Cronaca e politica estera [Equilibri mondiali] Thread unico.

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    Trump: «No a truppe Usa in Ucraina». Per il trilaterale con Putin e Zelensky spunta l’ipotesi Budapest

    La Casa Bianca: «Da Putin ok all’incontro con il presidente ucraino. L’apertura di Washington sul fornire copertura aerea a Kiev»

    Donald Trump non invierà soldati americani sul campo come parte delle garanzie di sicurezza all’Ucraina su cui si lavora nello sforzo per porre fine alla guerra con la Russia. «Ve lo assicuro. E sono il presidente», ha detto in un’intervista ieri a Fox News. Gli Stati Uniti avranno un ruolo di «coordinamento». Ma Trump non ha escluso un «supporto aereo»: «Loro (gli europei, ndr) sono pronti a mettere truppe sul terreno, noi siamo pronti ad aiutarli con alcune cose, probabilmente dal punto di vista aereo perché nessuno ha le cose che abbiamo noi». Trump non ha dato altri dettagli, ma supporto aereo può significare cose diverse, come osservano gli esperti: semplicemente fornire più sistemi di difesa aerea a Kiev oppure un ruolo più attivo degli Usa che includa l’uso dei caccia per far rispettare una no-fly zone. La sua portavoce Karoline Leavitt ha definito ieri il supporto aereo «un’opzione».

    In parallelo le diplomazie sono al lavoro per identificare la sede del possibile bilaterale Putin-Zelensky annunciato da Trump lunedì sera, come pure un luogo per il trilaterale successivo. Trump aveva presentato entusiasticamente l’idea di un trilaterale come modo migliore per porre fine alla guerra. Ma come ha riferito Zelensky lunedì sera in conferenza stampa davanti alla Casa Bianca, Putin avrebbe detto di preferire prima un bilaterale.. Il leader ucraino si è detto pronto a «qualunque formato per l’incontro». Secondo Politico, la sede favorita dalla Casa Bianca per il trilaterale sarebbe l’Ungheria: il premier Victor Orbán è vicino a Trump sin dal primo mandato.

    L’Europa

    Dall’Europa arriva soprattutto un segnale: le garanzie di sicurezza per proteggere l’Ucraina devono essere «solide», come ha più volte detto il presidente francese Emmanuel Macron e ieri l’ha ripetuto anche l’Alta rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Kaja Kallas. Lo stesso Macron e il premier britannico Kier Starmer insistono sulla necessità di inviare un contingente militare in Ucraina. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz non esclude di partecipare alla missione. La presidente del consiglio Giorgia Meloni resta contraria. Ma tutti gli europei concordano su un punto: la collaborazione con gli Stati Uniti è fondamentale. Ieri c’è stata un’altra riunione virtuale della «Coalizione dei volenterosi», il gruppo formato da circa trenta Paesi che appoggiano la resistenza ucraina. Macron e Starmer hanno riferito sui risultati del vertice corale di Washington. Gli europei stanno cercando di allargare la platea degli Stati eventualmente pronti a inviare soldati in Ucraina. L’Australia ha confermato la disponibilità. Ma si vedrà nei prossimi giorni se questa ipotesi sarà praticabile. Non è ancora chiaro quanto sia reale l’apertura di Putin su questo punto. Finora ha sempre rifiutato la presenza di truppe europee sul suolo ucraino.

