Il Papa, Putin, Kirill - e la distinzione tra «bene» e «male»
Parlando con i direttori delle riviste culturali europee dei gesuiti - in un colloquio riportato nell’ultimo numero de La civiltà cattolica, e anticipato da La Stampa - Papa Francesco è tornato a parlare della guerra in Ucraina.
E le sue parole — che seguono la linea segnata già dall’intervista concessa al direttore del Corriere, Luciano Fontana — sono destinate a fare rumore.
Le agenzie internazionali - a parire dalla Reuters — hanno colto soprattutto due elementi: la volontà di incontrare il patriarca Kirill in Kazakistan, a settembre; e le parole sulla distinzione-semplificazione tra «buoni e cattivi».
Kirill, anzitutto: «Ho avuto una conversazione di 40 minuti con il patriarca Kirill. Nella prima parte mi ha letto una dichiarazione in cui dava i motivi per giustificare la guerra. Quando ha finito, sono intervenuto e gli ho detto: “Fratello, noi non siamo chierici di Stato, siamo pastori del popolo”. Avrei dovuto incontrarlo il 14 giugno a Gerusalemme, per parlare delle nostre cose. Ma con la guerra, di comune accordo, abbiamo deciso di rimandare l’incontro a una data successiva, in modo che il nostro dialogo non venisse frainteso. Spero di incontrarlo in occasione di un’assemblea generale in Kazakistan, a settembre. Spero di poterlo salutare e parlare un po’ con lui in quanto pastore».
Le parole del Papa ricalcano in gran parte quelle dell’intervista al Corriere — con una aggiunta e una omissione significativa. L’omissione è questa frase: «Il Patriarca non può trasformarsi nel chierichetto di Putin». L’aggiunta è la speranza di un incontro — a settembre.
E poi la distinzione tra «buoni e cattivi». Ecco le parole del Papa:
«Dobbiamo allontanarci dal normale schema di “Cappuccetto rosso”: Cappuccetto rosso era buona e il lupo era il cattivo. Qui non ci sono buoni e cattivi metafisici, in modo astratto. Sta emergendo qualcosa di globale, con elementi che sono molto intrecciati tra di loro. Un paio di mesi prima dell’inizio della guerra ho incontrato un capo di Stato, un uomo saggio, che parla poco, davvero molto saggio. E dopo aver parlato delle cose di cui voleva parlare, mi ha detto che era molto preoccupato per come si stava muovendo la Nato. Gli ho chiesto perché, e mi ha risposto: “Stanno abbaiando alle porte della Russia. E non capiscono che i russi sono imperiali e non permettono a nessuna potenza straniera di avvicinarsi a loro”. Ha concluso: “La situazione potrebbe portare alla guerra”. Questa era la sua opinione. Il 24 febbraio è iniziata la guerra. Quel capo di Stato ha saputo leggere i segni di quel che stava avvenendo».
«Quello che stiamo vedendo è la brutalità e la ferocia con cui questa guerra viene portata avanti dalle truppe, generalmente mercenarie, utilizzate dai russi. E i russi, in realtà, preferiscono mandare avanti ceceni, siriani, mercenari.
Ma il pericolo è che vediamo solo questo, che è mostruoso, e non vediamo l’intero dramma che si sta svolgendo dietro questa guerra, che è stata forse in qualche modo o provocata o non impedita. E registro l’interesse di testare e vendere armi. È molto triste, ma in fondo è proprio questo a essere in gioco».
Il Papa risponde alla domanda che - già lo immagina - potrebbe essergli rivolta: «Qualcuno può dirmi a questo punto: ma lei è a favore di Putin! No, non lo sono. Sarebbe semplicistico ed errato affermare una cosa del genere. Sono semplicemente contrario a ridurre la complessità alla distinzione tra i buoni e i cattivi, senza ragionare su radici e interessi, che sono molto complessi. Mentre vediamo la ferocia, la crudeltà delle truppe russe, non dobbiamo dimenticare i problemi per provare a risolverli».
«È pure vero che i russi pensavano che tutto sarebbe finito in una settimana. Ma hanno sbagliato i calcoli. Hanno trovato un popolo coraggioso, un popolo che sta lottando per sopravvivere e che ha una storia di lotta». «Devo pure aggiungere che quello che sta succedendo ora in Ucraina noi lo vediamo così perché è più vicino a noi e tocca di più la nostra sensibilità. Ma ci sono altri Paesi lontani - pensiamo ad alcune zone dell’Africa, al nord della Nigeria, al nord del Congo - dove la guerra è ancora in corso e nessuno se ne cura. Pensate al Ruanda di 25 anni fa. Pensiamo al Myanmar e ai Rohingya. Il mondo è in guerra. Qualche anno fa mi è venuto in mente di dire che stiamo vivendo la terza guerra mondiale a pezzi e a bocconi. Ecco, per me oggi la terza guerra mondiale è stata dichiarata. E questo è un aspetto che dovrebbe farci riflettere. Che cosa sta succedendo all’umanità che in un secolo ha avuto tre guerre mondiali? Io vivo la prima guerra nel ricordo di mio nonno sul Piave. E poi la seconda e ora la terza. E questo è un male per l’umanità, una calamità. Bisogna pensare che in un secolo si sono susseguite tre guerre mondiali, con tutto il commercio di armi che c’è dietro».
