un ruolo fondamentale nella didattica (anche, ma non solo) della chitarra Celtic-oriented.
          E’ tuttavia interessante considerare quanto accade in quei decenni nelle regioni “celtiche” per eccellenza: l’Irlanda e la Scozia. Rileggendo con attenzione quanto scritto sin’ora, non si può fare a meno di notare l’enorme importanza di artisti paradossalmente “non celtici” per quel che riguarda la Celtic guitar: Dave Graham è inglese, come inglesi sono John Renbourn e Bert Jansch. Pierre Bensusan è francese; Doc Watson è americano….
          In altri termini, risulta evidente una stridente contraddizione: lo sviluppo della cosiddetta Celtic guitar è per lo più in mano a chitarristi “estranei” alla tradizione celtica. E in Irlanda? E in Scozia?
          Per comprendere l’atteggiamento di queste culture nei confronti della chitarra, bisogna analizzare con attenzione la situazione storica della musica tradizionale irlandese (ma anche scozzese) in quegli anni: se è vero, come si è visto, che in quei decenni la musica tradizionale dei paesi dell’area celtica gode di ottima salute anche, e soprattutto, per una crescente popolarità all’estero, non va dimenticato che negli anni immediatamente precedenti queste forme musicali si trovavano in una fase di decadenza.
          Una cultura in declino tende per forza di cose a chiudersi in sè stessa, a diventare in qualche modo ancora più conservatrice, quasi reazionaria. Sono proprio quelli gli anni in cui la chitarra si affaccia prepotentemente alla ribalta internazionale, con Elvis Presley e gruppi come i Beatles ed i Rolling Stones: questa chitarra, icona della cultura del rock'n'roll, ha un eccessivo odore di modernismo giovanilista, e di conseguenza viene più o meno consapevolmente osteggiata (o quanto meno ignorata) dai circoli revivalisti ufficiali irlandesi, come il Comhaltas Ceoltòirì Eireann, che continua tutt’oggi ad ignorare lo strumento in questione nelle sue periodiche competizioni solistiche (curiosamente, a differenza di uno strumento di importazione come il bouzouki).
          Nonostante l'immensa popolarità della chitarra nella musica pop degli anni '60 e '70 (o forse proprio a causa di essa), il gap tra chitarristi e musica tradizionale “ufficiale” rimane comunque profondo. Si assiste cioè ad una interessante dicotomia riguardante la chitarra: quasi sempre presente, in Scozia come in Irlanda, nelle serate tra amici e nelle sessions informali nei pubs, essa rimane invece emarginata dai circoli ufficiali della musica celtica.
          Più specificamente in Irlanda il già citato folk revival rende popolare l’uso della chitarra nell’ambito dell’accompagnamento delle songs; lo strumento viene invece adoperato in misura molto minore nell’accompagnamento della dance music. Successivamente iniziano a comparire le prime bands influenzate dalla nascente pop music, bands che ovviamente non possono prescindere dall’impiego dello strumento a sei corde, non sempre con risultati esaltanti.
          Naturalmente quanto sopra detto non ha valore assoluto: ottimi chitarristi sono presenti anche sulla scena musicale irlandese (basti pensare al primo Paul Brady e a strumentisti del calibro di Arty McGlynn, Andy Irvine, Michael O'Dhomnail, Mick Moloney, Donal Lunny…), scozzese (Dick Gaughan) e bretone (Dan Ar Braz).
          Rimane tuttavia un dato di fatto: non esiste a tutt’oggi in Scozia o in Irlanda un autentico stile di chitarra “tradizionale”, ed a conferma di ciò basti pensare che nell’organico della maggior parte delle bands tradizionali di musica celtica la chitarra ancora oggi non ha una presenza ubiquitaria, o ha spesso un ruolo di semplice accompagnamento.

