Incendi di Los Angeles: l'ultima beffa crudele delle assicurazioni Usa
Molti dei danni causati dagli incendi non saranno ripagati: le compagnie assicurative avevano già deciso di non rinnovare le polizze delle proprietà nelle zone più a rischio. Le due versioni della polemica di Los Angeles
di Federico Rampini
Non si è ancora spenta l’eco del gesto omicida di Luigi Mangione, il giovane che ha assassinato il chief executive di un’assicurazione sanitaria, ed ecco che il ruolo delle compagnie assicurative si affaccia di colpo in un’altra tragedia: gli incendi che devastano Los Angeles.
Continua a salire il bilancio dei morti (mentre scrivo sono una decina), ma anche per tanti sopravvissuti il danno è enorme, tante case sono già andate distrutte. Le stime, provvisorie, parlano di decine di migliaia di abitazioni carbonizzate o gravemente danneggiate, con una perdita di ricchezza che al momento avrebbe già raggiunto i 50 miliardi di dollari.
Per una volta questa sembra essere una tragedia che non guarda in faccia a nessuno, le fiamme hanno bruciato anche le case dei ricchi e delle celebrity hollywoodiane. Per i meno opulenti fra loro, allo choc della perdita può aggiungersi una beffa: la mancanza di ogni copertura assicurativa.
Da tempo diverse compagnie si stanno ritirando dal mercato delle polizze-casa in California, si rifiutano di assicurare i proprietari delle abitazioni contro gli incendi e altri danni. Un esempio: State Farm, una delle compagnie più grosse, negli ultimi anni ha rifiutato di rinnovare trentamila contratti assicurativi in California; in particolare ha abbandonato il 70% dei suoi clienti nel quartiere di Pacific Palisades, uno dei più devastati dall’incendio attuale di Los Angeles. Alle vite perdute, ai traumi emotivi, ai danni economici già enormi, si può aggiungere questa constatazione, che le assicurazioni non pagano molti di quei danni perché se ne sono andate da quel mercato.
La fuga delle compagnie assicurative dal business residenziale in California si è accelerata dopo gli incendi del 2017 e 2018, nonostante che nel frattempo i premi – cioè le tariffe pagate dai clienti – abbiano continuato a rincarare. La California è il quarto Stato più costoso negli Usa, per chi voglia assicurare la propria casa.
Ai margini della tragedia di Los Angeles monta già un’altra polemica (oltre a tutte le controversie sulle cause degli incendi, l’inadeguatezza della prevenzione e dei soccorsi) sul business assicurativo. Anche in questo caso si oppongono due versioni. Da sinistra si punta il dito contro la rapacità del capitalismo assicurativo, che pretende di selezionare solo clienti a basso rischio, scartando chi ha più bisogno di protezione. Da destra si accusa lo Stato della California di avere gravato le compagnie con oneri e regolamentazioni così pesanti da provocare la loro fuga.
Parlare di un «mercato» non ha molto senso, vista la giungla di norme che condizionano questo settore: un po’ come accade per le utility elettriche, altro grande imputato in questa tragedia. Le compagnie assicurative, malgrado i rincari degli ultimi anni, sostengono di non poter adeguare le proprie tariffe all’entità dei rischi californiani, e quindi molte di loro fuggono da questo Stato.
In certi casi estremi, all’assenza di una copertura assicurativa può porre rimedio l’intervento pubblico, locale o federale, rimborsando i danni anche a chi è sprovvisto di polizza. E questo sarà uno dei prossimi terreni di scontro fra il governatore democratico della California, Gavin Newsom, e il 47esimo presidente degli Stati Uniti il cui insediamento alla Casa Bianca è in calendario fra dieci giorni. Lo choc delle immagini di Los Angeles si propaga in tutta l’America e la tentazione di farne un “uso politico” è già ora irresistibile.
CorSera
Molti dei danni causati dagli incendi non saranno ripagati: le compagnie assicurative avevano già deciso di non rinnovare le polizze delle proprietà nelle zone più a rischio. Le due versioni della polemica di Los Angeles
di Federico Rampini
Non si è ancora spenta l’eco del gesto omicida di Luigi Mangione, il giovane che ha assassinato il chief executive di un’assicurazione sanitaria, ed ecco che il ruolo delle compagnie assicurative si affaccia di colpo in un’altra tragedia: gli incendi che devastano Los Angeles.
Continua a salire il bilancio dei morti (mentre scrivo sono una decina), ma anche per tanti sopravvissuti il danno è enorme, tante case sono già andate distrutte. Le stime, provvisorie, parlano di decine di migliaia di abitazioni carbonizzate o gravemente danneggiate, con una perdita di ricchezza che al momento avrebbe già raggiunto i 50 miliardi di dollari.
Per una volta questa sembra essere una tragedia che non guarda in faccia a nessuno, le fiamme hanno bruciato anche le case dei ricchi e delle celebrity hollywoodiane. Per i meno opulenti fra loro, allo choc della perdita può aggiungersi una beffa: la mancanza di ogni copertura assicurativa.
Da tempo diverse compagnie si stanno ritirando dal mercato delle polizze-casa in California, si rifiutano di assicurare i proprietari delle abitazioni contro gli incendi e altri danni. Un esempio: State Farm, una delle compagnie più grosse, negli ultimi anni ha rifiutato di rinnovare trentamila contratti assicurativi in California; in particolare ha abbandonato il 70% dei suoi clienti nel quartiere di Pacific Palisades, uno dei più devastati dall’incendio attuale di Los Angeles. Alle vite perdute, ai traumi emotivi, ai danni economici già enormi, si può aggiungere questa constatazione, che le assicurazioni non pagano molti di quei danni perché se ne sono andate da quel mercato.
La fuga delle compagnie assicurative dal business residenziale in California si è accelerata dopo gli incendi del 2017 e 2018, nonostante che nel frattempo i premi – cioè le tariffe pagate dai clienti – abbiano continuato a rincarare. La California è il quarto Stato più costoso negli Usa, per chi voglia assicurare la propria casa.
Ai margini della tragedia di Los Angeles monta già un’altra polemica (oltre a tutte le controversie sulle cause degli incendi, l’inadeguatezza della prevenzione e dei soccorsi) sul business assicurativo. Anche in questo caso si oppongono due versioni. Da sinistra si punta il dito contro la rapacità del capitalismo assicurativo, che pretende di selezionare solo clienti a basso rischio, scartando chi ha più bisogno di protezione. Da destra si accusa lo Stato della California di avere gravato le compagnie con oneri e regolamentazioni così pesanti da provocare la loro fuga.
Parlare di un «mercato» non ha molto senso, vista la giungla di norme che condizionano questo settore: un po’ come accade per le utility elettriche, altro grande imputato in questa tragedia. Le compagnie assicurative, malgrado i rincari degli ultimi anni, sostengono di non poter adeguare le proprie tariffe all’entità dei rischi californiani, e quindi molte di loro fuggono da questo Stato.
In certi casi estremi, all’assenza di una copertura assicurativa può porre rimedio l’intervento pubblico, locale o federale, rimborsando i danni anche a chi è sprovvisto di polizza. E questo sarà uno dei prossimi terreni di scontro fra il governatore democratico della California, Gavin Newsom, e il 47esimo presidente degli Stati Uniti il cui insediamento alla Casa Bianca è in calendario fra dieci giorni. Lo choc delle immagini di Los Angeles si propaga in tutta l’America e la tentazione di farne un “uso politico” è già ora irresistibile.
CorSera
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