A Bakhmut, tra i battaglioni ucraini decimati: «Noi partiti in 100 e rimasti in 20»
Vivere e morire nelle trincee attorno a Bakmut. Molti soldati soffrono di depressione ed hanno bisogno di assistenza psicologica. Tra i metodi di cura il sequestro dei cellulari
Gli psicologi militari spiegano che gli impressionabili tra i soldati al fronte sono «quelli più intellettuali, che se ne stanno tutto il tempo attaccati a Starlink col cellulare per cercare di informarsi».
Leggono cliccando ossessivamente sui siti dei blogger militari, sia ucraini e sia russi, conoscono le statistiche sull’utilizzo dei proiettili, guardano le mappe online di Deep State per cercare di capire chi avanza e chi si ritira, vanno a cercare sui siti occidentali i numeri dei morti e dei feriti quotidiani, ma alla fine sono anche quelli che più facilmente cadono nella depressione da stress e addirittura tentano il suicidio.
Lo psicologo
«Una volta non era così, gli eserciti promuovevano i più scolarizzati. Ma oggi informarsi su Internet nelle trincee rischia di trasformare le minacce reali in fantasmi ossessivi, che disorientano e paralizzano la volontà di combattere», ci raccontava due giorni fa Oleg Fesenco, che a 58 anni da noto psicologo e cardiologo di Odessa è diventato ufficiale medico con le unità che combattono lungo le trincee più insanguinate della guerra nella cinquantina di chilometri che separano la cittadina contesa di Bakhmut a quella di Avdiivka, nei pressi di Donetsk.
«Uno dei miei metodi di cura, specie tra le reclute, consiste nel requisire i cellulari e farli concentrare esclusivamente sui loro compiti pratici. La presenza di ufficiali calmi e di un ambiente disciplinato sono di grande aiuto. Ormai so che mediamente circa il 30 per cento della truppa ha urgente bisogno di sostegno psicologico quando rimane a lungo sotto i bombardamenti. Se non arriva per tempo, crescono le diserzioni, aumentano i casi di soldati paralizzati dalla paura, trionfa l’irrazionale e soprattutto si manifesta il fenomeno delle ferite auto-inflitte assieme alle minacce di suicidio», aggiunge.
I colpi di artiglieria
Lo incontriamo sulla porta del piccolo pronto soccorso al piano terra di una casupola nel villaggio di Ocheretine, una decina di chilometri dal cuore dei combattimenti per il controllo di Avdiivka. Mentre parliamo almeno sei colpi d’artiglieria russi esplodono con botti squassanti ad una quarantina di metri, noi e una decina di soldati ci buttiamo a terra. Terriccio e schegge cadono sui vestiti, l’odore di dinamite è intenso.
I colpi continuano a cadere un poco più lontano. Gli uomini approfittano di un momento di calma per appiattirsi contro i ruderi di un palazzo. Ma il medico rimane in piedi, ostenta sicurezza incurante delle schegge, con una mano si ripulisce l’uniforme dal terriccio. «Ai loro occhi rappresento un punto di riferimento, un esempio, non posso mostrare paura», dice.
Senza dubbio ufficiali come lui sono fondamentali per l’esercito ucraino a 14 mesi dall’inizio di questa guerra, specie adesso che si sta preparando la grande offensiva per scacciare i russi dai territori occupati. A Bakhmut gli ucraini perdono lentamente terreno. Piove, il fango domina e ritarda l’ora dell’attacco. Lo stato maggiore di Kiev chiede all’esercito di tenere duro, presto la controffensiva potrebbe iniziare con una serie di blitz limitati, volti a saggiare le capacità di resistenza avversarie.
I racconti
Sta di fatto, però, che proprio a ridosso della prima linea i racconti sulla gravità dei combattimenti abbondano. «Le nostre unità continuano a ruotare perché spesso sono sufficienti poche settimane sotto il fuoco per perdere oltre la metà degli effettivi. La battaglia di Bakhmut ha visto morire tantissimi veterani e adesso necessita tempo per addestrare le nuove reclute», racconta il 61enne Serhii Rebezhenko del 237esimo Battaglione fanteria.
Vittoria finale
«Non ho alcun dubbio, alla fine vinceremo noi. Ma i russi attaccano, perdono molti più uomini di noi, però non smettono. È un massacro. Al nostro fianco stavano i 100 uomini del 236esimo battaglione, dopo pochi giorni almeno 80 erano morti o feriti gravi. E non è un caso isolato, per il semplice fatto che i russi hanno più munizioni. Per una nostra cannonata loro rispondono con venti», aggiunge.
Nel settore di Avdiivka circola la storia dei russi travestiti da ucraini. Ce la racconta Viktoria, un’infermiera 28enne originaria di un villaggio nella provincia di Odessa: «Me ne hanno parlato alcuni nostri feriti. Ci sono russi che indossano le nostre uniformi, hanno passato il fronte nella notte e adesso creano scompiglio nelle retrovie».
