Cronaca e politica estera [Equilibri mondiali] Thread unico.

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  • Sean
    Csar
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    La Cgia: «Per l’Italia danno da 35 miliardi»

    L'introduzione da parte dell'amministrazione Trump di una tariffa doganale del 30%, si stima, in via molto prudenziale, che avrà un impatto economico sulle esportazioni italiane attorno ai 35 miliardi euro all'anno. Lo sottolinea l'Ufficio studi della Cgia che ha aggiornato le sue previsioni alla luce della lettera di Donald Trump.

    «Per il vino italiano è quasi un embargo»

    «È bastata una lettera per distruggere i rapporti tra due storici alleati dell'Occidente. Il 30% di dazio sul vino, se venisse confermato, sarebbe quasi un embargo per l'80% del vino italiano. A questo punto il nostro destino e quello di centinaia di migliaia di posti di lavoro è vincolato ai tempi supplementari, che saranno fondamentali, perché è impensabile poter collocare altrove nel breve periodo questi volumi di vino. Contestualmente, servirà senz'altro un intervento straordinario dell'Ue». Così il presidente di Unione italiana vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi, ha commentato la lettera dell'amministrazione Trump che annuncia tariffe aggiuntive all'Unione europea del 30% a partire dal 1° agosto



    ​​CorSera
    ...ma di noi
    sopra una sola teca di cristallo
    popoli studiosi scriveranno
    forse, tra mille inverni
    «nessun vincolo univa questi morti
    nella necropoli deserta»

    C. Campo - Moriremo Lontani


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    • Ponno
      Socialista col Rolex
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      Non importa i miliardi, non bisogna cedere a trump, si rifacciano accordi con Putin, Modi e Xi piuttosto. Golosa occasione, gli americani devono rimanere i pariah del mondo insieme a Israele, come é giusto che sia
      Originariamente Scritto da claudio96

      sigpic
      più o meno il triplo

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      • M K K
        finte ferie user
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        Via della Seta cit
        Ogni mio intervento e' da considerarsi di stampo satirico e ironico ,cosi come ogni riferimento alla mia e altrui persone e' da intendersi come mai realmente accaduto e di pura fantasia. In nessun caso , il contenuto dei miei interventi su questo forum e' atto all' offesa , denigrazione o all odio verso persone o idee.
        Originariamente Scritto da Bob Terwilliger
        Di solito i buoni propositi di contenersi si sfasciano contro la dura realtà dell'alcolismo.

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        • X3me
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          "Israele sta utilizzando droni EVO della cinese Autel equipaggiati con lanciagranate per evacuare i Palestinesi di Gaza. Da diverse testimonianze dell'esercito emerge che si procede senza troppe distinzioni tra bersagli e civili anche quando inoffensivi, nei report tuttavia figurano tutti come "terroristi". Le persone spesso nemmeno vogliono spostarsi dal momento che non esistono zone sicure e non sanno dove andare, le aree interdette non sono tra l'altro delimitate o segnalate per cui puoi trovarti inconsapevolmente in zona di fuoco. Il sistema applicato è del tipo "colpirne uno per educarne 100" per obbligare tutti a spostarsi. Colpendo a distanza i soldati nemmeno raccolgono i corpi che sono lasciati in pasto ai cani randagi.
          "Questa tecnologia ha reso sterili le uccisioni" viene detto, assimilando la realtà ad una sorta di macabro videogioco."

          https://www.972mag.com/drones-grenad...chinese-autel/
          - Climber
          - ex Istruttore
          - ex P.Trainer AFFWA

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          • Sean
            Csar
            • Sep 2007
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            La lettera sui dazi, il «bullismo economico»: cosa vuole Trump dall'Unione europea?

            L’idea di mantenere alti gli introiti dalle tariffe e la linea guardinga con Xi (che può usare il ricatto delle terre rare). Il leader apre crepe tra alleati nel mercato unico

            A maggio, celebrando i suoi primi 100 giorni alla Casa Bianca, Donald Trump aveva dato per fatti 200 accordi commerciali. Due mesi dopo ne ha siglati, ad essere generosi, tre: con la Gran Bretagna, con la Cina (in realtà è una tregua) e con il Vietnam (un mezzo accordo che rischia di saltare).

