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Esatto. Sono cose diverse. Maradona al giorno d'oggi sarebbe stato lo stesso fenomeno? Avrebbe dovuto allenarsi molto di più...ma avrebbe avuto la testa per farlo? La stessa cosa Messi. Negli anni '80 e '90 avrebbe fatto lo stesso il fenomeno, pur andando più lentamente (ovviamente si sarebbe allenato e si sarebbe nutrito come si faceva all'epoca)? Sono cose che nessuno potrà mai sapere. Io mi limito a dire che per me stanno nella stessa categoria...come ci sta pure Cr7. Dire chi è il più forte non è possibile. Al massimo si può esprimere una preferenza personale!
CR7 secondo me non è stato sulla stessa categoria tecnica neanche del Ronaldo brasiliano ...
è riuscito a diventare ciò che è diventato grazie a tutta una serie di fattori che vanno al di là del talento in sè (che comunque è enorme)
Mi dicono siano arrivate diverse richieste di ban per sylvester. Confermate? O si è redento? Se c'è da sacrificarlo al dio del calcio, magari il tempo di finire sti mondiali serenamente, lo si fa.
Cristiano Ronaldo ( che tutti , a distanza di 20 anni, chiamano ancora cristiano Ronaldo o CR7, perché di Ronaldo c'è già stato il giocatore più forte della storia, non dimenticatevelo!) pur avendo talento da vendere, non sarà il più dotato, ma la testa ,dedizione e freddezza che ha lui, non hanno eguali. E quello vale quanto il talento calcistico.
Sono tanti i talenti che si perdono, basti pensare ai nostri Cassano, Balotelli...
Lui invece ha ottimizzato l'ottimizzabile. CR7 ha espresso il 100% del suo potenziale. È roba per pochi
Una testa alla CR7, su un Adriano, per dire, avrebbe creato un mostro.
La cosa più spaventosa è che nemmeno Ronaldo il fenomeno l'aveva. Faceva allenamenti osceni ( quando li faceva) poi però in partita era fuori da ogni logica.
Messi in Nazionale non è mai stato "Il migliore" e neanche "Uno dei migliori".
Ha sempre subito il ruolo, spesso cadendo nel puro anonimato, a volte anche con grossolani errori (vedi anche i tanti rigori sbagliati).
Ha spesso peccato di carattere e coraggio, non un leader insomma.
Tutto ciò gli è più o meno sempre stato contestato con l'Argentina.
Ora, a 35 anni ed in questo Mondiale sta risultando ben più protagonista di tante altre occasioni che ha comunque avuto senza brillare particolarmente.
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Originariamente Scritto da Sean
Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
A un giorno dall'atto finale del Mondiale la Francia è in allarme
[emoji3063]Mezza difesa infatti, compreso Theo Hernandez, non si allena: il milanista ha una contusione al ginocchio, Varane e Koundé (così come Coman) sono influenzati. Fermo anche Tchouameni per una botta all'anca
#SportMediaset
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Originariamente Scritto da Sean
Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
Argentina-Francia, la garra contro la qualità. In finale conta solo vincere
Deschamps cercherà di lasciare il possesso palla all’Argentina, come contro il Marocco. Scaloni ha la stessa idea, lasciare il gioco alla Francia. Sarà una partita a ritmi bassi
Una specie di partita a scacchi in cui la pazienza sarà la prima virtù. Ciascuna delle due squadre cercherà di lasciare l’iniziativa all’altra, cercando di non scoprirsi. Messi è la risposta a Mbappé. Il tango di Leo o il rap di Kylian? Molto passerà da qui. L’argentino è dentro il gioco della Selección e ne è anche il leader carismatico, il francese si accende all’improvviso e ti castiga. Messi è ringiovanito, ispirato quanto lo era nel Barcellona e mai al Psg, come se a Parigi fosse andato per preparare il Mondiale e spiare il nemico. Mbappé il Mondiale lo ha già vinto e avrà meno pressione addosso.
Scaloni, a differenza di Deschamps, cambia spesso l’Argentina, negli uomini, ma soprattutto nel sistema di gioco. Stavolta, proprio per arginare la furia devastante del ragazzo che va a 35 km all’ora, potrebbe scegliere il 3-5-2 già sperimentato contro l’Olanda, sacrificando Paredes e Di Maria e inserendo un difensore in più, Lisandro Martinez. Sarà la partita delle stelle, della tattica e degli equilibratori del centrocampo il cui ruolo sarà fondamentale.
