Zelensky umiliato, Ucraina abbandonata: avanza lo scenario della Nuova Yalta fra Trump e Putin?
La lite furibonda con Trump e Vance alla Casa Bianca, la mancata firma dell’accordo sui minerali, la cancellazione della conferenza stampa congiunta
di Federico Rampini
Peggio di così, forse, non poteva andare. A meno di immaginare Zelensky arrestato dal Secret Service e deportato a Guantanamo… La lite furibonda con Trump e Vance alla Casa Bianca, la mancata firma dell’accordo sui minerali, la cancellazione della conferenza stampa congiunta: un disastro di cui avete già tutti i dettagli in cronaca. Probabilmente Zelensky ha commesso degli errori tecnici nel prepararsi al summit di ieri: anche quello molto banale di ostinarsi a parlare in inglese (interpreti e ambasciatori servono anche a guadagnare tempo, stemperare le tensioni, meditare bene le reazioni). Ma Trump e Vance hanno sfoderato un’aggressività indegna, di fronte a un leader che incarna l’eroica resistenza del suo popolo contro un’aggressione criminale.
Al momento c’è un vincitore sicuro ed è Putin. L’ipotesi che l’America di Trump proceda verso una sorta di Nuova Yalta (che avevo anticipato in un editoriale sull’edizione cartacea del Corriere), cioè una spartizione di sfere d’influenza con la Russia, è più concreta di prima al termine di questa settimana turbolenta.
Decifro questa settimana terribile avvalendomi dell’uso di esperti.
L’IMPOTENZA DEGLI EUROPEI
In Europa molti hanno vissuto in modo surreale gli eventi di questa settimana. Forse scambiando i propri desideri per realtà, hanno creduto alla narrazione di un’Europa capace di correggere Trump, incalzarlo, assediarlo. Dai dazi all’Ucraina. Per portarlo su posizioni più ragionevoli, più atlantiste. Le cose sono andate molto diversamente, come anticipavo ieri nella mia rubrica Oriente Occidente. Dal presidente polacco Duda al francese Macron, fino al premier britannico Starmer, le tre visite di questi leader europei sono state molto meno aggressive, molto più arrendevoli e mansuete. La geopolitica, nel mondo reale, è basata sugli interessi di Stato e sui rapporti di forze. Il resto sono chiacchiere. Se Duda Macron Starmer dovevano piegare Trump e portarlo sulle loro posizioni riguardo a Russia-Ucraina, il bilancio della loro azione è quello incassato dal povero Zelensky: un disastro. Ma questo perché le missioni Duda-Macron-Starmer non avevano nulla che assomigliasse all’assedio descritto in Europa. Sui primi due ho già scritto, quindi aggiungo solo un riepilogo della visita di Starmer.
Qualcuno ha teorizzato che un effetto della presidenza Trump sarà di accelerare il riavvicinamento del Regno Unito all’Unione europea, quasi una retromarcia rispetto a Brexit. Se è così, Starmer dissimula molto bene le sue reali intenzioni. Perché a Washington lui è venuto a dire l’esatto contrario: che Londra vuole ribadire una relazione speciale e privilegiata con gli Stati Uniti. Ha presentato a Trump come prova della sua buona volontà un recentissimo aumento delle spese militari fino al 2,5% del Pil. Gli ha consegnato un invito di Re Carlo («sarai l’unico presidente americano della storia, a fare ben due visite di Stato a Buckingham Palace»). Ha sottolineato che il Regno Unito, a differenza dell’UE, ha una bilancia commerciale in pareggio con gli Usa; di conseguenza si aspetta un trattamento di favore sui dazi. Ha proposto un accordo speciale di libero scambio, soprattutto nei settori tecnologico e digitale, dove Londra si sente molto più vicina all’America che all’UE.
