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Anche ma qui la paloma è , si presume, l'anima della donna depressa che piange tutta la notte, che si reincarna in una colomba, Battiato era convinto che ci sia una forma di reincarnazione dopo la morte.
Magari uno dei motivi della citazione nella sua canzone è proprio quello.
Originariamente Scritto da BLOOD black
per 1.80 mi mancano 4/5 cm ....
Anche ma qui la paloma è , si presume, l'anima della donna depressa che piange tutta la notte, che si reincarna in una colomba, Battiato era convinto che ci sia una forma di reincarnazione dopo la morte.
Magari uno dei motivi della citazione nella sua canzone è proprio quello.
Bravo. Potrebbe essere.
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«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
Funerali di Battiato, don Guidalberto Bormolini: «Quella sera a casa sua, a tenerci per mano»
In partenza da Prato per celebrare i funerali dell’artista siciliano: «Eravamo amici, cercava il divino»
«A volte Franco mi telefonava, la sera, anche tardi, breve saluto, come stai, che fai. Poi mi salutava: e ora preghiamo insieme». Così racconta don Guidalberto Bormolini, 54 anni, presidente di TuttoèVita e responsabile della comunità dei Ricostruttori nella preghiera, presente a Prato, a Villa Del Palco. Erano molto amici, Franco Battiato e don Bormolini. L’ultima volta si sono visti nell’estate scorsa, a Milo, alle pendici dell’Etna, dove l’artista abitava. «Sono stato a casa sua, Franco era già molto malato, parlava pochissimo, ci si teneva spesso la mano, in silenzio. Aveva occhi molto luminosi, penetranti, sorrisi dolcissimi ed emanava da quel suo corpo emaciato una straordinaria sensazione di pace. Andandomene sapevo che forse non lo avrei più rivisto. Non ci siamo detti nulla, solo una stretta di mano molto forte e quel suo sorriso dolcissimo che custodirò come un regalo prezioso perla mia vita». Poi ieri mattina all’alba la telefonata, quelle telefonate che uno non vorrebbe mai ricevere. Era Michele, il fratello dell’artista: «Guidalberto, il nostro Franco è morto. Ti aspettiamo, vorremmo che fossi tu a celebrare il funerale».
Incontriamo il monaco mentre sta facendo i preparativi per partire, destinazione Sicilia. La conosce bene, la casa di Franco: «Ascetica, spartana con un bellissimo giardino, dove spesso mi rifugiavo a meditare mentre magari lui restava in casa a suonare il pianoforte e quando rientravo spesso mi diceva: vuoi sentire questa canzone?».
In quella casa a Milo, don Guidalberto ci è andato per la prima volta otto anni fa: «Lui aveva letto dei miei scritti sul tema della vita e della morte. Era rimasto colpito dalla mia concezione positiva, non terrificante della morte. Come apertura a una nuova vita. A un oltre. Scrivevo che la morte non esiste, c’è solo vita, da questo e dall’altro lato. Però bisogna che caschi un velo dagli occhi. Così voleva incontrarmi e io andai. Rimasi a Milo per qualche giorno. Parlammo a lungo. Della ricerca di Dio, della mistica, della preghiera e della meditazione. Rimasi impressionato, io monaco, della forte spiritualità di Franco. Per esempio era appassionato della mistica come capacità dell’uomo di entrare nel mondo del mistero, di fare un’esperienza del sacro. Lo affascinavano mistici, come i padri del deserto, san Giovanni della Croce, santa Teresa d’Avila», racconta don Bormolini. Che nel 2015 viene intervistato da Franco Battiato nel film-documentario Attraversando il Bardo. Uno sguardo sull’Aldilà e sul significato della morte nelle culture occidentali e orientali, proiettato per la prima volta all’Odeon di Firenze.