    Visto dalla Casa Bianca

    Trump ha «ripristinato il prestigio dell’America come leader indiscussa del mondo libero — ha detto la sua portavoce —. I leader mondiali sono venuti qui a Washington a chiedere aiuto». Il presidente «si aspetta» che il bilaterale tra Putin e Zelensky avvenga e in tv ieri ha detto che la loro disponibilità a farlo «dimostra che vanno d’accordo più di quanto pensassi», anche se il Cremlino non ha dato conferme e il ministro degli Esteri Lavrov dichiara che ogni contatto tra capi di Stato va «approfonditamente preparato». Secondo il sito Axios, Trump ha dato all’inviato Steve Witkoff il compito di facilitare l’incontro. «Voglio andare in paradiso, se possibile — ha detto Trump su Fox —. Dicono che non sto andando tanto bene... Se riesco ad andare in paradiso una delle ragioni sarà questa». E ha cancellato le vacanze nel suo resort in New Jersey. «È normalmente il periodo in cui il presidente va in vacanza, ma non questo presidente. Si è discusso se volesse lavorare da Bedminster per un paio di settimane, ha deciso di no», ha detto ieri Leavitt.

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      BIANCANEVE E I SETTE NANI

      di Marco Travaglio

      Non ci sono parole, ma solo parolacce per descrivere la fine miseranda dell’“Europa”, parola vuota che descrive un branco di molluschi cacofonici e privi di pensiero, ma purtroppo non di favella. Siccome i 27 soci del club Ue non sono d’accordo neppure su come si chiamano, si esibiscono in “formati” stravaganti più o meno “volenterosi” col Regno Unito (scordandosi la Brexit) e altri tre o quattro, fino ai sette nani paracadutati sulla Casa Bianca per scortare Biancaneve Zelensky. Lì ai volenterosi guerrafondai s’è aggiunta la Meloni ed è venuto a mancare il polacco Tusk, rimpiazzato dal finlandese Stubb che una volta ha giocato a golf con Trump. L’unico denominatore comune dei sette nani è l’ottusa sicumera con cui da 42 mesi ripetono frasi senza senso tipo “armare Kiev e sanzionare Mosca fino alla vittoria completa sulla Russia”, “riconquistare Crimea e Donbass”, “Kiev nella Nato”. Quando, nel marzo 2022, Erdogan e Bennett mediarono i negoziati a Istanbul, furono ben felici che Johnson e Biden li silurassero.

      Quando l’anno scorso Orbán e Scholz parlarono con Putin per riprovarci, li cazziarono perché “c’è un aggressore e un aggredito e con Putin non si parla”. Poi è arrivato Trump e ha subito parlato con Putin, cinque volte al telefono e in Alaska di presenza. E i nostri Fantozzi, anziché dargli del putiniano, si sono spellati le mani per il megapresidente galattico che “avvicina la pace parlando con Putin”. Ma va? E perché non l’han fatto loro in tre anni e mezzo?

      Trump, all’antitesi moralistica “aggressore/aggredito”, preferisce la più realistica “vincitore/sconfitto”, quindi i territori occupati devono restare a Mosca e Kiev deve scordarsi la Nato, poi informa Putin mentre parla coi sette nani. Perché quelli non gli ripetono ciò che dicono dal 2022? Hanno forse capito di aver sbagliato tutto e perduto tutto? Basterebbe ammetterlo: “Siamo una manica di incapaci, ci scusiamo con chi aveva capito tre anni fa quello che noi iniziamo a intuire oggi”. Invece niente: mentre ammainano tutte le bandiere, si rimangiano tutte le parole d’ordine e cancellano tutte le linee rosse, consolandosi con l’aglietto (le garanzie di sicurezza a Zelensky, l’articolo 5 della Nato per l’Ucraina fuori dalla Nato e altre super*****le), hanno sempre l’arietta di superiorità da “so tutto io”.

      Sia i cinque nani che s’accucciano sotto il ciuffo di Donald senza contraddirlo su nulla, sia i mitomani Merz e Macron che pretendono il cessate il fuoco da Putin mentre continuano ad armare Kiev e magari inviano pure le truppe. Sanno che non succederà mai, ma lo dicono lo stesso. Per darsi un tono. Per tener su le fabbriche d’armi che crollano in Borsa (se il nemico non c’è più, che ci riarmiamo a fare?). Per sembrare ancora vivi.

