Nei file rubati agli Usa prove di incursori Nato sul terreno in Ucraina
La spy story del report dell’Alleanza sulla situazione del conflitto i cui numeri sarebbero stati gonfiati da Mosca a scopo di propaganda
Il doppio fronte: l’intelligence e le trincee. In tutti i conflitti, alla vigilia dei momenti di svolta entrano in azione i guerrieri nell’ombra che fanno trapelare documenti segreti: manovre che servono a cercare di influenzare i piani di battaglia nemici, unendo notizie false e vere. Ieri la diffusione di cinque pagine “top secret” provenienti dal comando statunitense che ritraggono la situazione del sostegno americano e atlantico alla resistenza ucraina sta animando un acceso dibattito internazionale, aperto dal New York Times.
L’obiettivo del dossier è chiaro: condizionare i preparativi per “l’offensiva di primavera” di Kiev. La convinzione – confermata da diverse fonti anche a Repubblica – è che si tratti di un autentico report del Pentagono in cui alcuni dati sono stati manipolati. L’impressione è che la falsificazione sia opera di agenti russi per ragioni di propaganda, ad esempio gonfiando le stime sui caduti ucraini. Come in tutte le spy story però potremmo essere davanti a un gioco di specchi e non si può neppure escludere che il fascicolo voglia invece confondere il Cremlino in merito alle capacità dell’armata di Zelensky.
Gli incursori fantasma
Il dossier sintetizza la situazione della guerra nella data dello scorso primo marzo secondo il punto di vista di tre comandi del Pentagono – in sigla J3, J4 e J5 – che si occupano della gestione delle operazioni, della logistica, della pianificazione e degli aspetti politici. Le prime notizie rilevanti riguardano la presenza di uomini delle forze speciali Nato in Ucraina. Soldati fantasma, la cui attività sul campo è sempre stata negata dai vertici dell’Alleanza: il documento ne elenca 97. Il gruppo più numeroso è quello britannico, con cinquanta tra membri del Sas e del Sbs. Poi ci sono 17 lettoni, 15 francesi, 14 americani e un olandese.
Anche se i numeri possono essere diversi, l’esistenza di boots on the ground occidentali è stata confermata a Repubblica. Non è chiaro il ruolo che svolgono, ma non dovrebbero occuparsi di addestramento: le loro mansioni sembrano concentrate sul sostegno diretto ai reparti di Kiev impegnati al fronte in settori delicati come la designazione dei bersagli per i raid aerei e missilistici o la gestione dei droni da ricognizione tattica. La natura “operativa” è testimoniata anche dal fatto che – nel caso degli Stati Uniti - il censimento distingue tra questi incursori e il personale della Difesa impegnato nella protezione dell’ambasciata di Kiev o come attaché della sede diplomatica.
La forza del Pentagono
Complessivamente 92 mila militari americani sono adesso agli ordini del Comando per l’Europa: uno schieramento che non si vedeva dai tempi della Guerra Fredda. Dispongono di 17 navi, inclusa una portaerei, e cinque sottomarini nucleari, uno dei quali con 150 missili cruise che servono come deterrente contro eventuali tentazioni di escalation da parte del Cremlino. L’Us Air Force ha quattro bombardieri B-52 e sette squadriglie di caccia, due delle quali di «quinta generazione» ossia F-35 o F-22. Nelle pagine sono registrate pure le missioni effettuate degli aerei spia che sorvolano la zona del conflitto, sia quelli con equipaggio che i droni attivi in Romania e Bulgaria: non ci sono invece i voli da Sigonella.
Munizioni cercasi
Dagli schemi top secret si evince che all’inizio di marzo la Nato aveva già consegnato all’Ucraina 952.856 proiettili d’artiglieria da 155 millimetri, il calibro più potente. E - dato choc - erano stati quasi tutti usati nei bombardamenti. Di riserva ne rimanevano circa 10 mila, sufficienti per meno di quattro giorni di battaglia: la media quotidiana è indicata in 2.746 colpi. Una situazione particolarmente critica: c’erano soltanto 1.840 munizioni in arrivo e si rischiava di fermare il fuoco. Dei 9.612 razzi Himars arrivati dagli Usa ne restavano 250: in quella fase l’impiego era limitato a 14 lanci giornalieri e quindi c’era minore urgenza di ripianare le scorte.