Cristiano? Buddista? Chi era Franco Battiato? «Era un ricercatore sincero del divino. Non lo si può imprigionare in uno schema, in una definizione rigida. La mia esperienza mi fa pensare che Franco avesse un suo modo di credere non allineato a schemi già predefiniti. Cercava l’invisibile in tutti i modi consoni alla sua sensibilità. Dal sufismo, la dimensione mistica dell’Islam, al buddismo tibetano fino ai mistici cristiani. Lui era deluso della civiltà che ha perso la dimensione interiore. Pregava molto e faceva tanta meditazione. Si può dire forse che la dimensione spirituale fosse il suo centro di gravità permanente. Il senso della sua vita», sostiene don Guidalberto.
E la musica, le canzoni di Battiato? Come l’ultima, anno 2019, Torneremo ancora: «La vita non finisce è come sonno/ la nascita è come il risveglio». «Prima ancora di conoscerlo apprezzavo molto le sue canzoni, quando è venuto in Toscana mi ha invitato a tutti i suoi concerti. La sua canzone che mi pare sintetizzi meglio il suo pensiero è a mio parere La cura. Ricorda?». Il monaco prova a canticchiarla: «E guarirai da tutte le malattie /Perché sei un essere speciale /Ed io, avrò cura di te».
Ed è forse pensando anche ai versi della canzone più famosa di Battiato che padre Bormolini ha deciso di costruire una struttura che si prenderà cura dei più fragili e dei malati gravi, nel suggestivo borgo di Mezzana, comune di Cantagallo, a mezza costa sui monti della Calvana. «Quando lo inaugurerai verrò a tenervi un concerto», gli aveva promesso Franco. «Purtroppo se ne è andato via prima», conclude padre Bormolini. E la sua voce si incrina, commossa.
CorSera
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Non mi è mai piaciuta l'interpretazione data a "per Elisa", troppo semplicisticamente accostata alla tossicodipendenza.
Per me invece è l'emblema di un amore, sì tossico, ma soprattutto ossessivo, ricorrente, nonostante i tentativi di distacco.
Come il pezzo di Beethoven, in cui le note sembrano voler sfuggire allo struggente leit motiv per poi, inesorabilmente, collassarci dentro.
Originariamente Scritto da Alberto84
Te lo dico io gratis che devi fare per crescere: devi spignere fino a cagarti in mano
Originariamente Scritto da debe
Chi è che è riuscito a trasformarti in un assassino mangiatore di vite altrui?
Originariamente Scritto da Zbigniew
Kurt non sarebbe capace di distinguere, pur avendoli assaggiati entrambi, il formaggio dalla formaggia.
Un indecente crogiuolo di dislessia e malattie veneree.
Non mi è mai piaciuta l'interpretazione data a "per Elisa", troppo semplicisticamente accostata alla tossicodipendenza.
Per me invece è l'emblema di un amore, sì tossico, ma soprattutto ossessivo, ricorrente, nonostante i tentativi di distacco.
Come il pezzo di Beethoven, in cui le note sembrano voler sfuggire allo struggente leit motiv per poi, inesorabilmente, collassarci dentro.
Sì esattamente. Fa parte di quei pezzi con più livelli interpretativi.
Alice ha affermato che è una canzone che tratta una dipendenza, ovvero tratta di ogni tipo di dipendenza, dunque ci si può vedere un richiamo alla tossicodipendenza ma anche, per l'appunto, e forse più centratamente, una dipendenza da un amore tossico, quelli dai quali non ci si riesce a staccare pur osservandone il degrado e la passività cui il protagonista si costringe.
Canzone che fin dalla prima volta che l'ascoltai mi rimase dentro: bellissima con una Alice ancora più bella, perfetta, con quella sua voce cupa, una bellezza selvaggia, una interpretazione magistrale.
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Nel piccolo studio di Radius registrarono "La voce del padrone", l'album da un milione di copie (tutte hit, inutile citarle, le conoscono tutti quelle canzoni) che sdoganò finalmente Battiato presso il grande pubblico, dopo gli LP sperimentali degli anni '70.
Pio fu uno dei suoi primissimi collaboratori. Poi ricordo anche Juri Camisasca (autore anche per Alice). In ultimo Mario Sgalambro.
