Cronaca e politica estera [Equilibri mondiali] Thread unico.

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  • Irrlicht
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    • Aug 2021
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    Patetica è proprio l'aggettivo corretto
    Spesso vado più d'accordo con persone che la pensano in maniera diametralmente opposta alla mia.

    "Un acceso silenzio
    brucerà la campagna
    come i falò la sera."

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    • Sergio
      Administrator
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      Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
      La premier italiana Giorgia Meloni è partita (a sorpresa) per una missione in Florida dal presidente eletto degli Usa. Segreta l'agenda dell'incontro, ma il New York Times rivela:«La premier ha premuto sul caso di Cecilia Sala»

      Giorgia Meloni è arrivata a Mar-a-Lago
      alle 19:29 locali, dopo l’atterraggio del suo volo partito da Ciampino all’aeroporto di Palm Beach. In una delle prime foto scattate dagli ospiti nel salone della residenza in Florida che è anche un resort, si vede la presidente del Consiglio italiana insieme a Trump. Al loro fianco, il senatore della Florida Marco Rubio nominato segretario di Stato da Trump, il deputato della Florida Mike Waltz, nominato consigliere per la sicurezza nazionale, Scott Bessent, nominato segretario del Tesoro, l’ambasciatrice d’Italia negli Usa Mariangela Zappia e l’imprenditore texano Tilman Fertitta, nominato ambasciatore Usa in Italia. Trump ha salutato gli ospiti nel salone d'onore, predisposto per la proiezione di un film e, seguito da Meloni e dalla delegazione, si è recato al piano di sopra, tornando intorno alle nove di sera. Non si è visto invece Elon Musk.

      L’incontro di Meloni con Trump sarebbe stata anche un’opportunità per parlare del caso di Cecilia Sala, giornalista italiana detenuta dall’Iran lo scorso mese, oltre che di altri temi che stanno a cuore all’Italia e all’Europa come i dazi e la guerra in Ucraina. Il New York Times scriveva in serata: «L'Iran ha arrestato spesso stranieri e individui con doppia cittadinanza per scambiarli con denaro e altre persone. Una persona informata sull'incontro ha detto che Meloni ha premuto aggressivamente per questo». L’incontro avviene cinque giorni prima della visita del presidente uscente Joe Biden, l’attuale presidente americano, a Roma e due settimane prima dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca. Dopo la cena e l'incontro con Trump Giorgia Meloni, ha lasciato gli Stati Uniti per tornare a Roma. Secondo il sito Flightradar24, l'aereo della premier italiana è ripartito poco dopo le 23 locali (le cinque del mattino di oggi in Italia) l'aeroporto di Palm Beach.

      https://www.corriere.it/esteri/25_ge...tml?refresh_ce
      Adesso li invito a prendere un caffè, così si rilassano un po'.



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      • M K K
        finte ferie user
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        Musk ci ascolta...

        Ogni mio intervento e' da considerarsi di stampo satirico e ironico ,cosi come ogni riferimento alla mia e altrui persone e' da intendersi come mai realmente accaduto e di pura fantasia. In nessun caso , il contenuto dei miei interventi su questo forum e' atto all' offesa , denigrazione o all odio verso persone o idee.
        Originariamente Scritto da Bob Terwilliger
        Di solito i buoni propositi di contenersi si sfasciano contro la dura realtà dell'alcolismo.

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        • Sean
          Csar
          • Sep 2007
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          • In piedi tra le rovine
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          Zelensky: “Trump non mi ha invitato all'insediamento”
          Donald Trump non ha invitato Zelensky alla cerimonia di insediamento del 20 gennaio. Lo ha rivelato il presidente ucraino in una lunga intervista con il podcaster statunitense Lex Fridman, spiegando che "ci sono leader che sono abituati a presentarsi anche senza essere stati invitati - basti vedere quello che ha fatto Putin con l'Ucraina - ma io non posso permettermelo, per via della guerra e delle misure di sicurezza che sarebbero necessarie". Alla domanda se gli piacerebbe partecipare all'insediamento, Zelensky ha detto che ciò accadrebbe solo se "il presidente Trump mi invitasse personalmente". "Se mi invita, verrò" ha concluso.

