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Cronaca e politica estera [Equilibri mondiali] Thread unico.
La scommessa di Trump sul lungo periodo è quella di re-industrializzare l'America, magari sostituendo la manodopera a basso costo asiatica con la forza lavoro robotica - che, almeno per oggi, non si organizza in sindacati, non va in ferie e non versa i contributi.
Credo che il suo sia un, sia pur cieco e convulso, colpo di reni per tentare di deragliare da un binario già tracciato verso l'egemonia cinese per i secoli a venire. Come ne Il Cacciatore di Cimino, gioca alla roulette russa con tre pallottole invece di una...magari si fa saltare le cervella, o magari no...
Originariamente Scritto da Alberto84
Te lo dico io gratis che devi fare per crescere: devi spignere fino a cagarti in mano
Originariamente Scritto da debe
Chi è che è riuscito a trasformarti in un assassino mangiatore di vite altrui?
Originariamente Scritto da Zbigniew
Kurt non sarebbe capace di distinguere, pur avendoli assaggiati entrambi, il formaggio dalla formaggia.
Un indecente crogiuolo di dislessia e malattie veneree.
Zelensky licenzia il capo amministrazione militare di Sumy
Volodymyr Zelensky ha licenziato Volodymyr Artyukh, capo dell'amministrazione statale regionale di Sumy, colpita domenica da un pesante raid russo che ha ucciso 35 persone e ne ha ferite altre centinaia. Lo riportano i media ucraini. Il sindaco della città di Konotop Artem Semenikhin, ha affermato che il raid russo è stato conseguenza "non solo della sete di sangue russa ma anche della negligenza di funzionari ucraini". Secondo lui, i russi hanno colto l'occasione per colpire un obiettivo militare perché in uno degli edifici presi di mira Artyukh ha tenuto una cerimonia di consegna di medaglie ai soldati della 117ma Brigata.
Zelensky rimuove anche il governatore della provincia di Sumy
Il governatore della provincia ucraina di Sumy, Volodymyr Artiuj, è stato destituito dopo il bombardamento che ha colpito nel fine settimana la città omonima, giustificato dalla Russia come risposta a una riunione dell'esercito, da lui stesso ammessa nelle ultime ore. Lo ha comunicato il rappresentante del governo in Parlamento, Taras Melnichuk, spiegando tramite il proprio canale Telegram le ultime decisioni approvate in un consiglio dei ministri di ieri, durante il quale è stata decisa anche la rimozione del governatore della provincia di Lugansk, Artem Lisohor. La destituzione di Artiuj è arrivata poche ore dopo che, intervistato dalla radio pubblica ucraina, aveva ammesso la presenza di un evento militare domenica nella capitale della provincia. "Non sono stato io a convocarlo, sono stato invitato", aveva dichiarato il governatore, evitando di precisare chi avesse organizzato l'incontro. "Questo è un altro discorso", aveva concluso. Successivamente il sindaco della vicina città di Konotop, Artem Semenjin, ha confermato che si è tenuta una cerimonia di consegna di onorificenze militari che, secondo altre fonti, sarebbe stata oggetto di una fuga di informazioni, facilitando così l'attacco russo. Mosca ha confermato il lancio di due missili, che avrebbero colpito quella che ritenevano una riunione dell'esercito. Almeno 34 persone sono morte e un centinaio sono rimaste ferite, sebbene le autorità ucraine non abbiano confermato la presenza di militari tra le vittime. L'ex governatore di Sumy sarà sostituito da Oleg Grigorov, mentre al posto di Lisohor subentrerà Oleksi Jarchenko, secondo quanto riferito da Melnichuk.
Repubblica
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
Quindi è stato colpito un legittimo obiettivo militare, anche se i media occidentaloidi fanno fatica a scriverlo. Se poi il comando ucraino occulta i propri uomoni in mezzo ai civili, in mezzo a piazze od edifici civili, sei tu a mettere a rischio la vita dei civili...e la prova è nella rimozione dei comandanti militare e civile di quella regione.