Lanciò Giuni Russo. Scrisse un album per Milva. Alice gli ha praticamente consacrato tutta la sua carriera, innumerevoli i pezzi cantanti assieme, le collaborazioni, i concerti. A firma di Battiato anche quel piccolo capolavoro che è "Per Elisa", con la quale Alice vinse a Sanremo nel 1981.
Un tratto di Battiato è stata dunque la generosità: il suo genio non l'ha tenuto per sè ma l'ha diffuso a musicisti, interpreti e ovviamente al pubblico.
posso chiedervi una cosa?
lo faccio davvero con semplicità....da profano
tutte le canzoni di Battiato avevano un significato nascosto o alcune come cuccuruccucu paloma non significano nulla?
Sono davvero curioso, mi è sempre piaciuto il musicista ma non sempre sono stato in grado di appezzarne i testi
spero di non essere irrispettoso a chiederlo qui dentro in 3d dedicato alla sua morte.
Alcune, come Cuccuruccucù, sono infarcite di riferimenti colti senza che questi nascondano un livello simbolico, presente altrove. Sono puri esercizi giocosi
Non mi è mai piaciuta l'interpretazione data a "per Elisa", troppo semplicisticamente accostata alla tossicodipendenza.
Per me invece è l'emblema di un amore, sì tossico, ma soprattutto ossessivo, ricorrente, nonostante i tentativi di distacco.
Come il pezzo di Beethoven, in cui le note sembrano voler sfuggire allo struggente leit motiv per poi, inesorabilmente, collassarci dentro.
Un po' come Fotoromanza della Nannini, insomma...
Last edited by giuseppesole; 20-05-2021, 19:03:01.
Prendo e posto da un mio contatto su FB, perchè è una ottima sintesi di quanto si diceva qua sui riferimenti intertestuali nelle canzoni di Battiato:
_________
La Voce del Padrone
La sorte ha voluto che Franco Battiato se ne andasse proprio 40 anni dopo la pubblicazione del suo album storico, La Voce del Padrone. Era il 1981 e ancor oggi quando risento quella filastrocca “ Sul ponte sventola bandiera bianca “ mi prende un senso di rivoluzione, di non arrendermi all’idiozia del mondo. L’ispirazione arrivava dal mistico e filosofo armeno Georges Gurdjieff e Battiato ne fu il testimonial, facendo conoscere al grande pubblico attraverso varie citazioni il grande pensiero orientale. La stessa Voce del padrone, allude si alla nota casa discografica, ma è una citazione dello stesso Gurdjieff, secondo il quale un uomo è composto da quattro corpi. Il quarto, il più elevato, è l’Io, la coscienza, la volontà : un padrone che impartisce ordini attraverso la voce. Il centro di gravità permanente è un’altra idea di Gurdjieff, che definiva in questo modo la ricerca di un punto di vista autentico, slegato dagli avvenimenti esterni.
L’ispirazione e la sua grande erudizione spiegano altri versi di quegli anni incredibili : i gesuiti euclidei/ vestiti come dei bonzi per entrare a corte degli imperatori/ della dinastia dei Ming. La parabola di Battiato, considerato anche il pre-79 e il post-81, può ricondurre al pensiero di Socrate che nell’Apologia spiega come funziona la creazione artistica: “I poeti, non per sapienza componevano, ma perché erano ispirati da un dio”. Infatti ( e Battiato lo ha dimostrato ) solo un dio può salvare la canzone italiana.
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"Vede, sto bene con me stesso. Vivo in questo posto meraviglioso sulle pendici del Mongibello. Dalla veranda del mio giardino osservo il cielo, il mare, i fumi dell’Etna, le nuvole, gli uccelli, le rose, i gelsomini, due grandi palme, un pozzo antico. Un’oasi. Poi purtroppo rientro nello studio e accendo la tv per il telegiornale: ogni volta è un trauma. Ho un chip elettronico interiore che va in tilt per le ingiustizie e le menzogne. Alla vista di certi personaggi, mi vien voglia di impugnare la croce e l’aglio per esorcizzarli. C’è un mutamento antropologico, sembrano uomini, ma non appartengono al genere umano, almeno come lo intendiamo noi: corpo, ragione e anima”... C’è una gran quantità di personaggi che sento estranei a me ed è mio diritto di cittadino dirlo: non li stimo, non li rispetto per quel che dicono e sono. Non appartengono all’umanità a cui appartengo io. E, siccome faccio il cantante, ogni tanto uso il mio strumento per dire ciò che sento. La musica dovrebbe essere super partes e magari non dovrei occuparmi di materia sociale. Ma sono anch’io un peccatore e la carne è debole".
