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Cronaca e politica estera [Equilibri mondiali] Thread unico.
Chiamiamola etica del lavoro/sacrificio/studio...se non vogliamo limitare il tutto al q.i.
si hanno une etica dello studio/sacrificio/lavoro che è paragonabile a quella dei giapponesi e cinesi
a ciò aggiungi che hanno strutture adeguate al loro impegno
Originariamente Scritto da SPANATEMELA
parliamo della mezzasega pipita e del suo golllaaaaaaaaaaaaazzzoooooooooooooooooo contro la rubentus
Originariamente Scritto da GoodBoy!
ma non si era detto che espressioni tipo rube lanzie riommers dovevano essere sanzionate col rosso?
Il CEO di Open AI, colui che per primo riuscirà ad arrivare all' Artificial General Intelligence.
Chissà la famiglia di che origine è. Peccato non si sia dato alla pornografia
Il CEO di Open AI, colui che per primo riuscirà ad arrivare all' Artificial General Intelligence.
Chissà la famiglia di che origine è. Peccato non si sia dato alla pornografia
Se l AI prenderà la piega sbagliata, sarà colui che rovinerà l'umanità!
Ottimo esempio
..E gli piace pure il pesce!!!
Originariamente Scritto da Sean
mi attacco ai tuoi pantaloni o te lo infilo a forza in gola
Il CEO di Open AI, colui che per primo riuscirà ad arrivare all' Artificial General Intelligence.
Chissà la famiglia di che origine è. Peccato non si sia dato alla pornografia
Lui è quello che momentaneamente è più avanti, in corsa ci sono anche Google, Bill Gates, Jeff Bezos, da non dimenticare i Cinesi, e tante più piccole (al momento) pedine.
Tutti gli errori dell’America, visti dall’Arabia Saudita
Il principale imputato, nella versione saudita, sono proprio gli Stati Uniti. Secondo loro in Medio Oriente hanno sbagliato tanto: quasi sempre, quasi tutto. Soprattutto nei rapporti con loro, alleato fedele e spesso tradito
di Federico Rampini
Gli Houthi «povere vittime di abusi»? In Occidente fino a qualche tempo fa molti li descrivevano così. L’Arabia Saudita, che tentò invano di piegarli quando conquistarono la capitale dello Yemen, fu subissata di critiche da parte dell’America e dell’Europa. Ora i sauditi aggiungono anche questo a un lungo elenco di errori dell’Occidente, che li ha resi sempre più scettici sulla nostra affidabilità. Tanto da costringerli a rivolgersi «altrove».
Una prospettiva araba sulla crisi attuale la ascolto a Riad, nella prima tappa del mio lungo viaggio nell’area de Golfo e del Mar Rosso. Sono invitato a parlare al più importante think tank saudita di geopolitica, il Gulf Research Center diretto da Abdulaziz Sager, uno dei più influenti consiglieri del principe Mohammed bin Salman (MbS) in politica estera. The European House-Ambrosetti mi ha introdotto, il mio ruolo come relatore è raccontare l’Arabia saudita vista dagli altri (America, Europa, Cina). Il parterre, quasi tutto saudita, include una folta rappresentanza di autorità governative, esperti accademici, imprenditori, giornalisti: sono loro a farmi il controcanto, dandomi la loro versione dei fatti. Senza sconti. A volte con aperto risentimento. Viva la sincerità.
Il principale imputato, nella versione saudita, è l’America. Secondo loro in Medio Oriente ha sbagliato tanto: quasi sempre, quasi tutto. Soprattutto nei rapporti con loro, alleato fedele e spesso tradito. Concentrano le loro critiche sull’America non perché dell’Europa abbiano un’opinione migliore. Anzi. Semplicemente giudicano l’Europa quasi irrilevante, inconsistente, o troppo spesso succube e allineata sulle posizioni di Washington. Quel che segue è quindi un riassunto della visione araba sulla crisi attuale e i suoi antefatti, come l’ho ascoltata nel vivace dibattito con i miei interlocutori di Riad. Vi espongo le loro tesi, che troppo spesso sono ignorate o fraintese in Occidente; ciò non significa che io le condivida, anzi in certi casi gliele ho contestate in diretta. Però la loro ricostruzione degli eventi merita qualche attenzione, anche perché alcuni di questi eventi li abbiamo sottovalutati, o dimenticati del tutto.
