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La Nazionale dell'Europeo 2016 è già un po' dimenticata, se pensiamo a quella manifestazione ci vengono in mente giusto i rigori di Pellè e Zaza. Ma la squadra pur tecnicamente non all'altezza di vincere aveva tanto cuore e gruppo quanto questa. Abbiamo quasi eliminato una Germania superiore.
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Nel '12 la superiorità spagnola fu netta, loro poi erano nel pieno del ciclo (campioni del mondo due anni prima), con giocatori fantastici, campioni notissimi, e l'Italia invece in mezzo al guado del post 2006...per cui lì più che rimpianti ci sarebbe da mettere in evidenza quell'argento, perchè fu un premio per un gruppo andato ben oltre le possibilità.
A livello di europei il vero rimpianto data al 2000: una squadra con tanti campioni, aveva fatto fuori i padroni di casa dell'Olanda, e invece poi quel disastro del golden goal, così definitivo, senza replica, un abominio calcistico e regolamentare, vittime delle cervellotiche invenzioni di quei dirigenti che dovrebbero esaltare, e non sbertucciare o carnevalizzare, il calcio.
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
La finale di Copa America 2021 si gioca alle 2 italiane di domenica 11 luglio 2021 tra Brasile e Argentina
relata refero
Quindi sarebbe sabato notte, che alle 2 è poi già domenica, che in America , mettendo 7 ore in meno di fuso orario, sarebbero le 19 del sabato.
Che se fosse qui sarebbe già finita e sapremmo chi è il vincitore.
Originariamente Scritto da BLOOD black
per 1.80 mi mancano 4/5 cm ....
Nel '12 la superiorità spagnola fu netta, loro poi erano nel pieno del ciclo (campioni del mondo due anni prima), con giocatori fantastici, campioni notissimi, e l'Italia invece in mezzo al guado del post 2006...per cui lì più che rimpianti ci sarebbe da mettere in evidenza quell'argento, perchè fu un premio per un gruppo andato ben oltre le possibilità.
A livello di europei il vero rimpianto data al 2000: una squadra con tanti campioni, aveva fatto fuori i padroni di casa dell'Olanda, e invece poi quel disastro del golden goal, così definitivo, senza replica, un abominio calcistico e regolamentare, vittime delle cervellotiche invenzioni di quei dirigenti che dovrebbero esaltare, e non sbertucciare o carnevalizzare, il calcio.
Si il Golden gol del 2000 e l'uscita a vuoto del 90 sono i rimpianti più pesanti, anche i rigori di Baggio e Baresi del 94 eh.
Ma torniamo sempre lì, c'è rimpianto quando si perde.
Originariamente Scritto da BLOOD black
per 1.80 mi mancano 4/5 cm ....
La Nazionale dell'Europeo 2016 è già un po' dimenticata, se pensiamo a quella manifestazione ci vengono in mente giusto i rigori di Pellè e Zaza. Ma la squadra pur tecnicamente non all'altezza di vincere aveva tanto cuore e gruppo quanto questa. Abbiamo quasi eliminato una Germania superiore.
Inviato dal mio Redmi Note 8T utilizzando Tapatalk
C'è che nel calcio la vittoria è tutto e la fa da padrone onnicomprensivo ed onnipervasivo.
E' l'unico sport dove gli argenti, ad esempio, non si festeggiano. Ai mondiali, agli europei, alle olimpiadi, chi vince un argento nei tanti sport (atletica, pugilato, scherma, nuoto ecc...) viene intervistato, celebrato, ricordato, e quella medaglia concorre al medagliere...nel calcio non hai "conquistato" un argento ma perso l'oro, perso la finale, quindi perso "tutto"...quando invece una medaglia te la danno, anche se nessuno poi se la ricorda.
Invece è importante dire e ridire che questa nazionale è già vicecampione d'Europa, è argento europeo, non tornerà a mani vuote. Considerando che 3 anni fa non siamo nemmeno andati in Russia, è importante tenerlo a mente...nonostante, ripeto, il calcio sia un mondo dove la vittoria è l'unica luce, o pare essere l'unica luce, capace di dare valore a tutto un percorso...in queste manifestazioni così complesse, c'è o ci dovrebbe essere anche una luce di argento e non solo d'oro.
