Francia, il governo verso la crisi: Bayrou chiede la fiducia, l'8 settembre la probabile caduta. «La situazione finanziaria è grave»
Il premier François Bayrou ha lanciato l'allarme deficit e annunciato «la manovra più importante della nostra storia». Ma l'8 settembre non avrà la fiducia
L’8 settembre il governo cade. Oppure la Francia attraversa la peggiore stagione d’austerità dei tempi recenti: «La situazione è grave».
Pallido come un premier che non è andato in vacanza, François Bayrou riapre l’arena politica a Parigi con un annuncio in conferenza stampa, i ministri schierati in prima fila: d’accordo con il presidente Emmanuel Macron, che ha appena visto nella residenza estiva (lui sì) di Bregançon, il Parlamento (che da calendario riaprirebbe il 22 settembre) si riunirà in seduta straordinaria tra due settimane per votare la fiducia. Non sulle misure specifiche della dieta economica, ma sul principio: «Ci attende la finanziaria più importante della nostra storia», 44 miliardi di riduzione del deficit in 4 anni per scongiurare, sostiene, il rischio certo di sovraindebitamento; lo Stato di crisi.
Uno sguardo agli appunti, che non legge, un paio di sorsi d’acqua. Attore politico navigato, ma stanco, Bayrou arriva alla notizia dopo ampi cenni di macroeconomia e di caos globale. «La legge internazionale derisa, i grandi imperi che si impongono con la forza, la tragedia del Medio Oriente...». E poi la concorrenza sleale della Cina, i dazi imposti dall’America, Bruxelles che «dovrebbe parlare a una sola voce e non lo fa». Citazione aperta dell’ex premier italiano già presidente della Bce Mario Draghi a Rimini: «Il sogno di un’Europa che conta nel mondo è svanito».
Tutto questo per dire che la Francia da vent’anni procede indebitandosi, e che non può più permetterselo: «Fino a quando possiamo fingere di non vedere?». S’è parlato di riduzione delle indennità di disoccupazione, e soprattutto dell’impopolarissima abolizione di due giorni festivi. Il premier avverte che è tutto ancora negoziabile, che il luogo per indicare i tagli sarà il dibattito parlamentare in autunno sulla finanziaria.
Se ci arriva, però. Centrista di minoranza, nato al termine di lunghe trattative, il governo Bayrou deve per sopravvivere trovare voti a destra e a manca. Gli estremi sono i primi a remare contro: no immediato del Rassemblement National (Marine Le Pen invoca lo scioglimento delle Camere) e della France Insoumise dell’arcinemico Jean-Luc Mélenchon. Nemmeno la leader degli Ecologisti, Marine Tondelier, lascia sperare: «Voto di fiducia uguale dimissioni».
CorSera
Il premier François Bayrou ha lanciato l'allarme deficit e annunciato «la manovra più importante della nostra storia». Ma l'8 settembre non avrà la fiducia
L’8 settembre il governo cade. Oppure la Francia attraversa la peggiore stagione d’austerità dei tempi recenti: «La situazione è grave».
Pallido come un premier che non è andato in vacanza, François Bayrou riapre l’arena politica a Parigi con un annuncio in conferenza stampa, i ministri schierati in prima fila: d’accordo con il presidente Emmanuel Macron, che ha appena visto nella residenza estiva (lui sì) di Bregançon, il Parlamento (che da calendario riaprirebbe il 22 settembre) si riunirà in seduta straordinaria tra due settimane per votare la fiducia. Non sulle misure specifiche della dieta economica, ma sul principio: «Ci attende la finanziaria più importante della nostra storia», 44 miliardi di riduzione del deficit in 4 anni per scongiurare, sostiene, il rischio certo di sovraindebitamento; lo Stato di crisi.
Uno sguardo agli appunti, che non legge, un paio di sorsi d’acqua. Attore politico navigato, ma stanco, Bayrou arriva alla notizia dopo ampi cenni di macroeconomia e di caos globale. «La legge internazionale derisa, i grandi imperi che si impongono con la forza, la tragedia del Medio Oriente...». E poi la concorrenza sleale della Cina, i dazi imposti dall’America, Bruxelles che «dovrebbe parlare a una sola voce e non lo fa». Citazione aperta dell’ex premier italiano già presidente della Bce Mario Draghi a Rimini: «Il sogno di un’Europa che conta nel mondo è svanito».
Tutto questo per dire che la Francia da vent’anni procede indebitandosi, e che non può più permetterselo: «Fino a quando possiamo fingere di non vedere?». S’è parlato di riduzione delle indennità di disoccupazione, e soprattutto dell’impopolarissima abolizione di due giorni festivi. Il premier avverte che è tutto ancora negoziabile, che il luogo per indicare i tagli sarà il dibattito parlamentare in autunno sulla finanziaria.
Se ci arriva, però. Centrista di minoranza, nato al termine di lunghe trattative, il governo Bayrou deve per sopravvivere trovare voti a destra e a manca. Gli estremi sono i primi a remare contro: no immediato del Rassemblement National (Marine Le Pen invoca lo scioglimento delle Camere) e della France Insoumise dell’arcinemico Jean-Luc Mélenchon. Nemmeno la leader degli Ecologisti, Marine Tondelier, lascia sperare: «Voto di fiducia uguale dimissioni».
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