Il nostro voltafaccia sugli Houthi è l’ultimo nell’ordine cronologico. Prima li abbiamo difesi – politicamente e per ragioni umanitarie – mettendo sotto pressione i sauditi e i loro alleati. Forse qualche pezzo di opinione pubblica occidentale ha scambiato gli Houthi per una minoranza etnica oppressa: no, il nome Houthi è quello del loro capo; è una milizia violenta che oggi controlla lo Yemen più del suo governo ufficiale; ha armamenti sofisticati grazie all’Iran; si erge a protettrice della causa palestinese perché questo è un classico di tutti i regimi islamici dispotici incapaci di fornire progresso economico e sociale alle popolazioni. Joe Biden poco dopo essere stato eletto depennò gli Houthi dalla lista delle organizzazioni terroristiche da sanzionare. Oggi una piccola armata occidentale a guida americana sta bombardando le loro basi, dopo che i razzi lanciati dallo Yemen hanno preso di mira navi di oltre cinquanta nazioni, minacciando la sicurezza della navigazione e il commercio mondiale. Biden si è rimangiato il suo gesto del 2021: ha appena deciso di rimettere gli Houthi nell’elenco dei gruppi terroristici. L’Europa anche qui fa figura di comparsa, segue come un’ombra l’America: prima fece pressioni sulla coalizione araba (sauditi, Emirati, Bahrain), arrivando a un embargo sulle forniture di armi, per proteggere gli Houthi. Oggi l’Europa è la prima vittima della crisi del Mar Rosso e le sue navi militari appoggiano i raid americani. Non dà una grande prova di lucidità né di coerenza.
Le critiche degli arabi risalgono molto più indietro. Senza rifare l’intera storia della questione israelo-palestinese dalle origini, i miei interlocutori si concentrano sulle tre ultime presidenze americane. Quella di Barack Obama è stata secondo loro un vero disastro; devo ammettere che anche negli Stati Uniti la politica estera del periodo 2009-2016 è stata oggetto di un esame severo, generalmente seguito da un «downgrading» o declassamento impietoso. Alcuni degli errori li ha riconosciuti a posteriori lo stesso Obama nei suoi libri (ma non abbastanza). Altri fanno parte di una visione critica diffusa anche tra gli esperti americani di queste cose. Sentirli elencati a Riad fa comunque una certa impressione, perché mette in una luce diversa questo regno e le scelte fatte dal principe MbS.
La guerra della Nato in Libia nel 2011 segna l’inizio degli sbagli catastrofici di Obama. In quel caso il presidente si fece trascinare da Sarkozy e Cameron però senza di lui Francia e Regno Unito non avrebbero avuto la forza di intervenire. Quell’errore matura nel contesto di un generale fraintendimento delle Primavere arabe scoppiate nello stesso anno. Obama forse si era illuso di aver contribuito a quei sommovimenti con il suo discorso di apertura all’Islam pronunciato all’Università del Cairo nel 2009. Parlando agli studenti egiziani aveva voluto segnare un distacco dai due mandati di George W. Bush in cui la “guerra al terrore” era stata accusata di alimentare uno «scontro di civiltà» all’insegna dell’islamofobia. Nelle Primavere arabe Obama, intriso di tecno-ottimismo e impressionato positivamente dal ruolo dei social media, vide il preludio a una svolta verso la democrazia. La decisione di rovesciare Gheddafi era coerente con quella di mollare Mubarak in Egitto, voltando le spalle a un vecchio alleato. Il seguito lo conosciamo: il dopo-Gheddafi non è stato all’insegna della democrazia bensì dell’anarchia feroce e della guerra tribale, destabilizzando l’intero Mediterraneo (vedi la questione migranti, tra l’altro).