Domani giocano in due perchè tutte le altre stanno a casa da un pezzo...non è tutto uguale, hai salito dei gradini per stare domani a tentare di trasformare quell'argento in oro.
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Baresi rientrava dopo un recupero record dall’intervento al menisco,
Lo sa Dio cosa aveva in corpo per poter giocare...eppure..fu il migliore in campo, 120 minuti nelle condizioni disastrose del giorno.
Baggio pure lui, si era stirato contro la Bulgaria, stette con quella fascia elastica blu..120 minuti e non si sa come stava in piedi.
La cosa buona e’ che non abbiamo perso per la papera di Pagliuca, sarebbe stato tipo Brasile-Uruguay 1950 coi suicidi di massa tipo lemming
Io sono in tensione da ieri per domani sera...chi ha tempo di pensare alla copa America, che poi è una specie di indigeribile carrozzone che ha quelle stranissime regole che possono piacere solo ai sudamericani (si disputa ogni due anni, è sul tipo del campionato apertura/clausura argentino, insomma quelle astrusità lì).
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Italia-Inghilterra, formazioni e dove vedere la finale degli Europei 2021. Mancini conferma l’11 anti Spagna
All’assalto dell’Inghilterra che gioca in casa e ha il sostegno dei tifosi. Nessuna paura da parte degli azzurri. Mancini scarica le pressioni: «Divertiamoci ancora una volta»
La storia è qui, dentro il tempio di Wembley, da violare per la terza volta di fila, la più difficile e intrigante. Ci aspetta l’Inghilterra che non vince da 55 anni e conterà sulla spinta emotiva della sua gente. Un fiume di tifosi che occuperà gli ampi viali verso lo stadio del destino sin dal primo pomeriggio e lo farà senza mascherine protettive e senza pensare alle conseguenze della variante Delta.
È più di una finale, la decima per noi tra Mondiali e Europei. Tre anni dopo il tormento, ecco l’estasi. L’Italia sprofondata con Ventura, si è rialzata grazie alle idee del visionario Mancini, alla compattezza di un gruppo senza stelle ma pieno di generosa determinazione. Una squadra dalla doppia anima, scintillante come nelle suadenti notti romane e capace di esaltarsi nella sofferenza come è capitato nei due precedenti londinesi, con l’Austria negli ottavi e con la Spagna in semifinale. Non abbiamo mai mollato un centimetro. Non siamo stati in svantaggio neppure per un minuto e abbiamo sempre vinto.
Eppure l’assalto al secondo titolo europeo, 53 anni dopo quello di Valcareggi, un po’ ci spaventa per la compattezza dei nostri rivali, per il tifo ostile e perché una finale è sempre una finale, impossibile prevederne l’umore. L’Italia è più tecnica, i Bianchi della Regina più aggressivi. Una squadra più adatta alle nostre caratteristiche di quanto non lo fosse la Spagna. Però gli inglesi non sono più sprovveduti tatticamente: occupano bene il campo, sanno leggere le partite e si accendono all’improvviso grazie all’uragano Kane e alle serpentine di Sterling. Noi abbiamo il portiere migliore (Donnarumma), siamo superiori a centrocampo grazie a Jorginho-Verratti-Barella e speriamo con gli assalti improvvisi dei centrocampisti e degli esterni di compensare la scarsa prolificità dell’attacco.
È in notti così che ritroviamo il piacere di stare insieme, che ci sentiamo più italiani, che ci abbracciamo anche se non dovremmo farlo e siamo pronti a riempire le piazze e neppure questo dovremmo fare. Roberto Mancini cerca di allentare la pressione e carica l’evento con un tweet, che è un invito all’unità: «Siamo una squadra che ha avuto il coraggio di divertirsi. Ora manca l’ultimo passo. Facciamolo ancora una volta tutti insieme». Così gli azzurri non sentiranno il tuono dei sessantamila di Wembley. Per l’ironia del tabellone giochiamo in casa, ma non c’è trasferta più dura di questa. L’Italia però non cerca alibi e azzera le polemiche. È la sua cifra stilistica. «Speriamo di ascoltare i nostri tifosi alla fine...», si concede Mancio.
