La Crimea per i russi e russa, è cioè come se qualcuno invadesse la Russia. Lì sì ce la vedo concreta la possibilità di una atomica tattica.
Cronaca e politica estera [Equilibri mondiali] Thread unico.
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Originariamente Scritto da NaturalHardCore Visualizza MessaggioEsistono fonti attendibili circa il morale del popolo russo e il gradimento verso Putin?
Inviato dal mio SM-G998B utilizzando TapatalkOriginariamente Scritto da SeanTu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
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Devo dire che i nostri leader europei, ogni giorno che passa, mi soprendono e stupiscono sempre di più.
Trovo affascinante osservarli, perché da un punto di vista biomeccanico credevo non fosse possibile camminare senza spina dorsale
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Originariamente Scritto da NaturalHardCore Visualizza MessaggioEsistono fonti attendibili circa il morale del popolo russo e il gradimento verso Putin?...ma di noi
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Guerra in Ucraina: i Paesi che hanno inviato più armi a Kiev. Gli Usa, poi la Polonia più di Germania e Italia
Quanto a Roma, secondo i dati del Kiel Institute, ha promesso e inviato aiuti militari della Francia. E la Francia, a sua volta, ha promesso e inviato meno di Estonia e Lettonia
...ma di noi
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Originariamente Scritto da Sean Visualizza MessaggioLa Crimea per i russi e russa, è cioè come se qualcuno invadesse la Russia. Lì sì ce la vedo concreta la possibilità di una atomica tattica.
Inviato dal mio Mi 9T Pro utilizzando TapatalkOriginariamente Scritto da claudio96
sigpic
più o meno il triplo
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Originariamente Scritto da Ponno Visualizza MessaggioSe fanno una cosa del genere è la volta che inizia formalmente la terza guerra mondiale
Inviato dal mio Mi 9T Pro utilizzando Tapatalk
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Originariamente Scritto da The_Shadow Visualizza MessaggioSpero di sbagliarmi, ma ho la percezione che prima o poi una "cazzat4" la faranno.
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Originariamente Scritto da marcu9 Visualizza Messaggio
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Così Cina e India aiutano la Russia (e imboccano una via opposta all’Occidente)
India e Cina aumentano gli acquisti di energie fossili dalla Russia, neutralizzando gran parte delle sanzioni. E mentre l’Occidente scommette sulle rinnovabili (e non riesce per questo a risultare convincente quando chiede a nuovi partner di alzare la produzione di gas e petrolio) l’Oriente punta a transizioni ben più lunghe - e senza «buchi»
India e Cina aumentano i loro acquisti di energie fossili dalla Russia, soprattutto petrolio.
L’India è la più vorace , importa al ritmo di circa un milione di barili al giorno da Mosca. È addirittura il decuplo rispetto alla quantità di petrolio che Delhi importava un anno fa dalla Russia, quando gli acquisti indiani erano solo di centomila barili al giorno.
Anche la Cina ha aumentato le sue importazioni dalla Russia . I due giganti asiatici stanno facendo incetta di energia fossile russa e in questo modo neutralizzano gran parte delle sanzioni occidentali, al punto che la produzione complessiva di petrolio russo è in risalita, a quota 10,55 milioni di barili al giorno, secondo l’Agenzia internazionale dell’energia.
Rispetto a quanto la Russia produceva prima del suo attacco militare all’Ucraina, il livello resta più basso del 7,5%. Però grazie all’aumento dei prezzi stanno risalendo anche gli introiti della Russia: 20 miliardi di dollari per le sole vendite di petrolio a maggio, un aumento di 1,7 miliardi rispetto al mese di aprile.
Sul fronte occidentale tutti i governi si dibattono nella stessa contraddizione: come rendere compatibili gli impegni ambientalisti con la dura realtà della nostra dipendenza dalle energie fossili.
L’Unione europea ha siglato un memorandum d’intesa con Egitto e Israele per favorire gli aumenti di forniture di gas da quei due paesi, ricchi di giacimenti sottomarini e ben collegati con i paesi della sponda settentrionale del Mediterraneo. Nel memorandum però i rappresentanti di Bruxelles hanno sentito il bisogno di precisare che il gas «svolgerà un ruolo importante nella produzione di elettricità» solo fino al 2030. Un orizzonte di otto anni è breve, per chi vuole incentivare altri paesi a garantirci una «stabile fornitura» di gas naturale. Gli investimenti in impianti di solito richiedono un orizzonte temporale lungo in questo settore.
