Gli Stati Uniti rischiano davvero la recessione con la presidenza Trump?
I più recenti dati sull’andamento dell’occupazione e sulle attese di inflazione da parte dei consumatori sono stati negativi. Domenica Trump non ha escluso che i dazi e i tagli alla spesa pubblica possano portare a una contrazione
Perché si parla di recessione negli Usa?
I più recenti dati sull’andamento dell’occupazione negli Stati Uniti e sulle attese di inflazione da parte dei consumatori sono stati negativi. Domenica poi, durante un’intervista a Fox News, Donald Trump non ha escluso che i dazi e i tagli alla spesa pubblica possano portare a una recessione economica. «Siamo in un periodo di transizione perché quello che stiamo facendo per riportare la ricchezza negli Usa è davvero grande. Ci vorrà un po’ di tempo».
Ma il calo del Pil statunitense è un rischio concreto?
La maggior parte degli esperti prevede ancora un aumento per il prodotto interno lordo americano nel 2025. Sta però riducendo le stime di crescita: la banca d’affari Goldman Sachs, per esempio, le ha tagliate dal 2,4 all’1,7%, citando l’aspettativa di politiche commerciali molto «più ostili». Morgan Stanley, un’altra banca d’affari, pronostica invece un incremento del pil dell’1,5%, in netta discesa rispetto all’1,9% della precedente previsione.
Quali sono le cause del rallentamento?
L’andirivieni di Trump sui dazi a Canada, Messico, Cina ed Europa sta generando grande incertezza per le imprese che potrebbero rinviare gli investimenti e le assunzioni negli Stati Uniti in attesa di capire quanto saranno alte le nuove barriere commerciali. Se molto elevate, localizzare la produzione sul suolo americano diventerà probabilmente necessario; altrimenti, l’aumento delle tasse sulle importazioni potrebbe essere assorbito agendo sul costo di altri fattori produttivi o accettando un calo dei margini di profitto.
E quali gli effetti sull’inflazione?
L’obiettivo di Trump è rilanciare la manifattura americana e ridurre il deficit commerciale degli Usa, rendendo meno convenienti l’acquisto di merci dall’estero. Nel breve-medio periodo, però, queste politiche protezionistiche faranno salire i prezzi delle importazioni di beni finali e intermedi, con inevitabili effetti inflazionistici. Questo potrebbe spingere le famiglie a diminuire o rimandare i consumi, con altri effetti negativi sul pil.
Quale è la reazione degli investitori?
I mercati stanno anticipando una brusca frenata dell’economia Usa e, quindi, dei profitti aziendali. L’indice delle azioni tecnologiche Nasdaq, in particolare, è sceso del 13% rispetto al picco di dicembre perché i titoli digitali soffrono più degli altri le aspettative di aumento dell’inflazione. Contemporaneamente, gli investitori stanno cercando rifugio nei titoli di Stato, i cui prezzi sono quindi in aumento.
I più recenti dati sull’andamento dell’occupazione e sulle attese di inflazione da parte dei consumatori sono stati negativi. Domenica Trump non ha escluso che i dazi e i tagli alla spesa pubblica possano portare a una contrazione
Perché si parla di recessione negli Usa?
I più recenti dati sull’andamento dell’occupazione negli Stati Uniti e sulle attese di inflazione da parte dei consumatori sono stati negativi. Domenica poi, durante un’intervista a Fox News, Donald Trump non ha escluso che i dazi e i tagli alla spesa pubblica possano portare a una recessione economica. «Siamo in un periodo di transizione perché quello che stiamo facendo per riportare la ricchezza negli Usa è davvero grande. Ci vorrà un po’ di tempo».
Ma il calo del Pil statunitense è un rischio concreto?
La maggior parte degli esperti prevede ancora un aumento per il prodotto interno lordo americano nel 2025. Sta però riducendo le stime di crescita: la banca d’affari Goldman Sachs, per esempio, le ha tagliate dal 2,4 all’1,7%, citando l’aspettativa di politiche commerciali molto «più ostili». Morgan Stanley, un’altra banca d’affari, pronostica invece un incremento del pil dell’1,5%, in netta discesa rispetto all’1,9% della precedente previsione.
Quali sono le cause del rallentamento?
L’andirivieni di Trump sui dazi a Canada, Messico, Cina ed Europa sta generando grande incertezza per le imprese che potrebbero rinviare gli investimenti e le assunzioni negli Stati Uniti in attesa di capire quanto saranno alte le nuove barriere commerciali. Se molto elevate, localizzare la produzione sul suolo americano diventerà probabilmente necessario; altrimenti, l’aumento delle tasse sulle importazioni potrebbe essere assorbito agendo sul costo di altri fattori produttivi o accettando un calo dei margini di profitto.
E quali gli effetti sull’inflazione?
L’obiettivo di Trump è rilanciare la manifattura americana e ridurre il deficit commerciale degli Usa, rendendo meno convenienti l’acquisto di merci dall’estero. Nel breve-medio periodo, però, queste politiche protezionistiche faranno salire i prezzi delle importazioni di beni finali e intermedi, con inevitabili effetti inflazionistici. Questo potrebbe spingere le famiglie a diminuire o rimandare i consumi, con altri effetti negativi sul pil.
Quale è la reazione degli investitori?
I mercati stanno anticipando una brusca frenata dell’economia Usa e, quindi, dei profitti aziendali. L’indice delle azioni tecnologiche Nasdaq, in particolare, è sceso del 13% rispetto al picco di dicembre perché i titoli digitali soffrono più degli altri le aspettative di aumento dell’inflazione. Contemporaneamente, gli investitori stanno cercando rifugio nei titoli di Stato, i cui prezzi sono quindi in aumento.
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