«Dobbiamo essere tranquilli e concentrati sul nostro gioco. Ai ragazzi ho detto: divertiamoci ancora una volta, è l’ultima occasione per farlo». Succederà davanti al presidente Mattarella, davanti ai quasi diecimila italiani d’Oltremanica e a una sterminata platea di telespettatori. «L’Inghilterra fisicamente è più forte, ma il calcio per fortuna si gioca palla a terra. E a volte vincono i più piccoli». Il c.t. non mette limiti: «È uno dei momenti più importanti della mia carriera. In azzurro ho giocato in squadre fortissime, l’Under 21 e la Nazionale, ma non ho vinto niente. Ora ho l’occasione di rifarmi».
Accanto a lui c’è il capitano Chiellini, confermato insieme agli altri dieci che hanno cominciato con la Spagna. Dall’alto della sua quasi ventennale esperienza ricorda che partite così «potrebbero non ricapitare nella vita di un giocatore. Bisogna sdrammatizzarla e seguire le indicazioni del nostro grande chef Mancini. È un momento magico, serviranno cuore caldo e testa fredda. Serviranno soprattutto spensieratezza e un pizzico di follia». Basta parole, adesso si gioca. Siamo a un centimetro dalla storia.
Italia-Inghilterra, probabili formazioni
Finale degli Europei 2021 Italia (4-3-3): Donnarumma; Di Lorenzo, Bonucci, Chiellini, Emerson Palmieri; Barella, Jorginho, Verratti; Chiesa, Immobile, Insigne. All. Mancini. Inghilterra (4-2-3-1): Pickford; Walker, Stones, Maguire, Shaw; Rice, Phillips; Sterling, Mount, Saka; Kane. All. Southgate. Arbitro: Kuipers (Olanda) Tv: ore 21, Raiuno e Sky.
CorSera
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La Regina Elisabetta a Southgate per Italia-Inghilterra: «Auguri per domani, complimenti per lo spirito»
La Regina scrive attraverso sua Maestà al c.t. inglese: «Ho premiato sir Moore nel 1966 e ho capito cosa significhi. Complimenti e auguri». Allo stadio ci sarà William
Un messaggio con tanto di stemma reale. Castello di Windsor. La Regina Elisabetta mostra la propria vicinanza alla squadra dei Tre Leoni attraverso un messaggio indirizzato al c.t. Gareth Southgate e ai suoi giocatori.
Alla vigilia della finale con l’Italia, Sua Maestà, salita al trono nel 1953, ha voluto ricordare la conquista dell’unico trofeo vinto, fin qui, dai «padri» del calcio, la Coppa del Mondo conquistata in casa contro la Germania: «Cinquantacinque anni fa sono stata abbastanza fortunata da consegnare la Coppa Rimet a Bobby Moore — si legge nel messaggio —. È lì che ho capito cosa significhi per un calciatore, un tecnico o un dirigente vincere un torneo. Voglio inviare i miei complimenti, e quelli della mia famiglia, alla squadra per aver raggiunto la finale e rivolgere i miei sinceri auguri per domani, nella speranza che la storia ricordi non solo i successi, ma anche lo spirito, l’attaccamento e l’orgoglio che avete fin qui dimostrato», recita la nota.
La Regina, 95 anni, non dovrebbe essere presente alla finale di domenica (dove sarà, invece, presente il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, 79 anni). A rappresentare la famiglia reale a Wembley sarà suo nipote, il principe William, per il suo ruolo di presidente della Football Association inglese.
CorSera
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Italia-Inghilterra, Sconcerti. Mai accontentarsi: la lezione di una Nazionale che non vuole nascondersi
Vincere è selettivo. Mancini dice no, non basta essere secondi. Ditelo a Berrettini che è bello arrivare secondi a Wimbledon. Il grande sport non è democratico, è differenza
di Mario Sconcerti
Dice una cosa giusta Mancini quando ricorda che non abbiamo ancora vinto niente, che non possiamo accontentarci di essere in finale. È la sua vera differenza, cercare di vedere un calcio sincero. Si vince quando si vince, perdere una finale è un buon modo di perdere, ma resta una sconfitta. È come darsi per traguardo il quarto posto in campionato, la Champions. Ormai è il nostro destino in un calcio che vogliamo facile, un’occasione per festeggiare sempre qualcosa, mentre vincere è selettivo.