      Leggi su Il Fatto Quotidiano l'articolo in edicola "Biancaneve e i 7 nani" pubblicato il 20 Agosto 2025 a firma di Marco Travaglio
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        IL REALISMO HA PREVALSO: UMILIATI ZELENSKY E LA UE
        di Elena Basile
        Il Fatto Quotidiano - 20 agosto 2025
        Si segue con disagio lo spettacolo della politica a cui i media ci hanno abituato. In mancanza di sostanza, ci si sofferma sui motteggi. I protagonisti sembrano piuttosto divertiti dell’attenzione mondiale e agiscono come attori provetti. I pettegolezzi trionfano, gli analisti diventano comari sedute di fronte casa, pronte a commentare i dettagli in un vuoto strategico.
        Intanto le vittime non hanno voce, le stragi continuano, e sono strumentalizzate da classi dirigenti senza scrupoli. L’opinione pubblica partecipa alla politica, schierata come in una partita di calcio.
        Poco si sa di quanto i due leader si siano veramente detti in Alaska. Il vertice è tuttavia una tappa storica per la ricomposizione delle relazioni tra Washington e Mosca azzerate dai predecessori democratici di Trump. Il realismo ha prevalso.
        Il debito impazzito e la difficoltà di collocare i Buoni del Tesoro sono la principale preoccupazione di Washington.
        Le sanzioni secondarie all’India per bloccare l’importazione di petrolio dalla Russia hanno avuto l’unico risultato di ricompattare all’interno dei Brics il partenariato Russia-Cina-India.
        La cooperazione bilaterale Washington-Mosca è piena di opportunità per entrambi i Paesi. La collaborazione tra imprese, sulle terre rare, nell’Artico, nello spazio, nell’High Tech e nell’IA, può portare a profitti non trascurabili.
        L’eliminazione graduale delle sanzioni serve all’economia russa che, sebbene sia riuscita a reagire diversificando la produzione e appoggiandosi a solide alleanze con i Brics, non può non soffrire nel lungo periodo della guerra economica occidentale. Il ritorno di Exxon Mobil nel progetto petrolifero Sakhalin 1 che porta il gas russo al Giappone è emblematico.(...)
        Per Putin è evidentemente un successo. Uscire dall’ostracismo isterico a cui lo avevano costretto i Dem Usa e i loro accoliti europei, manovrando la Corte penale internazionale che ha emesso un poco giustificato mandato di arresto, ha significato per Mosca farsi burla dei (...)
        l’aggressione della Russia all’Ucraina è di origine tattica, una difesa preventiva dall’attacco strategico preparato dai neocon attraverso il buco nero dell’Ucraina. Paragonare Putin a Netanyahu è un non senso. Nella guerra tra Russia e Ucraina due eserciti si fronteggiano con vittime reciproche.
        I bombardamenti causano vittime civili collaterali.
        Spiace che i politici e gli analisti, anche i migliori, per farsi accettare dai media mainstream, mentre denunciano il genocidio, sentono il dovere di premesse menzognere che equiparano il mandato di arresto di Putin a quello di Netanyahu.
        Dal punto di vista geopolitico c’è qualcosa che unisce in modo bizzarro Trump a Putin. Il nemico comune dal quale cercano di difendersi è il partito trasversale Dem, radicato nell’intelligence, nel complesso militare industriale e nelle lobby delle armi. Non a caso Putin, rivolgendosi a Trump, abbia detto: “Contento di saperti vivo”. Questo spiega la prudenza con cui affrontano la questione ucraina.
        La guerra potrebbe finire veramente in una chiacchierata di un’ora, con Trump che dovrebbe avere il coraggio di sconfessare, come ha fatto a parole, le politiche neoconservatrici Usa e dichiarare fallita la strategia di erodere il potere russo attraverso l’utilizzo di Kiev in una guerra per procura.
        La neutralità dell’Ucraina e il riconoscimento dei territori conquistati in tre anni di guerra, con qualche concessione, sarebbero le conseguenze della registrazione della sconfitta. Trump, se non vende armi americane all’Europa, potrebbe pervenire in pochissimo tempo alla pace.
        Il presidente Usa conosce il potere degli apparati economici e dei potentati che gli remano contro. Si barcamena, gioca di astuzia. Si inchina al leader fantoccio ucraino e a una classe dirigente pagliaccia europea, fingendo di lasciare la decisione ultima a coloro che da tempo contano quasi nulla.
        Zelensky e i leader Ue corrono a Washington, umiliati, in fila per tre in uno scenario orchestrato dal presidente Usa. Balbettano su condizioni che sanno non saranno accettate.
        La Russia non modificherà di molto la sua proposta. Neutralità, territori occupati, no alle truppe Nato in Ucraina, no a garanzie di sicurezza Nato che invece Mosca vorrebbe fossero delegate al Consiglio di sicurezza dell’Onu con la partecipazione della Cina e dei Brics.
        Trump ha riconosciuto l’impossibilità di un cessate il fuoco e la neutralità di Kiev.
        Passo dopo passo, lo Stato profondo e le sue marionette Ue si arrenderanno alla realtà. Il resto è uno spettacolo vergognoso dato in pasto alla claque dimentica delle atrocità della guerra.
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          Garanzie per Kiev, il nodo è la difesa aerea: l'acquisto dei Patriot dagli Usa (e i 10 miliardi che servono a Zelensky)