Le colonne d’attacco
La carenza di munizioni è il principale ostacolo alla formazione del nuovo corpo d’assalto ucraino: senza trovarne in quantità abbondanti non ci potrà essere la controffensiva di primavera. Ne servono sia in calibro Nato che nei modelli «sovietici» da 122 millimetri. Stando al report, Kiev sta allestendo dodici nuove brigate, con una forza di oltre 80 mila uomini. Tre vengono addestrate in patria, nove nella Ue.
Il dossier prevedeva che sei di queste avrebbero completato l’istruzione entro il 30 marzo e le altre tre entro il 30 aprile. Sarebbero state dotate di 253 carri armati, 381 veicoli blindati da combattimento, 480 camion, 147 cannoni e 571 fuoristrada. Dall’Italia si attendeva l’invio di ulteriori sei obici Fh 70 entro marzo. In base alla previsione meteo, il fango sarebbe completamente scomparso dal terreno a partire da metà maggio: la data più favorevole per l’inizio della battaglia decisiva.
I punti deboli
Oltre che dal munizionamento, l’efficienza delle nuove brigate ucraine è condizionata dalle consegne di armamenti occidentali – c’è una tabella con numeri e tempi – : alcune delle promesse fatte dalle cancellerie europee non si sono ancora concretizzate. Il dossier riporta che gli ucraini hanno in linea 34 brigate «di manovra», 13 gruppi d’artiglieria e a 26 brigate della riserva territoriale, giudicate inadatte alla guerra di movimento.
Molti di questi reparti però accusano il peso di un anno di lotta e hanno enormi difficoltà nella manutenzione dei mezzi, sia quelli vecchi, sia quelli ricevuti negli ultimi mesi. E Mosca? Secondo la stima del documento al fronte ci sarebbero 424 gruppi da combattimento sui 527 esistenti in tutta la Russia dopo la mobilitazione. Di queste unità 364 sono definite «operative», altri 110 invece no: non è chiaro se a causa dei danni subiti o perché stanno completando la fase di addestramento.
Oltre alle perdite - “solo” 16-17 mila caduti russi contro 61-71 mila ucraini - l’altro punto controverso è una nota che attribuisce ai servizi segreti di Kiev l’attacco in Bieloussia contro un aereo radar, avvenuto - secondo il documento - «in violazione degli ordini». Una notizia che pare fatta a posta per provocare il regime di Minsk.
La spy story del report dell’Alleanza sulla situazione del conflitto i cui numeri sarebbero stati gonfiati da Mosca a scopo di propaganda
Il doppio fronte: l’intelligence e le trincee. In tutti i conflitti, alla vigilia dei momenti di svolta entrano in azione i guerrieri nell’ombra che fanno trapelare documenti segreti: manovre che servono a cercare di influenzare i piani di battaglia nemici, unendo notizie false e vere. Ieri la diffusione di cinque pagine “top secret” provenienti dal comando statunitense che ritraggono la situazione del sostegno americano e atlantico alla resistenza ucraina sta animando un acceso dibattito internazionale, aperto dal New York Times.
L’obiettivo del dossier è chiaro: condizionare i preparativi per “l’offensiva di primavera” di Kiev. La convinzione – confermata da diverse fonti anche a Repubblica – è che si tratti di un autentico report del Pentagono in cui alcuni dati sono stati manipolati. L’impressione è che la falsificazione sia opera di agenti russi per ragioni di propaganda, ad esempio gonfiando le stime sui caduti ucraini. Come in tutte le spy story però potremmo essere davanti a un gioco di specchi e non si può neppure escludere che il fascicolo voglia invece confondere il Cremlino in merito alle capacità dell’armata di Zelensky.
Gli incursori fantasma
Il dossier sintetizza la situazione della guerra nella data dello scorso primo marzo secondo il punto di vista di tre comandi del Pentagono – in sigla J3, J4 e J5 – che si occupano della gestione delle operazioni, della logistica, della pianificazione e degli aspetti politici. Le prime notizie rilevanti riguardano la presenza di uomini delle forze speciali Nato in Ucraina. Soldati fantasma, la cui attività sul campo è sempre stata negata dai vertici dell’Alleanza: il documento ne elenca 97. Il gruppo più numeroso è quello britannico, con cinquanta tra membri del Sas e del Sbs. Poi ci sono 17 lettoni, 15 francesi, 14 americani e un olandese.
