Putin e gli americani sapevano del piano di Prigozhin: le rivelazioni dell’intelligence Usa
I segnali captati dalle «antenne» e i punti oscuri: chi conosceva le intenzioni del capo della Brigata Wagner?
(Guido Olimpo)
L’intelligence Usa sapeva della possibile rivolta di Prigozhin ed ha avvertito i vertici. Ma anche Putin era informato, non lo ha certo scoperto «24 ore prima». Le indiscrezioni sono emerse dal mondo delle ombre, rivelazioni affidate dalle fonti al Washington Post e al New York Times per sottolineare come le «antenne» fossero attive.
Questi i punti.
Primo. Lo spionaggio americano individua il 10 giugno come il punto di rottura, Mosca impone alla Wagner un atto di sottomissione alla Difesa. Da quel momento il suo capo si mette in moto per reagire.
Secondo. Il contrasto è noto, ampliato dopo le molte perdite subite dai mercenari della Wagner. Solo che ora si inasprisce.
Terzo. C’è una dose di teatralità nelle uscite dello «chef» — gli americani ne sono consapevoli —, il Cremlino le usa per i suoi giochi ma Prigozhin ha una propria autonomia e non sarebbe solo un burattino.
Quarto. Rispetto alla vigilia dell’invasione Washington ha preferito mantenere le informazioni in un cerchio ristretto di dirigenti e congressisti, ha fornito un quadro con una serie di briefing, però non ha dato l’allarme in pubblico. Questo perché temeva che il neo-zar avrebbe usato la situazione accusando gli Usa di essere dietro l’insurrezione. Grande la preoccupazione per l’arsenale atomico della Russia.
Quinto. Il Cremlino — secondo le valutazioni statunitensi — era consapevole del pericolo, aveva raccolto in anticipo segnali sulla minaccia di Prigozhin. Non è al momento chiaro perché non abbia agito tempestivamente bloccando sul tempo gli insorti. Ha sorpreso la facilità con cui Prigozhin si è impadronito del comando a Rostov. Si ipotizzano contrasti all’interno delle gerarchie e problemi negli apparati di sicurezza, carenze viste in molte occasioni. Dalle incursioni dei partigiani a Belgorod ai raid di droni sulla capitale. Aggiungiamo noi uno spunto: il ritardo nella risposta, ovviamente, lascia spazio a chi crede alle teorie del complotto, sempre invocate in occasione di eventi drammatici a Mosca.
Sesto. I ribelli hanno potuto avanzare celermente senza incontrare vera resistenza, un aspetto che non esclude l’appoggio di alcuni settori delle forze armate. Magari non coinvolti e neppure complici ma disposti a lasciar fare. Un classico dei tentati golpe.
Quello che è avvenuto nelle ultime 48 ore non è facile da spiegare nella sua completezza. Disponiamo di versioni ma non sappiamo quanto siano certe. Inoltre c’è sempre il problema di esaminare le dinamiche dei regimi: hanno loro caratteristiche, meccanismi, segreti e regole di sopravvivenza difficili da comprendere fino in fondo. Gli esperti, bravissimi, si basano sulla Storia, sui precedenti, sull’analisi, restano però angoli oscuri e aspetti personali che solo chi è davvero al cerchio magico può svelare.
CorSera
I segnali captati dalle «antenne» e i punti oscuri: chi conosceva le intenzioni del capo della Brigata Wagner?
(Guido Olimpo)
L’intelligence Usa sapeva della possibile rivolta di Prigozhin ed ha avvertito i vertici. Ma anche Putin era informato, non lo ha certo scoperto «24 ore prima». Le indiscrezioni sono emerse dal mondo delle ombre, rivelazioni affidate dalle fonti al Washington Post e al New York Times per sottolineare come le «antenne» fossero attive.
Questi i punti.
Primo. Lo spionaggio americano individua il 10 giugno come il punto di rottura, Mosca impone alla Wagner un atto di sottomissione alla Difesa. Da quel momento il suo capo si mette in moto per reagire.
Secondo. Il contrasto è noto, ampliato dopo le molte perdite subite dai mercenari della Wagner. Solo che ora si inasprisce.
Terzo. C’è una dose di teatralità nelle uscite dello «chef» — gli americani ne sono consapevoli —, il Cremlino le usa per i suoi giochi ma Prigozhin ha una propria autonomia e non sarebbe solo un burattino.
Quarto. Rispetto alla vigilia dell’invasione Washington ha preferito mantenere le informazioni in un cerchio ristretto di dirigenti e congressisti, ha fornito un quadro con una serie di briefing, però non ha dato l’allarme in pubblico. Questo perché temeva che il neo-zar avrebbe usato la situazione accusando gli Usa di essere dietro l’insurrezione. Grande la preoccupazione per l’arsenale atomico della Russia.
Quinto. Il Cremlino — secondo le valutazioni statunitensi — era consapevole del pericolo, aveva raccolto in anticipo segnali sulla minaccia di Prigozhin. Non è al momento chiaro perché non abbia agito tempestivamente bloccando sul tempo gli insorti. Ha sorpreso la facilità con cui Prigozhin si è impadronito del comando a Rostov. Si ipotizzano contrasti all’interno delle gerarchie e problemi negli apparati di sicurezza, carenze viste in molte occasioni. Dalle incursioni dei partigiani a Belgorod ai raid di droni sulla capitale. Aggiungiamo noi uno spunto: il ritardo nella risposta, ovviamente, lascia spazio a chi crede alle teorie del complotto, sempre invocate in occasione di eventi drammatici a Mosca.
Sesto. I ribelli hanno potuto avanzare celermente senza incontrare vera resistenza, un aspetto che non esclude l’appoggio di alcuni settori delle forze armate. Magari non coinvolti e neppure complici ma disposti a lasciar fare. Un classico dei tentati golpe.
Quello che è avvenuto nelle ultime 48 ore non è facile da spiegare nella sua completezza. Disponiamo di versioni ma non sappiamo quanto siano certe. Inoltre c’è sempre il problema di esaminare le dinamiche dei regimi: hanno loro caratteristiche, meccanismi, segreti e regole di sopravvivenza difficili da comprendere fino in fondo. Gli esperti, bravissimi, si basano sulla Storia, sui precedenti, sull’analisi, restano però angoli oscuri e aspetti personali che solo chi è davvero al cerchio magico può svelare.
CorSera
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