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Quindi è stato colpito un legittimo obiettivo militare, anche se i media occidentaloidi fanno fatica a scriverlo. Se poi il comando ucraino occulta i propri uomoni in mezzo ai civili, in mezzo a piazze od edifici civili, sei tu a mettere a rischio la vita dei civili...e la prova è nella rimozione dei comandanti militare e civile di quella regione.
Si ma hanno ammazzato i civili, alla fine sono le stesse giustificazioni che vengono date per le morti civili nella striscia.
Bloomberg: “Pochi progressi tra Usa e Ue sui dazi”
L'Ue e gli Stati Uniti hanno fatto pochi progressi nel colmare le differenze sul commercio e i funzionari americani hanno indicato che la maggior parte dei dazi sull'Ue non saranno rimossi immediatamente. Lo riporta l'agenzia Bloomberg citando alcune fonti, secondo le quali gli Stati Uniti avrebbero finora respinto la proposta dell'Ue sulla rimozione di tutte le tariffe sui beni industriali, incluse le auto. Washington avrebbe suggerito che alcuni dei dazi potrebbero essere compensati con un aumento degli investimenti e delle esportazioni.
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Zelensky frena Witkoff: “I nostri territori sono la linea rossa”
“Tutti i territori appartengono allo Stato unitario dell’Ucraina. Pertanto, ancora una volta, solo il popolo ucraino può parlare dei territori del nostro Stato. E sapete che per noi è una linea rossa riconoscere qualsiasi territorio temporaneamente occupato come non ucraino, ma russo”. Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky replicando alle affermazioni a Fox News dell’inviato Usa Steve Witkoff, sul fatto che un eventuale accordo di pace con la Russia avrebbe incluso la questione dei “cinque territori” reclamati da Mosca (le regioni di Donetsk, Lugansk, Kherson, Zaporizhzhia e la Crimea). “Ancora una volta, i rappresentanti discutono di questioni che vanno oltre la loro competenza”, affonda Zelensky.
Capo 007 russi: “Le nostre condizioni per la pace non cambiano”
Il capo dei servizi d’intelligence russi per l’estero, Serghei Naryshkin, ha ribadito le condizioni di Mosca per porre fine del conflitto: la neutralità dell’Ucraina e il riconoscimento dell’annessione delle regioni di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia, oltre alla Crimea. “Gli obiettivi strategici della Russia dopo la fine del conflitto rimangono gli stessi”, ha affermato: “Lo status neutrale e senza armi nucleari dell’Ucraina, la demilitarizzazione e denazificazione dello Stato ucraino e l’abolizione di tutte le leggi discriminatorie” contro la minoranza russa. Inoltre, “il riconoscimento e la sovranità degli attuali confini della Russia”, entro i quali, per Mosca rientrano appunto le regioni ucraine parzialmente occupate.
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Sintetizzate in poche righe abbiamo le due posizioni, a tutta vista inconciliabili. Se la "linea rossa" delle trattative o pseudo tali in corso sono i territori, è evidente che non si arriverà da nessuna parte a livello di tregua o pace.
L'Ucraina però non ha la forza di riprendersi i territori conquistati dai russi, per cui lo scenario che si profila è quello prefigurato da tempo, cioè lo schema coreano, con una linea di confine stabilita dalla guerra e che è al tempo stesso anche la linea del fronte, che in un primo tempo sarà ancora caldo, per poi via via raffreddarsi a misura del trascorrere del tempo, congelando di fatto una guerra che - se così sarà - non si chiuderà mai "ufficialmente" con dei trattati.
