Cronaca e politica estera [Equilibri mondiali] Thread unico.

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  • Sean
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    Il «guru» Bashirov: «Le sorti dell’Ucraina sono l’ultima priorità. Conta solo la forza»

    Il politologo vicino al Cremlino: non credo a una soluzione di tipo «coreano»: allora i due eserciti erano fermi, nel nostro caso ci si muove sempre e nella stessa direzione da tempo

    «La speranza di voi europei è che si parli solo di Ucraina…». Un passo indietro. All’inizio dello scorso maggio, quando ancora nessuno pensava che fosse possibile, Marat Bashirov disse in una intervista a questo giornale che prima di ogni accordo, prima di ogni ipotesi, ci sarebbe stato un incontro tra Trump e Putin, e che non c’era modo di sfuggire a questo passaggio cruciale. Oggi, all’ex deputato di Russia Unita, politologo, professore della Scuola Superiore di Economia, titolare di una società che porta al Cremlino gli imprenditori stranieri, diventato tra le altre cose uno degli opinionisti russi più popolari, con oltre un milione di follower sul suo canale Telegram a pagamento, le ragioni della sua certezza di allora sembrano ancora più ovvie. «Ci sarà da esaminare un’agenda molto ampia. I due presidenti affronteranno diverse questioni, tra le quali il soggetto ucraino non è il più importante. Né per noi, né per loro».

    Quali sarebbero invece le priorità?

    «Primo, la sicurezza nucleare, che va rivista alla luce dei nuovi vettori che rendono sempre più difficile intercettare i missili. Secondo: i problemi legati al commercio mondiale. Quello che sta facendo Trump è applicare in maniera dosata i dazi nei riguardi di vari Paesi, e sicuramente si sta frenando nei confronti di Russia e Cina. È chiaro che i giocatori chiave sono questi grandi Paesi. Terzo: il Medio Oriente, dove è coinvolto un gran numero di Paesi con corridoi di trasporto e sicurezza dei mercati di energia. Israele-Palestina-Gaza, Israele-Iran, Iran-Monarchie mediorientali, hussiti: un nodo molto nevralgico, per tutti. Infine, ma solo dopo, la guerra in Ucraina, importante soprattutto perché Trump continua a parlarne».

    La Russia rinuncerà a qualcuno degli obiettivi dell’Operazione militare speciale?

    «Penso che sia impossibile. Diciamo pure che alcuni di questi obiettivi hanno carattere descrittivo, come la denazificazione e la demilitarizzazione, mentre altri hanno già assunto un quadro legislativo. I quattro territori annessi, ma senza la definizione dei confini, anche questo è molto importante, sono contemplati dalla Costituzione: i loro confini no. E quindi, questi ultimi fanno parte delle cose da definire, sulle quali ci può essere margine. Se gli stessi Usa diranno di essere contrari all’avvicinamento della Nato alle frontiere russe, questo permetterà già di avviare la discussione con gli altri membri dell’Alleanza su come sancire questa posizione a livello legislativo. Ma Putin non accetterà mai che accada come con Gorbaciov: Mikhail, non ci muoviamo, e poi invece si spinsero avanti, eccome».

    È più importante l’Operazione militare speciale o il riconoscimento internazionale che Putin potrebbe ottenere da questo incontro?

    «Il riconoscimento di cosa? Piaccia o no a voi europei, il ruolo della Russia come grande potenza, il suo peso negli affari mondiali, è già chiaro a tutti. Ma in russo si dice che le parole non saziano. Di conseguenza, se questo incontro getterà le basi per un atto internazionale, come quello di Helsinki sulla sicurezza in Europa, firmato da decine di Paesi, avremo un riconoscimento anche formale. Non è comunque fondamentale. Perché quello che sta succedendo ora nel mondo accade solo in base alla variante di forza. Ormai bisogna riconoscere che il diritto internazionale è smantellato: quello che funziona è solo il diritto della forza. La Russia ce l’ha? Sì. Gli Stati Uniti? Certamente. Ce l’ha l’Ucraina? In piccola parte, ma ovviamente molto meno della Russia. È questo che oggi funziona. Perciò, la mera retorica sul nostro status può fare piacere solo a Trump, che pensa di essere un king maker. A noi, non serve».

    La soluzione «coreana», con il congelamento della situazione al confine, è accettabile per la Russia?

