Cronaca e politica estera [Equilibri mondiali] Thread unico.

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  • Mario12
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    non è innovazione ma idiozia , te ne accorgerai quando tra 20 anni ti ritroverai uno scenario alla Io Robot con uomini di latta (che ti fregano il posto di lavoro) che dialogano grazie a Chat GPT integrato.

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    • Sean
      Csar
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      • In piedi tra le rovine
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      Globalizzazione, un divorzio all'americana

      L’offensiva di Reagan contro il Giappone, la corsa di Perot, i no global a Seattle. Così è arrivata la rottura di Trump

      di Federico Rampini

      Il divorzio tra l’America e la globalizzazione sembra inaudito: molte regole del gioco dell’economia mondiale nacquero a Washington. Però un conto è la visione globalista dell’establishment; altra cosa è il mondo del lavoro. Da decenni nella nazione più ricca del mondo il consenso verso le frontiere aperte — al commercio o all’immigrazione — si sta logorando.

      Anni Ottanta: Ronald Reagan, il primo repubblicano a conquistare il voto operaio, lancia un’offensiva contro il Giappone, reo di invadere il mercato Usa di elettrodomestici e auto. 1992: l’industriale texano Ross Perot si candida da indipendente nella corsa alla Casa Bianca, cavalcando la paura operaia per gli accordi di libero scambio con Canada e Messico. Populista e protezionista di destra, Perot toglie voti a Bush padre e fa vincere il democratico Bill Clinton. Quest’ultimo inventa la Terza via: la sinistra neoliberista abbraccia la visione ottimista sulla globalizzazione, vuole la Cina nel Wto (l’Organizzazione mondiale del commercio). 1999: proprio contro un summit del Wto, a Seattle, scende in piazza la sinistra no global. Sindacati e ambientalisti si alleano per paralizzare quel vertice. 2008: con il crac dei mutui i costi sociali della crisi si scaricano sui ceti medio-bassi.

      Il tradimento

      La competizione per rappresentare le categorie impaurite dalla globalizzazione coinvolge i due partiti. La destra populista ha il Tea Party Movement, precursore di Trump. A sinistra: Occupy Wall Street, Bernie Sanders, Elizabeth Warren, più di recente Alexandria Ocasio-Cortez.

      Destra sociale e sinistra marxista sostengono che il popolo è stato tradito da capitalisti e tecnocrati, che le multinazionali hanno distrutto l’industria Usa per aumentare i margini di profitto delocalizzando in Cina o in Messico. JD Vance è emblematico. Viene dal mondo del «white trash» (spazzatura bianca), degli «hillbilly» (bifolchi): classe operaia decaduta e impoverita, un ambiente devastato da droghe, alcolismo, malattie mentali, suicidi. Tra questi bianchi poveri il premio Nobel dell’economia Angus Deaton misura l’impennata delle «morti per disperazione».

      Il retroterra

      Queste storie sono essenziali per capire il retroterra antico del protezionismo di Trump. Molti lavoratori americani sospettano che l’accademia e i tecnocrati — chi oggi spiega i danni dei dazi — facciano gli interessi di Wall Street e di Big Tech, perché l’integrazione economica Usa-Cina per trent’anni esaltò i profitti delle multinazionali. Il consenso bipartisan dell’establishment globalista nell’era Clinton-Bush-Obama ha generato l’idea che ci sia una congiura delle élite contro la classe operaia. Tanto più che la globalizzazione è stata davvero generosa per le nuove professioni del mondo digitale, la divisione internazionale del lavoro sorrideva agli ingegneri informatici della Silicon Valley.