Da uno scenario simile chi ha tutto da perdere è chiaramente l'Ucraina, in quanto l'Ucraina è "uno stato finanziariamente fallito", che dipende in tutto e per tutto dall'ossigeno che (ancora) gli concede l'occidente, dove tra l'altro non ha nemmeno più senso parlare ancora di occidente in quanto quella regione del mondo si è frantumata, l'America da una parte, l'UE dall'altra con questa che a sua volta è un puzzle di vari stati (più o meno in crisi) senza una univoca visione e unità e sostanza politica, e che è stretta tra due o forse tre fronti geopolitici opposti (USA, Russia e Cina), e con l'America che ha intenzione di mollare l'Ucraina al suo destino, così come di fatto ha dichiarato chiusa l'alleanza con l'Europa e l'esperienza "europea" della Nato, perchè le ormai limitate risorse americane servono per la guerra (strategica, commerciale, economica, tecnica, forse in futuro anche militare) contro la Cina.
Caracciolo: "Sul terreno la Russia è in condizioni di superiorità evidenti, d'altronde anche in questo Trump ha ragione, abbastanza prevedibili nel momento in cui si è passati alla guerra di attrito...per cui ripeto l'interesse americano per l'Ucraina, essendo quello che è, d'altra parte anche da parte di Biden, Biden ha sempre detto "noi non siamo in guerra con la Russia", ed essendo la convergenza di fatto tra russi ed americani abbastanza evidente in questa fase, purtroppo temo che questa tragedia che ormai non ha nessun senso da un punto di vista politico...perchè si tratta semplicemente di far finire una guerra che non può che finire nella migliore delle ipotesi con questi confini, le altre ipotesi sono peggiori per l'Ucraina e per noi": https://www.youtube.com/watch?v=PLfgG6PYQrk
Il rifiuto di Zelensky di firmare un trattato che consegni de jure i territori perduti allo stato russo si traduce in un prevedibilissimo rischio di perderne altri, ma sembra che questo a nessuno (in primis al governo ucraino) interessi.
La guerra in Ucraina diventerà una eco sempre più distante anche in Europa, così come già lo è in America (dove anche la "sinistra" manifesta per la Palestina e mai per l'Ucraina). Un rumore di sottofondo tra i tanti che riempiono il presente, dove emergenze e crisi si susseguono con una accelerazione pari solo alla velocità che ha assunto la percezione del tempo, e di conseguenza presso le masse la distrazione, la stanchezza, l'ottundimento, e presso le elite l'incapacità pratica e sostanziale di poter fare qualcosa, in quanto non ne ha la forza, non ne hai la capacità, la volontà, e quel terreno su cui poggiavi e che pensavi stabile e sodo, lo hai visto aprirsi sotto ai tuoi stessi piedi e spaccarsi in varie e ampie faglie di crisi che rischiono di azzopparti e in prospettiva di inghiottirti.
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«Usa proporranno dazi più bassi a chi isola la Cina»
Una delle condizioni che il presidente Usa Donald Trump presenterà nei negoziati con oltre 70 paesi per dazi più lievi sarà quella di isolare la Cina, secondo il Wall Street Journal. La Casa Bianca punta a convincere i paesi a proibire alla Cina di trasportare merci attraverso i loro territori, ha riportato il giornale economico, aggiungendo che Washington vuole anche vietare alle aziende cinesi di stabilirsi in questi paesi per eludere le tariffe statunitensi e impedire l'ingresso nei loro mercati di beni industriali cinesi a basso costo. Nel prossimo futuro, tali accordi potrebbero essere raggiunti principalmente con Giappone, Regno unito, Australia, Corea del Sud e India.
Il punto (Gianluca Mercuri)Gli Stati Uniti hanno respinto la proposta europea di rimuovere tutti i dazi sui beni industriali, comprese le automobili, insistendo sull’idea che gli europei possono compensare le imposte aumentando gli investimenti e le esportazioni in America. Il primo round di negoziati, insomma, è finito zero a zero ma non nel senso auspicato dagli europei. Lunedì sera, Trump ha accennato alla possibilità di rinviare i dazi del 25% sulle auto per dare il tempo alle aziende di adattare le loro filiere in attesa che «vengano a produrre qui». Tanto è bastato ai titoli dei costruttori per rianimarsi in Borsa. Ma la situazione, spiega Francesco Bertolino, rimane tesa.