    «Queste quattro regioni sono il principale oggetto del contendere. Mi sembra chiaro che in futuro non saranno riconosciute parte della Russia da tutti gli Stati: alcuni sì, altri no. Quando poi si parla di soluzione coreana, chissà perché tutti si riferiscono alla linea di contatto delle truppe. Ma allora la situazione era diversa: loro stavano trincerati, fermi gli uni di fronte agli altri sul noto parallelo geografico. Nel nostro caso, la situazione è ben diversa: ci si muove sempre, e la dinamica è sempre nella stessa direzione da diverse settimane. Inoltre, questa connessione con la linea del fronte non funziona, perché come ho già detto c’è di mezzo la Costituzione russa».

    La Russia si deve fidare di Trump?

    «Esclusivamente se quello che fa torna utile a Trump. Lui è un uomo che vive di gloria e di soldi. Se trae vantaggi per sé stesso, può recitare il ruolo del garante. Altrimenti, dice apertamente cosa danneggia i suoi interessi. Ma anche questo atteggiamento, nel nuovo mondo dominato dalla forza, ha un suo valore».

    ​CorSera


    ...ma di noi
    sopra una sola teca di cristallo
    popoli studiosi scriveranno
    forse, tra mille inverni
    «nessun vincolo univa questi morti
    nella necropoli deserta»

    C. Campo - Moriremo Lontani


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    • fede79
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      Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
      Come al solito tocca fare la tara a questi brogliacci sempre meno letti, scritti su carta straccia sempre meno venduta.

      La "pace ingiusta" che sarebbe "difficile da far digerire", non lo sarebbe, come invece sostiene il CorSera, verso la "popolazione giovane" nel suo complesso (che tra l'altro è per lo più espatriata: dei circa 50 milioni di ucraini pre guerra ne sono rimasti in patria la metà, e la renitenza alla leva ormai è altissima) ma solo per quelli che nel titolo sono definiti "i nazionalisti di Azov"...cioè i neonazisti di Azov...perchè adesso per i falsificatori occidentaloidi quei neonazisti sono diventati dei semplici "nazionalisti": no, sono gruppi di neonazisti estremisti, eredi di coloro che spalancarono le porte dell'Ucraina alla Wehrmacht e alle truppe speciali delle SS (le Einsatzgruppen), nipoti di coloro che si arruolarono a frotte per andare a fare da guardie e carnefici nei campi di sterminio nazisti.

      Resta che nel cortocircuito occidentaloide, i media democraticisti (cioè stercorari) sono arrivati ad adottare pure i neonazisti nipotini delle SS ucraine...e a definire come "spettro" un eventuale ritorno alle urne dello sfinito popolo (o di quel che ne rimane) ucraino...ma per fortuna "la legge marziale impedisce le elezioni finchè ci sarà uno stato di guerra"...apperò, ottimo...quindi se la guerra non dovesse finire "mai" (come tra le due Coree ad esempio, dove non esiste trattato di pace) Zelensky resterebbe dittatore a vita tipo i Kim per l'appunto?
      Ma gli Azov sono quelli che per i media occidentali leggono Kant al fronte?
      sigpic
      Free at last, they took your life
      They could not take your PRIDE

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      • zuse
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        Originariamente Scritto da fede79 Visualizza Messaggio

        Ma gli Azov sono quelli che per i media occidentali leggono Kant al fronte?
        Ahahahah

        Pasternak però scommetto non lo leggono..




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        • Sean
          Csar
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          Zelensky invitato in extremis al vertice Trump-Putin? Gli appelli degli alleati e le ambiguità degli Stati Uniti

          Se non fosse che «Il convitato di pietra» è il titolo di un testo di Puskin, autore russo che agli ucraini non sta esattamente simpatico, l’espressione sarebbe perfetta per descrivere la posizione di Volodymyr Zelensky.

          Per tutta la giornata di ieri si sono rincorse voci sulla presenza del leader al vertice in Alaska tra Putin e Trump per discutere delle sorti della guerra. A riaccendere le speranze di Kiev, dopo il «niet» di Washington e Mosca, l’ambasciatore statunitense alla Nato. In un’intervista alla Cnn, Matthew Whitaker ha definito la presenza del leader di Kiev «possibile» e, pur specificando come la decisione spetti al presidente, ha aggiunto: «C’è tempo per prenderla, al momento non è stata presa».

          Dopo che, nelle scorse ore, da Bruxelles e dai leader europei è arrivato unanime un invito a evitare un summit «monco» e a includere nella partita i diretti interessati, nette sono state le parole di Friedrich Merz. «Speriamo e presumiamo che il governo ucraino, che il presidente Zelensky, partecipi a questo incontro», ha dichiarato in un’intervista all’emittente Ard il cancelliere tedesco che nella stessa sede ha sottolineato come sia inaccettabile «che le questioni territoriali vengano discusse o decise da Russia e Stati Uniti ignorando europei e ucraini».