In Egitto il dopo-Mubarak ha visto trionfare il fondamentalismo dei Fratelli musulmani. L’infatuazione degli occidentali verso le rivolte di piazza è oggetto di una critica feroce da parte della monarchia saudita: convinta che «la piazza» spesso si rivela più reazionaria, oscurantista e intollerante di certi autocrati illuminati. È una storia che si ripete a partire dal grande equivoco del 1979, quando tanta parte dell’Occidente inneggiò alla rivoluzione khomeinista in Iran, salvo scoprire che avrebbe costretto il paese a un arretramento tremendo perfino rispetto allo Scià.
L’elenco degli errori di Obama che paghiamo ancora oggi prosegue. In Siria lui lanciò un ultimatum al regime di Assad annunciando che la linea rossa da non varcare era l’uso di armi chimiche contro la popolazione civile; Assad le usò e Obama non fece niente. Perdita di credibilità, che si sarebbe ripetuta sotto Joe Biden con la débacle della ritirata dall’Afghanistan nell’estate 2021 (decisione giusta, realizzata in modo catastrofico).
Su tutti – dal punto di vista saudita – spicca l’abominevole accordo sul nucleare iraniano. «L’America di Obama lo negoziò alle nostre spalle, tagliandoci fuori», dicono i miei interlocutori sauditi. Obama privilegiò la ricostruzione di un rapporto diplomatico con l’inaffidabile teocrazia degli ayatollah, sacrificando l’alleanza storica con la monarchia saudita. Forse s’illudeva di passare alla storia ricucendo la grande frattura del 1979 America-Iran. Un tradimento, così è stato vissuto dai sauditi, che fin da principio avevano riserve enormi su quell’accordo. Peraltro anche all’interno degli Stati Uniti, e non solo in campo repubblicano, quell’intesa con l’Iran (che coinvolgeva tra i firmatari l’Unione europea, la Russia e la Cina) veniva considerata debole. Troppo limitata nel tempo, inadeguata nelle garanzie, oltre a non coprire l’attività missilistica di Teheran e il suo supporto a milizie terroristiche. Nella crescente aggressività dell’Iran di questi giorni, con i lanci di missili in Pakistan, Irak, Siria, si può anche vedere un segno di debolezza, disperazione o isolamento; forse è più realistico invece accostare l’escalation iraniana al comportamento di Kim Jong-Un: la convinzione dell’impunità tipica di chi si sente ormai una potenza nucleare o quasi, quindi in possesso del deterrente assoluto.
I sauditi sono duri con Obama però non risparmiano Donald Trump. Per tanti aspetti il loro rapporto con Trump fu assai migliore. Ne conservo un ricordo personale: viaggiavo al seguito dell’Air Force One nella storica visita di Stato che Trump fece qui a Riad nel 2017. Grande sintonia, contratti miliardari per forniture di armi, feste sontuose nel Ritz-Carlton, coronate dalla celebre «danza delle sciabole». Tuttavia pure Trump li deluse. Nel 2019 gli Houthi con l’appoggio dell’Iran riuscirono a sferrare dei colpi micidiali contro alcune delle più importanti infrastrutture petrolifere sauditee. Fu un attacco spettacolare, coronato dal successo, e con danni seri agli impianti energetici. L’America di Trump non fece nulla.
Qui si potrebbe obiettare che i sauditi, con quel che spendono in armamenti, dovrebbero essere in grado di difendere da soli le proprie infrastrutture più strategiche. Evidentemente l’ammontare della spesa militare non sempre si traduce in efficacia ed efficienza. Resta che visto da Riad l’immobilismo dello storico alleato americano in quel frangente fu una tremenda delusione. Alcuni dei miei interlocutori sauditi fanno risalire a quell’evento l’inizio di una nuova fase nella politica estera di Riad, molto più aperta ai rapporti con la Russia e con la Cina.