Anche se i numeri possono essere diversi, l’esistenza di boots on the ground occidentali è stata confermata a Repubblica. Non è chiaro il ruolo che svolgono, ma non dovrebbero occuparsi di addestramento: le loro mansioni sembrano concentrate sul sostegno diretto ai reparti di Kiev impegnati al fronte in settori delicati come la designazione dei bersagli per i raid aerei e missilistici o la gestione dei droni da ricognizione tattica. La natura “operativa” è testimoniata anche dal fatto che – nel caso degli Stati Uniti - il censimento distingue tra questi incursori e il personale della Difesa impegnato nella protezione dell’ambasciata di Kiev o come attaché della sede diplomatica.
La forza del Pentagono
Complessivamente 92 mila militari americani sono adesso agli ordini del Comando per l’Europa: uno schieramento che non si vedeva dai tempi della Guerra Fredda. Dispongono di 17 navi, inclusa una portaerei, e cinque sottomarini nucleari, uno dei quali con 150 missili cruise che servono come deterrente contro eventuali tentazioni di escalation da parte del Cremlino. L’Us Air Force ha quattro bombardieri B-52 e sette squadriglie di caccia, due delle quali di «quinta generazione» ossia F-35 o F-22. Nelle pagine sono registrate pure le missioni effettuate degli aerei spia che sorvolano la zona del conflitto, sia quelli con equipaggio che i droni attivi in Romania e Bulgaria: non ci sono invece i voli da Sigonella.
Munizioni cercasi
Dagli schemi top secret si evince che all’inizio di marzo la Nato aveva già consegnato all’Ucraina 952.856 proiettili d’artiglieria da 155 millimetri, il calibro più potente. E - dato choc - erano stati quasi tutti usati nei bombardamenti. Di riserva ne rimanevano circa 10 mila, sufficienti per meno di quattro giorni di battaglia: la media quotidiana è indicata in 2.746 colpi. Una situazione particolarmente critica: c’erano soltanto 1.840 munizioni in arrivo e si rischiava di fermare il fuoco. Dei 9.612 razzi Himars arrivati dagli Usa ne restavano 250: in quella fase l’impiego era limitato a 14 lanci giornalieri e quindi c’era minore urgenza di ripianare le scorte.
Le colonne d’attacco
La carenza di munizioni è il principale ostacolo alla formazione del nuovo corpo d’assalto ucraino: senza trovarne in quantità abbondanti non ci potrà essere la controffensiva di primavera. Ne servono sia in calibro Nato che nei modelli «sovietici» da 122 millimetri. Stando al report, Kiev sta allestendo dodici nuove brigate, con una forza di oltre 80 mila uomini. Tre vengono addestrate in patria, nove nella Ue.
Il dossier prevedeva che sei di queste avrebbero completato l’istruzione entro il 30 marzo e le altre tre entro il 30 aprile. Sarebbero state dotate di 253 carri armati, 381 veicoli blindati da combattimento, 480 camion, 147 cannoni e 571 fuoristrada. Dall’Italia si attendeva l’invio di ulteriori sei obici Fh 70 entro marzo. In base alla previsione meteo, il fango sarebbe completamente scomparso dal terreno a partire da metà maggio: la data più favorevole per l’inizio della battaglia decisiva.
I punti deboli
Oltre che dal munizionamento, l’efficienza delle nuove brigate ucraine è condizionata dalle consegne di armamenti occidentali – c’è una tabella con numeri e tempi – : alcune delle promesse fatte dalle cancellerie europee non si sono ancora concretizzate. Il dossier riporta che gli ucraini hanno in linea 34 brigate «di manovra», 13 gruppi d’artiglieria e a 26 brigate della riserva territoriale, giudicate inadatte alla guerra di movimento.
Molti di questi reparti però accusano il peso di un anno di lotta e hanno enormi difficoltà nella manutenzione dei mezzi, sia quelli vecchi, sia quelli ricevuti negli ultimi mesi. E Mosca? Secondo la stima del documento al fronte ci sarebbero 424 gruppi da combattimento sui 527 esistenti in tutta la Russia dopo la mobilitazione. Di queste unità 364 sono definite «operative», altri 110 invece no: non è chiaro se a causa dei danni subiti o perché stanno completando la fase di addestramento.
Oltre alle perdite - “solo” 16-17 mila caduti russi contro 61-71 mila ucraini - l’altro punto controverso è una nota che attribuisce ai servizi segreti di Kiev l’attacco in Bieloussia contro un aereo radar, avvenuto - secondo il documento - «in violazione degli ordini». Una notizia che pare fatta a posta per provocare il regime di Minsk.
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