A oggi abbiamo visto una speculazione su un prodotto realizzato con greggio acquistato a prezzi pre-crisi ucraina. I problemi veri arriveranno quando le compagnie dovranno raffinare il petrolio acquistato con i nuovi (carissimi) prezzi di mercato.
Il ministro per la transizione ecologica Roberto Cingolani l’ha definito “una colossale truffa”. In effetti è difficile dare contro al responsabile del dicastero, a proposito del rialzo dei costi di benzina e gasolio nelle ultime 4 settimane, in coincidenza dell’invasione russa dell’Ucraina.
Certo è che, come dicevamo in questa analisi di qualche giorno fa, le tensioni internazionali hanno scombussolato i prezzi delle materie prime (di cui la Russia, come nel caso del greggio, è il terzo esportatore mondiale). Ma non dobbiamo immaginare che il prezzo al dettaglio di un bene risenta con effetto immediato dei cambiamenti macroeconomici. Nei depositi di stoccaggio e nelle raffinerie italiane esistono sufficienti scorte realizzate con un greggio i cui costi sono stati negoziati ben prima dello scoppio delle ostilità. E ricordiamo anche che i contratti di fornitura del greggio, così come quelli delle materie prime, hanno durate temporali lunghe, con indicizzazioni del costo delle materie prime ad altri beni primari, e prezzi che quasi sempre restano bloccati a tutela delle parti che quel contratto lo firma
IL PROBLEMA SARA' DOMANI
Quindi Cingolani ha ragione. Si tratta, più che di una truffa, di qualcuno che ci ha mangiato sopra, aumentando il costo dei carburanti al dettaglio e accampando come scusa quella della crisi internazionale. Aumenti che in buona parte sono stati influenzati dai costi di raffinazione (sui quali pesa il costo della bolletta energetica: le raffinerie consumano gas ed elettricità), da quelli di trasporto (i carburanti viaggiano su autocisterne, e queste hanno motori a gasolio) e soprattutto da quelli di stoccaggio momentaneo. Questo è forse il nodo meno conosciuto della filiera: il carburante dalla raffineria alla pompa fa almeno due passaggi, ossia nei depositi di stoccaggio che hanno sede nelle varie province italiane e sono gestiti da privati. Immagazzinare i carburanti in questi luoghi ha un costo di affitto delle cisterne, che è dettato dalle leggi di mercato. E in momenti come questi, qualcuno ci ha fatto la cresta a nostre spese.
Il vero problema non è oggi, che il governo ha deciso di mettere uno stop all’impazzimento dei prezzi con una riduzione delle accise di 15-20 centesimi al litro, ma sarà domani o dopodomani, ovvero quando le compagnie petrolifere si troveranno a dover raffinare una materia prima sempre più difficile da trovare, e reperita a costi sempre maggiori. Quello di oggi rappresenta un pannicello caldo, un contentino che non fa certo dimenticare ai consumatori quanto è cresciuto il prezzo della benzina negli ultimi anni.
Il ministro per la transizione ecologica Roberto Cingolani l’ha definito “una colossale truffa”. In effetti è difficile dare contro al responsabile del dicastero, a proposito del rialzo dei costi di benzina e gasolio nelle ultime 4 settimane, in coincidenza dell’invasione russa dell’Ucraina.
Certo è che, come dicevamo in questa analisi di qualche giorno fa, le tensioni internazionali hanno scombussolato i prezzi delle materie prime (di cui la Russia, come nel caso del greggio, è il terzo esportatore mondiale). Ma non dobbiamo immaginare che il prezzo al dettaglio di un bene risenta con effetto immediato dei cambiamenti macroeconomici. Nei depositi di stoccaggio e nelle raffinerie italiane esistono sufficienti scorte realizzate con un greggio i cui costi sono stati negoziati ben prima dello scoppio delle ostilità. E ricordiamo anche che i contratti di fornitura del greggio, così come quelli delle materie prime, hanno durate temporali lunghe, con indicizzazioni del costo delle materie prime ad altri beni primari, e prezzi che quasi sempre restano bloccati a tutela delle parti che quel contratto lo firma
IL PROBLEMA SARA' DOMANI
Quindi Cingolani ha ragione. Si tratta, più che di una truffa, di qualcuno che ci ha mangiato sopra, aumentando il costo dei carburanti al dettaglio e accampando come scusa quella della crisi internazionale. Aumenti che in buona parte sono stati influenzati dai costi di raffinazione (sui quali pesa il costo della bolletta energetica: le raffinerie consumano gas ed elettricità), da quelli di trasporto (i carburanti viaggiano su autocisterne, e queste hanno motori a gasolio) e soprattutto da quelli di stoccaggio momentaneo. Questo è forse il nodo meno conosciuto della filiera: il carburante dalla raffineria alla pompa fa almeno due passaggi, ossia nei depositi di stoccaggio che hanno sede nelle varie province italiane e sono gestiti da privati. Immagazzinare i carburanti in questi luoghi ha un costo di affitto delle cisterne, che è dettato dalle leggi di mercato. E in momenti come questi, qualcuno ci ha fatto la cresta a nostre spese.
Il vero problema non è oggi, che il governo ha deciso di mettere uno stop all’impazzimento dei prezzi con una riduzione delle accise di 15-20 centesimi al litro, ma sarà domani o dopodomani, ovvero quando le compagnie petrolifere si troveranno a dover raffinare una materia prima sempre più difficile da trovare, e reperita a costi sempre maggiori. Quello di oggi rappresenta un pannicello caldo, un contentino che non fa certo dimenticare ai consumatori quanto è cresciuto il prezzo della benzina negli ultimi anni.
Commenta