Trump lo ha trattato bene, salvo lasciarlo a mani vuote sulla questione fondamentale: in cambio della disponibilità a schierare truppe inglesi sul terreno per garantire una tregua in Ucraina, Starmer aveva implorato il presidente Usa di mantenere intatta la relazione strategica fra i due paesi (e fra l’America e la Nato), nonché di fornire una copertura e un supporto indispensabili per la sicurezza futura dell’Ucraina (e delle truppe peace-keeping anglo-francesi là schierate).
PERCHE’ IL DETERRENTE USA RESTA ESSENZIALE IN EUROPA Riassumo il pensiero di un’esperta, Celeste Wallander (Center for a New American Security). La questione non riguarda solo le armi nucleari, dove gli arsenali franco-britannici sono minuscoli rispetto a quello russo e quindi non sono un vero deterrente. In realtà il nucleare non è mai entrato in seria considerazione per Putin (anche se ogni tanto ne parlava per godersi il panico fra gli europei); lui invece nei suoi piani di ricostruzione della sfera d’influenza imperiale dell’Urss, ha bisogno di intimidire e ricattare gli europei con uno scenario di vittoria rapida in una guerra convenzionale. È per resistere a un’aggressione russa di tipo convenzionale, che gli europei hanno bisogno dell’America negli ambiti seguenti: copertura aerea ovvero protezione dal cielo delle truppe; satelliti; intelligence; logistica e approvvigionamenti. È solo perché finora esisteva questo deterrente convenzionale, che Putin non ha mai attaccato quelle basi Nato da cui transitavano armi dirette agli ucraini.
CARATTERISTICHE DELLA VITTORIA DI PUTIN
Riassumo le analisi di due esperti, Andrea Kendall Taylor (Center for a New American Security) e Stephen Sestanovich (Council on Foreign Relations). Putin lo sta ripetendo da tempo, non gli basta un cessate-il-fuoco, lui vuole un accordo molto più generale, una ri-sistemazione degli equilibri europei. Nella squadra Trump talvolta è apparsa l’idea di ritirare i soldati americani là dove si trovavano fino al 1990 cioè prima dell’allargamento della Nato. Anche senza arrivare a tanto, c’è il rischio che l’intero sistema della sicurezza euro-atlantica degli ultimi 75 anni si stia disfacendo sotto i nostri occhi. Trionfo per Putin.
QUALE TORNACONTO PER L’AMERICA
Fermo restando che con Trump tutto è provvisorio, che ogni esito può essere smentito e ribaltato, un grande accordo stile Nuova Yalta con Putin potrà essere presentato da Trump come un vantaggio per l’America? Riassumo la risposta possibilista di un’esperta, Emma Ashford (Stimson Center). Gli Stati Uniti potrebbero ricavarne tre vantaggi veri: un ridimensionamento delle proprie spese militari (vedi la teoria sul debito di Nial Ferguson di cui vi ho già scritto); un trasferimento di oneri e responsabilità sui propri alleati o ex-alleati; infine maggiori margini di manovra e flessibilità nelle relazioni con la Russia e anche con la Cina, le uniche due superpotenze che contano davvero sul piano geopolitico e strategico-militare.
SCENARIO EUROPEIZZAZIONE DEL CONFLITTO
Una interessante ipotesi sugli sviluppi futuri. Avanzata da Celeste Wallander. Va avanti il disgelo Trump-Putin, sull’Ucraina e su altri dossier il loro accordo passa sopra le teste dell’UE e di Kiev. Però gli ucraini non si arrendono, e gli europei mantengono le loro promesse di sostenerli. La guerra continua, a bassa intensità, asimmetrica e con crescente uso di tattiche di guerriglia e terroristiche, con il solo appoggio degli europei (o di alcuni europei). Questo è uno scenario non impossibile però a bassa probabilità. Gli europei hanno arsenali già molto assottigliati, inadeguati a difendere sé stessi; dovrebbero assumersi delle responsabilità e dei rischi elevati nei confronti della Russia, probabilmente sfidando le proprie opinioni pubbliche.