          Russia: presa Kourakové, permetterà la conquista Donetsk. Zelensky: “Un Trump forte può porre fine alla guerra. Ma non sono stato invitato al suo insediamento”


          ...ma di noi
          sopra una sola teca di cristallo
          popoli studiosi scriveranno
          forse, tra mille inverni
          «nessun vincolo univa questi morti
          nella necropoli deserta»

          C. Campo - Moriremo Lontani


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          • Sean
            Csar
            • Sep 2007
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            • In piedi tra le rovine
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            Cecilia Sala, prima intesa con Trump. L'apertura Usa e le parole di Meloni: «È andata bene»

            Come è andato l'incontro tra Meloni e Trump a Mar-a-Lago: il tempo passato da soli e la strada in discesa per una svolta su Abedini, l'iraniano in carcere in Italia per il quale gli Usa chiedono l'estradizione - e di cui l'Iran, che ha arrestato la giornalista italiana, vuole la scarcerazione

            «È andata bene, sono più che soddisfatta, siamo pronti a lavorare insieme in modo costruttivo e con un clima di reciproca fiducia». Dal muro di riserbo che Palazzo Chigi ha eretto sulla visita lampo di Giorgia Meloni in Florida, nella residenza privata di Donald Trump, filtra comunque il sollievo e il giudizio positivo del capo del governo. È stata poco meno di cinque ore a una cerimonia che aveva lei come ospite d’onore, accolta con tutto il rispetto che si deve ad un Paese alleato, ma fra decine se non centinaia di ospiti che erano lì nello stesso momento per una serata privata in cui si è proiettato anche un film, ovviamente sui difetti della giustizia americana.

            Il rientro a Roma di Giorgia Meloni è accompagnato dallo stesso clima che ha contraddistinto la missione americana: la regola del silenzio, una regola che ha stressato non poco anche il sistema istituzionale del nostro Paese. Dalla Farnesina ad alcuni pezzi dei nostri apparati di sicurezza infatti non tutti hanno gradito la genesi di un viaggio che in molti casi non è stato comunicato e condiviso con gli altri attori di governo. Persino Antonio Tajani, il nostro ministro degli Esteri, ha appreso a cose fatte la notizia del viaggio. Che è nato, è stato costruito e si è svolto su binari in cui ha prevalso il rapporto personale di Giorgia Meloni con lo staff di Trump, piuttosto che un movimento omogeneo del sistema italiano.

            Uno schema che appare dettato anche dalle esigenze del caso di Cecilia Sala. E se pochissimo filtra come consuntivo della visita, il bilancio che affiora è positivo. A Palazzo Chigi rimarcano diverse cose, e in primo luogo che il confronto ha avuto un taglio esclusivamente politico e generale, visto che esistono ragioni legali per le quali un presidente eletto non può affrontare con capi di Stato stranieri, o con altri interlocutori, dossier concreti di politica interna o estera prima del giuramento. Per gli americani è un regola aurea, e per averla violata ci ha rimesso la testa, nel 2017, Michael Flynn, che ammise di aver trattato con la Russia prima ancora che Trump si insediasse. Una lezione che nel team di transizione americano hanno imparato, e sul quale la delegazione italiana è stata caldamente consigliata.

            Ma se la cornice è questa non è comunque di buon senso immaginare che Meloni abbia trascorso poco meno di cinque ore a casa di Trump senza un confronto su diversi dossier. Sicuramente ci sono stati anche momenti di un faccia a faccia, lontano dalle delegazioni. Se Meloni e Trump non si sono chiusi nello studio di lavoro del presidente eletto, risulta al Corriere che hanno trascorso non poco tempo da soli. Ed è plausibile che un’eco di alcuni temi affrontati in modo generale di fronte ai rispettivi team ci sia stato, e siano stati approfonditi argomenti specifici: il primo in cima alla lista è il caso Sala, forse la ragione principale, anche se non l’unica, per la quale la premier ha deciso di compiere una visita quasi top secret. Almeno sino a quando non è diventata pubblica.

