Trump: «Gaza diventerà stupenda. Ce la consegneranno gli israeliani»
Katz, piano per spostare «volontariamente» i palestinesi
«Volevate il giorno dopo?». Benjamin Netanyahu non riesce a togliersi il ghigno soddisfatto: l’intervista si svolge in casa — il «suo» Canale 14 — anche se il primo ministro è ancora a Washington. «Volevate il giorno dopo? Eccolo». Che il piano per la fine della guerra e la ricostruzione di Gaza sia ancora vuoto di dettagli, soltanto una formula enfatica dell’amico Donald, non lo preoccupa: quello che il presidente americano gli ha garantito almeno per le prossime settimane è di non dover rispondere — non lo ha mai fatto in questi 16 mesi di battaglie — a domande sul futuro dei 363 chilometri quadrati. E di non dover preoccuparsi degli alleati messianici, per tenerli buoni e tenerseli stretti c’è la «fantasia» di Trump, come la definisce l’ex premier Ehud Barak.
Il «Mago», così lo chiamano i fedelissimi, sa però che le illusioni vanno alimentate. Dà mandato a Israel Katz, il ministro della Difesa, di preparare un piano per «la partenza volontaria della popolazione di Gaza: tocca ai generali offrire soluzioni per il trasferimento «attraverso i punti di frontiera, il mare, l’aria». La Striscia — dove sono oltre 47 mila i palestinesi uccisi dall’inizio dell’offensiva ordinata in risposta ai massacri del 7 ottobre 2023, con 1.200 israeliani ammazzati — è sotto embargo da quando diciotto anni fa Hamas ne ha tolto il controllo con le armi al presidente Abu Mazen. L’aeroporto aveva funzionato fino al 2001, ora la pista di decollo è una striscia di sabbia dalle parti delle rovine di Rafah. Le navi militari impediscono ai pescatori di allontanarsi troppo dalla spiaggia. Ad Ashdod, il porto poco più a nord sulla costa israeliana, è arrivato ieri Antonio Tajani per la consegna di 15 camion di aiuti nell’operazione Food for Gaza. Il ministro degli Esteri italiano ribadisce di restare favorevole «alla soluzione dei due Stati».
La «libertà di movimento» che all’improvviso Katz vuole garantire ai palestinesi nasce dalla volontà di Netanyahu di riprendere la guerra: vuole vedere i primi tra gli oltre 2 milioni di abitanti andarsene al più presto — scrive la giornalista Lahav Larkov — perché la tregua in corso «non reggerà». E perché ieri Trump ha spiegato attraverso Truth, il social media di sua proprietà, di volere il territorio chiavi in mano: «La Striscia ci verrà consegnata e gli Stati Uniti lavoreranno con le migliori squadre nel mondo per costruire quello che diventerà uno dei luoghi più meravigliosi sulla Terra».
Soprattutto: «I soldati americani non saranno necessari», garantisce il presidente dopo aver promesso il disimpegno delle truppe dalle missioni internazionali. Alla Casa Bianca si prepara a firmare l’ordine esecutivo che prevede sanzioni contro la Corte penale internazionale all’Aia perché — dice Trump, che secondo fonti russe già questo mese potrebbe vedere Putin per parlare dell’Ucraina — «prende di mira ingiustamente gli Stati Uniti e Israele». Dichiara di sperare che «Hamas mantenga la parola e liberi gli ostaggi».
Ammette: «Chissà cosa succederà?». Perché la sua idea di una «Riviera» al posto delle macerie e della miseria, dopo aver spinto i due milioni di abitanti ad andar via, sta già scompigliando i negoziati per la seconda fase dell’intesa — avrebbero dovuto cominciare lunedì scorso — e rischia di complicare la prima: ancora venti rapiti israeliani da mandare indietro fino agli inizi di marzo in cambio della scarcerazione dei detenuti palestinesi e della tregua.
Netanyahu — rivela il sito Walla — vuole porre come condizione al cessate il fuoco permanente l’esilio dei leader di Hamas. Il progetto da immobiliarista di Trump «per la pace nella regione» rischia piuttosto di scuotere le fondamenta delle intese israeliane con l’Egitto e la Giordania, che il presidente vuole convincere ad accogliere i rifugiati di Gaza. Dal Cairo Abdel Fattah al Sisi ha parlato al telefono con il francese Emmanuel Macron: insieme denunciano che il trasferimento della popolazione violerebbe la legge internazionale, le Nazioni Unite temono che venga attuata «la pulizia etnica».