      Gli squilibri

      La consapevolezza degli squilibri è stata accentuata via via che la Cina diventava più ricca. All’epoca del suo negoziato di accesso al Wto (1999-2001) le erano stati concessi trattamenti speciali: autorizzandole un protezionismo sistematico. Le stesse barriere cinesi restano ora che è una superpotenza tecnologica, esporta auto elettriche di qualità pari alla Tesla e prezzi inferiori. A Washington la decisione di voltare pagina rispetto alla globalizzazione era ormai bipartisan, univa democratici e repubblicani. Joe Biden mantenne in vigore i dazi del primo Trump, ne aggiunse di suoi, e praticò un altro protezionismo con la politica industriale a base di sussidi per le aziende straniere che vanno a produrre in America. Il capo dei consiglieri di Biden per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan, aveva teorizzato «una politica commerciale fatta su misura per la classe operaia»: con quella espressione riconosceva che l’era dei grandi accordi di liberalizzazione dei commerci aveva tradito gli interessi dei lavoratori Usa, ed era urgente cambiare strada. Biden e Kamala Harris si vantavano di aver iniziato a rilocalizzare industrie sul suolo patrio, riportandovi oltre due milioni di posti di lavoro dall’estero.

      Il contesto storico

      Ecco il contesto storico del Liberation Day. Tante Americhe, diversissime tra loro, si erano ormai disaffezionate dalla globalizzazione. Alcune nostalgiche di un’isolazionismo di destra. Altre nostalgiche del New Deal di Franklin Roosevelt, esperimento socialista che negli anni Trenta fu edificato al riparo di robuste barriere, contro la concorrenza estera e contro l’immigrazione. Quando Trump deve scegliere tra gli interessi dei suoi alleati capitalisti (i cosiddetti oligarchi) e quelli della base operaia, finora opta per il populismo. I costi che può infliggere all’America e al mondo intero sono preoccupanti. Il crollo delle Borse impoverisce non solo Musk e Bezos, ma i fondi pensione del ceto medio. All’origine di tutto c’è una frattura antica tra élite e popolo, una catena di promesse tradite, un giacimento di rancori che è il carburante politico di questo esperimento radicale.

      ​CorSera
      ...ma di noi
      sopra una sola teca di cristallo
      popoli studiosi scriveranno
      forse, tra mille inverni
      «nessun vincolo univa questi morti
      nella necropoli deserta»

      C. Campo - Moriremo Lontani


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      • Luke91
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        Non ricordo se Bill Gates o Musk sono convinti che la IA sostituirà parte dei lavori oggi esistenti

        In quei pochi lavori rimanenti, c'è l'artigianato, spettacoli teatrali e recitazione

        "Con la IA l'uomo non avrà più bisogno di lavorare", ok, voglio vedere i miliardi di lavoratori rimasti a piedi come guadagneranno da vivere, quando cesserà in essere la loro utilità nella società.

        Fortunatamente faccio parte dell'artigianato, non vorrei arrivare al punto di temere di essere sostituito da una IA

        Mi auguro di non arrivare a vedere questa decadenza dell'essere umano sostituito dai robot che puliranno il cul0 al pronipote 20enne di machine, nemmeno in grado di allacciarsi le scarpe
        Originariamente Scritto da huntermaster
        tu ti sacrifichi tutta la vita mangiando mer da in bianco e bevendl acqua per.farti le seghe nella tua kasa di prigio.
        Originariamente Scritto da luna80
        Ma come? Non avevi mica posto sicuro al McDonald's come salatore di patatine?

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        • Virulogo.88
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          Originariamente Scritto da Death Magnetic Visualizza Messaggio
          Se guardo al mio settore penso che l'AI spezzerà in due una certa platea di lavoratori, da una parte ci sarà chi la gestirà e dall'altra parte ci sarà chi verrà rimpiazzato e andrà ricollocato. Con che percentuale si divideranno questi gruppi lo scopriremo solo vivendo.
          " studiare l'informatica, è il futuro" un pò come anche " studiate le lingue e vedrete che sarete sistemati per il futuro " .
          Si è visto cosa riserva il futuro.
          Originariamente Scritto da Pesca
          lei ti parla però, ti saluta, è gentile, sei tu la merda hunt

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