            E proprio sul caso Sala, senza rivelare dettagli particolari, si coglie nel governo un moderato ottimismo. Le istruttorie in corso nella nostra amministrazione, alla Giustizia e agli Esteri, e nelle interlocuzioni con gli americani, autorizzano a nutrire un’aspettativa su una linea non radicale da parte degli Stati Uniti.

            Formalmente e sino al 20 gennaio il dossier è gestito dall’amministrazione Biden, che sarà a Roma in visita al Papa e alla stessa Meloni fra pochi giorni, ma una valutazione incrociata delle carte è in corso e la visita lampo di Meloni sembra aver confermato le impressioni che circolano ai vertici del nostro sistema. L’ingegnere iraniano arrestato dalla nostra magistratura, ragione del ricatto politico che Teheran ha messo in piedi con la detenzione della giornalista italiana, non sembra una pedina di primo piano o imprescindibile, anche secondo la valutazione del team di transizione fra le due amministrazioni degli Stati Uniti. Un punto che appare consolidare una fiducia maggiore, nel governo, sull’intera vicenda.

            Ma c’è anche un altro risvolto, più strettamente di politica interna. Può apparire come una lettura provinciale ma la nostra politica si nutre anche di queste dinamiche e quindi non è inutile registrare il parere di chi nel governo, e nel partito di Fratelli d’Italia, riscontra un altro dato: Meloni ha compiuto una visita strutturata con Trump prima di Matteo Salvini, che probabilmente andrà il 20 gennaio, il giorno del giuramento. Ma arriverà secondo.

            ​CorSera
            ...ma di noi
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            popoli studiosi scriveranno
            forse, tra mille inverni
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            C. Campo - Moriremo Lontani


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            • Sean
              Csar
              • Sep 2007
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              • In piedi tra le rovine
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              Non ci si presenta mica a casa degli "amici" a mani vuote...e allora, a titolo di ringraziamento per questo invito dal presidente eletto, dove Musk ha avuto il ruolo di gran tessitore che è riuscito ad ammettere la Meloni al rito del bacio della pantofola, ecco un bell'assegno di un miliardo e mezzo di dollari per il vice presidente ombra: se l' "amicizia" non è un pò interessata che amicizia è?

              La politica estera italiana si riduce ad una serie di giravolte basate sui "rapporti personali" e non di stato con questa o quella figura di magnaccia (sono i tenutari del bordello-Europa) americani: nel mare di mierda entro il quale si galleggia, si cerca di mettere almeno il naso al di sopra della linea di galleggiamento per artigliare quel pò di ossigeno che ancora resta: basterà?

              Se Trump ha deciso per i dazi, se ha deciso di favorire l'invio di gas liquefatto in Europa per "fare soldi", non saranno queste visite improvvisate a regalarti degli sconti: gli americani, a differenza nostra, una politica estera ce l'hanno ed è basata sulla visione di un inesausto sviluppo economico e commerciale, dove lo stato arricchisce se stesso e i privati.

              Nel caso di un varo dei dazi, non ci sarà un tariffario da applicarsi in maniera differente per nazione, ma una unica tabella per tutti i paesi europei; col gas ancora peggio: non esiste un gas di stato in America, sono le grandi compagnie private ad estrarre e distribuire il prezioso idrocarburo, e se lo stato americano non fa sconti ad amici e nemici, figurarsi le grandi corporazioni americane, ovvero i privati.