CorSera
La lite furibonda con Trump e Vance alla Casa Bianca, la mancata firma dell’accordo sui minerali, la cancellazione della conferenza stampa congiunta
di Federico Rampini
Peggio di così, forse, non poteva andare. A meno di immaginare Zelensky arrestato dal Secret Service e deportato a Guantanamo… La lite furibonda con Trump e Vance alla Casa Bianca, la mancata firma dell’accordo sui minerali, la cancellazione della conferenza stampa congiunta: un disastro di cui avete già tutti i dettagli in cronaca. Probabilmente Zelensky ha commesso degli errori tecnici nel prepararsi al summit di ieri: anche quello molto banale di ostinarsi a parlare in inglese (interpreti e ambasciatori servono anche a guadagnare tempo, stemperare le tensioni, meditare bene le reazioni). Ma Trump e Vance hanno sfoderato un’aggressività indegna, di fronte a un leader che incarna l’eroica resistenza del suo popolo contro un’aggressione criminale.
Al momento c’è un vincitore sicuro ed è Putin. L’ipotesi che l’America di Trump proceda verso una sorta di Nuova Yalta (che avevo anticipato in un editoriale sull’edizione cartacea del Corriere), cioè una spartizione di sfere d’influenza con la Russia, è più concreta di prima al termine di questa settimana turbolenta.
Decifro questa settimana terribile avvalendomi dell’uso di esperti.
L’IMPOTENZA DEGLI EUROPEI
In Europa molti hanno vissuto in modo surreale gli eventi di questa settimana. Forse scambiando i propri desideri per realtà, hanno creduto alla narrazione di un’Europa capace di correggere Trump, incalzarlo, assediarlo. Dai dazi all’Ucraina. Per portarlo su posizioni più ragionevoli, più atlantiste. Le cose sono andate molto diversamente, come anticipavo ieri nella mia rubrica Oriente Occidente. Dal presidente polacco Duda al francese Macron, fino al premier britannico Starmer, le tre visite di questi leader europei sono state molto meno aggressive, molto più arrendevoli e mansuete. La geopolitica, nel mondo reale, è basata sugli interessi di Stato e sui rapporti di forze. Il resto sono chiacchiere. Se Duda Macron Starmer dovevano piegare Trump e portarlo sulle loro posizioni riguardo a Russia-Ucraina, il bilancio della loro azione è quello incassato dal povero Zelensky: un disastro. Ma questo perché le missioni Duda-Macron-Starmer non avevano nulla che assomigliasse all’assedio descritto in Europa. Sui primi due ho già scritto, quindi aggiungo solo un riepilogo della visita di Starmer.
Qualcuno ha teorizzato che un effetto della presidenza Trump sarà di accelerare il riavvicinamento del Regno Unito all’Unione europea, quasi una retromarcia rispetto a Brexit. Se è così, Starmer dissimula molto bene le sue reali intenzioni. Perché a Washington lui è venuto a dire l’esatto contrario: che Londra vuole ribadire una relazione speciale e privilegiata con gli Stati Uniti. Ha presentato a Trump come prova della sua buona volontà un recentissimo aumento delle spese militari fino al 2,5% del Pil. Gli ha consegnato un invito di Re Carlo («sarai l’unico presidente americano della storia, a fare ben due visite di Stato a Buckingham Palace»). Ha sottolineato che il Regno Unito, a differenza dell’UE, ha una bilancia commerciale in pareggio con gli Usa; di conseguenza si aspetta un trattamento di favore sui dazi. Ha proposto un accordo speciale di libero scambio, soprattutto nei settori tecnologico e digitale, dove Londra si sente molto più vicina all’America che all’UE.