Il voltafaccia di Biden e dell’Europa sugli Houthi è l’ultimo episodio di una serie di errori e incoerenze. Prima i sauditi si sono trovati sotto pressione internazionale perché combattevano gli Houthi; oggi qualcuno gli rinfaccia di starsene fuori dalla coalizione militare a guida americana nel Mar Rosso. L’assenza di un contributo militare saudita è significativa: dopotutto, i raid angloamericani stanno difendendo la sicurezza di navigazione nel Mar Rosso dove il porto principale è saudita, Jeddah, e ci sono anche importanti terminali dell’Aramco (la compagna energetica saudita) per le superpetroliere. Però gli Houthi finora hanno attaccato navi di 50 nazioni, e nessuna di questa era saudita (o cinese). Dopo tante delusioni ricevute dall’Occidente, MbS ha inaugurato una sua realpolitik anche verso gli Houthi, negoziando con loro delle forme di de-escalation nel conflitto bilaterale. Di fatto l’Arabia saudita si è messa in una posizione più defilata. Può darsi che la non-ostilità degli Houthi nei suoi confronti sia precaria o provvisoria. Finché dura, per MbS è un’altra prova che la politica estera va gestita in autonomia anziché allineata con l’Occidente.
Su quel che fanno oggi gli Stati Uniti, uno dei suoi consiglieri mi ricicla la storica battuta del premier britannico Winston Churchill: “Possiamo essere sicuri che l’America farà sempre la scelta giusta, dopo aver provato tutte quelle sbagliate”.
CorSera
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
Un bel riassuntino del perchè gli USA c'entrano e molto nei disastri del Medio Oriente e perchè il conto vada mandato a loro...ma per giustificare l'assunto basterebbe per tutto e tutti l'appoggio al regime sionista sin dalla sua nascita.
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
[ "Una soluzione due stati non è impossibile". All'indomani del muro posto dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, il presidente americano è tornato pesantemente all'attacco con Israele nel tentativo di convincerlo a lavorare per uno Stato palestinese dopo la fine della guerra di Gaza. "Esistono diversi tipi di soluzioni a due Stati", ha affermato. E ha quindi sollevato opzioni che limiterebbero la sovranità palestinese per rendere la prospettiva più appetibile per Tel Aviv. Sperando di superare la strenua resistenza di Netanyahu, Biden ha ventilato la possibilità di una nazione palestinese disarmata che non minaccerebbe la sicurezza di Israele. Nessuna indicazione al momento che il premier israeliano possa allentare la sua opposizione, soprattutto in un momento in cui la sua fragile coalizione di destra scricchiola da tutte le parti. Nonostante questo Biden ha espresso ottimismo sul fatto che potrebbero ancora trovare consenso. Alla Casa Bianca, diverse ore dopo la chiamata al leader israeliano, la prima in quasi un mese nel mezzo della tensione per la guerra, il leader Usa ha voluto tornare davanti ai giornalisti sull'argomento. "Ci sono un certo numero di paesi membri delle Nazioni Unite che non hanno i propri eserciti. Un numero di stati che hanno limitazioni" ha affermato -. E quindi penso che ci siano modi in cui questo potrebbe funzionare".]
(Agi)
Spesso vado più d'accordo con persone che la pensano in maniera diametralmente opposta alla mia.
"Un acceso silenziobrucerà la campagna come i falò la sera."
Chiesti 28 anni per attentatrice del caffe' di San Pietroburgo
La procura ha chiesto la condanna di Darya Trepova (sulla lista dei terroristi ed estremisti del Servizio Federale di Monitoraggio Finanziario russo) per l'attacco terroristico in un caffè che ha ucciso il blogger militare Maxim Fomin
La procura ha chiesto la condanna di Darya Trepova (sulla lista dei terroristi ed estremisti del Servizio Federale di Monitoraggio Finanziario russo) per l'attacco terroristico in un caffè che ha ucciso il blogger militare Maxim Fomin
Spesso vado più d'accordo con persone che la pensano in maniera diametralmente opposta alla mia.