Intanto la Cina non dà l’idea di volersi minimamente piegare: non solo Xi Jinping non fa la telefonata che Trump si aspettava per sbloccare la situazione, ma dopo avere annunciato restrizioni all’esportazione delle terre rare (scelta che provocherà uno choc nelle catene di approvvigionamento globali, spiega Paolo Ottolina), ieri ha deciso di bloccare l’acquisto di nuovi aerei Boeing e di pezzi di ricambio da parte delle compagnie cinesi: solo per quest’anno erano previsti 130 apparecchi (il punto di Leonard Berberi).
La presidente del Consiglio Meloni sarà domani a Washington.Il giorno dopo, sarà a Roma il vicepresidente americano J.D. Vance. Saranno giorni importanti. «Sappiamo che siamo in un momento difficile, vediamo come andrà nelle prossime ore. Faremo del nostro meglio, come sempre. Sicuramente sono consapevole di quello che rappresento e di quello che sto difendendo», ha detto lei. E ancora, ottimista: «Ricordiamoci che abbiamo la forza, la capacità, l’intelligenza e la creatività per superare ogni ostacolo».
La premier sa che l’Italia è uno dei Paesi su cui il mirino di Trump tende a posarsi automaticamente, perché ha un surplus commerciale nei confronti degli Usa - 73,72 miliardi di dollari – di quelli che fanno venire l’orticaria al presidente americano. Per questo, ha detto, cercherà di spiegargli che «quando un prodotto italiano viene esportato, la gran parte della ricchezza non la produce in Italia ma dove viene esportato». A quel punto lui la guarderà perplesso, e lei gli squadernerà qualcosa di più concreto: gli investimenti in America di altissimo valore strategico dell’Eni (impianti di fusione magnetica a freddo), di Aponte (insieme al fondo BlackRock sta cercando di riportare il canale di Panama dal controllo cinese a quello americano) e Leonardo (la sua Drs, basata in New Jersey, è il punto di partenza ideale per programmi più ampi).
CorSera
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L'offerta di Washington che divide l'Ue: «Dazi giù se comprate più armi e gas»
I rischi per le rinnovabili e la frenata di Macron per proteggere la Difesa «made in Europe».
I consiglieri di Donald Trump hanno consegnato una lunga lista di richieste, o di pretese, al Commissario al commercio Ue, Maros Šefcovic. In cambio della cancellazione, o almeno della riduzione dei dazi, gli americani vogliono vendere più gas liquido e più armi agli alleati del Vecchio Continente. Sarà lo stesso concetto che oggi Trump ripeterà a Giorgia Meloni.
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha proposto ai leader dei 27 Paesi di accettare lo schema di Washington. Ma il dibattito tra i governi e all’interno dei singoli Stati è più complicato di quello che appare.
Numeri iperbolici
I produttori di gas americani hanno già ottenuto grandi vantaggi sul mercato europeo, con la riduzione e poi, dal primo gennaio 2025, con il sostanziale stop delle importazioni dalla Russia. Alla fine del 2024 il gas liquido naturale americano copriva il 19,4% delle importazioni europee, con una vendita di 56,2 miliardi di metri cubi: più del doppio rispetto al 2021. Nel 2024, ha fatto meglio solo la Norvegia, con 87,8 miliardi di metri cubi, pari al 30,3% dell’import europeo, considerando tutti i tipi di forniture (tubi e navi).
Ora la Casa Bianca vorrebbe un aumento sostanzioso dell’export. A Washington circolano numeri iperbolici: 100-150 miliardi di metri cubi. Ma è difficile fare previsioni sulla cifra che potrebbe entrare in un accordo complessivo. Trump sta incentivando la produzione interna e quindi la ricerca di altri mercati di sbocco.