- Franco Battiato
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"Vede, sto bene con me stesso. Vivo in questo posto meraviglioso sulle pendici del Mongibello. Dalla veranda del mio giardino osservo il cielo, il mare, i fumi dell’Etna, le nuvole, gli uccelli, le rose, i gelsomini, due grandi palme, un pozzo antico. Un’oasi. Poi purtroppo rientro nello studio e accendo la tv per il telegiornale: ogni volta è un trauma. Ho un chip elettronico interiore che va in tilt per le ingiustizie e le menzogne. Alla vista di certi personaggi, mi vien voglia di impugnare la croce e l’aglio per esorcizzarli. C’è un mutamento antropologico, sembrano uomini, ma non appartengono al genere umano, almeno come lo intendiamo noi: corpo, ragione e anima”... C’è una gran quantità di personaggi che sento estranei a me ed è mio diritto di cittadino dirlo: non li stimo, non li rispetto per quel che dicono e sono. Non appartengono all’umanità a cui appartengo io. E, siccome faccio il cantante, ogni tanto uso il mio strumento per dire ciò che sento. La musica dovrebbe essere super partes e magari non dovrei occuparmi di materia sociale. Ma sono anch’io un peccatore e la carne è debole".
- Franco Battiato
Era di un'altezza imbarazzante... predisposta verso il sapere e la curiosità... inarrivabile, ma non per questo esclusiva.
Non poteva essere sempre accessibile, per forza di cose e per fortuna... altrimenti non ci sarebbe stato gusto.
Le sue frequentazioni erano molteplici ed ovviamente era ambitissimo potersi sedere con lui, che il più delle volte condiva ore di presenza altrui con silenzi quasi eterni, non sempre apprezzati e compresi.
Poi magari ti raccontava la sua "visione" o un dialogo psichedelico avuto con la reincarnazione del padre.
Vagli a spiegare che era un cane, però...
Battiato è un inattuale. Per i canoni del contemporaneo, era morto già da vivo, così come accade a tutti coloro che, inattuali, hanno avuto in sorte di abitare il loro tempo in questo tempo rovesciato.
Uomo spirituale, per questo inattuale, in una civiltà che fa della materia e di tutto ciò che è materiale (dalla tecnica alla economia) il suo centro, obliando ormai la componente spirituale, l'anima, l'elemento immateriale che tiene legata la forma, senza il quale il corpo si dis-organizza, si atomizza: e questa è difatti una cività atomizzata, di singolarità sperse e spaesate, di animali al macello.
Battiato ha veicolato concetti profondissimi e altissimi col più elementare mezzo di comunicazione: la musica pop. Mi chiedo quanti degli ascoltatori (ha pur venduto milioni di dischi, dunque lo dobbiamo annoverare non certo tra gli autori di nicchia ma tra quelli "popolari", di "cassetta" si sarebbe detto anni fa) abbiano però intuito il suo essere sovversivo, perchè scriveva e cantava la trama nascosta e opposta rispetto a quella disegnata e movente sul tappeto dell'odierno.
In una sua vecchia canzone Battiato cita "Il Re del mondo", il titolo di un saggio di Guenon, pensatore della Tradizione. Chi è il "Re del mondo"? E' l'archetipo del re-sacerdote, dunque della Unità primordiale, prima che il mondo iniziasse la discesa verso il disgregamento dall'Uno per scomporsi, via via degradando, in tante monadi.