"Un acceso silenziobrucerà la campagna come i falò la sera."
[ "Una soluzione due stati non è impossibile". All'indomani del muro posto dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, il presidente americano è tornato pesantemente all'attacco con Israele nel tentativo di convincerlo a lavorare per uno Stato palestinese dopo la fine della guerra di Gaza. "Esistono diversi tipi di soluzioni a due Stati", ha affermato. E ha quindi sollevato opzioni che limiterebbero la sovranità palestinese per rendere la prospettiva più appetibile per Tel Aviv. Sperando di superare la strenua resistenza di Netanyahu, Biden ha ventilato la possibilità di una nazione palestinese disarmata che non minaccerebbe la sicurezza di Israele. Nessuna indicazione al momento che il premier israeliano possa allentare la sua opposizione, soprattutto in un momento in cui la sua fragile coalizione di destra scricchiola da tutte le parti. Nonostante questo Biden ha espresso ottimismo sul fatto che potrebbero ancora trovare consenso. Alla Casa Bianca, diverse ore dopo la chiamata al leader israeliano, la prima in quasi un mese nel mezzo della tensione per la guerra, il leader Usa ha voluto tornare davanti ai giornalisti sull'argomento. "Ci sono un certo numero di paesi membri delle Nazioni Unite che non hanno i propri eserciti. Un numero di stati che hanno limitazioni" ha affermato -. E quindi penso che ci siano modi in cui questo potrebbe funzionare".]
(Agi)
Se il problema (per la creazione di uno stato palestinese) è Netanyahu sarebbe anche molto semplice risolverlo, basterebbe per gli israeliani non votare siffatti personaggi e siffatte coalizioni ultrafondamentaliste ed ultraortodosse alle elezioni, ma scegliere uomini di "pace" e di "buona volontà"...Il fatto è che però i Netanyahu della storia d'Israele ci stanno perchè intercettano ed interpretano i sentimenti e le pulsioni più reconditi della maggioranza del popolo: suprematismo, irriducibile convinzione che Dio abbia "eletto" quel popolo, fanatismo dettato da un suprematismo etnico-biblico, odio verso i palestinesi, desiderio di predare le terre e i beni di quella terra, fanatica convinzione che le "promesse" si "attualizzeranno" intramondanamente.
C'è una piccola minoranza di israeliani convinti che solo un riconoscimento dei diritti dei palestinesi potrà portare un domani, dopo un percorso storico, ad una pace...ma sono appunto una minoranza, che dai sionisti duri&puri è guardata pure con sospetto circa i suoi "gradi di ebraicità".
D'altro canto l'America da una parte a parole vagheggia la soluzione a due stati, dall'altra coi fatti arma e appoggia di continuo Sion. Se gli americani invece usassero le maniere forti, togliendo finanziamenti ed armi a quella colonia militare americana che hanno impiantato in Medio Oriente (lo pseudo stato di Israele) forse si otterrebbe qualcosa.
...ma di noi
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forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
Se il problema (per la creazione di uno stato palestinese) è Netanyahu sarebbe anche molto semplice risolverlo, basterebbe per gli israeliani non votare siffatti personaggi e siffatte coalizioni ultrafondamentaliste ed ultraortodosse alle elezioni, ma scegliere uomini di "pace" e di "buona volontà"...Il fatto è che però i Netanyahu della storia d'Israele ci stanno perchè intercettano ed interpretano i sentimenti e le pulsioni più reconditi della maggioranza del popolo: suprematismo, irriducibile convinzione che Dio abbia "eletto" quel popolo, fanatismo dettato da un suprematismo etnico-biblico, odio verso i palestinesi, desiderio di predare le terre e i beni di quella terra, fanatica convinzione che le "promesse" si "attualizzeranno" intramondanamente.