Trump lo ha trattato bene, salvo lasciarlo a mani vuote sulla questione fondamentale: in cambio della disponibilità a schierare truppe inglesi sul terreno per garantire una tregua in Ucraina, Starmer aveva implorato il presidente Usa di mantenere intatta la relazione strategica fra i due paesi (e fra l’America e la Nato), nonché di fornire una copertura e un supporto indispensabili per la sicurezza futura dell’Ucraina (e delle truppe peace-keeping anglo-francesi là schierate).
PERCHE’ IL DETERRENTE USA RESTA ESSENZIALE IN EUROPA Riassumo il pensiero di un’esperta, Celeste Wallander (Center for a New American Security). La questione non riguarda solo le armi nucleari, dove gli arsenali franco-britannici sono minuscoli rispetto a quello russo e quindi non sono un vero deterrente. In realtà il nucleare non è mai entrato in seria considerazione per Putin (anche se ogni tanto ne parlava per godersi il panico fra gli europei); lui invece nei suoi piani di ricostruzione della sfera d’influenza imperiale dell’Urss, ha bisogno di intimidire e ricattare gli europei con uno scenario di vittoria rapida in una guerra convenzionale. È per resistere a un’aggressione russa di tipo convenzionale, che gli europei hanno bisogno dell’America negli ambiti seguenti: copertura aerea ovvero protezione dal cielo delle truppe; satelliti; intelligence; logistica e approvvigionamenti. È solo perché finora esisteva questo deterrente convenzionale, che Putin non ha mai attaccato quelle basi Nato da cui transitavano armi dirette agli ucraini.
CARATTERISTICHE DELLA VITTORIA DI PUTIN
Riassumo le analisi di due esperti, Andrea Kendall Taylor (Center for a New American Security) e Stephen Sestanovich (Council on Foreign Relations). Putin lo sta ripetendo da tempo, non gli basta un cessate-il-fuoco, lui vuole un accordo molto più generale, una ri-sistemazione degli equilibri europei. Nella squadra Trump talvolta è apparsa l’idea di ritirare i soldati americani là dove si trovavano fino al 1990 cioè prima dell’allargamento della Nato. Anche senza arrivare a tanto, c’è il rischio che l’intero sistema della sicurezza euro-atlantica degli ultimi 75 anni si stia disfacendo sotto i nostri occhi. Trionfo per Putin.
QUALE TORNACONTO PER L’AMERICA
Fermo restando che con Trump tutto è provvisorio, che ogni esito può essere smentito e ribaltato, un grande accordo stile Nuova Yalta con Putin potrà essere presentato da Trump come un vantaggio per l’America? Riassumo la risposta possibilista di un’esperta, Emma Ashford (Stimson Center). Gli Stati Uniti potrebbero ricavarne tre vantaggi veri: un ridimensionamento delle proprie spese militari (vedi la teoria sul debito di Nial Ferguson di cui vi ho già scritto); un trasferimento di oneri e responsabilità sui propri alleati o ex-alleati; infine maggiori margini di manovra e flessibilità nelle relazioni con la Russia e anche con la Cina, le uniche due superpotenze che contano davvero sul piano geopolitico e strategico-militare.
SCENARIO EUROPEIZZAZIONE DEL CONFLITTO
Una interessante ipotesi sugli sviluppi futuri. Avanzata da Celeste Wallander. Va avanti il disgelo Trump-Putin, sull’Ucraina e su altri dossier il loro accordo passa sopra le teste dell’UE e di Kiev. Però gli ucraini non si arrendono, e gli europei mantengono le loro promesse di sostenerli. La guerra continua, a bassa intensità, asimmetrica e con crescente uso di tattiche di guerriglia e terroristiche, con il solo appoggio degli europei (o di alcuni europei). Questo è uno scenario non impossibile però a bassa probabilità. Gli europei hanno arsenali già molto assottigliati, inadeguati a difendere sé stessi; dovrebbero assumersi delle responsabilità e dei rischi elevati nei confronti della Russia, probabilmente sfidando le proprie opinioni pubbliche.
CorSera
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