Il senatore Usa Christopher Coons: «Chiediamoci cosa fare se Putin colpirà la Nato»
Il parlamentare più vicino al presidente Joe Biden: «Credo che il Congresso americano e gli alleati si debbano interrogare sul percorso di questa guerra. Prepariamoci a tutti gli scenari e restiamo uniti»
Christopher Coons è il parlamentare più vicino a Biden. È diventato senatore nel 2010, ereditando politicamente uno dei due seggi del Delaware, occupato fino a quel momento dall’amico «Joe». Subito dopo aver vinto le elezioni, il presidente aveva pensato di assegnargli il posto di Segretario di Stato. Poi, però, preferì lasciarlo al Senato a puntellare una maggioranza precaria e scelse Antony Blinken come capo della diplomazia. Oggi Coons, 58 anni, è presidente del Comitato etico e fa parte, tra l’altro, della Commissione Esteri del Senato. È un punto di riferimento per democratici e repubblicani che nelle ultime settimane hanno spinto per «fare di più» sull’Ucraina. Ha accettato di parlare con il Corriere prima della visita di Mario Draghi a Washington.
Senatore, lei è tra i parlamentari più attivi sul fronte della guerra in Ucraina. Che cosa si aspettano gli Stati Uniti dall’Italia?
«Nelle scorse settimane ho guidato una delegazione di colleghi in un viaggio proprio in Italia e in Francia. Anch’io faccio parte di quel numeroso gruppo di americani che amano il vostro Paese per mille motivi. Tra l’altro ho avuto l’occasione di visitare la comunità di Sant’Egidio e scoprire, così, quanto sia vitale ed efficiente il volontariato nel vostro Paese. Sul piano politico, ho incontrato la presidente del vostro Senato (Maria Elisabetta Alberti Casellati, ndr). Abbiamo convenuto su un principio di fondo: in questo momento è assolutamente cruciale che lo schieramento occidentale sia compatto. Ecco perché è necessario il confronto continuo tra gli alleati. In questo senso la visita di Mario Draghi a Washington è molto importante».
La Camera e il Senato Usa stanno per approvare un super finanziamento da 33 miliardi di dollari per l’Ucraina. Venti miliardi in armamenti. Casa Bianca e Congresso chiedono agli alleati di contribuire in «modo proporzionale», ma l’Italia non ha risorse finanziarie da mettere sul piatto...
«Lo sappiamo. Conosciamo i problemi di bilancio dell’Italia. E infatti non staremo lì con il bilancino a vedere chi metterà cosa. Alla fine, mi sembra naturale che gli Stati Uniti contribuiscano anche in modo più che proporzionale rispetto ad altri alleati. Ma è comunque importante che tutti facciano qualcosa, che si mobilitino politicamente, che partecipino come possono. Ci sono tante possibilità. Per esempio, rafforzare ulteriormente il fianco Est dell’Alleanza Atlantica. L’Italia, per altro, lo sta già facendo. Tutti noi dobbiamo mandare un messaggio chiaro a Putin: Stati Uniti ed Europa sono uniti più che mai e non si faranno dividere».
Gli europei, però, pensano che sia necessario provare a riannodare il dialogo con Vladimir Putin. Che ne pensa?
«Io vedo che Putin ci sta mostrando ogni giorno quanto sia brutale. Non possiamo consentirgli di continuare a massacrare i civili. La situazione si sta evolvendo. Stiamo accumulando le prove terrificanti dei crimini di guerra commessi dalle forze armate russe. Abbiamo visto usare gli stupri, la mancanza di cibo, la fame come strumenti di guerra. I russi continueranno in questa escalation. E penso che Putin si fermerà solo se lo fermiamo noi».
L’Amministrazione Biden sta inviando armi sempre più potenti e più precise. Che cosa dovrebbe fare di più?
«Il presidente Biden sta dimostrando grande capacità di leadership. Con un impegno costante e un approccio paziente è stato in grado di tenere insieme tutto l’Occidente, coinvolgendo anche Paesi che all’inizio erano rimasti un po’ ai margini. Tutti questi Stati, Italia compresa, hanno deciso insieme di imporre sanzioni economiche devastanti contro la Russia. Ma è un momento storico cruciale. Il corso di questo secolo può dipendere da quanto difenderemo con decisione la libertà in Ucraina».
Sta chiedendo al presidente di inviare i soldati americani o quelli della Nato a combattere in Ucraina?
«No, non sto chiedendo nulla di tutto ciò. Credo, invece, che il Congresso americano e gli alleati si debbano interrogare sul percorso di questa guerra. Che cosa faremmo se Putin decidesse di sconfinare in Moldavia o in Georgia? Come dovremmo reagire se un missile russo dovesse colpire il territorio della Nato? Dobbiamo prepararci per tutti i possibili scenari, restando uniti».