          Lo scudo aereo sarà il cardine della protezione dell'Ucraina. E toccherà agli europei pagare il conto dei missili venduti da Trump

          [...] Ma anche ammesso che si riesca a mettere insieme una robusta forza di interdizione, servirebbe altro. Volodymyr Zelensky lo ha ripetuto nel vertice di Washington: occorre una capillare protezione dello spazio aereo. Un obiettivo raggiungibile solo con l'apporto degli americani. Ecco perché gran parte della discussione tecnica sulle garanzie di sicurezza si sta concentrando proprio sulla difesa aerea. Trump ha vagamente assicurato che l'aviazione americana sarà a disposizione. Ma, al momento, non è chiaro in che misura potrà intervenire.

          Secondo i generali ucraini la cosa più urgente da fare è rafforzare la contraerea. O meglio, come suggerisce il generale americano Wesley Clark, ex comandante delle forze armate Nato in Europa, l'ideale sarebbe colpire le basi di lancio russe, cioè «l'arco», anziché intercettare le «frecce» che colpiscono l'Ucraina. Ma questa possibilità ormai è superata.

          Ora si lavora a uno scudo protettivo, a una deterrenza credibile. Lo strumento principe sono i Patriot, le batterie di missili anti aeree. L'esercito ucraino ne avrebbe già sette a disposizione. Trump ne ha messe a disposizione 17, dirottando verso l'Ucraina le richieste già avanzate da altri Paesi. A Zelensky ne basterebbero 10.

          Ora il problema è che questi sistemi sono molto costosi: 1 miliardo di dollari per ogni batteria, più 4 milioni di dollari per ogni missile. Totale: 10 miliardi per la struttura base, più almeno un altro miliardo per le munizioni. Il presidente americano è stato netto: noi vi diamo i Patriot, ma ce li dovete pagare.

          È questo il primo vero tema della discussione sulle garanzie di sicurezza. Chi, tra i Paesi europei, è pronto a tirare fuori le risorse necessarie? La Germania si è impegnata a fornire tre patriot (3 miliardi, quindi); la Norvegia uno. Per il resto ci sono segnali di disponibilità provenienti da Finlandia, Svezia e Olanda, non ancora concretizzati. Zelensky ha annunciato un piano da 90 miliardi di dollari, (il «Financial Times» aveva scritto 100 miliardi), finanziato anche dagli europei, per comprare armi americane. Ma il primo passaggio dovrebbe essere proprio l'acquisizione dei Patriot.