C'è una piccola minoranza di israeliani convinti che solo un riconoscimento dei diritti dei palestinesi potrà portare un domani, dopo un percorso storico, ad una pace...ma sono appunto una minoranza, che dai sionisti duri&puri è guardata pure con sospetto circa i suoi "gradi di ebraicità".
D'altro canto l'America da una parte a parole vagheggia la soluzione a due stati, dall'altra coi fatti arma e appoggia di continuo Sion. Se gli americani invece usassero le maniere forti, togliendo finanziamenti ed armi a quella colonia militare americana che hanno impiantato in Medio Oriente (lo pseudo stato di Israele) forse si otterrebbe qualcosa.
Il problema è che in America, la maggior parte del potere politico-economico, è proprio in mano agli ebrei post-diaspora.
sigpic Free at last, they took your life
They could not take your PRIDE
[ "Hamas è stato finanziato dal governo israeliano nel tentativo di indebolire l'Autorità Palestinese". E' questo un passaggio del discorso che, nella giornata di ieri, l'Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera Josep Borrell ha fatto a Valladolid, dove all'università ha ricevuto una laurea honoris causa. Parole, quelle di Borrell, che secondo la stampa europea sono destinate a scatenare una nuova polemica sull'Alto Rappresentante e sulle sue posizioni sulla guerra in Medio Oriente. "L'unica soluzione è creare due Stati che condividano la terra per la quale stanno morendo da 100 anni" ...
Il capo dell'intelligence in Siria delle Guardie rivoluzionarie, l'esercito ideologico iraniano, il suo vice e altri due iraniani sono stati uccisi in un attacco israeliano che ha preso di mira un edificio a Damasco, hanno riferito i media locali di Teheran. "In un attacco condotto dal regime sionista, il capo dell'intelligence dei Guardiani in Siria e il suo vice, così come altri due membri di questa forza, sono stati uccisi", ha dichiarato l'agenzia locale Mehr. Sale a dieci il numero delle vittime dell'attacco israeliano a Damasco. "Il bilancio delle vittime è salito a 10 dopo il recupero dei corpi ancora intrappolati sotto le macerie", ha dichiarato all'Afp il capo dell'Osservatorio siriano per i diritti umani, Rami Abdel Rahman. Nell'attacco è morto anche il capo dell'intelligence delle Guardie rivoluzionarie iraniane in Siria e il suo vice.]
(Ansa)
Spesso vado più d'accordo con persone che la pensano in maniera diametralmente opposta alla mia.
"Un acceso silenziobrucerà la campagna come i falò la sera."
[ "Hamas è stato finanziato dal governo israeliano nel tentativo di indebolire l'Autorità Palestinese". E' questo un passaggio del discorso che, nella giornata di ieri, l'Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera Josep Borrell ha fatto a Valladolid, dove all'università ha ricevuto una laurea honoris causa. Parole, quelle di Borrell, che secondo la stampa europea sono destinate a scatenare una nuova polemica sull'Alto Rappresentante e sulle sue posizioni sulla guerra in Medio Oriente. "L'unica soluzione è creare due Stati che condividano la terra per la quale stanno morendo da 100 anni" ...
Il capo dell'intelligence in Siria delle Guardie rivoluzionarie, l'esercito ideologico iraniano, il suo vice e altri due iraniani sono stati uccisi in un attacco israeliano che ha preso di mira un edificio a Damasco, hanno riferito i media locali di Teheran. "In un attacco condotto dal regime sionista, il capo dell'intelligence dei Guardiani in Siria e il suo vice, così come altri due membri di questa forza, sono stati uccisi", ha dichiarato l'agenzia locale Mehr. Sale a dieci il numero delle vittime dell'attacco israeliano a Damasco. "Il bilancio delle vittime è salito a 10 dopo il recupero dei corpi ancora intrappolati sotto le macerie", ha dichiarato all'Afp il capo dell'Osservatorio siriano per i diritti umani, Rami Abdel Rahman. Nell'attacco è morto anche il capo dell'intelligence delle Guardie rivoluzionarie iraniane in Siria e il suo vice.]
(Ansa)
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