            Arrabbiato per non essere riuscito a imporre le sue doti di dealmaker, reso più baldanzoso dall’assenza di grosse reazioni dei mercati finanziari alle sue ultime scudisciate sui dazi, dal Brasile al Canada, meno condizionato dai ministri, come quello del Tesoro Scott Bessent, che lo vorrebbero più prudente, il presidente Usa ha ripreso l’offensiva commerciale in grande stile senza fare sconti agli alleati. Nell’immediato si è sentito incoraggiato anche da alcuni dati congiunturali. Da un lato l’elevato livello degli incassi per dazi: dall’inizio dell’anno gli introiti Usa da tariffe hanno già superato i 100 miliardi di dollari e, secondo Bessent, a dicembre si potrebbe arrivare a quota 300: non bastano di certo a colmare l’enorme deficit pubblico né a compensare gli sgravi fiscali, ma comunque costituiscono un grosso aumento delle entrate. Dall’altro lato, ancora non si è materializzata la temuta fiammata dell’inflazione. Probabilmente perché l’economia sta rallentando: Pil con segno meno nel primo trimestre e conseguente calo della domanda che riduce la pressione sui prezzi. Gli economisti avvertono che i dazi fanno danni perché rallentano l’economia in tutto il mondo, Usa compresi, ma Trump continua a respingere queste diagnosi: si dice sicuro che i suoi sgravi fiscali faranno crescere il reddito nazionale a tassi (anche sopra il 6% annuo) mai visti prima (e considerati inverosimili anche dagli analisti di Wall Street di fede repubblicana).

            Se questi sono i motivi immediati che hanno spinto il presidente alle forzature contenute nella minacciosa lettera resa nota ieri, a meno di tre settimane dalla scadenza da lui stesso fissata per i negoziati attualmente in corso, l’atteggiamento di fondo di Trump rimane sempre lo stesso: torna il «bullismo economico» nei confronti dell’Europa al quale aveva momentaneamente rinunciato ad aprile dopo il crollo dei mercati finanziari e il parallelo indebolimento del dollaro e dei titoli del Tesoro Usa. Allarmante segnale, quest’ultimo, di una perdita di fiducia del mondo del risparmio che non sembra vedere più negli Stati Uniti e nella sua valuta un porto sicuro nei momenti di tempesta.

            Stavolta lo schiaffo di Trump, più ancora che in quell’inatteso 30%, sta nell’intimazione a non reagire, pena un raddoppio dei dazi portandoli al 60%. Minacce rivolte a europei, che, pure, hanno fin qui seguito la linea dell’appeasement, rinunciando a sbandierare la preparazione di corpose rappresaglie (anche se si è lavorato su due pacchetti di possibili penalizzazioni delle importazioni dagli Usa rispettivamente del valore di 21 e 95 miliardi di euro). Anzi, Bruxelles aveva mandato un messaggio di volontà di accordo tanto consistente quanto imbarazzante, escludendo le imprese americane dalla tassazione delle multinazionali che operano nell’Unione europea.

            Gli unici fin qui trattati con rispetto sono stati i cinesi e i britannici. Trump, si sa, ama picchiare duro i deboli, mentre rispetta chi è in grado di tenergli testa: chi, come dice lui, «ha le carte». E Xi Jinping è molto più forte della Ue, se non altro perché può chiudere i rubinetti delle forniture delle terre rare e di componentistica indispensabili per l’industria hi-tech.

            Privi di quelle «carte», i negoziatori europei hanno promesso che il Vecchio continente comprerà dagli Stati Uniti più gas e più armi e poi hanno provato a seguire il modello britannico degli accordi con esenzioni per settori. Londra le ha ottenute, ad esempio, per l’aeronautica e l’auto. Ma i motori avio della Rolls Royce sono indispensabili (assieme a quelli Usa di GE e Pratt & Whitney) per la Boeing e le auto britanniche che arrivano oltre Oceano sono appena centomila. Mentre europei, giapponesi e coreani, che vorrebbero le stesse esenzioni, esportano negli Usa 4,5 milioni di veicoli: un’esenzione, agli occhi di Trump, sarebbe la rinuncia a un pilastro della sua strategia commerciale.