Da una parte il nuovo Griezmann, la rivelazione in Qatar, non più attaccante ma tuttocampista, un Kanté con meno muscoli ma più tecnica; dall’altra agirà De Paul, che all’Udinese ha imparato la tattica e adesso scorta Messi e aiuta Enzo Fernandez nella costruzione del gioco. Scaloni fa leva sulla spinta di 40 mila argentini che sognano la Coppa.
Deschamps deve convivere con sinistri segnali, l’influenza che ha colpito i suoi difensori nei giorni scorsi e il problema al ginocchio che rischia di mettere fuori causa Giroud. La Francia ha più qualità, l’Argentina più garra. Ma è una finale. Non conta giocarla, conta vincerla. E ogni dettaglio può cambiare la storia.
CorSera
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Argentina e il sogno: Scaloni commosso, Messi pronto all’addio perfetto
Allo stadio in 40 mila, Scaloni: «Godiamocela, specie se è l’ultima di Messi». La scaramanzia di un Paese, le coincidenze con 36 anni fa. L’Argentina ci crede
Altro che il gruppo chiuso della Francia, con Karim Benzema musone che resta ad allenarsi a Madrid, siamo argentini e più siamo meglio è (il Kun Aguero fermato un anno fa dal problema al cuore, qui commentatore, è sempre con la squadra, poi si sono uniti, o stanno per farlo, Lo Celso, Correa, Gonzalez, Pereyra, Martinez Quarta, Musso e Dominguez, infortunati o persi per strada «ma sentono di far parte di questa squadra ed è un orgoglio, si vede che abbiamo costruito qualcosa», dice il c.t. Lionel Scaloni); altro che il gelo di Parigi senza maxischermi per la decisione della sindaca Hidalgo di boicottare i Mondiali del Qatar, a Buenos Aires è estate e se ne aggiungono di nuovi perché la febbre è al massimo, e la gente questo dicembre non va in strada (come spesso accade a fine anno) per protestare contro l’inflazione ma per sostenere l’Albiceleste.
Il Dibu (che si fa seguire da uno psicologo, utile dopo il debutto con sconfitta con l’Arabia, «un secchio di acqua gelata») ha alcune risposte: «La Francia è favorita come lo era il Brasile in Copa America, ma noi abbiamo il migliore al mondo. Se difendiamo bene, poi possiamo fare male». I rumors parlano di una difesa a tre, Scaloni non lo dice, ma insiste che «non sarà Messi contro Mbappé, ma Argentina contro Francia». Lui resta l’uomo pacato che ha preso la squadra nel 2018 tra lo scetticismo, oggi incassa l’incoronazione del Flaco Cesar Menotti, il c.t. del ’78 («Questa squadra è degna rappresentante di una cultura e di una storia. Gioca come in strada, a cui la palla appartiene») e l’antidoto alla pressione è nella parola «divertiamoci»: «Se è l’ultima di Leo dobbiamo godercela, meglio se con la Coppa. Vedo la nostra gente, come fai a non commuoverti? Il calcio è uno sport, da noi qualcosa di più. Ma non te lo so spiegare, se non sei argentino».
CorSera
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Argentina-Francia: Deschamps e il ruolo del cattivo con Benzema e Mbappé
I Bleus nella loro storia hanno giocato quattro finali dei Mondiali, tutte nelle 7 ultime edizioni, e due dell’Europeo
Se questa è una finale da film, il ruolo del cattivo è interpretato da Didier Deschamps. Il vorace allenatore francese rispetto a quattro anni fa si è rifatto la dentatura ed è ormai abituato a triturare e a metabolizzare ogni cosa: anche il virus che in questi giorni ha costretto a letto cinque giocatori (ma ieri si sono allenati tutti). E a maggior ragione anche la polemica a distanza dell’imbronciato Benzema, che dopo l’infortunio sta bene, ma per Dedé sta meglio a casa sua: Mbappé è il boss assoluto, mentre Griezmann nella nuova versione è il motore della squadra. Non avrebbe senso alterare questo ecosistema proprio adesso, anche se nell’ultimo allenamento Giroud ha avuto dolore al ginocchio: se il milanista non dovesse farcela, dentro Thuram sulla sinistra, con Mbappé centravanti, posizione che però la stella del Psg non ama.
