Originariamente Scritto da LARRY SCOTT2
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D'altra parte lo stesso richiamo per un occidente altro, che pure è stato, lo avevano i giapponesi nei confronti della nostra storia: tra fine Ottocento e i primi 30 anni del Novecento, molti giapponesi si facevano il loro bel tour in Europa: in Roma, dove fervevano gli scavi nel Foro e sul Palatino...o in Prussia, i "Romani" del Nord, così soprannominati per la loro marziale applicazione, le virtù guerriere, l'atteggiamento naturalmente aristocratico ed impersonale...un mondo che aveva profonde assonanze con l'etica e l'estetica giapponese, con la differenza che da noi è tutto disparso, là qualcosa resta, qualcosa ancora di sè informa quella civiltà e quel popolo.
Dicevamo delle arcane assonanze e degli arcani richiami...nella antica Roma, parliamo proprio della Roma arcaica, quella dei re, c'era un rito che coinvolgeva il sovrano in qualità di re sacro, di re sacerdote (al principio, nelle civiltà occidentali, la forma ed i poteri regali e sacerdotali stanno riunite in una sola figura): ebbene egli sedeva di fronte alla Regia e osservava il cielo in attesa dei segni, perchè la volontà e le azioni degli dei e degli uomini fossero in perfetta unione.
L'imperatore del Giappone (anch'egli figura che riassume in sè il potere regale e quello sacro, esattamente come alle nostre origini) compie un rito simile: vengono costruite delle capanne di legno (da chiedersi se siano rotonde come quelle romulee) dove l'imperatore si ritira per osservare il cielo, gli astri, interloquire con gli dei, lo fa ancora oggi: per capire certi riti della Roma arcaica, niente di meglio che osservare quanto accade in certi regali e sacerdotali riti giapponesi.
Gli stessi oggetti sacri, i regalia del Giappone ( sono tre: si dice siano una spada, uno specchio, forse una collana) che solo l'imperatore e solo lui può guardare una volta sola nella vita, nell'attimo della sua ascesa al trono, trovano perfetta corrispondenza nei "pignora imperii" di Roma, cioè quegli oggetti antichissimi, tenuti per sacri, che garantivano la protezione, la benedizione, la durata dell'Impero: alcuni di essi erano conservati nel sacello del tempio di Vesta: solo le sacre vestali, e il re (poi quando verrà l'impero, solo l'imperatore in qualità di pontefice massimo: ritorna con Augusto ed i successori l'unione primigenia del potere regale e sacrale in una sola figura, come in Giappone) potevano accedervi ed osservarli.
Alla radice le tradizioni particolari trovano una unione nella origine comune della Tradizione unica. E' per questo motivo che alcuni percepiscono ancora assonanze, come richiami, lontane eco di una armonia che se pur risuona altrove riconosciamo come "nostra", come vi insistessero tratti comuni entro i quali riflettersi, perchè un tempo quella armonia abitò anche qui.
Sono convinto che la stessa emozione che ha preso quella ragazza giapponese di fronte alla privata esperienza al cospetto di quell'uomo, l'unico uomo sulla faccia della terra a poter vedere coi suoi occhi i tre "pignora imperii" del Sol Levante, e in forza di ciò essere l'Imperatore, di essere per ciò stesso il Giappone incarnato (è questo il senso della sua imperitura natura "divina", incarnare la nazione, la sua storia, la sua tradizione, la sua anima), quella stessa emozione coglierebbe, per ancestrale corrispondenza, anche quegli occidentali che sentono risuonare ancora in qualche modo bellezze, estasi e forze arcane, un mondo di forme e di cosmo, di ordini, di riti, di valori e di culminazioni: su quel piano, per tutti coloro che avvertono ancora un qualcosa che va al di là del disfacente tempo presente, per tutti costoro, anche a migliaia di chilometri di distanza, o a migliaia di anni di distanza, la patria è "comune".
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