              Il miliardo e mezzo per Musk è solo la prima tranche di una serie di tangenti che in UE tutti i servi della gleba saranno chiamati a versare, ma col sorriso eh, il pollice alzato, guai a mostrarsi imbronciati: gli americani adorano ridere e mostrarsi "esuberanti", in specie quando fanno "affari", quando cioè spremono i propri "amici" per ingrassare il vitello d'oro al quale hanno venduto l'anima dal primo giorno che hanno messo piede nella nuova "terra promessa", e se dovessi apparire rabbuiato poi entrerebbero in sospetto, e dalla lista degli "amici" da spremere passeresti in quella dei nemici da schiacciare.
              ...ma di noi
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              • Mario12
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                Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
                Zelensky: “Trump non mi ha invitato all'insediamento”
                bastava notare con che faccia l'ha guardato a Notre-Dame.

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                • Sergio
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                  Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
                  Zelensky: “Trump non mi ha invitato all'insediamento”
                  Ma dai, strano.....



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                  • Death Magnetic
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                    Non importa sai, aveva judo, ma se serve gli porta i dischi così potranno ballare i lenti.

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                    • Sean
                      Csar
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                      L'Austria potrebbe avere il primo cancelliere di estrema destra dalla fine del nazismo

                      Il presidente austriaco ha affidato il mandato di formare un governo a Herbert Kickl, leader del Partito della Libertà, che potrebbe diventare il primo cancelliere di estrema destra in Austria dalla Seconda guerra mondiale: nel suo programma ci sono la«remigrazione», una «nazione più omogenea», la sospensione del diritto di asilo, e posizioni filorusse e anti-Ue

                      Il presidente della Repubblica austriaco, come atteso, ha dato mandato al leader del Partito della Libertà austriaco Herbert Kickl di formare un nuovo governo che sarebbe — e con molta probabilità sarà — il primo guidato dall’estrema destra dalla Seconda Guerra Mondiale. Il presidente Alexander Van der Bellen ha sottolineato che il suo «compito costituzionale è quello di sondare le possibilità di un governo con più del 50%» e di essere consapevole delle implicazioni della sua scelta, aggiungendo che vigilerà affinché il nuovo governo rispetti i pilastri fondamentali sanciti dalla Costituzione austriaca: lo Stato di diritto, la separazione dei poteri, i diritti umani e delle minoranze, la libertà e l’indipendenza dei media e l’appartenenza all’Ue.

                      Basta questa precisazione a dare il senso di cosa significhi in Austria un governo guidato dalla Fpö (Freiheitliche Partei Österreichs, cioè appunto Partito della Libertà austriaco).

                      L’Fpö infatti non è un partito qualunque: è stato fondato nel 1956 da un leader che era stato un alto ufficiale delle SS di Adolf Hitler, ed è sempre rimasto fedele ai suoi «valori» originari.

                      Sarebbe la prima volta che un governo austriaco viene guidato dall’Fpö, ma non è la prima volta che l’Fpö va al governo: l’ultima, con il primo esecutivo di Sebastian Kurz, tra il 2017 e il 2019, era finita malissimo dopo che l’allora leader del partito Hans-Christian Strache era stato filmato mentre prometteva appalti pubblici in cambio di sostegno elettorale a una sedicente oligarca russa. In quel governo Kickl era ministro degli Interni e sosteneva che i richiedenti asilo in Austria dovevano essere trattenuti «in modo concentrato in un unico luogo» mentre le autorità valutavano le loro domande (una terminologia che era stata vista come un richiamo ai campi di concentramento).

                      Da allora però nelle democrazie occidentali molto è cambiato. Posizioni che fino a qualche anno fa sembravano inaccettabili — comprese le strategie di concentrazione dei migranti in luoghi extraterritoriali — sono diventate ampiamente accettate. L’estrema destra è al governo in vari Paesi (in Europa il Partito della Libertà austriaco fa parte del gruppo dei «Patrioti», che comprende anche i partiti del primo ministro ungherese Viktor Orbán e dell’olandese Geert Wilders, al governo nei Paesi Bassi), o potrebbe arrivarci presto (basti pensare al successo di Marine Le Pen in Francia). La scelta obbligata del presidente austriaco, così come le aperture di quello francese Emmanuel Macron al sostegno esterno del Rassemblement National sono tutti segnali della difficoltà per i tradizionali partiti centristi di molti Paesi europei di formare governi stabili senza l’estrema destra.