CorSera
Il parlamentare più vicino al presidente Joe Biden: «Credo che il Congresso americano e gli alleati si debbano interrogare sul percorso di questa guerra. Prepariamoci a tutti gli scenari e restiamo uniti»
Christopher Coons è il parlamentare più vicino a Biden. È diventato senatore nel 2010, ereditando politicamente uno dei due seggi del Delaware, occupato fino a quel momento dall’amico «Joe». Subito dopo aver vinto le elezioni, il presidente aveva pensato di assegnargli il posto di Segretario di Stato. Poi, però, preferì lasciarlo al Senato a puntellare una maggioranza precaria e scelse Antony Blinken come capo della diplomazia. Oggi Coons, 58 anni, è presidente del Comitato etico e fa parte, tra l’altro, della Commissione Esteri del Senato. È un punto di riferimento per democratici e repubblicani che nelle ultime settimane hanno spinto per «fare di più» sull’Ucraina. Ha accettato di parlare con il Corriere prima della visita di Mario Draghi a Washington.
Senatore, lei è tra i parlamentari più attivi sul fronte della guerra in Ucraina. Che cosa si aspettano gli Stati Uniti dall’Italia?
«Nelle scorse settimane ho guidato una delegazione di colleghi in un viaggio proprio in Italia e in Francia. Anch’io faccio parte di quel numeroso gruppo di americani che amano il vostro Paese per mille motivi. Tra l’altro ho avuto l’occasione di visitare la comunità di Sant’Egidio e scoprire, così, quanto sia vitale ed efficiente il volontariato nel vostro Paese. Sul piano politico, ho incontrato la presidente del vostro Senato (Maria Elisabetta Alberti Casellati, ndr). Abbiamo convenuto su un principio di fondo: in questo momento è assolutamente cruciale che lo schieramento occidentale sia compatto. Ecco perché è necessario il confronto continuo tra gli alleati. In questo senso la visita di Mario Draghi a Washington è molto importante».
La Camera e il Senato Usa stanno per approvare un super finanziamento da 33 miliardi di dollari per l’Ucraina. Venti miliardi in armamenti. Casa Bianca e Congresso chiedono agli alleati di contribuire in «modo proporzionale», ma l’Italia non ha risorse finanziarie da mettere sul piatto...
«Lo sappiamo. Conosciamo i problemi di bilancio dell’Italia. E infatti non staremo lì con il bilancino a vedere chi metterà cosa. Alla fine, mi sembra naturale che gli Stati Uniti contribuiscano anche in modo più che proporzionale rispetto ad altri alleati. Ma è comunque importante che tutti facciano qualcosa, che si mobilitino politicamente, che partecipino come possono. Ci sono tante possibilità. Per esempio, rafforzare ulteriormente il fianco Est dell’Alleanza Atlantica. L’Italia, per altro, lo sta già facendo. Tutti noi dobbiamo mandare un messaggio chiaro a Putin: Stati Uniti ed Europa sono uniti più che mai e non si faranno dividere».
Gli europei, però, pensano che sia necessario provare a riannodare il dialogo con Vladimir Putin. Che ne pensa?
«Io vedo che Putin ci sta mostrando ogni giorno quanto sia brutale. Non possiamo consentirgli di continuare a massacrare i civili. La situazione si sta evolvendo. Stiamo accumulando le prove terrificanti dei crimini di guerra commessi dalle forze armate russe. Abbiamo visto usare gli stupri, la mancanza di cibo, la fame come strumenti di guerra. I russi continueranno in questa escalation. E penso che Putin si fermerà solo se lo fermiamo noi».
L’Amministrazione Biden sta inviando armi sempre più potenti e più precise. Che cosa dovrebbe fare di più?
«Il presidente Biden sta dimostrando grande capacità di leadership. Con un impegno costante e un approccio paziente è stato in grado di tenere insieme tutto l’Occidente, coinvolgendo anche Paesi che all’inizio erano rimasti un po’ ai margini. Tutti questi Stati, Italia compresa, hanno deciso insieme di imporre sanzioni economiche devastanti contro la Russia. Ma è un momento storico cruciale. Il corso di questo secolo può dipendere da quanto difenderemo con decisione la libertà in Ucraina».
Sta chiedendo al presidente di inviare i soldati americani o quelli della Nato a combattere in Ucraina?
«No, non sto chiedendo nulla di tutto ciò. Credo, invece, che il Congresso americano e gli alleati si debbano interrogare sul percorso di questa guerra. Che cosa faremmo se Putin decidesse di sconfinare in Moldavia o in Georgia? Come dovremmo reagire se un missile russo dovesse colpire il territorio della Nato? Dobbiamo prepararci per tutti i possibili scenari, restando uniti».
CorSera
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