Lo stesso problema assedia Joe Biden. Il presidente americano ha scritto una lettera rovente ai giganti del petrolio: Bp, Chevron, Exxon Mobil, Marathon, Phillips 66, Shell, Valeo Energy. Li accusa di incassare «profitti storicamente alti dalle raffinerie, peggiorando il danno sui consumatori».
Nella lettera Biden sostiene che i proprietari di raffinerie – dove il greggio viene trasformato in benzina – non stanno aumentando la capacità di produzione. Dopo avere ridimensionato le raffinerie all’inizio della pandemia, ora non si adeguano all’aumento della domanda. Così creano una scarsità, che accentua i rincari dei prezzi alla pompa, aumenta i profitti dei petrolieri e impoverisce i consumatori. È tutto vero: rispetto al 2019 la capacità di raffinazione negli Stati Uniti si è ridotta del 6%. Lo stesso è accaduto peraltro anche in Europa dove la capacità di raffinazione è scesa del 5,7%. Ma questo avviene perché le compagnie petrolifere occidentali hanno ricevuto il messaggio: l’Occidente vuole sbarazzarsi delle energie fossili al più presto, non c’è convenienza a investire nel settore.
Chi la pensa diversamente? I produttori asiatici. Mentre le capacità di raffinazione si sono ridotte in America e in Europa, in Medio Oriente sono aumentate del 13% nel corso dell’ultimo triennio. I produttori asiatici sembrano aver capito la dura lezione dell’estate 2021 quando il vento smise di soffiare nel Mare del Nord e l’Inghilterra fu esposta ai blackout. Anche ipotizzando un forte aumento nell’uso delle energie rinnovabili – cosa auspicabile – questo si accompagnerà per molto tempo con dei consumi di energie fossili che dovranno riempire i buchi. Oppure con una riabilitazione del nucleare, di cui al momento non v’è traccia in Occidente, salvo eccezioni come la Francia.
Vento e sole non creano energia 24 ore su 24 né 365 giorni all’anno. Finché non intervengono salti tecnologici nella capacità di conservazione di energia (batterie di nuova generazione) a fianco al solare e all’eolico ci sarà bisogno di gas.
L’Oriente sembra deciso a gestire una transizione senza i buchi e le cattive sorprese che hanno messo in difficoltà l’Occidente.
CorSera - Federico Rampini...ma di noi
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Prima foto dei 2 americani catturati, hanno mani legate
Spunta la prima foto dei due americani catturati in Ucraina. Lo scatto, trasmesso da Cnn, mostra i due con apparentemente le mani legate dietro al schiena. Un terzo americano, il veterano dei Marine Grady Kurpasi, è sparito anch’egli in Ucraina. Lo affermano funzionari dell’amministrazione Usa citati da Cnn. L’ultima volta che si sono avute sue notizie è stato fra il 23 e 24 aprile. Kurpasi ha servito venti anni nei Marine e aveva deciso di andare volontario in Ucraina.
Usa, notizie di un terzo americano scomparso
Il Dipartimento di Stato americano ha affermato di essere a conoscenza di notizie di un terzo americano che si è recato in Ucraina per combattere contro la Russia e che nelle ultime settimane risulta essere disperso. «Sfortunatamente, non conosciamo tutti i dettagli di quel caso», ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price in una conferenza stampa. Lo riporta la Cnn.