                      Il ritorno di Donald Trump alla presidenza americana — che solo fino a quattro anni fa sembrava impossibile — alimenta ancora di più questa tendenza, a partire dagli endorsement del suo fidato consigliere-imprenditore Elon Musk all’Afd tedesca o all’agitatore fascista pregiudicato inglese Tommy Robinson. «La democrazia è stata messa alla prova e ha prevalso. Ricordiamocelo, continuiamo a ricordarlo ogni anno. Soprattutto ricordiamo sempre che la democrazia non è mai garantita, nemmeno negli Stati Uniti» ha ammonito ieri in un editoriale sul Washington Post il presidente uscente americano Joe Biden ricordando l’assalto al parlamento americano del 6 gennaio 2021.

                      A fine settembre, l’Fpö ha vinto le elezioni in Austria ottenendo il 29% dei voti, davanti al Partito Popolare Austriaco conservatore del cancelliere uscente Karl Nehammer (Övp con il 26%), ai socialdemocratici (Spö al 21%), ai liberali (Neos, 9%) e Verdi (8%). I Popolari, così come tutti gli altri partiti, allora avevano promesso che mai sarebbero andati al governo con l’Fpö. È la teoria del «cordone sanitario» sostenuta anche in Germania nei confronti di Afd. Incapace di trovare una durevole maggioranza alternativa, Nehammer si è dimesso da capo del partito, aprendo la strada all’alleanza con l’estrema destra, con buona pace dei cordoni sanitari. Il nuovo leader (a tempo) dei Popolari Christian Stocker, fino a qualche tempo fa estremamente duro nei confronti di Kickl, ha cambiato idea sostenendo che «il Paese ha bisogno di un governo stabile» e si è detto disponibile a entrare in un esecutivo da lui guidato. È probabile che la vera ragione sia un’altra: secondo i sondaggi, se si votasse oggi l’Fpö prenderebbe il 37% dei voti e ai Popolari conviene entrare in una coalizione invece che andare a elezioni anticipate perché dopo avrebbero ancora meno potere.

                      «In Germania, i cittadini dovrebbero osservare con attenzione la situazione politica del Paese vicino in cui amano andare in vacanza. A prima vista può sembrare strana, bizzarra e accompagnata da scandali. Ma racconta una storia molto accurata sulla disintegrazione degli ex partiti di massa e della velocità con cui le forze populiste e di estrema destra vengono portate al potere. Potrebbe essere il caso esemplare che potremmo osservare in Germania tra qualche mese» scrive oggi l’editorialista della Süddeutsche Zeitung Verena Mayer. «L’Austria sarà anche un paese piccolo, ma è sempre stato un modello per i grandi sviluppi. A metà degli anni ‘90, con Jörg Haider si è assistito a una sorta di nascita del populismo di destra europeo. Haider (anche lui dell'Fpö, ndr) non solo vinse elezioni su elezioni grazie alla sua messa in scena come difensore del popolo, ma fu anche un maestro nell’estendere i concetti fino a rendere l’indicibile dicibile». Mayer parla dell’Austria ma il «Paese vicino in cui amano andare in vacanza» i tedeschi potrebbe essere altrettanto plausibilmente l’Italia, che pure è stata ed è un laboratorio di populismo (i governi 5 Stelle) e dei governi della destra post-fascista (Fdi) o sempre più estrema (la Lega di Salvini-Vannacci).