Oggi il calcio non è più risultato chiaro, è confutazione da chat, poter aver tutti qualcosa da risponderci al di là del risultato. Cioè una contraddizione in termini. Mancini dice no, non basta essere secondi. Ditelo a Berrettini adesso che sarebbe bello arrivare secondi a Wimbledon. Dobbiamo soffrire per vincere e accettare la grande delusione se non vinciamo. Correrci dentro. Lo sport è un sentimento forte, non un accettare molto social di mezze misure. Una scusa per uno struscio nazionale, comunque vada. Comunque vada per niente, siamo a Wembley per vincere, pensiamo di meritarcelo. La gente faccia quel che vuole, il buon senso anche, ma il grande sport non è democratico, è solo differenza.
Sì o no. Il resto è palestra, sport per tutti, cioè movimento comune, non differenza. Deve rimanere e luccicare la differenza del campione. Sennò, per amore di democrazia, i miei disegni valgono quelli di Burri o le mie parole quelle di Ungaretti e non è così, non sarà mai così. Non si può scambiare la realtà per una notte magica.
Prepariamoci dunque a poter perdere perché perdere è l’unica variante della vittoria. Non ce ne son altre. C’è stato un tempo in cui ai secondi abbiamo tirato pomodori, oggi è l’opposto, dobbiamo sapere che perdere non sarebbe una festa.
Non conta chi siamo, conta come copriremo quello che non sappiamo ancora essere. Non come difenderci dagli inglesi ma come andare oltre Maguire e Stones che non hanno preso ancora un gol su azione. Non quanto è bravo Chiesa in due azioni a partita, ma perché non riesca a farne più di due, perché è l’oltre che ci serve. Perché Immobile si debba rassegnare a un europeo scarpone, perché Insigne non prenda in mano la sua diversità su Foden, Mount, Grealish e la faccia definitivamente pesare. Non basta chi siamo, conta quello che non siamo ancora stati. Si vince crescendo, altrimenti ci si mette in mano al caso o a un arbitro, la nostra vera copertura di sempre.
CorSera
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Alla vittoria gli Antichi avevano dedicato una divintà, l'avevano divinizzata. Statue e monumenti dedicati alla vittoria li si possono ammirare un pò ovunque anche nelle città costruite in tempi storicamente più recenti: è sulla spinta e l'ambizione a vincere che sono stati elevati gli imperi e che le civiltà sono diventate grandi e hanno lasciato traccia di sè nella storia.
La storia stessa è scritta dai vincitori: abbiamo le cronache di Cesare, non quelle dei Galli. Il corso del destino dei popoli e delle civiltà è stato modificato, a volte radicalmente, dall'aver vinto o perso in determinati snodi storici, con conseguenze che poi hanno determinato anche i decenni o secoli successivi.
Il calcio ha recepito in toto questo assoluto della vittoria, la sua autosufficienza ontologica. E' uno sport dove il secondo "è il primo dei perdenti"; dove "chi perde spiega, chi vince festeggia", dove "la vittoria non ha bisogna di giustificazioni, la sconfitta non ne ammette".
Stasera ci sarà una squadra che salirà i gradini della tribuna di Wembley per sollevare la coppa d'Europa. L'altra farà da cornice. Tra vittoria e sconfitta a volte passano dettagli, battiti di ciglia che pure determinano il tutto e il niente.
Corrado Corradino, poeta futurista degli anni '10 del Novecento, e presidente della Juventus, fece stampare nel 1915, vigilia della Prima Guerra Mondiale, sul frontespizio della rivista del Club un motto che mi è rimasto sempre impresso, che ho imparato a memoria, perchè si racchiude in quel verso la migliore sintesi di cosa è la vittoria nel calcio e di quali ineffabili qualità e convinzioni si debbano possedere per imbrigliare la dea alata e farla posare sulle proprie spalle: "La vittoria è del forte che ha fede": la vittoria è dei forti che hanno fede, che cioè in virtù di quell'ostinato, illimitato, assoluto crederci riescono ad andare non solo oltre la resistenza dell'avversario, ma sovente anche al di là dei propri limiti.
Non c'è fattore avverso, compreso quello del campo, che possa nulla quando la volontà e le risorse caratteriali e spirituali fanno inclinare anche il destino dalla propria parte.
All'Italia, che giocherà in casa del nemico, resta un centimetro - più duro e difficile di tutti i chilometri giù percorsi - per salire in vetta: che la fede nella vittoria e nella propria forza possano rappresentare la spinta ultima per sospingerla fin lassù.
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