CorSera...ma di noi
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Gli ucraini perdono 1.000 uomini al giorno, i due schieramenti sono al limite delle forze
Le trincee e le cittadine del Donbass triturano uomini, mezzi, piani. Per alcuni analisti siamo all’inizio della fine della prima fase, con i contingenti usurati e stanchi
di Andrea Marinelli e Guido Olimpio
Le trincee e le cittadine del Donbass triturano uomini, mezzi, piani. È una battaglia senza tregua, con bilanci drammatici e distruzioni profonde. David Arakhamia, uno dei negoziatori di Zelensky, ha dichiarato al sito Axios che l’Ucraina perde, tra morti e feriti, mille uomini al giorno: un tributo ben superiore a quello ammesso fino a pochi giorni fa, quando il presidente parlava di 200 caduti. Un’oscillazione determinata dalla durezza del confronto, un dato sempre complesso da verificare. La resistenza, a sua volta, ruota la truppa quando può, manda in prima linea elementi non addestrati in modo sufficiente, conta sui volontari stranieri. Per ora spera in un rallentamento dell’avversario, di più non ha. Nelle retrovie crescono i danni alle infrastrutture, ai depositi, alle caserme. Per l’ex generale australiano Mick Ryan siamo all’inizio della fine della prima fase, con i contingenti quasi al limite, usurati e stanchi.
L’intelligence britannica insiste: i Battaglioni degli invasori sono largamente incompleti rispetto ai 700-900 soldati previsti mentre fonti statunitensi affermano che il contingente ha visto incenerire il 20-30% dei corazzati. La Russia, infatti, porta avanti una mobilitazione strisciante — evitando quella generale — e si affida all’arruolamento offrendo nuove condizioni. Secondo il Washington Post mette sul tavolo un salario base di 3-4 mila dollari più bonus, con un’aggiunta di 55 dollari per ogni giorno extra impegnato al fronte. Una paga buona se comparata alla media di 600 dollari mensili per altri lavori certamente non rischiosi. Lo Stato Maggiore cerca di coinvolgere quote di coscritti, estende i limiti d’età, fa campagna ovunque ci possano essere persone disposte a rischiare la pelle in una guerra dalle caratteristiche quasi antiche, con le unità esposte a bombardamenti massicci.
Se sono note le difficoltà di organico per l’Armata, è però altrettanto evidente che al momento non ha pesato troppo nell’equilibrio di forze. Gli invasori sono da settimane all’offensiva, muovono su più assi (limitati), riescono comunque a procedere. A volte di pochi metri, altre per chilometri. I generali sono consapevoli delle condizioni, tuttavia premono perché è importante prendere Severodonetesk e altre località nel Donbass. La loro occupazione ha un valore politico. È il segnale di un successo. Per la stessa ragione Kiev ha deciso di difendere ad oltranza sacrificando plotoni su plotoni quando molti strateghi suggerivano un arretramento.
La pressione dello zar ha poi una spiegazione militare. Nel giro di qualche settimana Kiev potrebbe accrescere l’arsenale terrestre, idem per la difesa costiera. Il Capo di Stato Maggiore statunitense Mark Milley è stato puntiglioso nel descrivere il supporto: «Abbiamo consegnato di fatto l’equivalente di 12 battaglioni d’artiglieria, il gruppo di contatto Nato ha mandato 97 mila anti-tank, dato che supera quello dei carri armati nel mondo. Hanno chiesto 200 tank, ne hanno avuti 273. Hanno chiesto 100 veicoli blindati da combattimenti, ne hanno ricevuti 300». Pacchetti ampi ai quali si aggiungono molte promesse su lunghi calibri, su munizioni, equipaggiamenti, un ulteriore tentativo di stabilire un’equazione migliore sul terreno.
A quel punto i russi dovrebbero attaccare posizioni robuste, in grado di tirare da lontano e lo farebbero avendo sulle spalle settimane di scontri. Torna così per alcuni lo scenario dell’invasore troppo stanco per procedere ulteriormente. Ma queste sono analisi, poi c’è il campo. E questo dice che la determinazione dell’aggressore è rimasta, probabilmente è stato sottovalutato, malgrado i difetti cronici ha mantenuto l’assalto. Se il motore dell’Armata si gripperà lo rivelerà l’andamento futuro, i separatisti lanciano proclami per annunciare che non si fermeranno alla regione orientale. Le prossime settimane saranno come un test della verità per le ambizioni di Putin e le speranze di Zelensky.
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Originariamente Scritto da Sean Visualizza MessaggioCosì Cina e India aiutano la Russia (e imboccano una via opposta all’Occidente)
India e Cina aumentano gli acquisti di energie fossili dalla Russia, neutralizzando gran parte delle sanzioni. E mentre l’Occidente scommette sulle rinnovabili (e non riesce per questo a risultare convincente quando chiede a nuovi partner di alzare la produzione di gas e petrolio) l’Oriente punta a transizioni ben più lunghe - e senza «buchi»
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L’India è la più vorace , importa al ritmo di circa un milione di barili al giorno da Mosca. È addirittura il decuplo rispetto alla quantità di petrolio che Delhi importava un anno fa dalla Russia, quando gli acquisti indiani erano solo di centomila barili al giorno.