CorSera
Parlando con i direttori delle riviste culturali europee dei gesuiti - in un colloquio riportato nell’ultimo numero de La civiltà cattolica, e anticipato da La Stampa - Papa Francesco è tornato a parlare della guerra in Ucraina.
E le sue parole — che seguono la linea segnata già dall’intervista concessa al direttore del Corriere, Luciano Fontana — sono destinate a fare rumore.
Le agenzie internazionali - a parire dalla Reuters — hanno colto soprattutto due elementi: la volontà di incontrare il patriarca Kirill in Kazakistan, a settembre; e le parole sulla distinzione-semplificazione tra «buoni e cattivi».
Kirill, anzitutto: «Ho avuto una conversazione di 40 minuti con il patriarca Kirill. Nella prima parte mi ha letto una dichiarazione in cui dava i motivi per giustificare la guerra. Quando ha finito, sono intervenuto e gli ho detto: “Fratello, noi non siamo chierici di Stato, siamo pastori del popolo”. Avrei dovuto incontrarlo il 14 giugno a Gerusalemme, per parlare delle nostre cose. Ma con la guerra, di comune accordo, abbiamo deciso di rimandare l’incontro a una data successiva, in modo che il nostro dialogo non venisse frainteso. Spero di incontrarlo in occasione di un’assemblea generale in Kazakistan, a settembre. Spero di poterlo salutare e parlare un po’ con lui in quanto pastore».
Le parole del Papa ricalcano in gran parte quelle dell’intervista al Corriere — con una aggiunta e una omissione significativa. L’omissione è questa frase: «Il Patriarca non può trasformarsi nel chierichetto di Putin». L’aggiunta è la speranza di un incontro — a settembre.
E poi la distinzione tra «buoni e cattivi». Ecco le parole del Papa:
«Dobbiamo allontanarci dal normale schema di “Cappuccetto rosso”: Cappuccetto rosso era buona e il lupo era il cattivo. Qui non ci sono buoni e cattivi metafisici, in modo astratto. Sta emergendo qualcosa di globale, con elementi che sono molto intrecciati tra di loro. Un paio di mesi prima dell’inizio della guerra ho incontrato un capo di Stato, un uomo saggio, che parla poco, davvero molto saggio. E dopo aver parlato delle cose di cui voleva parlare, mi ha detto che era molto preoccupato per come si stava muovendo la Nato. Gli ho chiesto perché, e mi ha risposto: “Stanno abbaiando alle porte della Russia. E non capiscono che i russi sono imperiali e non permettono a nessuna potenza straniera di avvicinarsi a loro”. Ha concluso: “La situazione potrebbe portare alla guerra”. Questa era la sua opinione. Il 24 febbraio è iniziata la guerra. Quel capo di Stato ha saputo leggere i segni di quel che stava avvenendo».
«Quello che stiamo vedendo è la brutalità e la ferocia con cui questa guerra viene portata avanti dalle truppe, generalmente mercenarie, utilizzate dai russi. E i russi, in realtà, preferiscono mandare avanti ceceni, siriani, mercenari.
Ma il pericolo è che vediamo solo questo, che è mostruoso, e non vediamo l’intero dramma che si sta svolgendo dietro questa guerra, che è stata forse in qualche modo o provocata o non impedita. E registro l’interesse di testare e vendere armi. È molto triste, ma in fondo è proprio questo a essere in gioco».
Il Papa risponde alla domanda che - già lo immagina - potrebbe essergli rivolta: «Qualcuno può dirmi a questo punto: ma lei è a favore di Putin! No, non lo sono. Sarebbe semplicistico ed errato affermare una cosa del genere. Sono semplicemente contrario a ridurre la complessità alla distinzione tra i buoni e i cattivi, senza ragionare su radici e interessi, che sono molto complessi. Mentre vediamo la ferocia, la crudeltà delle truppe russe, non dobbiamo dimenticare i problemi per provare a risolverli».
«È pure vero che i russi pensavano che tutto sarebbe finito in una settimana. Ma hanno sbagliato i calcoli. Hanno trovato un popolo coraggioso, un popolo che sta lottando per sopravvivere e che ha una storia di lotta». «Devo pure aggiungere che quello che sta succedendo ora in Ucraina noi lo vediamo così perché è più vicino a noi e tocca di più la nostra sensibilità. Ma ci sono altri Paesi lontani - pensiamo ad alcune zone dell’Africa, al nord della Nigeria, al nord del Congo - dove la guerra è ancora in corso e nessuno se ne cura. Pensate al Ruanda di 25 anni fa. Pensiamo al Myanmar e ai Rohingya. Il mondo è in guerra. Qualche anno fa mi è venuto in mente di dire che stiamo vivendo la terza guerra mondiale a pezzi e a bocconi. Ecco, per me oggi la terza guerra mondiale è stata dichiarata. E questo è un aspetto che dovrebbe farci riflettere. Che cosa sta succedendo all’umanità che in un secolo ha avuto tre guerre mondiali? Io vivo la prima guerra nel ricordo di mio nonno sul Piave. E poi la seconda e ora la terza. E questo è un male per l’umanità, una calamità. Bisogna pensare che in un secolo si sono susseguite tre guerre mondiali, con tutto il commercio di armi che c’è dietro».
CorSera
Commenta