Tutti i rumori di fondo vanno attutiti e non è neanche così difficile: per la Francia questa non è una missione, non è un’ossessione, non è un’occasione di riscatto. È solo una partita, che può condurla dritta nella leggenda: «Ma a quello ci penseremo dopo» come cerca di spiegare Hugo Lloris, che stasera ha l’opportunità di diventare il primo capitano della storia a sollevare due volte di fila la Coppa del Mondo: «La nostra forza è quella di adattarci a ogni situazione in campo».
Ma anche fuori, la Francia, che ha un giorno di riposo in meno dell’Argentina, si sa destreggiare: prima ha perso titolari come Benzema, Pogba, Kanté e Lucas Hernandez ed è tornata in finale con solo cinque reduci del 2018; adesso ha fatto turnover in infermeria, con i centrali tutti malati (Varane e Upamecano dovrebbero esserci) e infine si ritrova con il dubbio Giroud. Contro gli inglesi e il Marocco, la banda di Deschamps ha saputo soffrire, tenendo il pallone quanto basta (cioè poco) per innescare Mbappé o per lasciare a Griezmann la possibilità di farsi in tre: con l’energia cinetica di Kanté, il pizzico di incoscienza di Pogba e la qualità tecnica di Benzema. Il piano è quello anche oggi.
Più che un cattivo da film, Deschamps sembra l’ispettore del controllo-qualità di una fabbrica di talenti, quella del centro tecnico di Clairefontaine, che in 34 anni di vita ha portato i Bleus a giocarsi quattro finali dei Mondiali e due dell’Europeo. Comunque vada oggi, questo processo continuerà a marcare il distacco con gli altri. In dieci anni da c.t., Dedé ha perso la finale dell’Europeo in casa (2016), è uscito ai quarti in Brasile (2014), ha perso ai rigori con la Svizzera a Euro 2020: insomma ha già fatto tutti gli anticorpi, a vittorie e sconfitte.
Un po’ di “grippe”, il raffreddamento che ha colpito soprattutto Rabiot e Coman, non scombina i piani: «Però sarebbe stato meglio non averlo dovuto gestire» confessa il c.t. L’allarme sembra svanito, come il caso Benzema: «Oggi saremo in 24, Karim è tra gli infortunati, come Lucas Hernandez. Se verrà? Non posso gestire gli inviti». C’è una Coppa da rivincere, c’è la storia da riscrivere. Da soli contro Messi. Quindi contro tutti.
CorSera
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fa al grande giornalista ripubblicando un suo articolo dell'11 luglio 1982, terminata la finale del Mundial con Bearzot che, amaramente, si sfoga contro tutto quanto la stampa italiana aveva scritto di lui e dei suoi "ragazzi" (li chiamava così, considerandoli in effetti come dei figli) e Sconcerti è lì a raccogliere quelle poche parole di quel commissario tecnico che 42 anni dopo Vittorio Pozzo riporterà la coppa del mondo in Italia: una notte che non dimenticherò mai, di gioia assoluta. Gli anni '80 si aprirono per l'Italia e gli italiani con quella incredibile festa alla quale si giunse attraverso un vero e proprio romanzo di formazione e di avventura: le premesse infauste, l'inizio claudicante e pieno di dubbi e veleni e poi la cavalcata trionfale, con un pugno di uomini e calciatori - tutti straordinariamente, caratterialmente, profondamente, intimamente italiani - che gli dei del calcio innalzarono ad eroi coronandoli col sommo fastigio.
Sconcerti era lì, era lì con colleghi come Brera, come Mura, come tanti e tanti altri, tutte firme capaci di cogliere non solo il lato sportivo di un evento o di un ritratto.
Grande calcio, grande giornalismo, grande qualità umana e professionale. Gran bei tempi che, come tutto ciò che è tramontato, possiamo solo indovinare per il bagliore che, in qualche modo, la memoria e la storia ancora riflettono.
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