I clienti migliori in Europa sono Francia, Spagna, Italia, Olanda e Belgio. La Germania merita un cenno a parte, perché è il Paese simbolo della dipendenza dal gas russo. Il cancelliere Olaf Scholz ha iniziato il processo di emancipazione da Mosca, favorendo l’importazione di gas liquido dagli Stati Uniti.
In definitiva la manovra della Commissione può contare sull’appoggio dei principali Paesi Ue. Certo, anche se si dice sottovoce, l’arrivo di più gas americano rischia di rallentare lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia.
Lo scenario è completamente diverso sulla seconda richiesta Usa: comprate più armi. Qui gli Stati Uniti partono da una situazione di quasi egemonia. Il mercato europeo è molto importante per le multinazionali americane, soprattutto per le quattro big che da sole assorbono quasi la metà degli ordinativi interni ed esteri: Lockheed Martin, Raytheon Technologies, General Dynamics, Boeing. Nel complesso, dal 2020 al 2024, l’industria militare Usa ha aumentato dal 233% l’export nei Paesi europei.
Guerra e affari
Ancora una volta la guerra in Ucraina ha dato una grande spinta agli affari con il Vecchio Continente.
Il «Rapporto Draghi» segnala che tra il 2022 e il 2023 i governi europei hanno acquistato il 78% di armi e mezzi militari dagli Usa. Quanto vale questo giro d’affari? Il calcolo è difficile, ma secondo le stime più quotate le imprese Usa starebbero gestendo contratti di fornitura per almeno 50 miliardi di dollari. Quasi tutti gli Stati europei non hanno un’industria nazionale e importano una grande parte del loro fabbisogno per la difesa dagli Stati Uniti. Trump conta di aumentare questa dipendenza, con un’evidente contraddizione: da una parte minaccia il disimpegno dall’Alleanza Atlantica; dall’altra preme sui partner perché consolidino il legame industrial-militare con gli States.
Ma c’è un problema anche all’interno dell’Unione europea. Il presidente francese Emmanuel Macron sta frenando le trattative, richiamando gli altri leader a non ridimensionare sul nascere il Piano di riarmo proposto dalla Commissione e approvato dal Consiglio. Uno degli obiettivi è favorire l’integrazione e la crescita dell’industria militare europea. La Ue mette a disposizione 150 miliardi di euro per incentivare progetti comuni. Che senso ha allora aumentare, nello stesso tempo, l’acquisto di armi americane? Chiaramente, Macron punta a ottenere ordinativi per le industrie francesi. Con lui potrebbe schierarsi il nuovo cancelliere tedesco, Friedrich Merz. E allora le trattative con Trump potrebbero complicarsi.
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La prassi del revolver sbattuto sul tavolo, a fare compagnia ad un foglio da firmare, gli USA la applicano pure questa volta, come sempre nella loro abominevole storia: nemici, "amici" (le potenze non hanno amici ma solo avversari o, come nel caso degli europei, degli utili idioti carinamente definiti "alleati") non fa nessuna differenza nell'inesausto mantenere o accrescere il potere, o, come nel caso presente, frenare, limitare, arginare la fase di decadenza, che non permette più di nascondere le pratiche da padroni dietro alla maschera della cortesia amicale.
In questo immane scontro tra imperi di acciaio, dove gli Stati Uniti hanno dichiarato guerra (per ora solo con strumenti commerciali ed economici) alla Cina, rendendo così palese quello che era a tutti noto e previsto, l'UE si scopre un water di terracotta: nuda, indifesa, inutile, un vermiciattolo costretto ad uscire dalla sua buca sottoterra (la caverna platonica dove per decenni le elite oligarco-neoliberaliste hanno vissuto immerse nelle proiezioni di ombre delle loro ideologie, spacciandole per realtà possibili e conquistabili) per confrontarsi con la storia ed i suoi imperativi, schiacciata tra incudini e martelli - gli USA, la Russia, la Cina.