CorSera
Vivere e morire nelle trincee attorno a Bakmut. Molti soldati soffrono di depressione ed hanno bisogno di assistenza psicologica. Tra i metodi di cura il sequestro dei cellulari
Gli psicologi militari spiegano che gli impressionabili tra i soldati al fronte sono «quelli più intellettuali, che se ne stanno tutto il tempo attaccati a Starlink col cellulare per cercare di informarsi».
Leggono cliccando ossessivamente sui siti dei blogger militari, sia ucraini e sia russi, conoscono le statistiche sull’utilizzo dei proiettili, guardano le mappe online di Deep State per cercare di capire chi avanza e chi si ritira, vanno a cercare sui siti occidentali i numeri dei morti e dei feriti quotidiani, ma alla fine sono anche quelli che più facilmente cadono nella depressione da stress e addirittura tentano il suicidio.
Lo psicologo
«Una volta non era così, gli eserciti promuovevano i più scolarizzati. Ma oggi informarsi su Internet nelle trincee rischia di trasformare le minacce reali in fantasmi ossessivi, che disorientano e paralizzano la volontà di combattere», ci raccontava due giorni fa Oleg Fesenco, che a 58 anni da noto psicologo e cardiologo di Odessa è diventato ufficiale medico con le unità che combattono lungo le trincee più insanguinate della guerra nella cinquantina di chilometri che separano la cittadina contesa di Bakhmut a quella di Avdiivka, nei pressi di Donetsk.
«Uno dei miei metodi di cura, specie tra le reclute, consiste nel requisire i cellulari e farli concentrare esclusivamente sui loro compiti pratici. La presenza di ufficiali calmi e di un ambiente disciplinato sono di grande aiuto. Ormai so che mediamente circa il 30 per cento della truppa ha urgente bisogno di sostegno psicologico quando rimane a lungo sotto i bombardamenti. Se non arriva per tempo, crescono le diserzioni, aumentano i casi di soldati paralizzati dalla paura, trionfa l’irrazionale e soprattutto si manifesta il fenomeno delle ferite auto-inflitte assieme alle minacce di suicidio», aggiunge.
I colpi di artiglieria
Lo incontriamo sulla porta del piccolo pronto soccorso al piano terra di una casupola nel villaggio di Ocheretine, una decina di chilometri dal cuore dei combattimenti per il controllo di Avdiivka. Mentre parliamo almeno sei colpi d’artiglieria russi esplodono con botti squassanti ad una quarantina di metri, noi e una decina di soldati ci buttiamo a terra. Terriccio e schegge cadono sui vestiti, l’odore di dinamite è intenso.
I colpi continuano a cadere un poco più lontano. Gli uomini approfittano di un momento di calma per appiattirsi contro i ruderi di un palazzo. Ma il medico rimane in piedi, ostenta sicurezza incurante delle schegge, con una mano si ripulisce l’uniforme dal terriccio. «Ai loro occhi rappresento un punto di riferimento, un esempio, non posso mostrare paura», dice.
Senza dubbio ufficiali come lui sono fondamentali per l’esercito ucraino a 14 mesi dall’inizio di questa guerra, specie adesso che si sta preparando la grande offensiva per scacciare i russi dai territori occupati. A Bakhmut gli ucraini perdono lentamente terreno. Piove, il fango domina e ritarda l’ora dell’attacco. Lo stato maggiore di Kiev chiede all’esercito di tenere duro, presto la controffensiva potrebbe iniziare con una serie di blitz limitati, volti a saggiare le capacità di resistenza avversarie.
I racconti
Sta di fatto, però, che proprio a ridosso della prima linea i racconti sulla gravità dei combattimenti abbondano. «Le nostre unità continuano a ruotare perché spesso sono sufficienti poche settimane sotto il fuoco per perdere oltre la metà degli effettivi. La battaglia di Bakhmut ha visto morire tantissimi veterani e adesso necessita tempo per addestrare le nuove reclute», racconta il 61enne Serhii Rebezhenko del 237esimo Battaglione fanteria.
Vittoria finale
«Non ho alcun dubbio, alla fine vinceremo noi. Ma i russi attaccano, perdono molti più uomini di noi, però non smettono. È un massacro. Al nostro fianco stavano i 100 uomini del 236esimo battaglione, dopo pochi giorni almeno 80 erano morti o feriti gravi. E non è un caso isolato, per il semplice fatto che i russi hanno più munizioni. Per una nostra cannonata loro rispondono con venti», aggiunge.
Nel settore di Avdiivka circola la storia dei russi travestiti da ucraini. Ce la racconta Viktoria, un’infermiera 28enne originaria di un villaggio nella provincia di Odessa: «Me ne hanno parlato alcuni nostri feriti. Ci sono russi che indossano le nostre uniformi, hanno passato il fronte nella notte e adesso creano scompiglio nelle retrovie».
CorSera
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