CorSera
Katz, piano per spostare «volontariamente» i palestinesi
«Volevate il giorno dopo?». Benjamin Netanyahu non riesce a togliersi il ghigno soddisfatto: l’intervista si svolge in casa — il «suo» Canale 14 — anche se il primo ministro è ancora a Washington. «Volevate il giorno dopo? Eccolo». Che il piano per la fine della guerra e la ricostruzione di Gaza sia ancora vuoto di dettagli, soltanto una formula enfatica dell’amico Donald, non lo preoccupa: quello che il presidente americano gli ha garantito almeno per le prossime settimane è di non dover rispondere — non lo ha mai fatto in questi 16 mesi di battaglie — a domande sul futuro dei 363 chilometri quadrati. E di non dover preoccuparsi degli alleati messianici, per tenerli buoni e tenerseli stretti c’è la «fantasia» di Trump, come la definisce l’ex premier Ehud Barak.
Il «Mago», così lo chiamano i fedelissimi, sa però che le illusioni vanno alimentate. Dà mandato a Israel Katz, il ministro della Difesa, di preparare un piano per «la partenza volontaria della popolazione di Gaza: tocca ai generali offrire soluzioni per il trasferimento «attraverso i punti di frontiera, il mare, l’aria». La Striscia — dove sono oltre 47 mila i palestinesi uccisi dall’inizio dell’offensiva ordinata in risposta ai massacri del 7 ottobre 2023, con 1.200 israeliani ammazzati — è sotto embargo da quando diciotto anni fa Hamas ne ha tolto il controllo con le armi al presidente Abu Mazen. L’aeroporto aveva funzionato fino al 2001, ora la pista di decollo è una striscia di sabbia dalle parti delle rovine di Rafah. Le navi militari impediscono ai pescatori di allontanarsi troppo dalla spiaggia. Ad Ashdod, il porto poco più a nord sulla costa israeliana, è arrivato ieri Antonio Tajani per la consegna di 15 camion di aiuti nell’operazione Food for Gaza. Il ministro degli Esteri italiano ribadisce di restare favorevole «alla soluzione dei due Stati».
La «libertà di movimento» che all’improvviso Katz vuole garantire ai palestinesi nasce dalla volontà di Netanyahu di riprendere la guerra: vuole vedere i primi tra gli oltre 2 milioni di abitanti andarsene al più presto — scrive la giornalista Lahav Larkov — perché la tregua in corso «non reggerà». E perché ieri Trump ha spiegato attraverso Truth, il social media di sua proprietà, di volere il territorio chiavi in mano: «La Striscia ci verrà consegnata e gli Stati Uniti lavoreranno con le migliori squadre nel mondo per costruire quello che diventerà uno dei luoghi più meravigliosi sulla Terra».
Soprattutto: «I soldati americani non saranno necessari», garantisce il presidente dopo aver promesso il disimpegno delle truppe dalle missioni internazionali. Alla Casa Bianca si prepara a firmare l’ordine esecutivo che prevede sanzioni contro la Corte penale internazionale all’Aia perché — dice Trump, che secondo fonti russe già questo mese potrebbe vedere Putin per parlare dell’Ucraina — «prende di mira ingiustamente gli Stati Uniti e Israele». Dichiara di sperare che «Hamas mantenga la parola e liberi gli ostaggi».
Ammette: «Chissà cosa succederà?». Perché la sua idea di una «Riviera» al posto delle macerie e della miseria, dopo aver spinto i due milioni di abitanti ad andar via, sta già scompigliando i negoziati per la seconda fase dell’intesa — avrebbero dovuto cominciare lunedì scorso — e rischia di complicare la prima: ancora venti rapiti israeliani da mandare indietro fino agli inizi di marzo in cambio della scarcerazione dei detenuti palestinesi e della tregua.
Netanyahu — rivela il sito Walla — vuole porre come condizione al cessate il fuoco permanente l’esilio dei leader di Hamas. Il progetto da immobiliarista di Trump «per la pace nella regione» rischia piuttosto di scuotere le fondamenta delle intese israeliane con l’Egitto e la Giordania, che il presidente vuole convincere ad accogliere i rifugiati di Gaza. Dal Cairo Abdel Fattah al Sisi ha parlato al telefono con il francese Emmanuel Macron: insieme denunciano che il trasferimento della popolazione violerebbe la legge internazionale, le Nazioni Unite temono che venga attuata «la pulizia etnica».
CorSera
Commenta