            E, allora, meglio picchiare duro, puntando su altre debolezze dell’Europa che non solo non ha terre rare ma, benché mercato unico con una sola autorità commerciale, ha divisioni economiche interne che potrebbe essere facile far emergere e, magari, deflagrare. Basti dire che il cancelliere tedesco Merz vorrebbe concentrare gli sforzi negoziali su 4 settori (auto, chimica, farmaceutica, meccanica) dimenticando l’alimentare, essenziale per l’Italia.

            ​CorSera
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            C. Campo - Moriremo Lontani


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            • fede79
              Bass Player
              • Oct 2002
              • 4485
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              • 16
              • Roma
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              Sostegno a Francesca Albanese anche da parte dell’Ue. Dalle istituzioni italiane neppure una parola

              In attesa di una qualche presa di posizione di una qualche istituzione italiana, è l’Unione europea ad esprimere solidarietà per le sanzioni annunciate dagli Stati Uniti contro la relatrice speciale delle Nazioni Unite per la Palestina, Francesca Albanese. “L’Ue sostiene fermamente il sistema dei diritti umani delle Nazioni Unite e si rammarica profondamente della decisione di imporre sanzioni a Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei territori palestinesi occupati”, ha detto il portavoce della Commissione europea per gli Affari esteri Anouar El Anouni durante il briefing quotidiano alla stampa. “L’Ue, ha aggiunto, continua a sostenere gli sforzi volti a intraprendere indagini indipendenti sulle violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale, comprese quelle che potrebbero configurarsi come crimini internazionali”.​
              La decisione statunitense è arrivata mentre il premier israeliano Benjamin Netanyahu si trovava a Washington per una serie di incontri con Donald Trump e a pochi giorni dopo la presentazione da parte di Albanese di un dettagliato rapporto sul “business del genocidio” in atto a Gaza e Cisgiordania. Nello studio si elencano tutte le aziende, molte statunitensi tra cui anche Amazon, Microsoft, Google, Palantir, Lockheed Martin, che hanno un ruolo nel sostenere le operazioni condotte da Israele nei confronti dei palestinesi. Sinora, dalle istituzioni italiane, governo, presidenza della Repubblica, ministero degli Esteri, etc non è arrivata nessuna dichiarazione a sostegno della giurista italiana, nonostante le ripetute sollecitazioni di diversi esponenti dell’opposizione. La segretaria del Pd Elly Schlein parla di un “silenzio vergognoso da parte del governo”. Il Movimento 5 Stelle preannuncia un’interrogazione al governo.​

              Giovedì sono state le Nazioni Unite a schierarsi a difesa della relatrice e a chiedere la revoca delle sanzioni. “L’imposizione di sanzioni contro i relatori speciali rappresenta un precedente pericoloso”, ha detto il portavoce del segretario generale Antonio Guterres definendo “inaccettabile” l’uso di misure unilaterali contro qualsiasi esperto o funzionario delle Nazioni Unite. “Come tutti gli altri relatori speciali Onu sui diritti umani, Albanese è un’esperta indipendente nominata dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu e risponde al Consiglio per i diritti umani. Gli Stati membri hanno pieno diritto di esprimere le proprie opinioni e di non condividere i contenuti dei rapporti dei relatori speciali, ma li incoraggiamo a interagire con l’architettura Onu per i diritti umani”, ha aggiunto.

              Dal canto suo la giurista italiana ha spiegato in un’intervista a Repubblica: “Vogliono intimidire me, e chiunque cerchi di dire la verità sul genocidio in corso a Gaza, usando metodi che ricordano quelli adottati dalla mafia. Ma non ci riusciranno, perché io continuerò a fare il mio lavoro con la schiena dritta, chiedendo il coinvolgimento della Corte penale internazionale. Il premier israeliano Netanyahu deve essere giudicato all’Aia”. Nel frattempo si moltiplicano le iniziative di raccolta firme e adesione per proporre Albanese tra i nomi da valutare per il prossimo premio Nobel per la Pace.

              Il Fatto Quotidiano
              sigpic
              Free at last, they took your life
              They could not take your PRIDE

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