Blackout in Spagna e impianti «fantasma», l'esperta: «L’energia prodotta senza controlli è un problema»
Susanna Dorigoni, docente di Economia dell’energia alla Bocconi e alla Bicocca: «L'integrazione dei piccoli impianti fotovoltaici nel sistema richiede investimenti per consentire alla rete di mantenere la stabilità»
Il premier spagnolo Pedro Sánchez dice che il blackout non è stato causato dalle rinnovabili, ma il gestore della rete Ree parla di crollo della generazione green alla base del down. E già due mesi fa, ha riportato ieri El País, aveva informato di un problema che avrebbe potuto mettere a rischio la stabilità del sistema elettrico: un aumento della produzione solare unita alla chiusura di impianti a gas e nucleari. «Il sistema autorizzativo spagnolo particolarmente favorevole — spiega Susanna Dorigoni, docente di Economia dell’energia e dell’ambiente nelle università Bocconi e Bicocca di Milano — ha portato ad avere un gran numero di impianti fotovoltaici distribuiti».
Ci sono impianti solari fantasma?
«Più che fantasma, piccoli impianti che non sono nei radar dell’operatore, che quindi non sa se l’energia prodotta sarà consumata a livello locale o se sarà ceduta alla rete e non può agire in caso di necessità di distacco perché c’è scarsità di domanda. L’aumento della generazione da rinnovabili non programmabili rende i sistemi più complessi e più vulnerabili sia a eventi endogeni che esogeni. La loro integrazione nel sistema elettrico richiede investimenti per consentire alla rete di mantenere la stabilità».
L’operatore parla di crollo della produzione...
«Il gestore ha parlato di oscillazioni nella rete, che possono essere dovute a uno sbilanciamento tra produzione e consumo. Al momento del collasso la produzione è crollata per cause ancora ignote».
Nell’ora del blackout, il solare rappresentava il 60% del mix, il vento il 12%. Un errore?
«Per la stabilità della rete è cruciale avere anche una produzione programmabile, che possa aumentare o diminuire rapidamente la potenza in uscita per mantenere la frequenza entro certi limiti, come gli impianti a gas, l’idroelettrico e il nucleare. E il fatto che questi ultimi rappresentassero una piccola parte del mix ha contribuito a causare l’estensione del blackout e a ritardare la rimessa in funzione della rete».
È colpa delle rinnovabili?
«Non direttamente, il tema è saperle e poterle integrare nel mix di generazione».
CorSera
Susanna Dorigoni, docente di Economia dell’energia alla Bocconi e alla Bicocca: «L'integrazione dei piccoli impianti fotovoltaici nel sistema richiede investimenti per consentire alla rete di mantenere la stabilità»
Il premier spagnolo Pedro Sánchez dice che il blackout non è stato causato dalle rinnovabili, ma il gestore della rete Ree parla di crollo della generazione green alla base del down. E già due mesi fa, ha riportato ieri El País, aveva informato di un problema che avrebbe potuto mettere a rischio la stabilità del sistema elettrico: un aumento della produzione solare unita alla chiusura di impianti a gas e nucleari. «Il sistema autorizzativo spagnolo particolarmente favorevole — spiega Susanna Dorigoni, docente di Economia dell’energia e dell’ambiente nelle università Bocconi e Bicocca di Milano — ha portato ad avere un gran numero di impianti fotovoltaici distribuiti».
Ci sono impianti solari fantasma?
«Più che fantasma, piccoli impianti che non sono nei radar dell’operatore, che quindi non sa se l’energia prodotta sarà consumata a livello locale o se sarà ceduta alla rete e non può agire in caso di necessità di distacco perché c’è scarsità di domanda. L’aumento della generazione da rinnovabili non programmabili rende i sistemi più complessi e più vulnerabili sia a eventi endogeni che esogeni. La loro integrazione nel sistema elettrico richiede investimenti per consentire alla rete di mantenere la stabilità».
L’operatore parla di crollo della produzione...
«Il gestore ha parlato di oscillazioni nella rete, che possono essere dovute a uno sbilanciamento tra produzione e consumo. Al momento del collasso la produzione è crollata per cause ancora ignote».
Nell’ora del blackout, il solare rappresentava il 60% del mix, il vento il 12%. Un errore?
«Per la stabilità della rete è cruciale avere anche una produzione programmabile, che possa aumentare o diminuire rapidamente la potenza in uscita per mantenere la frequenza entro certi limiti, come gli impianti a gas, l’idroelettrico e il nucleare. E il fatto che questi ultimi rappresentassero una piccola parte del mix ha contribuito a causare l’estensione del blackout e a ritardare la rimessa in funzione della rete».
È colpa delle rinnovabili?
«Non direttamente, il tema è saperle e poterle integrare nel mix di generazione».
CorSera
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