Presso le antiche civiltà, dunque in quelle ancora prossime ai bagliori della ancestrale "età dell'oro", il re era anche sacerdote; il potere temporale era anche spirituale; il mistico era il guerriero; l'uomo era, anzi è, divino - prima che intraprendesse la discesa verso quegli inferi, verso quella regressione animale che nel rovescio di questa età ultima viene definita "progresso" - l'uomo da essere divino a schiavo, merce e prodotto, misurato da parametri essenzialmente materialistici. Uomini come insetti canta Battiato, coadiuvato dalla penna di Sgalambro (Shock in my town)
E' per pensieri come quelli, e per molti altri di consimili (si potrebbe restare ore a parlare dei temi proposti e presenti nell'opera di Battiato) che Battiato è un inattuale, e perciò, per i canoni odierni, un sovversivo, al pari dei maestri spirituali o intellettuali che cita praticamente in ogni suo brano.
Dunque Battiato già defunto in vita, per il suo portato spirituale e di pensiero, già morto agli occhi dell'animale contemporaneo...ma come tutti gli inattuali, in verità la sua opera e il suo portato altro non sono che un classico. Battiato coglie e partecipa della atemporalità, per cui il suo non è che un trapasso apparente.
Per chi è nomade e testimone nella desertificazione ormai inarrestabile, consolazione e fortificazione dello spirito sono i maestri e gli ammaestramenti: l'arte, la poesia, la letteratura, la musica, capaci di schiudere, o avvicinare, i "mondi lontanissimi"...anche la musica definita leggera, fatta di poche note e ristretti versi, capaci però di condurci ad universi altri, vicini anche noi al riverbero dello splendore originario. Nulla è smarrito, anche se tutto si è velato.
Approssimiamoci dunque alle fonti, ultimo e incoercibile atto di libertà e affermazione, di elevazione. A quel deposito, a quel tesoro, ha aggiunto qualcosa di suo anche Franco Battiato.
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Il miracolo di Franco Battiato è stato quello di far nascere dall’incontro tra la musica e la spiritualità una creatura unica, ibrida e ironica: la mistica leggera. Da una parte la musica leggera, il pop, il rock, le canzoni d’amore; dall’altra l’attrazione per il sacro, per il lontano, per l’invisibile. E nel mezzo una struggente nostalgia dell’amor perduto e del cielo invocato, la nostalgia del divino e dell’eterno. Battiato è forse l’unico cantante ad aver percorso questa strada, sfidando il disincanto cinico del nostro tempo arido e le caricature più dissacranti e più blasfeme che lo trattavano come un invasato. Ma sentirsi trattato da pazzo dagli abitanti di un manicomio globale, depone a favore della sua lucidità…
Planava come un alieno nei concerti e nei programmi televisivi, si avvertiva che veniva da lontano, proveniva dall’altrove, e non si gloriava né si mortificava per la sua diversità, anzi l’alleggeriva con una dose misurata di auto-ironia.
Non lo chiamerò filosofo, come hanno detto in tanti ieri, non gli affibbierò la tiara del guru, il cappello del mago o il bastone del sapiente, iniziato ai misteri; so distinguere i piani, i gradi e i livelli, Battiato era un cantante, un geniale dilettante del sacro, un sommelier di esperienze religiose, un curioso viaggiatore tra gli stati spirituali; a volte erano banali e sconcertanti certe sue espressioni, non tutte nate dalla necessità di mascherarsi dietro i non sense; e poi da ultimo i suoi vaniloqui e le sue pause.
Ma con la sua stravaganza, con i suoi paradossi, tra il siculo e lo zen, con la sua capacità magica di orecchiare la sapienza e sintonizzarsi con l’armonia pitagorica della musica, vista come metafora del cosmo ed eco risonante del divino, ha tracciato un itinerario unico. Non lo ripercorrerò, lo hanno fatto in tanti, anche perché ho visto, dopo un mio scritto dedicato a lui di recente, che ciascuno coltiva un suo tour di Battiato, ha una specie di edicola votiva delle sue canzoni o delle sue raccolte preferite. C’è pure un Battiato civile e indignato che inveisce contro i potenti e i buffoni, che piange lacrime amare per la Povera Patria, una canzone che portai qualche anno fa in giro per l’Italia con un comizio d’amore dedicato alla patria amata e maledetta.