          Se questi sono i numeri, si comprende perché Zelensky e gli europei stiano continuando a premere su Washington, perlomeno per definire condizioni migliori di vendita. Uno sconto tra alleati.

          https://www.corriere.it/off-the-reco...tml?refresh_ce
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            [...] I vertici militari hanno discusso a lungo anche delle forniture di armi all’Ucraina. Risulta che Matthew Whitaker, ambasciatore Usa presso la Nato, sia stato netto: «Gli europei devono fare la parte del leone nella divisione dei costi per la difesa ucraina». In realtà d’ora in poi gli Stati Uniti non regaleranno più niente: tutte le armi saranno vendute. E, anzi, come ha precisato ieri il Segretario al Tesoro, Scott Bessent, gli Usa potrebbero aumentare del 10% il prezzo degli ordigni e con questo extra gettito finanziare la difesa aerea promessa a Zelensky.

            Ripartizione delle spese

            Come al bazar, quindi, o poco ci manca. Le risorse degli alleati confluiscono in un fondo chiamato «Purl» (Prioritised Ukraine Requirement List): in sostanza la lista delle priorità per Kiev. Il meccanismo è stato concordato da Trump e da Rutte nell’incontro alla Casa Bianca del 14 luglio scorso. In sostanza è una specie di salvadanaio, ma studiato per ricevere i contributi di tutti, tranne che degli americani. Nel meeting di ieri, i rappresentanti di Germania, Svezia, Norvegia e Danimarca si sono lamentati con gli altri: noi ci stiamo mettendo soldi, voi che cosa aspettate? Olanda, Lettonia, Estonia, Belgio e Canada si sono impegnati a contribuire. Gli altri, Italia compresa, avrebbero glissato. Tutto ciò sembra dimostrare le difficoltà concrete di questa fase. Zelensky ha annunciato un piano da 90 miliardi di dollari per acquistare armi Usa, ma per molti Paesi non sarà semplice tenere il passo.




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              Come in una lista di nozze, l'Ucraina stila l'elenco dei regali graditi e gli invitati (i volenterosi idioti europei) aprono il portafoglio: 90, 100 miliardi...che volete che siano?

              Il negozio indicato dove rifornirsi è uno soltanto: la maison USA.

              Dunque oltre ai dazi, alle spese al 5% per la Nato, ora le ulteriori decine, se non centinaia, di miliardi per Zelensky che indica il budget mentre Trump fa il prezzo (con forse un aumento del 10% sul materiale bellico visto che gli europei sono degli "amici")...il tutto in un rito nuziale senza contratto di matrimonio, perchè l'Ucraina non ci viene niente, non c'è uno straccio di alleanza, di comunanza legale.

              L'Ucraina chiede, Trump vende, gli europei pagano: è questo il ReArm Europe di quella coalizione di coGlioni.
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                Che vergogna.

                Sono finiti gli aggettivi per descrivere questo carrozzone di inetti servi che ci " rappresenta"




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                  Vedo che la Spagna ha tenuto il punto e non parteciperà alle spese NATO, tantomeno per l'Ucraina ed il piano Zelenski.