Anche la Cina ha aumentato le sue importazioni dalla Russia . I due giganti asiatici stanno facendo incetta di energia fossile russa e in questo modo neutralizzano gran parte delle sanzioni occidentali, al punto che la produzione complessiva di petrolio russo è in risalita, a quota 10,55 milioni di barili al giorno, secondo l’Agenzia internazionale dell’energia.
Rispetto a quanto la Russia produceva prima del suo attacco militare all’Ucraina, il livello resta più basso del 7,5%. Però grazie all’aumento dei prezzi stanno risalendo anche gli introiti della Russia: 20 miliardi di dollari per le sole vendite di petrolio a maggio, un aumento di 1,7 miliardi rispetto al mese di aprile.
Sul fronte occidentale tutti i governi si dibattono nella stessa contraddizione: come rendere compatibili gli impegni ambientalisti con la dura realtà della nostra dipendenza dalle energie fossili.
L’Unione europea ha siglato un memorandum d’intesa con Egitto e Israele per favorire gli aumenti di forniture di gas da quei due paesi, ricchi di giacimenti sottomarini e ben collegati con i paesi della sponda settentrionale del Mediterraneo. Nel memorandum però i rappresentanti di Bruxelles hanno sentito il bisogno di precisare che il gas «svolgerà un ruolo importante nella produzione di elettricità» solo fino al 2030. Un orizzonte di otto anni è breve, per chi vuole incentivare altri paesi a garantirci una «stabile fornitura» di gas naturale. Gli investimenti in impianti di solito richiedono un orizzonte temporale lungo in questo settore.
Lo stesso problema assedia Joe Biden. Il presidente americano ha scritto una lettera rovente ai giganti del petrolio: Bp, Chevron, Exxon Mobil, Marathon, Phillips 66, Shell, Valeo Energy. Li accusa di incassare «profitti storicamente alti dalle raffinerie, peggiorando il danno sui consumatori».
Nella lettera Biden sostiene che i proprietari di raffinerie – dove il greggio viene trasformato in benzina – non stanno aumentando la capacità di produzione. Dopo avere ridimensionato le raffinerie all’inizio della pandemia, ora non si adeguano all’aumento della domanda. Così creano una scarsità, che accentua i rincari dei prezzi alla pompa, aumenta i profitti dei petrolieri e impoverisce i consumatori. È tutto vero: rispetto al 2019 la capacità di raffinazione negli Stati Uniti si è ridotta del 6%. Lo stesso è accaduto peraltro anche in Europa dove la capacità di raffinazione è scesa del 5,7%. Ma questo avviene perché le compagnie petrolifere occidentali hanno ricevuto il messaggio: l’Occidente vuole sbarazzarsi delle energie fossili al più presto, non c’è convenienza a investire nel settore.
Chi la pensa diversamente? I produttori asiatici. Mentre le capacità di raffinazione si sono ridotte in America e in Europa, in Medio Oriente sono aumentate del 13% nel corso dell’ultimo triennio. I produttori asiatici sembrano aver capito la dura lezione dell’estate 2021 quando il vento smise di soffiare nel Mare del Nord e l’Inghilterra fu esposta ai blackout. Anche ipotizzando un forte aumento nell’uso delle energie rinnovabili – cosa auspicabile – questo si accompagnerà per molto tempo con dei consumi di energie fossili che dovranno riempire i buchi. Oppure con una riabilitazione del nucleare, di cui al momento non v’è traccia in Occidente, salvo eccezioni come la Francia.
Vento e sole non creano energia 24 ore su 24 né 365 giorni all’anno. Finché non intervengono salti tecnologici nella capacità di conservazione di energia (batterie di nuova generazione) a fianco al solare e all’eolico ci sarà bisogno di gas.
L’Oriente sembra deciso a gestire una transizione senza i buchi e le cattive sorprese che hanno messo in difficoltà l’Occidente.
CorSera - Federico Rampini
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