          Guardando al panorama odierno della cosiddetta Celtic guitar, diverse sono le considerazioni possibili: da un lato sembra scemato, o per lo meno ridotto, l’interesse dei giovani nei confronti della chitarra in generale: negli ultimi anni la musica commerciale è sempre più spesso orientata verso il computer ed il mondo dei video musicali (…MTV…), e la chitarra non è più l’icona della rivoluzione giovanilista di cui si è detto, e che d’altra parte ormai non esiste più.
          Più specificamente, per quel che riguarda la scena musicale del folk celtico, se da un lato l’enorme successo mondiale dei vari Riverdance e Lord of the Dance e l’immarcescibile popolarità di gruppi come i Chieftains indicano uno stato di grazia (anche e soprattutto all’estero) della musica soprattutto irlandese, è pur vero che, grazie alla globalizzazione musicale ed al generale abbattimento delle barriere culturali, oggi i musicisti “tradizionali” (di tutto il mondo) attingono liberamente alle culture popolari più disparate: nel caso della musica celtica, basti pensare alle frequenti “contaminazioni” con la musica africana, mediterranea e dell’est europeo. In questi casi i risultati sono molto spesso interessanti, ma indubbiamente tutto ciò contribuisce comunque a diluire in certa misura le caratteristiche originali delle varie culture.
          Ancora più specificamente, per quel che riguarda la Celtic guitar, i nomi storici (Graham, Renbourn, Jansch…) sono tutt’ora attivi, ma probabilmente hanno ormai esaurito la vena creativa del loro periodo giovanile. Da un punto di vista commerciale, alla luce della sopra citata crisi generale della chitarra, sembra che oggi non ci sia molto spazio per la Celtic guitar: le major discografiche mostrano scarso interesse nei confronti di queste forme artistiche, ma d’altro canto si assiste ad un gran fiorire di chitarristi di Celtic fingerstyle (soprattutto in America) che affidano i loro prodotti discografici alla distribuzione da parte di piccole etichette indipendenti o anche in modo autogestito, sempre più spesso mediante le vendite dirette tramite Internet. Si tratta quasi sempre di eccellenti chitarristi, che tuttavia ben difficilmente, alla luce dell’attuale situazione, potranno acquistare una notorietà anche lontanamente paragonabile a quella dei vari Renbourn e Carthy, destinati tutt’al più alla popolarità all’interno dello stesso circuito dei Celtic guitarists e di un pubblico di appassionati.
          I nomi in tal senso più interessanti sono quelli degli americani El McMeen, Steve Baughman, Pat Kirtley, Art Edelstein, David Surrette e John Sherman, che si vanno ad unire all’inglese Martin Simpson, allo scozzese Tony McManus e, in Italia, a chitarristi come Franco Morone e Giuseppe Leopizzi.
          Ciò che tecnicamente contraddistingue questi strumentisti è un quasi assoluto uso del fingerpicking (la mano destra non fa uso di plettro per le corde, suonate invece direttamente mediante unghie e polpastrelli) e, come già accennato, l’adozione di un gran numero di alternate tunings, ovvero accordature alternative alla standard. Ci si potrebbe chiedere il motivo di questa tendenza: perché usare accordature diverse, con la conseguenza di dover imparare nuove posizioni sulla tastiera della chitarra? Semplicemente perché la musica celtica “si sposa” meglio con queste accordature (in un certo senso poco ortodosse) che non con l’accordatura standard, sia perché in questo modo è possibile adottare tecniche di basso continuo, sia perché viene così favorito l’uso delle tonalità “canoniche” della musica in questione (Re, Sol e La).
          Grazie anche a questi accorgimenti tecnici uno strumento come la chitarra, apparentemente uno dei meno adatti ad eseguire musica irlandese e scozzese, è riuscito in questi ultimi decenni a guadagnarsi un certo ruolo di interesse e popolarità all’interno della Celtic music: in definitiva il matrimonio tra chitarra e musica celtica, dopo un periodo di iniziali incomprensioni, può oggi definirsi abbastanza riuscito.

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          • ICEberg
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            • Parma
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            #6
            Questo è tutto quello che avevo trovato in un search sulla MUSICA CELTICA, probabilmente non gliene frega un ***** a nessuno

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            • kappa
              Bodyweb Senior
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              #7
              a me sì, grazie Ice.
              Per esempio, non sapevo ci fosse una distinzione fra cornamusa scozzese ed irlandese!

              SMACK!

              K
              sigpickkappa78@gmail.com

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              • The Lyon
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                #8
                ao anvedi chi se rivede a bellllllla
                CERTE STORIE REGALANO UN EMOZIONE PER SEMPRE ! LA MORTE PRIMA O POI SORRIDE A TUTTI UN UOMO NON PUO' FAR ALTRO CHE SORRIDERGLI DI RIMANDO CHI NON HA PAURA DI MORIRE MUORE UNA VOLTA SOLA ! FINO ALLA FINE !

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