                      Non significa che gli elettori europei (o nordamericani) siano impazziti. Significa che i partiti tradizionali — il tanto odiato «establishment» — hanno tradito le promesse delle democrazie avanzate. Quel patto implicito per cui i cittadini onesti sapevano che lavorando e facendo il loro «dovere» avrebbero avuto benessere, assistenza sanitaria, una pensione garantita e la certezza che i loro figli sarebbero stati meglio di loro. Il senso di perduta sicurezza economica ed esistenziale della classe media è molto più pressante delle preoccupazioni per la tenuta delle istituzioni democratiche o gli allarmi sulle derive autoritarie. Dopo decenni di governo dei partiti tradizionali il sistema ha smesso di funzionare e gli elettori votano l’estrema destra perché offre una doppia soluzione «comprensibile» a un problema generale: un capro espiatorio (i migranti) e la distruzione dell’establishment che gli elettori identificano con le promesse tradite. Bisognerà vedere cosa succederà quando verrà fuori che le promesse facili non sono una vera soluzione per i problemi complessi.

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                      C. Campo - Moriremo Lontani


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                      • Sean
                        Csar
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                        La soluzione per i problemi complessi, squittisce il giornalista...e chi dovrebbe possederla, le Schlein, i Biden/Harris, i Macron, gli Scholz, cioè tutta quella abominevole ciurma di cambusieri che si sono improvvisati nocchieri e ha portato il piroscafo fin qui, cioè sugli scogli?

                        E' più che ovvio poi che non è solo l'immigrazione l'unico problema della UE, ma comunque è un problema per sempre più cittadini, e allora cosa fa l'elettore? Legge i programmi dei partiti e vota a seconda di quello che gli piace di più: non è la "democrazia" questa?

                        A meno che poi non ci si trovi in Italia dove credi di votare per la "destra" e ti ritrovi al governo una specie di pseudo DC...ma magari all'estero saranno un attimo più seri e coerenti quei partiti di destra, o almeno lo auguro a chi ancora perde tempo a scarabocchiare sui foglietti nelle cabine elettorali, piacere che mi sono tolto a 18 anni per poi mai più ripeterlo, ho fatto quel che si dice una botta e via: il mio posto al circo democratico l'ho lasciato vuoto seduta stante.
                        ...ma di noi
                        sopra una sola teca di cristallo
                        popoli studiosi scriveranno
                        forse, tra mille inverni
                        «nessun vincolo univa questi morti
                        nella necropoli deserta»

                        C. Campo - Moriremo Lontani


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                        • The_machine
                          Bodyweb Senior
                          • Nov 2004
                          • 17807
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                          • Send PM

                          Nel tuo mondo ideale cosa ci sarebbe al posto della democrazia?

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                          • Ponno
                            Socialista col Rolex
                            • Feb 2013
                            • 12983
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                            • Holy See (Vatican City State) [VA]
                            • Send PM

                            La democrazia rappresentativa non é democrazia. La democrazia ateniese, di cui tanto si latra, sarebbe considerata oligarchia e non democrazia oggi. La vera democrazia é esistita forse 3 giorni e mezzo durante la comune di Parigi. La democrazia non può esistere in un mondo in cui ci sono "organismi di controllo", ancor di più quando non eletti.

                            Smettiamola con ste bocche piene di Libertà, Uguaglianza, Democrazia, Scienza, tutte in maiuscolo e con il ®️. Si risulta solo fanatici di una nuova religione.

                            ​​​
                            Originariamente Scritto da claudio96

                            sigpic
                            più o meno il triplo

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                            • The_machine
                              Bodyweb Senior
                              • Nov 2004
                              • 17807
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                              • Send PM

                              Allora modifichiamo la domanda: "in un mondo ideale cosa ci sarebbe al posto della democrazia rappresentativa?"

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                              • MarcoT
                                Banned
                                • Jun 2013
                                • 20122
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                                • Send PM

                                Ottima domanda! Ecco alcuni spunti sulla democrazia rappresentativa
                                Originariamente Scritto da Lorenzo993
                                non nominare cristo che se ti avesse incontrato avrebbe mandato a mignotte la bibbia e ti avrebbe preso a calci in culo

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