C’è il Battiato degli amori perduti, del passato che non torna, il Battiato che canta a volte in un inglese improbabile, a volte in un napoletano anomalo ma colpisce la sua intensità espressiva, il tono, l’aura del suo cantare. Era di maggio già incantevole nella versione di Murolo, si fece omerica e struggente con la voce di Battiato, in quella raccolta strepitosa che fu Fleurs, in tre tomi. E così le canzoni di Mina e di De André, inimitabili; ma lui riuscì a donare versioni incomparabili a sua volta. E rese magiche, quasi oracolari, banali canzoni degli anni Trenta e Sessanta…
Ma il Battiato che canta l’amore e la nostalgia, che fustiga il potere e il degrado, sono gradini per avvicinarsi al culmine del suo canto, il Battiato che loda l’Inviolato e l’Uno al di sopra del bene e del male; che va a cercare il Sacro e i suoi Maestri, il visionario dell’altrove, colui che riesce a rendere vicine azzurre lontananze e meccaniche divine… Emergono mondi remoti con Battiato: l’Oriente in tutte le sue gradazioni, il Sud infinito e solare, la Sicilia eterna e interiore, i mondi antichi, le civiltà sepolte.
E poi il lessico magico del suo canto che lascia una scia di immagini in parole: l’era del cinghiale bianco, il centro di gravità permanente, la cura, l’imboscata, gli orizzonti perduti, le giubbe rosse, Delenda Carthago, Atlantide, il Caffè de la Paix, l’oceano di silenzio… Cuccurucucù, un concitato e disordinato citare, che è un evocare, una sinestesia di suoni, parole e visioni…
Che genere di spiritualità canta Battiato? La sua base, lo ha detto lui, è nel cattolicesimo dell’infanzia, delle madri e della sua terra; poi sono venute le conoscenze e le esperienze spirituali sufi, zen, le reminiscenze platoniche, Plotino… Una spiritualità protesa verso quella che Schuon e Guénon chiamavano l’Unità trascendente delle religioni, che non è la Super-religione di cui oggi si parla, ossia quel supermercato dell’usato sacro, dove l’esito è il culto dell’umanità tramite l’afflato religioso. Ma ogni tradizione spirituale è una freccia scagliata verso l’alto, diverse le provenienze e le traiettorie ma Uno è l’obbiettivo congiunto e supremo.
Non racconterò di nuovo le volte che l’ho incontrato, i concerti, i libri presentati, Sgalambro… Dirò solo una cosa. Ho voluto che il mio ultimo libro avesse un ritratto da lui fatto in copertina, il derviscio con rosa, perché rappresentava un cammino spirituale, rendeva magnificamente il Fiore di cui si narra la leggenda e rendeva omaggio a un amico e un grande. Quel che mi colpiva infine di lui è la sommessa lucidità con cui vedeva compiersi sotto i suoi occhi la parabola del suo destino. Prima che si ottenebrasse la sua mente, Battiato aveva raccolto la sua vita spirituale e canora in sei cd intitolati Le nostre anime, e quando lo raccontava poco prima che entrasse nell’area sacra e folle del silenzio e della clausura, ne parlava come del compimento di una vita, di una traiettoria giunta all’epilogo. Era come se avesse preparato le valigie per il suo viaggio estremo, mettendoci le cose più care. Si era compiuto il cerchio del destino e lui annunciava il suo tramonto con un disarmante sorriso, tra il demente e il veggente. E ne parlava già fuori dal finestrino del suo corpo, vedendosi in volo, salutando i presenti, sé compreso. L’immortalità della musica è già nella sua incorporeità, è invisibile sin dalla nascita, anche se usa dei segni per rappresentarsi. La trascurabile vita di Franco Battiato è cessata, la vita della sua anima tradotta in suono continua. E ti vengo a cercare, e torneremo ancora.
MV, La Verità 19 maggio 2021
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