                  L'UE continua a inseguire una corsa al riarmo per una guerra che non esiste se non nelle loro teste vuote, capolavoro totale degli USA, perchè ormai abbiamo firmato (non noi cittadini), quindi termina qui la barzelletta della democrazia occidentale e si potrà parlare finalmente di dittatura.
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                    UCRAINA - “Ecco il piano Usa per attribuire la loro sconfitta all’Ue. E l’incontro Putin-Zelensky non ci sarà”
                    L’enfasi di Trump sulla svolta per la pace nasconde la verità: l’accordo Ucraina-Russia è difficile. E Mosca sa che alla fine vincerà sul campo.
                    Nelle trattative per la pace in Ucraina, quello che è cambiato veramente è che gli USA hanno capito di essere stati sconfitti, riconoscendo che il tentativo di mettere in difficoltà la Russia attraverso la guerra in Ucraina è fallito. Una presa di coscienza che non può comportare un’ammissione esplicita, tanto che gli americani cercano di presentarsi come parte terza, pur essendo gli artefici del conflitto, scaricando su Zelensky la responsabilità di un accordo per la cessione di territori che resta lontano.
                    Il tanto sbandierato incontro Putin-Zelensky, spiega Alberto Bradanini, ex ambasciatore italiano in Cina e in Iran, potrebbe non tenersi affatto; se anche ci fosse, le distanze fra russi e ucraini rimangono intatte. La guerra, insomma, potrebbe continuare, con gli europei che pagheranno le armi per Kiev comprandole dagli americani, anche se alla fine il ritmo di produzione da parte dell’Occidente sarà troppo lento per sostenere gli sforzi militari.
                    La guerra, così, la deciderà il campo di battaglia e l’Ucraina si ritroverà troppo debole per continuare a combattere o per impensierire la Russia. Esattamente quello che voleva il Cremlino.
                    Gli ucraini non vogliono cedere i territori, le garanzie di sicurezza a Kiev non si capisce bene chi le debba fornire. Ma perché allora tutti (e soprattutto Trump) parlano di una svolta nelle trattative per la pace in Ucraina? Cosa è cambiato veramente?
                    La svolta americana è una finta svolta, perché gli Stati Uniti non sono certo una parte terza, ma coloro che hanno ideato e attuato il piano di utilizzare l’Ucraina come strumento di dissanguamento e destabilizzazione della Russia. Dietro Trump c’è il Deep State, che adesso, con la scusa che c’è un’altra amministrazione, agisce come se fosse un’altra nazione: in realtà è sempre l’impero americano che persegue gli stessi obiettivi, ma in un modo diverso. Gli USA hanno preso atto della sconfitta e sanno che, più passa il tempo, peggio è. Trump sta solo cercando di uscire da questo pantano, attribuendo la colpa agli altri.
                    In che modo?
                    Intanto ha accettato che l’Ucraina non entri nella NATO e che la Crimea resti ai russi. Per quanto riguarda gli altri territori, dice che devono essere le parti a mettersi d’accordo, e cioè l’Ucraina appoggiata dagli europei, completamente persi nella nebbia e pedine asservite all’impero americano, per il quale devono continuare a produrre inimicizia nei confronti di Mosca, perché comunque la Russia non sarà mai una nazione amica dell’Occidente e neanche degli americani. Recitano una parte per conto degli USA. Devono però pagare le armi per l’Ucraina, attraverso le quali il businessman Trump fa arricchire i produttori americani. Gli Stati Uniti vogliono scaricare su Zelensky qualsiasi accordo ulteriore che comporti eventualmente la cessione di ampi territori. La svolta vera, comunque, è la presa d’atto da parte degli Stati Uniti che hanno perso la guerra.
                    Si parla anche di un possibile incontro fra Putin e Zelensky, con il capo del Cremlino che ipotizza addirittura Mosca come sede. Come mai una proposta del genere?
                    È una presa in giro. La diplomazia russa è sofisticata. Nella conferenza stampa dopo l’incontro in Alaska, Putin leggeva, e lo ha fatto per 12 minuti; dietro c’era una riflessione approfondita. Trump, invece, ha improvvisato. Ha ringraziato Rubio, decantando il lavoro fatto: narcisismo allo stato puro. Nel discorso di Putin ogni soggetto, ogni verbo, ogni predicato è stato pensato. La Russia ha fatto la sua proposta per dire che è disponibile a chiudere la guerra, ma non vuole cedere nessun territorio conquistato. Accettarla, per Zelensky, sarebbe una capitolazione totale.
                    L’enfasi messa da Trump su questa operazione, allora, a cosa serve? Qual è l’obiettivo? Se anche Putin e Zelensky si incontrassero, lo scenario più probabile è che non si mettano d’accordo: allora gli americani diranno che loro ce l’hanno messa tutta, ma l’intesa non è saltata per colpa loro?
                    Non è solo questo. Gli americani soldi all’Ucraina non ne daranno più; forniranno armi che saranno pagate dagli europei: i loro affari li faranno comunque, e tutto questo servirà a dissanguare quello che resta dell’Europa, mentre gli USA continueranno a spostare truppe e risorse verso l’Estremo Oriente. Le armi europee e americane, però, vengono prodotte a un ritmo molto più lento rispetto a quelle distrutte al fronte; così la guerra verrà decisa sul campo di battaglia.
                    Ma per i russi i territori occupati in Ucraina sono così importanti?
                    L’obiettivo dei russi non è mai stata la conquista di territori, ma distruggere l’esercito ucraino, riducendo l’Ucraina a un dysfunctional rump state, uno Stato disfunzionale e non aggressivo.
                    Quindi, alla fine, l’Ucraina sarà così debole che non potrà far male alla Russia?
                    Questo è l’obiettivo. L’Ucraina non deve diventare un Paese NATO né de jure né de facto. Questo è il punto.
                    L’incontro Putin-Zelensky, allora, non ci sarà?
                    L’incontro non ci sarà, ma se anche ci fosse, le richieste da parte russa sarebbero sempre le stesse e, presumibilmente, le risposte da parte ucraina sarebbero negative. L’incontro tra i due ha senso soltanto se ci si mette d’accordo prima. Quello tra Putin e Trump è stato un po’ improvvisato, perché da parte americana si era minacciato di mettere in atto sanzioni secondarie contro la Cina e contro l’India per i loro rapporti con i russi; ma Pechino ha l’arma delle terre rare e gli americani hanno fatto marcia indietro in un secondo, mentre l’India è il più grosso Paese al mondo e la sua economia non può essere bloccata ostacolando il rifornimento del petrolio russo. Trump, insomma, aveva minacciato sanzioni che non poteva attuare, e ha avuto bisogno di un incontro con Putin per ovviare a questa situazione.
                    Intervista di Paolo Rossetti ad Alberto Bradanini
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                    Free at last, they took your life
                    They could not take your PRIDE