Di che morte morire? Se accetti di aumentare le spese per acquistare "più gas e armi" dal despota americano, mandi a mignotte il piano di "riarmo" e aggravi i costi della crisi energetica e industriale in atto (e dunque i costi delle imprese e delle famiglie); se getti un ponte verso la Cina, spalanchi le porte al gigantesco dragone giallo, che già ti tiene per le p@lle e penetrerà ancora più a fondo nel tuo mercato a spese della produzione europea (stanno arrivando anche ad intaccare l'ormai critico comparto delle auto europee). Fare retromarcia con la Russia, per tornare ad avere energia a costo contenuto è impossibile, stante le politiche suicidiarie della UE che hanno distrutto i ponti alle spalle.
Non sei uno stato, non sei un sovrano: questa inconsistenza porta seco la divisione, perchè gli stati europei potrebbero chiedersi, ad esempio, a che pro ingrassare la Francia sulle armi, perchè fare ricco Macron...ciascuno stato deve rendere conto al suo proprio Pil, alle sue proprie industrie, al suo proprio popolo, al suo stato sociale, alla sua occupazione o disoccupazione, e le coperte sono diventate cortissime e tarlate, la crisi di sistema enorme e inarginabile.
In tutto questo la Meloni si farà una gita di piacere a Washington: proverà a far reindossare agli Stati Uniti il guanto di velluto sul pugno di ferro: si risparmi pure il viaggio: l'America è in "guerra", come lo sono la Cina e la Russia e tu come UE sei solo un pedone che deve decidere da quale re farsi muovere per non finire mangiato.
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Tra l'altro la von der Leyen intervistata dal CorSera il 29 marzo così si esprimeva sul piano di "riarmo"
Il piano di riarmo si basa sulla spesa nazionale. Per l’opinione pubblica italiana è difficile accettare che ad un certo momento si dovranno tagliare pensioni e sanità per investire in difesa. C’è un modo per evitarlo?
«Readiness 2030 è un massiccio piano di investimenti in innovazione, in ricerca e sviluppo, in startup innovative. E l’Italia ne trarrà un grande beneficio, perché ha una base industriale della difesa molto rinomata e forte. È un programma di investimenti che aumenterà la prosperità. E questo va a vantaggio dell’economia e della società italiane, ma anche delle infrastrutture al servizio delle persone, come gli ospedali».
In concreto?
«Avete giganti dell’aerospazio come Leonardo, e imprese navali innovative come Fincantieri. Si tratta di investimenti in queste industrie, che creeranno buoni posti di lavoro. È una grande opportunità per l’industria italiana. E sappiamo che ci sono molte ricadute positive anche nel settore civile. Non dimentichiamo che il Gps e Internet sono stati inventati in ambito militare ma oggi hanno un valore incredibile per la vita quotidiana dei civili».
Intervista alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen: «Meloni ha un ruolo importante, è positivo il suo contatto diretto con Trump. Usare debito comune? Disponibile a valutare le proposte»
e adesso invece la pensa così (dall'articolo di stamane sempre del CorSera postato più sopra)
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha proposto ai leader dei 27 Paesi di accettare lo schema di Washington. Ma il dibattito tra i governi e all’interno dei singoli Stati è più complicato di quello che appare.
E quindi "Readiness 2030"? I "benefici per la società civile" di cui favoleggia la gran mistificatrice? Si noti come la von der Leyen eviti di rispondere a domanda diretta circa i tagli al sociale (pensioni e sanità) in cambio di armi: non smentisce, affermando che ci saranno vaghi "benefici" nello spendere miliardi nelle fabbriche di armi...omettendo di dire che quei miliardi sono a debito che qualcuno poi dovrà coprire (con i tagli appunto).
Per nostra fortuna non vedremo nessun Readiness 2030 e con ogni probabilità nemmeno il "green deal", tutti parti della caverna platonica che, scoperchiata dalla crisi epocale, con l'irrompere della luce fulminante disintegra le ombre, le chimere, le illusioni.
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