          Non particolarmente incoraggianti per gli ucraini, invece, i segnali che arrivano da Washington, nonostante un durissimo editoriale del Washington Post che paragona il faccia a faccia in Alaska alla Conferenza di Monaco del 1938. «Eventuali incontri con Zelensky saranno possibili solo dopo il vertice tra Trump e Putin», ha riferito la Cnn, citando un funzionario anonimo della Casa Bianca secondo il quale, sebbene la partecipazione di Zelensky ad alcuni incontri in Alaska sia possibile, non è elencato tra i partecipanti confermati al vertice Putin-Trump. Scettico e più netto — ma la posizione non stupisce data la storica antipatia del vicepresidente Usa per il leader ucraino — JD Vance che, parlando a Fox News, definisce la presenza di Zelensky «non produttiva».

          Di fronte al dietrofront della Casa Bianca (Trump dapprima è sembrato aperto a un trilaterale, poi ha cambiato posizione) e al balletto di posizioni, a Kiev le bocche restano socchiuse in un comprensibile disappunto. Nonostante alla Bankova, così come in Europa, non si sia mai fatto mistero del fatto che una pace decisa senza consultare i diretti interessati non nascerebbe certo sotto i migliori auspici, una proposta irricevibile per Kiev significherebbe mettersi nella scomoda posizione di chi rifiuta il dialogo e scontenta il principale alleato, così desideroso di annunciare al mondo un accordo.

          Ma non solo. Se, come è probabile secondo gli analisti, dovesse rigettare il piano di pace deciso in Alaska, la posizione interna di Zelensky si farebbe ancora più difficile di quanto già non sia. Il leader di Kiev sa bene di non poter fare concessioni territoriali a fronte di scarne garanzie. Ma non può nemmeno ignorare la fatica di un’intera popolazione stremata da oltre tre anni di guerra. E non da ultimo deve considerare il calo di consenso interno. Non solo per opportunismo politico, ma anche per questioni di sicurezza. Putin non ha mai fatto mistero di voler eliminare Zelensky in ogni modo. Non è un caso, allora, che la propaganda russa stia cavalcando come non mai un tema delicatissimo per Kiev, ossia quello del reclutamento obbligatorio. Questione su cui il Paese rischia di spaccarsi, proprio lungo quell’asse che divide l’Est dall’Ovest e su cui lo Zar sogna di vedere spezzarsi l’Ucraina.

          ​CorSera
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          C. Campo - Moriremo Lontani


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            Ma dove lo presenti Zelensky? Il suo stato psicofisico è quello che tutti hanno visto in mondovisione nello Studio Ovale: allucinato, completamente scollegato dalla realtà, annebbiato, con Trump che cercava di fargli capire che per chiudere con la guerra bisognava fare delle concessioni e quell'altro, in una sorta di delirio catatonico, a ripetere: "Putin è un assassino"..."voi (rivolto agli americani) vi credete al sicuro ma non lo siete"...e via farneticando come un ossesso, tanto da dover essere infine accompagnato alla porta.

            Alle cene dei grandi si usa (o almeno un tempo si usava) che gli infanti mocciosi si sistemassero su di un tavolinetto dedicato in un angolo della sala, quello dei piccoli, dove tutto è apparecchiato in proporzione: lo sgabellino, il piattino, il bicchierino, il bavaglino, il giochino...è lì che Zelensky verrà accomodato: a fargli compagnia, la banda dei suoi nuovi amichetti, i bambocci europei, col grembiule sporco di pongo col quale giocano nelle ricreazioni infinite, ormai unica loro occupazione.

            Per tutti quei ridolini c'è il tavolo dei "volenterosi" sfigati. I grandicelli invece hanno da parlare di come iniziare a dare una specie di forma alla crisi dell'epoca: la Cina, il Polo Nord (dove l'America si affaccia col solo abbaino dell'Alaska, e non a caso lì si è deciso di tenere il vertice), la fine dell'unipolarismo e del multilateralismo, l'irruzione del mondo multipolare, le sfere di influenza e competenza: in questo universo, quel burattino di legno di Zelensky non ha un senso e non ha un ruolo, al pari dei suoi similari modelli europei, coi quali non a caso ormai fa comunella: la banda degli sfigati che senza la tata (gli USA) non sanno nemmeno cambiarsi da soli il pannolino sporco.
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