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                    • Sean
                      Csar
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                      E' chiaro che l'esito più ovvio sarà la prosecuzione della guerra: ogni altra soluzione sarebbe un vero miracolo.

                      Anche il fatto che gli Stati Uniti stiano appaltando le spese alla UE può essere letto come segnale di radicale disimpegno: la guerra potrebbe andare avanti senza scadenza definita a tavolino, per cui gli USA si chiamano fuori da quella palude, rimodellandosi come emporio di armamenti: chi vuol continuare la guerra dovrà pagare di tasca sua.

                      Gli Stati Uniti non hanno nessuna presa su Russia, Cina, India, non hanno più una proiezione di potere globale, quel modello geopolitico si è dissolto: devono fare buon viso a cattivo gioco, e quindi a questo punto cercare di non perdere i soldi in quella abissale fornace ucraina ma anzi guadagnarceli.

                      Sono altresì convinto che nessun soldato europeo metterà piede in Ucraina: il destino di quella nazione verrà deciso dalla guerra, per la parte che resta ancora da decidere, perchè di radicalmente suscettibile o modificabile non c'è più niente dal punto di vista militare...semmai potrà andare solo peggio per l'occidente: quanto potrà resistere l'UE a finanziare l'Ucraina? Le condizioni politiche mutano, l'opinione pubblica è stanca, i partiti radicali e anti UE continuano ad intercettare favori, gli attuali "volenterosi" sono praticamente (tranne pochi, tra cui la Meloni, ma l'Italia non ha una lira) tutti delegittimati.
                      ...ma di noi
                      sopra una sola teca di cristallo
                      popoli studiosi scriveranno
                      forse, tra mille inverni
                      «nessun vincolo univa questi morti
                      nella necropoli deserta»

                      C. Campo - Moriremo Lontani


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